COORDINAMENTO ed etero direzione*

Luca di Sevo, Consulente del Lavoro in Bollate (Mi)

Gambacciani si confronta con il fenomeno del lavoro etero-organizzato alla luce delle posizioni espresse dalla corte costituzionale

L’articolo in analisi affronta il complesso tema dell’etero organizzazione e del coordinamento come elementi costitutivi di due distinte fattispecie di lavoro parasubordinato. L’art. 2, D.lgs. n. 81/2015 disciplina le collabo razioni autonome continuative intese come “prestazioni di lavoro esclusivamente persona li” con “modalità di esecuzione […] organizzate dal committente”. L’art. 409 c.p.c. regola inve ce la diversa ipotesi in cui l’attività si concreti in una “prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale”, dove per “collaborazione coordinata” si intende quella in cui le “modalità di coordinamento [sono] stabilite di comune accordo tra le parti, mentre l’organizzazione dell’attività lavorativa, nel rispetto delle modalità di coordinamentopattuite, resta in capo al collaboratore”.

La distinzione tra etero organizzazione e coordinamento è una questione annosa che ha generato una notevole discussione ed un’ampia produzione dottrinale.

L’etero organizzazione non può essere limitata all’inserimento continuativo della prestazione del collaboratore nel contesto organizzativo, nel senso che, sostenere che “le modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative del collaboratore non sono scandite dalle direttive (puntuali o generali) del committente, ma indotte dall’organizzazione predisposta da quest’ultimo e dall’inserimento del collaboratore all’interno di essa”, riduce molto il legame diretto tra committente e collaboratore.

L’organizzazione delle modalità di esecuzione, invece, implica un potere di ingerenza del committente sulla prestazione del collaboratore con una tutela equivalente a quella del lavoratore subordinato. Emerge quindi l’esigenza per cui i tratti salienti dell’etero organizzazione devono essere individuati per differenza rispetto al potere direttivo.

L’introduzione di una specifica disciplina del lavoro etero organizzato serve proprio a tutelare quei rapporti di collaborazione continuativa che, trovandosi in una “terra di mezzo” tra lavoro autonomo e subordinato (Cit. Corte di Cassazione), sono estranei alla nozione tecnica di subordinazione. Si può quindi ritenere che l’etero organizzazione sia principalmente il potere del committente di intervenire sulla prestazione del collaboratore per renderla funzionale alla sua organizzazione: le sue direttive sono utili a perseguire il proprio interesse nell’organizzazione dei mezzi di produzione, ma senza spingersi fino a collocare il collaboratore in una posizione di vera e propria dipendenza gerarchica.

Nella “etero organizzazione” il committente può definire le modalità di inserimento della prestazione nell’organizzazione, distinguendosi dal “potere direttivo” che, invece, si declina in modo puntuale sulle specifiche modalità esecutive della prestazione.

Elementi discrezionali tra le due fattispecie sarebbero, quindi, l’assenza in capo al committente tanto del potere conformativo inteso come facoltà di individuazione della prestazione esigibile tra quelle contrattualmente dovute che del potere di intervento diretto sulla prestazione stessa, se non nei limiti di quanto sopra detto.

Da sempre si è cercato di dare una definizione di lavoro parasubordinato “genuino”.

Una recente pronuncia della Corte Costituzionale ha dato un importane contributo: chiarito che “il rapporto di agenzia non è incompatibile con la soggezione dell’attività lavorativa dell’agente a direttive e istruzioni nonché a controlli, amministrativi e tecnici, più o meno penetranti, in relazione alla natura dell’attività ed all’interesse del preponente”, la Corte conclude che “in alcuni casi, la pregnanza delle direttive […] e l’inserimento tendenzialmente stabile dell’agente nell’organizzazione del [preponente] comportano che la relativa figura possa essere ricondotta a quella di un collaboratore dell’impresa altrui […]. Ipotesi espressamente considerata dal legislatore […] con l’art. 409, numero 3)”.

Si tratta di evitare il rischio che la mancata pattuizione delle modalità di coordinamento implichi la riconduzione nell’ambito della subordinazione o delle collaborazioni etero organizzate. L’assenza di un accordo sulle modalità di coordinamento può automaticamente farne intendere la sua connotazione di lavoro sia autonomo tout court, salvo l’evidenza di altri fatti.

Non va tuttavia dimenticato che la qualificazione di un rapporto nell’ambito della subordinazione ovvero in una delle due fattispecie di lavoro parasubordinato è esclusivamente a carico del giudice chiamato a verificare la genuinità del rapporto.

Risulta quindi evidente da questo ennesimo intervento quanto sia necessario individuare correttamente il ruolo del collaboratore e della collaborazione nell’organizzazione aziendale, e quanto sia di primaria importanza definire in modo inequivocabile le modalità di esecuzione con un patto scritto tra le parti, facendo in modo che tali pattuizioni ritrovino evidenza nella loro esecuzione.

A parere di chi commenta, il corretto utilizzo delle prestazioni di natura parasubordinata necessita innanzitutto di un cambio culturale finalizzato ad una giusta collocazione della prestazione, senza il rischio di cadere nella presunzione di rapporto subordinato.

* Sintesi dell’articolo pubblicato in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 3, 2022, pagg. 561 ss, dal titolo Coordinamento ed etero direzione. Le indicazioni della Corte costituzionale.


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