SENZA FILTRO – C’HAI LA MILLE ?

Andrea Asnaghi, Consulente del Lavoro in Paderno Dugnano (Mi)

Quando andavo in Università (nel millennio scorso: detto così fa ancora più impressione rimarcando il tempo che è passato) nel breve tragitto fra Piazzale Cadorna (quello dove c’è il monumento “ago e filo” che ha dato spunto al logo della nostra Fondazione di Milano) e l’Università, di solito all’incrocio fra via Carducci e Corso Magenta bazzicava un giovane, dall’età indistinta, forse trent’anni, forse meno. La faccia rovinata, il tono dimesso, il parlare biascicato e altri particolari ti facevano subito inquadrare il personaggio, uno dei tanti poveri giovani in pasto alla droga (o con problemi similari) in cerca di qualche soldo da raccattare. Avvicinandoti con fare quasi casuale, non appena inquadrava il tuo sguardo ti fermava con la sua solita frase “che c’hai la mille?”, che tradotta nello slang dell’epoca era una richiesta di mille lire o di qualcosa meno (ma se di più, va bene eh ….). Le scuse erano sempre variegate, da “mi han rubato il portafoglio e devo prendere il treno” a “son tre giorni che non mangio”, da “guarda che poi te li rendo se mi lasci un indirizzo” a uno pseudo-rassicurante “mica li spendo per farmi”. Non voglio farci sopra dell’ironia perché ho conosciuto il dramma di persone così; ai tempi, con la spensieratezza dei vent’anni, mi incuriosiva vedere le varie mosse che Carluccio (qualche volta mi fermai a parlarci e mi disse che si chiamava così) faceva per non farsi riconoscere, da far crescere la barba o tagliarla finanche al tingersi i capelli (giuro). Ma per noi pendolari – per studio o per lavoro, tutti i giorni lo stesso tragitto – era difficile ormai non sgamarlo. E siccome non era (purtroppo) l’unico, ogni tanto partiva il dibattito su come comportarsi di fronte a queste richieste; c’era lo gnorri che tirava dritto svicolando lo sguardo, c’era chi gli offriva un panino e faceva due parole, c’era il duro e puro che non dava nulla “per principio”, talvolta teorizzando qualcosa sul tipo “non dargli un pane, ma insegnagli a pescare” (a Milano c’è un mare incredibile, come tutti sanno…), c’erano quelli che magari gli davano qualcosa di tanto in tanto per un senso di pietà o forse solo per sollevarsi temporaneamente la coscienza (i più terribili aggiungevano, “però, mi raccomando, niente droga”). Soprattutto questi ultimi, quelli della carità pelosa e moralista, venivano invitati dal Carluccio a farsi gli affari loro, chiedendogli che diamine volessero ed invitandoli ad andare a dar via un quarzo (forse le parole non erano esattamente “affari, “diamine” e “quarzo”, ma non stiamo a sottigliare). Finisco di tediarvi con ricordi che si perdono negli anni, ma con un curioso cortocircuito mentale la recentissima storia dei cento euro mi ha ricordato il povero Carluccio. E mi sono analizzato un po’ per capire quale maledetta associazione ci fosse fra le due cose. Voi sapete sicuramente di cosa sto parlando: il nostro beneamato Governo ha deciso di elargire una strenna natalizia (qualcuno lo chiama Bonus Natale o Bonus tredicesima) in occasione della tredicesima mensilità a un certo numero di dipendenti con un reddito non particolarmente alto e con figli e coniuge a carico. Tutto bene, no? Ancora una volta hanno pensato ai più bisognosi, una specie di Governo stile dame della carità che per un giorno si veste da Santa Claus (o da Befana, se preferite) e gira di casa in casa… No, qui dobbiamo fermarci. La regalia mica la prendono tutti, ma solo i lavoratori dipendenti fino ad un certo reddito. E il Governo non fa nemmeno tanta fatica (neanche a trovare i fondi, visto che, a ben vedere, lo fa coi nostri soldi) perché a provvedere ad erogare questi 100 euro (cento, bada bene, se sei in forza tutto l’anno, se no proprio cento non sono, facciamo due conti e ti facciamo sapere) saranno – indovinate un po’ – i datori di lavoro attraverso le buste paga e recuperando dalle ritenute da pagare allo Stato. Ma colti da un afflato mistico dopo aver emanato la norma (diffondendone lietamente la notizia come i primi Apostoli diffondevano il Verbo duemila anni fa), probabilmente sul punto di rispolverare le statuine del presepe, ecco giungere un ripensamento: diamoli anche a chi non ha il coniuge a carico. Conosco qualcuno che maliziosamente, più che un afflato mistico, sostiene che i governanti scesi per un attimo sulla Terra (di solito, è evidente da come legiferano, stanno su Marte o su stazioni orbitanti, sarà per questo che il buon Elon gli sta tanto simpatico) si sono accorti che ormai con il coniuge a carico non campa quasi nessuno e che quindi tocca lavorare in due per sbarcare il lunario, e così il regalino avrebbe avuto anche l’amaro sapore di una presa in giro (per gli autonomi, i single o i senza figli lo è comunque, ma sorvoliamo). E così, dopo che i volenterosi professionisti avevano emanato le circolari, avvisando i clienti che a loro volta si erudivano ed informavano i dipendenti, dopo che Agenzia delle Entrate aveva promanato le istruzioni di rito, dopo che altrettanto accorti softwaristi avevano aggiornato i programmi… zac, la sorpresa del cambiamento dell’ultimo momento. Tutto da aggiornare, rifare, ristudiare. Che lamentoso, penserete voi, in fondo si tratta solo di schiacciare qualche bottone, di rivedere due cose, di un po’ di aggiornamento e il gioco è fatto. Che ci vuole? Io non so se lo pensate davvero (ma se lo pensate siete delle brutte persone) ma è si-cu-ra-men-te ciò che pensa chi decide sopra le nostre teste. E cambia idea, con una leggerezza da piumino d’oca, come diceva quella famosa aria del Rigoletto (“qual piuma al vento…”). Passando graziosamente dal Rigoletto al rigo scritto (scusate, mi è venuta così) cioè con due paroline infilate in un Decreto Omnibus, chiamato in tal modo forse perché ferma a tutte le stazioni, saltando solo quella del buon senso. Quindi i meandri della mia associazione mentale cominciano a dipanarsi. Come il Carluccio, c’è un ceto bisognoso, quasi alla canna del gas, un ceto che però deve chiedere: per avere il sospirato obolo bisogna chiederlo per iscritto, fare un po’ di carta e di burocrazia (anzi, direi parecchia). C’è un sistema di richiesta e di erogazione che farebbe perdere la pazienza a Giobbe, tanto che qualcuno ha già pensato di soprassedere alla richiesta, che è quasi più la spesa che la resa. Hanno poi pensato di fare allegare l’obolo alla tredicesima, incuranti che c’è chi la tredicesima non la prende perché già conglobata nella retribuzione mensile o oraria o perché gliela dà qualcun altro (ad esempio gli operai dell’edilizia la prendono dalle casse edili, perché in Italia, è un vezzo, siamo ancora affezionati a questo sistema da anni ’50). C’è poi un abbiente un po’ spocchioso (il Governo) che in vena di fare la carità elargisce qualcosa che (diciamolo obiettivamente) non risolve nulla per chi lo riceve ma fa tanto bene al cuore di chi lo fa (o forse anche tanta pubblicità). Aggiungiamo che il Governo non è abbiente per niente e fa la carità con i soldi di tutti (un po’ come quel mio amico che mi disse: “daglieli tu, io non li ho adesso ma poi te li rendo”) però non ci dice di spenderli bene, anzi fa ancora Lotterie di Capodanno, Gratta e Vinci, Chi vuol essere miliardario, Paperone per un giorno e altre amenità per riprendersi questi pochi euro con gli interessi (un po’ come se a dare la mille al Carluccio fosse passato di tanto in tanto il suo spacciatore). Davvero, qualcuno pensa che di fronte all’aumento del costo della vita, in alcune città come Milano insopportabile, questa manovra – e tutta la movimentazione che ci sta dietro – abbiano un senso compiuto? C’è solo una differenza, in effetti: che qui il caritatevole nemmeno fa la fatica di aprire il portafoglio, ci pensano quegli imbecilli dei datori di lavoro e dei loro consulenti a lavorare (gratis) per lui, come sempre del resto. Un po’ tipo una signora benvestita che dicesse all’autista “Ambvogio, ti pvego, pensaci tu, io ho da fave, non mi spovco le mani pev queste cose”. Ora io non so se questi pochi spiccioli saranno un aiuto per coloro che li riceveranno (in fondo mi auguro che a qualcuno servano a qualcosina) ma sono invece perfettamente consapevole del marasma tirato addosso a imprese e professionisti, tanto da chiedersi se davvero ne valesse la pena. E, comunque, se sia davvero serio cambiare le carte in tavola a pochi giorni dall’adempimento (posso? no, non lo è, nemmeno un po’). Così, mettendo assieme tutti questi concetti, prendendo spunto un’ultima volta dal Carluccio, mi permetto anch’io di mandare a chi di dovere un sincero vaffanquarzo dal più profondo del cuore. Che dite, che c’entra il quarzo? Dai, non stiamo lì a sottigliare …


Scarica l'articolo