Nuove prospettive per le imprese IL 131 BIS DELLA CARTABIA
Nina Catizone, Consulente del lavoro in Torino
Ripetutamente, in passato, datori di lavoro, dirigenti, preposti – imputati per violazioni antinfortunistiche – hanno tentato di percorrere la strada messa a disposizione dall’art. 131bis c.p.- non punibilità per particolare tenuità del fatto – vantando proprie condotte susseguenti al reato atte a ridurre il grado dell’offesa quale l’intervenuta eliminazione delle violazioni accertate dagli organi ispettivi. Solo che si sono visti sbarrare questa strada da un’obiezione: “ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis c.p., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, comma 1, c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo” (Sez.Un., 6 aprile 2016 n. 13681). Ecco perché, ad es., Cass. pen. 21 gennaio 2020, n. 2216 osservò che “le circostanze attinenti alla capacità a delinquere del colpevole ex art. 133, comma 2, c.p., nell’ambito delle quali viene valorizzata l’ottemperanza dell’imputato alle prescrizioni impostegli dagli ispettori del lavoro unitamente alle sue difficoltà economiche che non gli avrebbero consentito di provvedere al pagamento dell’oblazione, esulano dalla valutazione della particolare tenuità del fatto che impone, secondo la previsione testuale dell’art. 131-bis, comma 1, c.p., di commisurare il primo indice-requisito, ovverosia la particolare tenuità dell’offesa, alle modalità della condotta e all’entità del danno o del pericolo i quali fanno parte dei criteri afferenti alla gravità del reato previsti dal comma 1 dell’art. 133 c.p.”.
E ne ricavò che “il tardivo adempimento alle prescrizioni dell’organo amministrativo resta un post factum del tutto neutro rispetto al disvalore, anche in termini di offensività, dell’illecito penale che va invece commisurato alla condotta criminosa accertata, da valutarsi in correlazione con la lesione arrecata al bene giuridico tutelato (la sicurezza sul lavoro), nel suo complesso e dunque tenendo conto di tutte le peculiarità della fattispecie concreta in applicazione dei criteri di cui al comma 1 dell’art. 133 c.p.”. Sicché “il successivo adempimento dell’imputato alle prescrizioni impartitegli pur senza versare l’oblazione, non può rilevare ai fini della non abitualità della condotta, ovverosia dell’ulteriore indice-requisito previsto dall’art. 131-bis c.p.”.
In questo quadro, di grande rilievo appaiono due recentissime sentenze della Corte Suprema. Anzitutto, n. 18209 del 2 maggio 2023, relativa al caso di un condannato per violazione dell’art. 64, co. 1, lett. a), D.lgs. n. 81/2008 che lamenta la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Per la prima volta, la Sez. III prende atto delle modifiche apportate all’art. 131-bis c.p. dall’art. 1, co.1, lett. c), n. 2), D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 a decorrere dal 30 dicembre 2022 ai sensi di quanto disposto dall’art. 99bis, co. 1, del medesimo D.lgs., aggiunto dall’art. 6, co. 1, D.l. 31 ottobre 2022 n. 162, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2022, n. 199. Rileva, infatti, che “le novità introdotte nell’art. 131-bis c.p. si colgono in una triplice direzione, ossia: 1) la generale estensione dell’ambito di applicabilità
dell’istituto ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel minimo a due anni di reclusione e, quindi, indipendentemente dal massimo edittale, come previsto dalla previgente formulazione; 2) la rilevanza, ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa, anche alla condotta susseguente al reato; 3) l’esclusione del carattere di particolare tenuità dell’offesa in relazione ai reati riconducibili alla Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, fatta a Istanbul l’11 maggio 2011, e ad ulteriori reati di ritenuti di particolare gravità”. Per giunta, considera indubbio che, “in applicazione dell’art. 2, co. 3, c.p., la nuova formulazione dell’art. 131-bis c.p., nella parte in cui amplia la portata dalla causa di non punibilità (e quindi in relazione alle modifiche di cui ai punti 1 e 2), sia applicabile retroattivamente, e quindi anche ai reati commessi prima del 30 dicembre 2022”. Prende atto che, nel caso di specie, “assume particolare rilevanza la considerazione, ai fini della valutazione della gravità dell’offesa, anche della condotta susseguente al reato, elemento che la giurisprudenza di questa Corte, con riferimento alla previgente formulazione della norma, escludeva dal novero degli elementi da apprezzare proprio perché non espressamente previsto, e dovendosi perciò valutare la misura dell’offesa nel momento di consumazione del reato”. Ne desume che, “per effetto dell’indicata modifica, la condotta post factum è uno -ma non certamente l’unico, né il principale- degli elementi che il giudice è chiamato ad apprezzare ai fini del giudizio avente ad oggetto l’offesa”. Chiarisce che, “come si desume dalla Relazione illustrativa all’indicato D.lgs., il legislatore delegato ha volutamente utilizzato un’espressione ampia e scarsamente selettiva – quale, appunto, “condotta susseguente al reato”- allo scopo di non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potrà fare affidamento su una locuzione elastica ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133, comma 2, n. 3 c.p.”. Ritiene, pertanto, che “il giudice potrà valutare una vasta gamma di condotte definite solo dal punto di vista cronologico-temporale, dovendo essere “susseguenti” al reato, ed evidentemente in grado di incidere sulla misura dell’offesa”. Aggiunge che “ciò vale non solo nel caso in cui le condotte susseguenti riducano il grado dell’offesa -quali le restituzioni, il risarcimento del danno, le condotte riparatorie, le condotte di ripristino dello stato dei luoghi, l’accesso a programmi di giustizia riparativa, o, come nel caso in esame, l’intervenuta eliminazione delle violazioni accertate dagli organi ispettivi– ma anche, e specularmente, quando delle condotte aggravino la lesione -inizialmente “tenue”- del bene protetto”.
Precisa, infine, in linea con la “Relazione illustrativa (p. 346)”, che “la condotta susseguente al reato acquista rilievo, nella disciplina dell’art. 131-bis c.p., non come esclusivo e autosufficiente indice-requisito di tenuità dell’offesa, bensì come ulteriore criterio, accanto a tutti quelli contemplati dall’art. 133, co. 1, c.p., ossia la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione; la gravità del danno o del pericolo; l’intensità del dolo o della colpa: elementi tutti che, nell’ambito di un giudizio complessivo e unitario, il giudice è chiamato a valutare per apprezzare il grado dell’offesa”. Con la conseguenza che “le condotte post delictum non potranno di per sé sole rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento della commissione del fatto -dando così luogo a una sorta di esiguità sopravvenuta di un’offesa in precedenza non tenue- ma potranno essere valorizzate nel complessivo giudizio sulla misura dell’offesa, giudizio in cui rimane centrale, come primo termine di relazione, il momento della commissione del fatto, e, quindi, la valutazione del danno o del pericolo verificatisi in conseguenza della condotta”. Significativa è anche la n. 20279 del 12 maggio 2023, relativa a un caso di condanna per il reato di lesione personale colposa in danno di un lavoratore infortunato. Perché opportunamente ricorda che già una pronuncia delle Sez. Un. 12 maggio 2022, n. 18891 ritenne “ormai superato l’orientamento secondo cui è irrilevante la condotta susseguente al reato, a fronte della direttiva di segno opposto contenuta all’interno della legge delega n. 134/2021, che può considerarsi già diritto vigente, prima ancora che venisse adottato il D.lgs. n. 150/2022, entrato in vigore lo scorso 30 dicembre, con cui sono state formalmente inserite, al primo comma dell’art. 131-bis c.p., le parole “anche in considerazione della condotta susseguente al reato”. E ne desume che “entro tale prospettiva, le condotte successive al reato ben possono ’integrare nel caso concreto un elemento suscettibile di essere preso in considerazione nell’ambito del giudizio di particolare tenuità dell’offesa, rilevando ai fini dell’apprezzamento della entità del danno, ovvero come possibile spia dell’intensità dell’elemento soggettivo”.