IL PREPENSIONAMENTO DEI GIORNALISTI dopo il trasferimento di Inpgi 1 in Inps

Antonello Orlando, Consulente del lavoro in Roma e Bologna

 

La Legge n. 234/2021, all’art. 1, cc. da 103 a 118, ha stabilito che la funzione previdenziale svolta dall’Inpgi è stata trasferita dall’1.7.22 all’Inps. Dalla stessa data sono iscritti all’AGO dei lavoratori dipendenti i giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, nonché i titolari di posizioni assicurative e i titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti presso la medesima forma.

A seguito dei chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la circolare n. 10/2023 Inps ha fornito indicazioni in merito all’accesso al prepensionamento di cui all’art. 37, co. 1, L. n. 416/1981, da parte dei lavoratori giornalisti iscritti al FPLD ai sensi dell’art. 1, co. 103 e seguenti, della L. n. 234/2021, approfittandone anche per dare chiarimenti sul prepensionamento dei lavoratori poligrafici.

 

PREPENSIONAMENTO IN FAVORE DEI GIORNALISTI PROFESSIONISTI ISCRITTI AL FPLD

Il Ministero del Lavoro ha chiarito che, nei confronti dei giornalisti professionisti, la disciplina speciale sui prepensionamenti continua a trovare applicazione anche dopo il 1.7.2022. Sono destinatari del prepensionamento i giornalisti professionisti dipendenti dalle imprese editrici di giornali quotidiani, giornali periodici e agenzie di stampa a diffusione nazionale di cui all’art. 27, co. 2, L. n. 416/1981. Per potere accedere al prepensionamento i singoli lavoratori dovranno risultare iscritti agli elenchi dei giornalisti professionisti presso l’Ordine dei giornalisti; il requisito contributivo richiesto è pari a 25 anni e 5 mesi di contribuzione, adeguato agli incrementi alla speranza di vita. Alla luce dell’uniformazione del regime pensionistico, Inps ha chiarito che il prepensionamento può essere conseguito in possesso di un’età non inferiore di 5 anni rispetto al requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia (67 anni fino al 2026), dunque con un’età minima di 62 anni.

Ulteriore condizione di accesso è l’essere stati ammessi al trattamento Cigs per “riorganizzazione aziendale” in presenza di crisi, di durata non superiore a 24 mesi, anche continuativi.

Ai fini dell’accesso al prepensionamento è necessario che:

  • i 3 mesi di permanenza in Cigs, anche non continuativi, siano fruiti nel
  • periodo indicato nel decreto ministeriale di autorizzazione alla Cigs finalizzata al prepensionamento o nel periodo di proroga del trattamento di Cigs;
  • i requisiti anagrafico e contributivo siano maturati nel periodo di Cigs autorizzato dal decreto ministeriale;
  • l’ultima contribuzione sia accreditata a titolo di Cigs finalizzata al prepensionamento.

Non sono ammessi al prepensionamento i giornalisti già titolari di pensione, anche solo per pro-quota, a carico dell’AGO o forme sostitutive, esonerative o esclusive della medesima e della Gestione separata, ma possono accedere i titolari di sola pensione presso gli enti di previdenza di diritto privato (D.lgs. n. 509/1994 e D.lgs. n. 103/1996) inclusa la Gestione separata dell’Inpgi.

CONTRIBUZIONE VALORIZZATA

Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo vanno considerati tutti i contributi accreditati, anche figurativi, volontari e da riscatto. I giornalisti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti Inps (FPLD) possono accedere al prepensionamento valorizzando tutta la contribuzione versata o accreditata nel FPLD, compresa quella in evidenza contabile separata del Fondo stesso.

L’art. 37, co. 1, lett. b), prevede la “anticipata liquidazione della pensione di vecchiaia nei cinque anni che precedono il raggiungimento dell’età fissata per il diritto alla pensione di vecchiaia nel regime previdenziale dell’Inpgi, con integrazione a carico dello stesso Istituto di un numero massimo di cinque anni di anzianità contributiva”. Il comma 2 prevede che l’integrazione contributiva a carico dell’Inpgi non può essere superiore a 5 anni. Per i giornalisti che abbiano raggiunto un’età la cui differenza con quella richiesta per la pensione di vecchiaia sia inferiore a 5 anni, l’anzianità contributiva è maggiorata di un periodo pari a questa differenza. La maggiorazione, riconosciuta, per massimo 5 anni, fino alla concorrenza del limite di 30 anni, si calcola aggiungendo al montante contributivo, posseduto all’atto del pensionamento, una quota di contribuzione riferita al periodo compreso tra la decorrenza della pensione e la data di perfezionamento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, computata in relazione alla media delle basi annue pensionabili possedute negli ultimi 5 anni di contribuzione e rivalutate.

 

TERMINE DI PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA E DECORRENZA DEL TRATTAMENTO

Il termine decadenziale di 60 giorni per la presentazione della domanda di prepensionamento ha diverse decorrenze: per chi ha maturato i requisiti entro i 3 mesi di permanenza in Cigs, decorre dal compimento dei 3 mesi di permanenza in Cigs, mentre per chi ha maturato i requisiti oltre i 3 mesi di permanenza minima in Cigs, decorre dal compimento dei requisiti maturati durante la Cigs.

In caso di emanazione del decreto che approva il piano di riorganizzazione in presenza di crisi e autorizza la Cigs, in data successiva a quella in cui l’interessato perfeziona i 3 mesi di

permanenza in Cigs, le decorrenze dei 60 giorni sono diverse:

  1. per chi matura i requisiti prima dell’emanazione del decreto, il termine decorre dall’emanazione del decreto;
  2. per chi matura i requisiti dopo l’emanazione del decreto, il termine decorre dalla maturazione dei requisiti entro la fruizione della Cigs.

I lavoratori che hanno maturato i requisiti entro il periodo di fruizione della Cigs e possono fare valere una permanenza in Cigs per almeno 3 mesi, possono presentare la domanda di pensione anche in data antecedente all’emanazione del decreto che approva il piano di riorganizzazione. Queste domande devono essere tenute in evidenza dalle sedi Inps, in attesa che gli interessati le integrino con l’indicazione degli estremi del decreto di Cigs.

CALCOLO DELLA PENSIONE

L’importo dell’assegno di prepensionamento è determinato dalla somma di:

  • quota corrispondente alle anzianità contributive acquisite presso l’Inpgi 1 al 30.6.2022, comprese quelle oggetto di trasferimento presso l’Inpgi a seguito di domanda presentata entro il 30.6.2022;
  • quota corrispondente all’anzianità contributiva maturata presso il FPLD dall’1.7.2022 e eventuale contribuzione a qualunque titolo versata o accreditata.

RAPPORTI CON ALTRE PRESTAZIONI PREVIDENZIALI, RAPPORTI DI LAVORO E REDDITI DA LAVORO

Nel successivo messaggio n. 644 del 2023, Inps ha chiarito che dall’1 luglio 2022, il prepensionamento è incompatibile con l’attività lavorativa, subordinata e autonoma, prestata in Italia e all’estero presso la stessa azienda che ha avviato il prepensionamento o altra azienda che faccia capo allo stesso gruppo editoriale cumulabile con i redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente o autonomo. Al contrario, l’assegno è compatibile con l’attività lavorativa presso datori di lavoro diversi da quelli citati.

Dall’1.7.2022, per le pensioni già liquidate al momento del trasferimento all’Inps o successivamente, trova applicazione la disciplina in materia di cumulo della pensione con i redditi da lavoro prevista nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), quindi dalla stessa data, non trova applicazione il “Regolamento di previdenza della Gestione Sostitutiva dell’AGO” dell’Inpgi.

Dalla stessa data, il trattamento derivante dal prepensionamento è cumulabile con i redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente o autonomo, non incompatibili. In caso di svolgimento di attività lavorativa successiva al prepensionamento, i contributi assicurativi riferiti a tali periodi lavorativi sono riassorbiti dall’Inpgi fino alla concorrenza della maggiorazione contributiva riconosciuta al giornalista. Nel caso di svolgimento dopo il prepensionamento di attività lavorativa con iscrizione al FPLD, il supplemento di pensione sarà corrisposto quale differenza tra il montante collegato alla contribuzione versata al FPLD e la quota di contribuzione riferita al periodo di maggiorazione.

In caso di prosecuzione della attività lavorativa con iscrizione al FPLD, il supplemento di pensione sarà liquidato con valore pari alla differenza tra il montante risultante dalla contribuzione versata al FPLD e la quota di contribuzione riferita al periodo di maggiorazione.

 

GIORNALISTI PUBBLICISTI

Come chiarito dal Ministero del Lavoro, dall’1.7.2022, nei confronti dei giornalisti pubblicisti iscritti al FPLD saranno accessibili i prepensionamenti, sulla base di accordi collettivi sottoscritti a partire dall’1.7.2022. Sono destinatari di questa forma di prepensionamento i pubblicisti dipendenti dalle imprese editrici di giornali quotidiani, di giornali periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale iscritti agli elenchi dei giornalisti pubblicisti presso l’Ordine dei giornalisti.

 

ULTERIORI CHIARIMENTI IN MATERIA DI PREPENSIONAMENTO PER POLIGRAFICI

Con la circolare n. 107/2002, era già stato precisato che nel caso di aziende editrici e/o stampatrici di periodici che non producono esclusivamente periodici, la domanda deve essere corredata anche di dichiarazione aziendale da cui risulti che il dipendente negli ultimi 12 mesi di lavoro effettivo, antecedente la cessazione del rapporto, è stato adibito per almeno 26 settimane alla produzione di giornali periodici.

Nell’ambito della riforma degli ammortizzatori sociali, il D.lgs. n. 69/2017 ha ridefinito la disciplina di settore, introducendo, nel D.lgs. 148/2015, l’art. 25-bis e modificando l’art. 37, L. n. 416/1981 in materia di prepensionamento. In forza di tale novità normativa, il prepensionamento è riconosciuto in favore dei lavoratori poligrafici ammessi “ai trattamenti di cui all’articolo 25-bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, comma 3, lettere a) e b)”. Non è più dirimente l’adibizione per almeno 6 mesi del lavoratore al settore della produzione di periodici e non occorre allegare alla domanda di prepensionamento la dichiarazione aziendale da cui risulti che il dipendente negli ultimi 12 mesi di lavoro effettivo, antecedente la data di cessazione del rapporto, è stato adibito per almeno 26 settimane alla produzione di giornali periodici.

In presenza di contributi in altre gestioni Inps, per accedere al prepensionamento è necessario ricorrere alla ricongiunzione (art. 1, L. n. 29/1979) presentando la domanda prima della decorrenza del trattamento pensionistico anticipato dato che il requisito contributivo deve essere perfezionato esclusivamente nel FPLD. Inps ha chiarito poi che le domande di prepensionamento devono essere presentate mediante i canali tipici dell’Istituto:

portale web Inps, al servizio “Prestazioni pensionistiche – Domande”, attivando il sottomenu “Nuova Prestazione Pensionistica” e scegliendo uno dei prodotti:

  • Prodotto: Pensione di vecchiaia/anticipata Tipo: Prepensionamento editoria
  • Tipologia:

– Art. 37, legge 416/1981, lettera a); – Art. 37, legge 416/1981, lettera b).

Le domande pervenute precedentemente al 31.1.2023 saranno automaticamente riqualificate dagli operatori Inps.

Queste forme di prepensionamento, tipiche del settore del giornalismo e dei lavoratori poligrafici, che non hanno oneri completi a carico dei datori di lavoro, si pongono adesso accanto a quelle ordinarie di Inps, quali l’Isopensione ex art. 4, commi 1-7ter della L. n. 92/2012 e il contratto di espansione (sperimentale fino a fine 2023). In questi casi, tuttavia, il prepensionamento è ad esclusivo carico del datore di lavoro (isopensione) o ha una parte di finanziamento da parte dello stato (contratto di espansione in presenza di assunzioni a tempo indeterminato).

 

 

 

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PENSIONE QUOTA 103 E PENSIONAMENTO ORDINARIO: convenienza

Noemi Secci, Consulente del lavoro in Sassari

Pensionamento con Quota 103 e pensione anticipata e di vecchiaia ordinaria: l’uscita dal lavoro con il nuovo trattamento pensionistico sperimentale comporta delle penalizzazioni?

 

La pensione opzione Quota 103 è una pensione anticipata istituita in via sperimentale per l’anno 2023 (art. 1, co. 283, L. n. 197/2022, che ha aggiunto l’art. 14.1 al D.l. n. 4/2019). Può essere ottenuta laddove siano raggiunti, entro il 31.12.2023, i seguenti requisiti:

  • un’età minima di 62 anni;
  • una contribuzione minima di 41 anni, di cui 35 al netto dei periodi di disoccupazione indennizzata, malattia e infortunio non integrati dal datore di lavoro; quest’ultimo requisito deve essere verificato per i soli iscritti presso l’AGO ed i fondi sostitutivi (art. 22, co. 1 della L. n. 153/69; Circ. Inps 23.12.2014, n. 180).

I 41 anni di contribuzione possono essere raggiunti anche in regime di cumulo: a tal fine, è possibile sommare la contribuzione accreditata presso la generalità delle casse amministrate dall’Inps, ma non i contributi presenti nelle casse di categoria di cui al D.Lgs. n. 509/94 e al D.Lgs. n. 103/96 (cfr. circ. Inps 29.1.2019, n. 10 e circ. Inps 29.1.2019, n. 11). È possibile considerare i contributi accreditati per lavoro all’estero, presso un paese UE o convenzionato con l’Italia in materia di sicurezza sociale.

Il requisito contributivo è verificato tenendo conto delle regole della gestione previdenziale che liquida il trattamento.

L’accesso alla “Quota 103” è consentito anche avvalendosi dell’opzione contributiva di cui all’art. 1, co. 23 della L. n. 335/95 o della facoltà di computo dei versamenti nella gestione separata di cui all’art. 3 del D.M. n. 282/96. I requisiti per questa pensione sperimentale non sono adeguati alla speranza di vita.

FINESTRE DI ATTESA

In parallelo a quanto previsto per la pensione quota 100 e quota 102, anche alla quota 103 sono applicate le c.d. Finestre mobili di attesa, che spostano la decorrenza della pensione, rispetto alla data di maturazione dei requisiti, in avanti di:

  • 3 mesi, per i lavoratori del settore privato;
  • 6 mesi, per i dipendenti pubblici; la domanda di collocamento a riposo, per i dipendenti della Pubblica Amministrazione, deve essere presentata all’amministrazione di appartenenza con un preavviso di sei mesi. Ai dipendenti del comparto scuola si applica la finestra unica di uscita (art. 59, co.9 della L.
  • 449/97); in sede di prima applicazione, entro il 28.2.2022, il personale a tempo indeterminato può presentare domanda di cessazione dal servizio con effetti dall’inizio, rispettivamente, dell’anno scolastico o accademico (messaggio Inps 10.1.2022, n. 97).

Se il trattamento pensionistico è liquidato a carico di una gestione esclusiva dell’assicurazione generale obbligatoria (come Inps gestione Dipendenti pubblici), la prima decorrenza utile della pensione è fissata al primo giorno successivo alla chiusura della finestra. Se, invece, il trattamento è liquidato a carico di una gestione diversa da quella esclusiva dell’assicurazione generale obbligatoria, la prima decorrenza utile della pensione è fissata al primo giorno del mese successivo alla chiusura della finestra.

Per coloro che hanno già maturato i requisiti per la Quota 103 al 31 dicembre 2022, la finestra si apre il 1° aprile 2023 se lavoratori del settore privato, il 1° agosto 2023 se dipendenti pubblici.

INCOMPATIBILITÀ CON L’ATTIVITÀ LAVORATIVA La pensione Quota 103 risulta incumulabile, sino al compimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia di cui all’art. 24, co. 6 del D.l. n. 201/2011 (attualmente pari a 67 anni), con qualsiasi reddito derivante dallo svolgimento di attività lavorativa; risulta cumulabile con i redditi di lavoro autonomo occasionale (art. 2222 c.c.) sino a un massimo di 5.000 euro di compensi lordi annui.

CALCOLO DEL TRATTAMENTO

L’ammontare della pensione anticipata con Quota 103 è determinato come qualsiasi altro trattamento pensionistico, senza operare penalizzazioni o ricalcoli (salvo opzione al contributivo esercitata dall’interessato). Il calcolo della pensione deve dunque essere effettuato utilizzando il sistema:

  • retributivo sino al 31.12.2011, poi contributivo, per chi possiede oltre 18 anni di contributi al 31.12.1995;
  • retributivo sino al 31.12.1995, poi contributivo, per chi possiede meno di 18 anni di contributi al 31.12.1995;
  • integralmente contributivo per chi non possiede contributi al 31.12.1995.

TETTO MASSIMO DI IMPORTO

L’ammontare della pensione Quota 103, sino al compimento dell’età per il pensionamento di vecchiaia ordinario, non può superare 5 volte il trattamento minimo previsto a legislazione vigente. Il tetto di importo, per la precisione, si applica solo in relazione alle mensilità di anticipo del pensionamento rispetto al momento in cui tale diritto maturerebbe a seguito del raggiungimento dei requisiti di accesso alla pensione di vecchiaia ordinaria c.d. Fornero (art. 24, co. 6, D.l. n. 201/2011), attualmente pari a 67 anni.

REQUISITI PER IL PENSIONAMENTO ORDINARIO C.D. FORNERO

Ad oggi, per la generalità dei lavoratori iscritti all’Inps, sono previsti, in base alla legge Fornero, i seguenti trattamenti pensionistici ordinari (non agevolati):

  • pensione anticipata (art. 24, co. 10, D.l. n. 201/2011): si ottiene, sino al 31.12.2026, con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, più 3 mesi di finestra; il requisito contributivo può essere raggiunto anche in regime di cumulo (art. 1, co. 239 e ss. L. n. 228/2012, come modificato dalla L. n. 232/2016), ossia sommando, ai soli fini del diritto a pensione, la contribuzione accreditata presso gestioni previdenziali diverse, comprese le casse professionali;
  • pensione di vecchiaia (art. 24, co. 6, D.l. n. 201/2011): si ottiene, sino al 31.12.2024, di norma con 20 anni di contributi e 67 anni di età (più un importo soglia minimo pari a 1,5 volte l’assegno sociale per coloro che sono soggetti al calcolo interamente contributivo della pensione); anche in questo caso, il requisito contributivo può essere raggiunto in regime di cumulo.

Rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria, la Quota 103 consente un anticipo del requisito anagrafico di ben 5 anni. In merito al requisito contributivo, però, il risparmio non è ingente: soli 10 mesi di anticipo per le donne, 1 anno e 10 mesi per gli uomini. Dall’altra parte della bilancia, l’impossibilità di lavorare sino ai 67 anni (e oltre, laddove il requisito dovesse essere incrementato nell’ipotesi di innalzamento della speranza di vita media) e l’applicazione, sempre sino al compimento dell’età pensionabile ordinaria, del tetto massimo d’importo. Ci si domanda, dunque, se l’uscita con la Quota 103 sia conveniente o meno.

VALUTAZIONE DI CONVENIENZA

Per rispondere al quesito, è stato sviluppato uno studio previdenziale nel quale sono state confrontate tre ipotesi d’uscita: con pensione Quota 103, pensione anticipata ordinaria e pensione di vecchiaia ordinaria.
Il lavoratore preso in considerazione è nato il 13/10/1960 e possiede, al 31/12/2022, 2123 settimane di contributi, pari a 40 anni e 10 mesi di contributi accreditati presso il FPLD, Fondo pensioni lavoratori dipendenti. Ultimo imponibile pari a € 134.013,00.
Nel presente studio, gli scenari futuri sono stati ipotizzati prendendo in considerazione lo svolgimento dell’attuale attività lavorativa, con i futuri imponibili previdenziali pari all’ultimo e un incremento prudenziale degli indici pari all’1,5%.
Di seguito, la sintesi dello studio previdenziale:

  CONDIZIONI/CRITICITÀ LORDO MENSILE NETTO MENSILE1 DECORRENZA
Pensione Quota 103 Ipotizzata la continuazione nel versamento della contribuzione, in misura pari all’ultimo imponibile, senza soluzione di continuità € 2.839,70 € 4.516,15 dal 2028 2.040,93 € 2.991,27 dal 2028 01/06/2023
Pensione anticipata ordinaria Ipotizzata la continuazione nel versamento della contribuzione, in misura pari all’ultimo imponibile, senza soluzione di continuità € 5.282,51 € 3.404,70 01/04/2025
Pensione di vecchiaia ordinaria Ipotizzata- ma non indispensabile per il diritto a pensione- la continuazione nel versamento della contribuzione, in misura pari all’ultimo imponibile, senza soluzione di continuità € 6.383,94 € 4.186,71 01/01/2028
Al netto di Irpef, addizionale regionale e comunale, considerando le detrazioni per redditi di pensione, ove spettanti.  

Come si evince dalla tabella, l’accesso al pensionamento con Quota 103 comporta un anticipo non indifferente nell’uscita dal lavoro, pari a 4 anni e mezzo rispetto alla pensione di vecchiaia ed a quasi 2 anni rispetto alla pensione anticipata.
In cambio, a causa del mancato versamento di nuova contribuzione, si subisce una penalizzazione, a regime, di € 1.867,79 euro lordi mensili rispetto alla pensione di vecchiaia, di € 766,36 mensili lordi rispetto alla pensione anticipata.
Penalizzazione che, sino al 31/12/2027, risulta ancora più elevata a causa dell’applicazione
del tetto massimo di importo, pari a € 3.544,24 mensili lordi rispetto alla pensione di vecchiaia e ad € 2.442,81 mensili lordi rispetto alla pensione anticipata. Senza poter in alcun modo “ripianare” questa perdita svolgendo attività lavorativa.

 

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PER LE PENSIONI IL 2023 è un anno di transizione…

di Mario Verità,  Consulente previdenziale in Milano e Legnano (Mi)

 

Come sovente succede in politica tanto tuonò che (non) piovve…

Qualche anno fa scrivemmo di montagne e topolini, ma mai come questa volta fatichiamo a trovare delle VERE novità in ambito previdenziale nella Legge di Bilancio per il 2023.

Atteniamoci per ora ai fatti e riepiloghiamo:

  • È stata prorogata la misura cosiddetta APE sociale che consente a coloro che hanno raggiunto i 63 anni di età anagrafica con almeno 30 o 35 anni di contribuzione (rispettando determinati requisiti soggettivi) di godere, fino alla data di compimento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia, di un assegno pari all’importo della pensione maturata grazie ai contributi; l’importo erogato non supererà comunque i 1500€/ mese che saranno pagati per 12 mensilità. Rientra nella categoria del sostegno al reddito.
  • QUOTA 103 viene introdotta in sostituzione e parziale continuità con le precedenti Quota 100 e Quota 102; i requisiti sono 62 anni di età anagrafica e 41 anni di anzianità Per coloro che hanno matura- to durante il 2022 il diritto, il pagamento decorrerà dal 01/04/2023 (come se il perfezionamento del diritto sia stato a dicembre 2022 applicando la finestra di 3 mesi); oltre ai limiti previsti per Quota 100 e Quota 102 (incumulabilità pressoché assoluta di reddito e pensione fino al compimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia) si aggiunge il massimale di assegno che potrà essere pagato qualunque sia il valore maturato al momento della domanda. Questo limite è fissato in 5 volte il valore dell’assegno minimo, quindi circa € 2.800,00/mese.
  • Come corollario alla Quota 103 viene introdotta possibilità, per coloro che maturano il diritto alla pensione con questa formula durante il 2023, di chiedere che il datore di lavoro versi la quota a carico del lavoratore ai fini IVS, non all’Inps bensì al lavoratore; si attende circolare Inps per capire limiti e regole di questa innovazione.
  • Viene rinnovata e ampiamente depotenziata la Opzione Donna (che ha come caratteristica principale il calcolo dell’assegno con metodo interamente contributivo) che apre alle lavoratrici che nel 2022 abbiano raggiunto i 35 anni di anzianità contributiva e che abbiano compiuto 58 anni (con almeno 2 figli), 59 anni (con un figlio) ovvero 60 anni senza condizioni di figli; per tutte però compare il terzo requisito soggettivo che è il medesimo visto per Ape sociale, lavoratori precoci, cioè invalidità propria di almeno il 74%, caregiver, ovvero dipendente licenziata da aziende con aperto tavolo di trattativa per aziende in crisi.

Fin qui la cronaca.

Qualche considerazione e alcune osservazioni:

  • per opzione donna le nate nel 1964, che si aspettavano la riapertura, hanno trovato un’amara sorpresa; le condizioni soggettive sono molto stringenti e, per esempio nel caso dei soggetti invalidi, peggiorative, per via del calcolo contributivo, rispetto per esempio alla possibilità di chiedere l’assegno ordinario di invalidità
  • la quota 103 potrebbe essere interessante per i lavoratori di livello medio, poiché rinunciare ad una quota di pensione che eccede il massimo di € 800 prevista fino a 67 anni o più potrebbe essere un sacrificio più alto rispetto a continuare a lavorare per meno di 2 anni. Per non parlare delle donne che hanno la vecchiaia anticipata a 41 anni e 10 mesi. Altra categoria interessata forse è quella dei lavoratori autonomi che mantengono in vita la propria attività principalmente per raggiungere il diritto a pensione
    Quale pensione mi verrà pagata quando sceglierò di accedere, per esempio, alla pensione anticipata con 41 (o 42) anni e 10 mesi?Verrebbe da concludere dicendo che, date le promesse (elettorali), qualcosa si doveva fare, ma come già scritto a novembre, gli spazi di manovra per ripensare alle tante incongruità del sistema (primo fra tutti il trattamento dei contributivi naturali rispetto a quelli diventati tali grazie all’opzione) erano veramente ridotti e forse è meglio che in sostanza si sia rimasti allo stato dell’arte, per attuare una revisione di tutto il sistema che necessita di trasparenza e semplificazione…e forse un po’ di flessibilità
  • la formula dell’incentivo a rimanere al proprio posto incassando la propria quota di contribuzione non sembra essere una novità che riscuoterà grande interesse, a meno che venga declinata in modo interessante soprattutto per coloro che hanno redditi alti: il 9,19% sarà figurativo (per non impattare sulla quota retributiva) o penalizzerà la crescita della pensione attesa in modo più che proporzionale rispetto ai minori contributi versati?

Verrebbe da concludere dicendo che, date le promesse (elettorali), qualcosa si doveva fare, ma come già scritto a novembre, gli spazi di manovra per ripensare alle tante incongruità del sistema (primo fra tutti il trattamento dei contributivi naturali rispetto a quelli diventati tali grazie all’opzione) erano veramente ridotti e forse è meglio che in sostanza si sia rimasti allo stato dell’arte, per attuare una revisione di tutto il sistema che necessita di trasparenza e semplificazione…e forse un po’ di flessibilità.

 

 

 

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IL DIVIETO DI CUMULO reddituale di Quota 100 e 102 passa il vaglio della Corte Costituzionale

Antonello Orlando, Consulente del lavoro in Roma e Bologna

 

Il 5 ottobre 2022 la Corte costituzionale ha  esaminato in camera di Consiglio la questione di legittimità costituzionale che era stata sollevata da parte del Giudice del lavoro di Trento in merito all’articolo 14, comma 3 del Decreto legge n. 4 del 2019; l’articolo stabilisce l’incumulabilità della pensione anticipata Quota 100 con i redditi da lavoro, con unica eccezione per quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5.000 euro lordi annui fino all’età pensionabile di vecchiaia (fino al 2024 ferma a 67 anni di età).

Il citato articolo 14, nel suo insieme, ha riconosciuto, per il triennio dal 2019 al 2021, la possibilità in favore degli iscritti alla assicurazione obbligatoria (AGO), alle forme esclusive e sostitutive della stessa e alla gestione separata gestite dall’Inps la possibilità di ottenere il diritto alla pensione una volta raggiunti almeno 38 anni di contribuzione e almeno 62 anni di età. Ai fini dell’effettivo accesso a pensione deve, poi, trascorrere la cosiddetta “finestra mobile” che, ai sensi del comma 5, corrisponde a 3 mesi. Il diritto deve essere stato conseguito entro il 2021, ma può essere esercitato anche successivamente a tale data. Come anticipato, il comma 3 del citato articolo 14 prevede la non cumulabilità tra l’assegno pensionistico e i redditi da lavoro dipendente o autonomo. L’unica eccezione è data dalla possibilità di cumulare redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale purché il loro importo sia inferiore a 5.000 euro lordi annui. La non cumulabilità decorre dal primo giorno di titolarità della pensione e non viene contemplata per l’intero periodo di fruizione della stessa, ma solo fino alla data di maturazione del requisito anagrafico, come previsto dalla gestione interessata nella quale l’assicurato matura il requisito contributivo richiesto, per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Nel caso in cui dovesse essere rilevato un reddito percepito durante l’intervallo temporale indicato che non sia riferito ad attività lavorativa svolta precedentemente allo stesso, il pagamento dell’assegno di pensione viene sospeso da parte dell’Istituto e quest’ultimo procederà anche a richiedere le rate di pensione che siano già percepite dal pensionato. Pertanto, nel caso in cui il reddito faccia riferimento ad un’attività che sia stata svolta al di fuori dell’intervallo temporale tra la data di accesso a pensione anticipata in Quota 100 e la data di raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, lo stesso non rientrerà nella non cumulabilità con i redditi da pensione.

L’erogazione della pensione riprenderà a partire dal successivo anno di imposta, a condizione che il reddito percepito rientri nei vincoli previsti e che il pensionato compili il modello AP139 dichiarando l’assenza di redditi non cumulabili con l’assegno di pensione in Quota 100.

La circolare Inps n. 117/2019 ha chiarito eventuali dubbi sorti a seguito della prima circolare n. 11/2019 e riporta un elenco esemplificativo dei redditi che rientrano o meno nel computo ai fini della non cumulabilità. Nello specifico, oltre ai redditi derivanti da lavoro dipendente e quelli da lavoro autonomo eccedenti il limite dei 5.000 euro lordi, non sono cumulabili con i redditi da pensione in Quota 100 compensi percepiti per l’esercizio di arti, redditi di impresa connessi ad attività di lavoro, partecipazioni agli utili nei casi in cui l’apporto è costituito da prestazione di lavoro, diritti d’autore e brevetti, tutti assimilabili alla definizione estensiva di redditi di lavoro autonomo. Ai fini del calcolo del limite di 5.000 euro lordi da lavoro autonomo occasionale vige il principio di cassa e, dunque, soltanto i ricavi incassati nell’anno solare possono essere inclusi nel calcolo del reddito.

L’elenco tassativo dei redditi non rilevanti ai fini dell’incumulabilità della pensione in Quota 100 -e che non azionano la sospensione annuale della pensione- comprende:

  • indennità connesse a cariche pubbliche elettive;
  • redditi di impresa non connessi ad attività di lavoro e le partecipazioni agli utili nei casi in cui l’apporto non è costituito da prestazione di lavoro;
  • compensi percepiti per l’esercizio della funzione sacerdotale;
  • indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice di pace, di giudice tributario e le indennità percepite dai giudici onorari aggregati per l’esercizio delle loro funzioni (art. 8, L. n. 276/1997);
  • indennità sostitutiva del preavviso in quanto la competenza ha natura risarcitoria e non retributiva;
  • redditi derivanti da attività svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani;
  • indennità di vitto, alloggio e trasporto che non concorrono a formare il reddito (art. 51, co. 5 TUIR);
  • indennizzi per la cessazione di attività commerciale.

Ai fini dell’accertamento, come chiarito dal messaggio Inps n. 54/2020, in fase di domanda di pensione Quota 100 l’assicurato deve compilare il modello AP140 dichiarando l’assenza di redditi da lavoro o la presenza di redditi da lavoro non cumulabili, la percezione di redditi da lavoro cumulabili in quanto riferiti all’elenco tassativo di cui sopra e/o di redditi da lavoro cumulabili perché riferiti a periodi precedenti la decorrenza. Durante il periodo emergenziale sono state previste deroghe ad hoc per i sanitari e i dipendenti impegnati nella lotta al Covid-19. Nel caso in cui il pensionato debba dichiarare redditi non cumulabili o cumulabili durante la percezione della pensione dovrà compilare il modello AP139, speculare all’AP140, ma obbligatorio per indicare ogni modifica reddituale fino al compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia. Lo stesso dovrà essere compilato anche se, una volta violato il divieto di cumulo e sospesa la pensione, nell’anno successivo non si percepiscano redditi non cumulabili, dichiarando espressamente l’assenza degli stessi.

Nel caso in cui il richiedente nella domanda di pensione abbia richiesto il differimento della decorrenza della medesima ad una data posteriore rispetto alla prima data utile di accesso, lo stesso può continuare a svolgere attività di lavoro e ad avere redditi relativi a questa fino all’effettiva data di decorrenza richiesta.

La vicenda che ha portato al parere della Corte Costituzionale ha avuto origine da un titolare di pensione in Quota 100 dal 1° maggio 2019. Durante la percezione della pensione, questi aveva svolto alcuni rapporti di lavoro intermittente:

  • dal 3 giugno al 31 luglio 2019: 385,79 euro di retribuzione;
  • dal 7 al 10 settembre 2019: 495,72 euro di retribuzione;
  • dal 23 novembre al 31 dicembre 2019: euro 217,96 di retribuzione;
  • dal 2 al 16 luglio 2020: euro 373 di retribuzione.

L’Inps, pertanto, applicando il divieto assoluto di cumulo con redditi da lavoro dipendente (non trattandosi di redditi da lavoro autonomo occasionale), ha chiesto il rimborso dei ratei di pensione corrisposti da maggio 2019 ad agosto 2020 e, allo stesso tempo, non ha erogato i ratei da settembre a dicembre 2020. Il Tribunale di Trento, con la ordinanza 211/2021, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma relativamente al divieto di cumulo, nella parte in cui non è previsto un importo minimo di reddito da lavoro dipendente oltre il quale la pensione diviene non cumulabile, come è stato fatto, al contrario, per il lavoro autonomo occasionale con il limite fissato a 5.000 euro all’anno.

La questione d’incostituzionalità è legata all’articolo 3, comma 1, della Costituzione per una disparità di trattamento data dal fatto che il pensionato che dovesse svolgere attività lavorativa autonoma occasionale non si troverebbe nella medesima situazione di un pensionato che dovesse svolgere attività con contratto intermittente. La Corte Costituzionale ha chiarito che la questione di illegittimità costituzionale non è fondata dal momento che le due situazioni non sono comparabili tra loro. Difatti, il lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro lordi annui non dà luogo all’obbligo contributivo e, dunque, la preclusione assoluta di svolgere lavoro subordinato, imposta da Quota 100, ma anche da Quota 102, trova la propria ragion d’essere nella richiesta di una uscita anticipata dal mondo del lavoro, rispetto alla pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata ordinaria, che risulta in chiara contraddizione con la prosecuzione di un’attività lavorativa successivamente all’accesso alla pensione in Quota 100.

Tale divieto di cumulo potrà, fra l’altro, trovare spazio anche nelle nuove misure di anticipazione a pensione al vaglio del nuovo esecutivo che potrà, a questo punto, confidare sulla tenuta costituzionale del divieto replicando quello del D.l. n.4/2019 senza particolari criticità.

 

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E anche quest’anno… LA RIFORMA DELLE PENSIONI LA FACCIAMO L’ANNO PROSSIMO

di Mario Verità,  Consulente previdenziale in Milano e Legnano (Mi)

 

Non tragga in inganno il titolo sarcastico, perché non è previsto che ci debba essere una riforma delle pensioni a cadenza stabilita; normalmente le riforme si fanno se cambiano le condizioni generali o, a livello ancora più macro, se cambia la società, il rapporto con il lavoro, se cambiano le regole del lavoro; beh allora in questo caso, a mio modesto parere, sarebbe auspicabile una revisione delle regole che in alcuni casi sono assolutamente anacronistiche e slegate dalla stretta attualità.

Tuttavia lasciamo alla politica ed a coloro che hanno visioni più ampie il compito di tracciare la via e limitiamoci a verificare cosa ci attende per il 2023.

Gli scorsi anni abbiamo avuto poco più che dei make-up di quanto stabilito nel passato anche recente, con il risultato di accendere discussioni a livello di opinione pubblica che hanno assunto il ruolo di discorsi da ascensore e nulla più; come avviene ormai frequentemente, dopo ogni elezione ci si aspetta (viste le promesse della campagna elettorale) una modifica sostanziale al grande nemico rappresentato per molti (e trasversalmente) dalla riforma del governo Monti.

E come ogni anno a poche settimane dal nuovo giro di calendario ancora non sappiamo con certezza se e come saranno create eccezioni all’impianto della L. n. 214/2011. Una prima considerazione è proprio su questo aspetto: le promesse fanno intendere che sarà fatto qualcosa, ma fino all’ultimo non si sa quale aspetto, quali categorie, quali età saranno toccate dalle modifiche, con il risultato, estremamente negativo per persone, famiglie e imprese, di non poter programmare il proprio futuro; è come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump, non sai mai quello che ti capita.

Al momento in cui scriviamo però pare delinearsi abbastanza chiaramente una linea che è quella della proroga a provvedimenti in scadenza e ad una aggiunta rispetto all’anno trascorso.

OPZIONE DONNA: verrà prorogata questa formula che consente alle lavoratrici dipendenti che hanno compiuto, nel 2022, 58 anni, o alle lavoratrici autonome che ne abbiano compiuti 59, di accedere alla pensione con 35 anni di contribuzione dopo 12 o 18 mesi dalla maturazione del diritto a pensione; in pratica le nate fino al 31/12/1964 (o 31/12/1963 se lavoratrici autonome) che nel 2022 avranno sommato 1820 settimane di contribuzione (escludendo i periodi di disoccupazione o malattia) avranno il diritto alla pensione a partire dal 1° giorno del 13mo o 19mo mese successivo il compimento dell’età anagrafica ovvero, se successiva a quest’ultima, del raggiungimento del requisito dei 35 anni. Parimenti le lavoratrici che hanno già l’età anagrafica utile, ma che nel 2022 avranno perfezionato il requisito contributivo (35 anni) vedranno scattare da quel mese l’attesa di un anno o 18 mesi per l’erogazione della prestazione.

Il calcolo della pensione sarà integralmente contributivo e, per valutarne la convenienza è necessario esaminare i singoli casi poiché le variabili, anche oggettive, sono diverse e non è possibile fare alcuna generalizzazione (forse a parte le lavoratrici del settore pubblico). Una segnalazione è senz’altro utile: più la distanza fra la pensione opzione donna e la prima eventuale successiva possibilità di pensionamento (per le donne 41 anni e 10 mesi) è ampia, più probabilmente ci potrà essere convenienza anche perché, le percettrici possono continuare a svolgere attività lavorativa di qualsiasi tipo.

APE SOCIAL: anche per questo provvedimento, in scadenza al 31/12/2022, è attesa una proroga almeno di un anno. L’Ape sociale consente di accedere all’assegno a coloro che, avendo raggiunto i 63 anni di età anagrafica, 30 anni di contribuzione (o 36 per coloro che hanno svolto lavori gravosi) sono in particolari condizioni di:

  • DISOCCUPAZIONE
  • ASSISTENZA DI FAMIGLIARI CON DISABILITÀ
  • INVALIDITÀ PROPRIA SUPERIORE AL 74%
  • AVERE SVOLTO LAVORI GRAVOSI (36 anni di contribuzione).

L’assegno previsto, che è un sostegno al reddito e non una pensione, è commisurato al valore di pensione maturato al momento di accesso al trattamento e limitato a € 1.500,00/ mese (in caso sia superiore viene limitata a questa cifra); alla data di maturazione della pensione di vecchiaia, la pensione verrà erogata e ricalcolata con i coefficienti di trasformazione propri dell’età raggiunta (67 anni). La novità pare invece essere un surrogato della quota 102 o della quota 100; parliamo di quella che viene denominata “quota 41” (anche se non si capisce perché quota dato che 41 sono una parte della quota), grazie alla quale i lavoratori e le lavoratrici che abbiano maturato almeno 41 anni di lavoro (attendiamo di capire se sarà, come logico, confermata la regola dei 35 anni di contributi da lavoro) e 62 anni di età anagrafica potranno accedere alla pensione “anticipata” dopo i 3 mesi di finestra; resta da capire se saranno confermati i limiti relativi all’incumulabilità dei redditi da lavoro così come stabilito dal D.l. n. 4/2019 per l’introduzione di quota 100.

L’ultimo dubbio rimane nell’applicazione di questa nuova quota: saranno tutti coloro che avranno almeno 103 (almeno 62 e almeno 41) anche nel 2023 oppure, come nell’applicazione di opzione donna, l’anno utile sarà quello trascorso? La logica ci dice che, surrogando quota 102, saranno eleggibili coloro che compiranno 62 anni nel 2023, quindi facilmente individuiamo come generazione limite quella dei nati nel 1961.

Non resta che attendere l’ufficialità e leggere attentamente le piccole regole che potrebbero nascondere insidiose eccezioni.

 

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UN PREPENSIONAMENTO CONVENIENTE: il contratto di espansione rinnovato nel biennio 2022-2023

Antonello Orlando, Consulente del lavoro in Roma e Bologna

 

La Legge n. 234/2021 ha disposto una proroga biennale del contratto di espansione, mantenendolo nell’art. 41 del D.lgs. n. 148/2015. Il contratto di espansione era stato già oggetto di una proroga annuale dalla L. n. 178/2020 (la manovra del 2021) con una scadenza portata alla fine del 2021.

 

LE NOVITÀ

Come ricordato dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 1/2022 (al punto 16), il comma 215 della legge di bilancio del 2022 ha posto sul tavolo due interventi, indirizzato uno nel senso di proseguire la sperimentazione dell’espansione anche per gli anni 2022 e 2023 assegnando nuove e diverse risorse finanziarie a copertura dei diversi strumenti che compongono il contratto di espansione. Il secondo prevede un allargamento della platea delle aziende che ne potranno godere. Infatti, il valore minimo di organico aziendale, indicato al comma 1 dell’articolo 41, con l’intervento novativo apportato dal comma 215 della Legge n. 234/2021 è stato modificato con l’introduzione del comma 1-ter, efficace solo per gli anni 2022 e 2023: il requisito del limite minimo di dipendenti in organico, per accedere sia al prepensionamento del comma 5-bis, sia alla Cigs del comma 7, è ora individuato in un organico di almeno cinquanta unità lavorative, da calcolarsi in modo complessivo nelle ipotesi di aggregazione stabile di impresa con unica finalità produttiva o di servizi. Resta fermo il valore soglia pari a più di 1.000 unità lavorative nel caso del bonus maggiorato da fruire per le grandi aziende o i grandi gruppi nel caso di prepensionamenti che mantengano il rapporto di 1:3 fra lavoratori neoassunti a tempo indeterminato e lavoratori esodati.

 

LE CONTINUE MODIFICHE NORMATIVE

Va ricordato come il contratto di espansione, dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 178/2020, era passato da un requisito di soglie occupazionali molto restrittivo (l’accesso ai suoi strumenti era consentito solo a imprese con più di 1.000 unità lavorative, senza possibilità di riunirsi in gruppo secondo l’interpretazione del Ministero del Lavoro) a un doppio requisito, diversificato a seconda dello strumento utilizzato: almeno 250 unità lavorative nel caso del prepensionamento della durata massima quinquennale e 500 unità lavorative per l’accesso alla Cigs derogatoria senza contributo addizionale a carico dell’azienda. Il decreto Sostegni Bis (D.l. n. 73/2021) ha previsto fino alla fine del 2021 che entrambi i requisiti vengano abbassati a una soglia dimensionale ancora più accessibile, pari ad almeno 100 unità lavorative, finanziando nuovamente l’espansione. Il prepensionamento sarebbe dovuto avvenire entro il 30.11.2021, fino alla proroga biennale disposta dalla nuova manovra.  

 

GLI STRUMENTI DEL CONTRATTO DI ESPANSIONE

Il contratto di espansione è uno strumento plurifase che consente ai datori di lavoro di riorganizzarsi non solo con un forte ricambio generazionale favorito da un finanziamento pubblico, ma anche di dotare le proprie risorse di nuove competenze con un processo di upskilling certificato che potrà godere della riduzione del costo del lavoro di una forma di Cigs completamente gratuita e in deroga rispetto ai limiti di fruizione biennali nell’arco del quinquennio mobile generalmente disposti dal D.lgs. n. 148/2015. In particolare, l’impresa che sigli un accordo presso il Ministero del Lavoro alla presenza delle oo.ss. e/o delle proprie rsa/rsu, insieme al prepensionamento quinquennale per esodare parte dei lavoratori dovrà programmare, d’intesa con i sindacati, nuove assunzioni a tempo indeterminato o anche in apprendistato di II tipo; per le imprese sotto i 1.000 lavoratori o che comunque non vogliano sottoscrivere un accordo con maggiori bonus a riduzione dei costi di esodo il numero dei neoassunti è libero e non specificato dalla norma. La sottoscrizione del contratto prevede anche l’obbligo di inserire un piano di formazione, esterna, ma anche interna o on the job, che sia certificata da un soggetto terzo. Il progetto formativo dovrà descrivere i contenuti formativi e le modalità concrete di training, il numero complessivo dei lavoratori interessati, il numero delle ore di formazione, le competenze tecniche professionali iniziali e finali. Tale piano formativo permetterà anche l’utilizzo di una cigs derogatoria senza alcun contributo addizionale a carico del datore di lavoro (come definitivamente chiarito da Inps con la sua doppietta di circolari n. 98 e n. 143 del 2020). In riferimento alla compatibilità del contratto di espansione con gli altri ammortizzatori sociali, il par. 7 della Circolare del Ministero del Lavoro n. 16/2019 aveva specificato che questo poteva essere siglato anche quando l’impresa la cui struttura organizzativa sia articolata in diverse unità produttive o in strutture con missioni produttive diverse avesse in corso, in sedi diverse da quella coinvolta dalle finalità del contratto di espansione, gli altri ammortizzatori sociali del D.lgs. n. 148/2015, per esempio con forme di integrazione salariale in settori diversi da quelli coinvolti dal contratto  di espansione anche se collegati sotto un profilo organizzativo.

IL PREPENSIONAMENTO
Il lavoratore che volontariamente manifesterà all’azienda il proprio interesse all’esodo sarà accompagnato verso la pensione percependo per una durata massima di 5 anni un assegno pari alla pensione maturata al momento del
recesso con una garanzia (prevista dal comma 9) a protezione di qualsiasi riforma delle pensioni per lui peggiorativa. La procedura amministrativa è stata analiticamente descritta dall’Istituto con la circolare n. 48/2021. I costi del datore di lavoro variano a seconda del tipo di pensionamento raggiunto dai lavoratori dopo lo scivolo. Se questi
sono più ridotti per chi è accompagnato in vecchiaia (assegno in 13 rate annue pari alla pensione maturata ridotto del valore della Naspi), nel caso della pensione anticipata (accessibile a chi ne maturi i requisiti contributivi prima dell’età di vecchiaia) si unirà il costo della contribuzione correlata a carico del solo datore di lavoro e calcolata sulla media mensile dell’imponibile previdenziale dell’ultimo quadriennio. L’Istituto ha fornito nel messaggio n. 2419 del 2021 una schematizzazione utile dei costi del prepensionamento (clicca qui per la schematizzazione).

I costi a carico del datore di lavoro del prepensionamento vengono quindi ridotti grazie a una “provvista” riconosciuta a compensazione rispetto al costo lordo e pari alla Naspi maturata, che registrerà il decremento mensile del 3% a partire dal 6° o 8° mese, come disposto dalla stessa L. n. 234/2021 a seconda dell’età del soggetto al  momento dell’esodo. La dote del prepensionamento potrà risultare meno conveniente per i lavoratori diretti verso il pensionamento di vecchiaia dal momento che, in questo percorso, non sarà riconosciuta dal datore esodante alcuna contribuzione correlata (invece obbligatoria in isopensione anche nel caso di accompagnamento a vecchiaia); conseguentemente il futuro assegno pensionistico successivo allo scivolo sarà quasi identico rispetto all’assegno di espansione.
Va però ricordato che durante il prepensionamento il lavoratore, al contrario dell’assegno straordinario della maggioranza dei fondi bilaterali, potrà cumulare senza alcuna riduzione l’assegno di espansione con qualsiasi reddito di lavoro dipendente, assimilato, autonomo o d’impresa, senza nemmeno alcun obbligo di comunicazione preventiva a Inps o all’ex datore di lavoro.

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IL RITORNO DI OPZIONE DONNA: novità e punti di attenzione dell’accesso pensionistico per le lavoratrici nel 2022

di Antonello Orlandi  – Consulente del Lavoro in Roma e Bologna

 

La Legge di bilancio del 2022 (L. n. 234/2021, art. 1, co. 94) ha ampliato i termini dell’accesso anticipato alla pensione detto “Opzione Donna”, dando facoltà alle lavoratrici di accedere alla pensione per tutte coloro che maturino i requisiti anagrafici e contributivi entro la fine del 2021. Questo, dunque, il primo punto da sottolineare. La diffusione mediatica della c.d. “proroga” di Opzione Donna oltre il 2021, ha portato molti a ritenere che il requisito potrebbe essere maturato entro la fine del 2022, mentre la norma prevede esplicitamente che questo dovrà essere perfezionato entro il 31.12.2021. Ciò che potrà andare oltre lo scorso anno è invece la c.d. finestra, variabile fra 12 e 18mesi, prima dell’accesso a pensione.

 

OPZIONE DONNA: IERI, OGGI E DOMANI

La sperimentazione di Opzione Donna è in realtà remota nel tempo. Partita con la L. n. 243/2004, questa -che aveva requisiti anagrafici più bassi- si era esaurita al 31.12.2015. Una prima proroga era stata disposta dalla Legge n. 208/2015 (art. 1, co. 281), che aveva esteso l’opzione senza modificarne geneticamente le caratteristiche, rivolgendosi a tutte le lavoratrici che avessero raggiunto i requisiti entro il 31 dicembre del 2015. Il Decreto di Quota 100 (D.l. n. 4/2019, all’articolo 16) aveva però modificato i termini dell’opzione: infatti, se da un lato il requisito di età era sa-lito a 58 anni per le dipendenti e a ben 59 anni per le lavoratrici autonome, dall’altro il D.l. n. 4/2019 aveva allargato ulteriormente la deadline di maturazione dei requisiti ricordati, consentendo di accedere a questa forma anticipata di pensione a tutte coloro che ma-turavano i 58 o 59 anni di età e i 35 di contributi entro il 31.12.2018.

Va inoltre ricordato che la maturazione del requisito, in tutte le forme finora introdotte nel nostro ordinamento non ha mai consentito di accedere subito a pensione, in quanto prima della materiale decorrenza della pensione deve essere attesa una finestra di differimento mobile della durata di 12 mesi per le lavoratrici subordinate e 18 per artigiane e commercianti in cui è possibile anche proseguire l’attività lavorativa. La Legge di bilancio del 2022 ha modificato il D.l. n. 4/2019 e spostato ancora in avanti la scadenza consentendo alle lavoratrici di accedere a condizione che maturino entro la fine dello scorso anno (2021) i 58 anni di età e i 35 di contributi, maggiorati fino a 59 nel caso delle lavoratrici autonome.

 

OPZIONE DONNA NEL 2022

Anche nella Legge di bilancio del 2022 permangono le caratteristiche principali delle precedenti edizioni di questa forma pensionistica. Sono infatti mantenute le finestre di differimento mobile di 12 e 18 mesi, rispettivamente per subordinate e autonome. Una anticipazione così notevole rispetto all’età pensionabile di vecchiaia (fissata in 67 anni fino al 2026, secondo le ultime tabelle MEF di dicembre 2021) e rispetto alla anzianità contributiva della pensione anticipata (pari per le donne a 41 anni e 10 mesi di contributi fino al 2026) si accompagna, per evidenti ragioni di sostenibilità per la finanza pubblica, in una penalizzazione permanente per l’assegno; questo viene infatti completamente ricalcolato con il metodo contributivo per le donne optanti, a prescindere dalla loro reale anzianità contributiva al 1995. L’assegno an-che se teoricamente calcolabile con metodo misto o retributivo puro, una volta confermata l’opzione, viene liquidato solo con il metodo contributivo. La penalizzazione varia a seconda degli imponibili collezionati dalla lavoratrice nella sua vita lavorativa e del numero di anni teoricamente afferenti al metodo contributivo. In linea generale, il danno pensionistico è compreso in un delta negati-vo fra il 20 e il 40% sull’assegno ed è permanente, senza alcuna possibilità di recupero anche al compimento dell’età della vecchiaia. Il messaggio n. 1551 del 2019 di Inps aveva inoltre chiarito come i 35 anni di contributi dovessero necessariamente essere “effettivi”, escludendo cioè la contribuzione figurativa della disoccupazione (Aspi, Mini-Aspi e Naspi) e del-la malattia non integrata dal datore di lavoro. Inoltre, non è possibile “cumulare” gratuitamente i vari spezzoni contributivi, né fra le famiglie della contribuzione Inps né con i contributi delle casse professionali o dell’Inpgi; chi volesse sommare contributi fra loro eterogenei dovrà ricorrere al metodo oneroso della ricongiunzione ai sensi della Legge n. 29/1979 o n. 45/1990 per liberi professionisti. L’unica eccezione è data per le iscritte al fondo dei lavoratori dipendenti del privato e contemporanea-mente alla gestione artigiani e commercianti che sono fra loro cumulabili gratuitamente, con l’unico scotto di applicare in quel caso i requisiti anagrafici (59 anni) e la finestra mobile (18 mesi) delle lavoratrici autonome, anche in presenza di un unico mese afferente alla gestione commercianti o artigiani.

Per il personale delle istituzioni scolastiche e delle Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) si applica la specifica disciplina di accesso a pensione ex art. 59 co. 9 della L. n. 559/1997 (accessi a partire dall’1 settembre o novembre). La domanda di pensione andava presentata in questo caso entro il 28 febbraio 2022, come previsto dalla manovra. La nota del Ministero dell’Istruzione n. 3430/2022 ha puntualizzato che le lavoratrici che hanno presentato domanda di cessazione Polis per Opzione Donna con esito positivo circa la verifica del diritto a pensione, e che presenteranno anche la domanda di riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale esclusivamente entro e non oltre il 31 marzo 2022 (cosiddetto 1° scrutinio 2022), potranno – dopo aver ricevuto la comunicazione dall’Inps dell’esito positivo dell’istruttoria a seguito dell’espletamento delle attività di monitoraggio della Conferenza di servizi per l’Ape sociale indetta da parte del Ministero del Lavoro – comunicare tempestivamente alla competente struttura territoriale dell’Inps la rinuncia alla domanda di pensionamento Opzione Donna già presentata.

Va comunque ricordato che l’accesso a Op-zione Donna in tutti i settori potrà essere richiesto anche dopo il 2022, sempre a condizione che i requisiti siano però maturati entro la scadenza fissata al 31.12.2021. Non vi sono cioè delle deadline entro cui presentare la domanda, tenendo conto che -esaurita la finestra- la decorrenza della pensione sarà comunque sempre non prima del mese successivo alla domanda, a condizione che risulti cessato qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.

 

In ultimo, il messaggio n. 169/2022 di Inps ha puntualizzato che alle lavoratrici madri, che accedono al predetto trattamento, non si applicano le disposizioni di maggior favore previste dal comma 40 dell’articolo 1 della Legge 8 agosto 1995, n. 335. Infatti, le optanti donne non optano realmente per il metodo contributivo, ma ne subiscono solo “di riflesso” l’applicazione, che è efficace anche a chi, come le donne con almeno 18 anni di contributi al 31.12.95, non avrebbe avuto di-ritto ad optare per il metodo contributivo. Inoltre, sul trattamento pensionistico liqui-dato alla lavoratrice che acceda a Opzione Donna, si applicano le disposizioni sulla integrazione al trattamento minimo e non è richiesto il requisito dell’importo minimo (pari a 1,5 volte l’assegno sociale per la vecchiaia e 2,8 volte nel caso della pensione anticipata a 64 anni) previsto per coloro che accedono al trattamento pensionistico in base alla disciplina del sistema integralmente contributivo.

 

OPZIONE DONNA E IL RISCATTO DI LAUREA LIGHT: NEMICIAMICI

In riferimento al riscatto di laurea in formula agevolata come disposto dall’art. 20, co. 6 dello stesso Decreto legge n. 4/2019, Inps ha già avuto modo di chiarire che questo resta disponibile anche dopo il 2021, senza alcuna scadenza (a differenza della pace contributiva, scaduta al 31.12.2021, senza ulteriori rinnovi). Inoltre, il riscatto agevolato è sempre disponibile per le lavoratrici che aspirino alla pensione in Opzione Donna (come già puntualizzato dalla circolare Inps n. 54/2021. Un aspetto ulteriormente confuso e finalmente chiarito a dicembre scorso dal messaggio dell’Istituto n. 4560 è la corretta sequenza fra riscatto agevolato e domanda di Opzione Donna. Infatti, non per tutte le for-me di pensionamento la procedura amministrativa da seguire sarà la medesima: per raggiungere la pensione anticipata ordinaria il lavoratore destinatario del sistema misto che abbia studiato prima del 1996 dovrà prima optare con modulo online per il metodo di calcolo contributivo, presentare la domanda di riscatto light e solo infine quella di pensione vera e propria. Invece, per le optanti donna l’istanza di riscatto agevolato in via telematica va inviata online -o anche tramite patronato- senza alcuna opzione al metodo contributivo; inoltre, questa andrà inviata non prima, ma subito dopo l’invio con protocollo della domanda di pensione in Opzione Donna. L’amara sorpresa svelata dal me-saggio citato (n. 4560/2021) è che l’istanza preventiva al metodo contributivo in realtà inibisce per sempre l’accesso ad Opzione Donna, dato che questo metodo di accesso anticipato è riservato solo a chi abbia almeno una minima contribuzione nel metodo retributivo. L’Istituto, tuttavia, nel medesimo messaggio, ha previsto una “sanatoria”, secondo cui l’esercizio della facoltà di opzione al sistema contributivo, che non avesse prodotto effetti sostanziali fino al pagamento anche parziale dell’onere del riscatto, non avrebbe precluso il riconoscimento del diritto alla pensione in Opzione Donna nel caso in cui la relativa domanda di accesso fosse stata presentata entro e non oltre il 31 dicembre 2021. Irrimediabili risultano invece le fattispecie di quelle lavoratrici che, avendo optato per il contributivo e avendo superato il massimale con applicazione da parte del datore di lavoro dello stesso, non potranno mai più aderire a Opzione Donna dato il perfezionamento dell’opzione per il metodo di calcolo contributivo.

 

 

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Le novità in campo previdenziale per il 2019…e oltre

di Mario Verità – Consulente previdenziale

 

Un paio di mesi fa da queste colonne avevamo cercato di intuire dove e come sarebbe stato modificato l’impianto previdenziale costruito in tanti anni di continui ritocchi.
Le promesse (elettorali) parlavano di accantonamento delle Legge Fornero e di restaurazione di un regime pensionistico più  mite in termini di età di pensionamento e di requisiti di accesso. Era parso immediatamente chiaro agli addetti ai lavori che per eliminare la L. n. 214/2011 sarebbe stato necessario scriverne una nuova che sostituisse la logica e l’impostazione strategica di quella basata sulla crescita dell’età pensionabile e dell’anzianità contributiva legate all’aspettativa di vita. Con molta fatica siamo arrivati al dunque – con la pubblicazione in G.U. del Decreto  legge 28 gennaio 2019 n. 4 -, al varo ufficiale della norma che dovrà successivamente essere integrata dai regolamenti e anche attraverso le circolari dell’Inps. Basandosi sulla lettura del decreto summenzionato si può ritenere che“quota 100” avrà le seguenti caratteristiche:
•Limitatezza del provvedimento fino al 31/12/2021 così da farlo ricadere fra le misure sperimentali per le quali ci sarà una fine “naturale” salvo proroghe successive.
•Per accedervi saranno necessari contemporaneamente il requisito di 38 anni di anzianità contributiva e 62 anni di età anagrafica. I contributi utili sono quelli di una “normale” pensione anticipata e resta valida anche la formula del cumulo purché sia interno al sistema Inps. Andando per esclusione, al concorrere dei 38 anni non possono essere sommate le anzianità contributive maturate nelle casse professionali, mentre dovrebbero poter essere utili i periodi di lavoro all’estero in paesi convenzionati.
•Ci sarà un differimento del pagamento di 3 mesi dalla data di maturazione del diritto, quindi la liquidazione della prestazione avverrà il primo giorno del quarto mese successivo al raggiungimento del traguardo. Entrando in vigore la norma, retroattivamente dal primo gennaio 2019 significa che, tutti coloro che hanno maturato i requisiti di accesso alla pensione prima del 31/12/2018, potranno vedere liquidata la pensione dal 1° aprile 2019. Coloro che li matureranno in gennaio potranno essere pensionati da maggio e così via, fino al 1° aprile 2022 data di liquidazione per coloro che avranno raggiunto il requisito entro il 31/12/2021.
•Non sarà possibile svolgere alcuna attività lavorativa a partire dal primo giorno di pensionamento. Questa limitazione siamo certi sarà quella oggetto del maggior numero di richieste di interpretazione: cosa significa che sarà vietato svolgere attività?
Quale sarà la discriminante? La tipologia di reddito? E un’attività che non produce redditi? E la partecipazione a società di capitali? E quale sarà il limite entro il quale potrà essere giudicata attività lavorativa quella svolta all’interno di un’impresa famigliare in cui figurano parenti e affini?
•Non ci sarà alcuna penalizzazione; il calcolo dell’assegno seguirà le regole stabilite dalla propria storia contributiva e verrà effettuato considerando i contributi versati fino al giorno della domanda. L’eventuale penalizzazione di cui molti hanno parlato non è altro che la differenza fra un risultato virtuale che è la pensione calcolata alla sua scadenza naturale (anticipata o di vecchiaia) e quella effettivamente percepita optando per “quota 100”. Certamente l’insieme di contributi in meno versati (quelli che avrebbero potuto essere versati continuando a lavorare), un coefficiente di trasformazione legato all’età più basso poiché vi accedo prima (e statisticamente la pensione mi viene erogata per un periodo più lungo) e una rivalutazione dei contributi che si ferma prima, mi conduce ad un virtuale assegno meno cospicuo.
Il dilemma di molti sarà se e quando prendere questa occasione che ribadiamo resterà possibile anche dopo il 2021, a patto che il diritto maturi entro la fine di questo triennio. Sorgono però naturali delle domande…siamo sicuri che il divieto di cumulo reddito + pensione sia definitivo e vincolante? E se io volessi ad un certo punto rinunciare alla mia pensione “quota 100”, potrebbe essermi impedito, ovvero, quale sarebbero le conseguenze di un ritorno all’attività (sanzione amministrativa, restituzione delle quote già pagate…)? La previdenza pubblica non è di certo la porta girevole di un albergo da cui si possa entrare ed uscire a proprio piacimento, ma porre un’ipoteca così importante su un periodo di vita di 5/6 anni porta a fare delle riflessioni approfondite: dall’enunciato pare che un soggetto nato nel gennaio del 1957 che il 31 gennaio 2019 compie 62 anni ed ha i 38 anni di contributi si trova di fronte ad un bivio. Accetto “quota 100” e mi impedisco qualsiasi velleità produttiva per 5 anni e 3 mesi fino alla maturazione dell’età della vecchiaia prevista in questo caso a 67 anni e 4 mesi? Oppure provo a continuare per raggiungere i 42 anni e 10 mesi (età della pensione anticipata secondo la Legge Fornero) lavorando fino alla fine del 2023? Naturalmente sarà utile avere un confronto di dati in ognuna delle opzioni che abbiamo di fronte e poi, come sempre, la scelta dipenderà soprattutto da fattori extracontabili.

Nel decreto abbiamo anche una novità molto importante nel medio periodo che sta nella modifica dell’articolo della Legge n. 214/2011 che legava la pensione anticipata all’aumento dell’aspettativa di vita: ebbene il traguardo dei 42 anni e 10 mesi per gli uomini e di 41 anni e 10 mesi per le donne rappresentano i nuovi limiti per l’ottenimento della pensione indipendentemente dall’età anagrafica. Insomma, rappresenteranno per il futuro (fino a nuovo ordine) ciò che erano fino al 2011 i 40 anni. Quindi gli uomini dovranno raggiungere 2227 settimane di lavoro, le donne 2175 per ottenere la pensione anticipata (salvo eccezioni legate alla precocità).
Viene però mantenuto l’aumento dell’età anagrafica per le pensioni di vecchiaia che per il 2019 verranno pagate al compimento del 67mo anno di età per poi crescere ogni biennio.
Un’ultima menzione, sempre per proseguire quanto scritto a dicembre in questa Rivista, va all’“opzione donna”: è confermata la possibilità di accesso al pensionamento per le lavoratrici del comparto privato nate fino al 31/12/1960 con 35 anni di contributi maturati entro il 31/12/2018 (1820 settimane) e per le lavoratrici nate entro il 31/12/1959 che per raggiungere il requisito contributivo dovranno far valere almeno una settimana come lavoratrici autonome.
L’erogazione della prestazione avverrà dopo 12 mesi per le lavoratrici del comparto privato e di 18 mesi per le autonome. Ricordiamo che il calcolo sarà integralmente contributivo e che, anche in questo caso, lo svantaggio sarà ancora più virtuale  poiché una donna nata a dicembre del 1960 che a dicembre 2018 vanta 35 anni di contributi avrebbe la possibilità di ottenere la pensione a gennaio 2020 con “opzione donna”, oppure, continuando a lavorare, a novembre 2024 con la Legge Fornero (41 anni e 10 mesi di contribuzione). Quasi 6 anni di calendario e 62 mesi di pensione prima…
Il decreto contiene anche indicazioni sulle regole per il riscatto di laurea che affronteremo in un prossimo futuro approfondendo tutte le problematiche legate alla specifica materia riscatto.

 

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“Quota 100” fra opportunità e dubbi applicativi

di Mario Verità – Consulente previdenziale

 

In attesa dell’approvazione della Legge di Stabilità per il 2019, si moltiplicano le ipotesi che riguardano la tanto attesa “riforma” delle pensioni.

Senza entrare nel merito politico e tecnico delle modifiche che sono state annunciate, cerchiamo di ragionare sulle eccezioni che verranno apportate alla attuale normativa.

Saranno modifiche ed eccezioni, poiché l’intelaiatura della legge n. 214/2011 (la cosiddetta Fornero) verrà mantenuta e dovrebbero essere introdotte alcune correzioni alla regola (la Fornero appunto) che faciliteranno l’uscita per determinate categorie di lavoratori.

Il ripristino del sistema delle quote

Quello di quota 100 è il provvedimento forse più chiacchierato anche perché potrebbe portare una popolazione di diverse decine di migliaia di soggetti ad una possibilità di pensionamento inaspettata. Cancellato dalla riforma Fornero, questo sistema per l’accesso alla pensione anticipata fino al 2011 permetteva di accedere al trattamento di anzianità a patto che la somma di età anagrafica e anzianità contributiva desse la quota in vigore in quell’anno; anche in quel momento dovevano necessariamente e contemporaneamente verificarsi un’età minima e un’anzianità utile. Pare che dal 2019 i due numeri magici siano 62 (anni) e 38 (contributi).

Ritornando a quanto in vigore fino al 2011 aggiungiamo che:

  • Dal raggiungimento del diritto al pagamento dell’assegno era necessario attendere la finestra di scorrimento (il pagamento era posticipato di un anno)
  • La quota valeva solo per i lavoratori che sommavano la contribuzione nella gestione ordinaria (con differenziazione fra dipendenti e autonomi)
  • Era necessario avere almeno 35 anni di contributi da lavoro, con esclusione quindi di quelli figurativi
  • Non erano compresi i contribuenti che oggi possono avvalersi del cumulo.

Indubbiamente la strada è tracciata, vedremo se, in sede di approvazione della legge e di scrittura delle circolari attuative qualche piccolo ostacolo all’applicazione pura e semplice della quota verrà posto.

Sulla eventuale penalizzazione sappiamo per certo che una sarà “naturale”: diversi anni di contributi non versati e un coefficiente di trasformazione legato all’età più basso (poiché la pensione verrà pagata per più anni) daranno come risultato una pensione più magra rispetto all’atteso.

Opzione donna

Altro argomento caldo e che avrebbe un impatto decisamente importante sulla popolazione in uscita è l’eventuale ripristino della cosiddetta “opzione donna”.

Anche per questa fattispecie ci rifacciamo alla precedente applicazione che si è fermata al 2015. In pratica tutte le donne che avessero compiuto – al 31/12/2015 – 57 anni (+3 mesi per effetto dell’aumento dell’aspettativa di vita) e che avessero anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni da lavoro con esclusione quindi di alcune fattispecie di figurativi, accedevano, su domanda, al trattamento pensionistico.

In questo caso, così come per la quota 100, la convenienza di uscita è da valutare caso per caso: di quanto il calcolo contributivo penalizza il pensionando? Ma di quanti anni si avvantaggia lo stesso? E sopratutto non è possibile generalizzare il calcolo del gap che dipende dalle retribuzioni, dal loro andamento, dai periodi di contribuzione ecc.

Tagli alle pensioni d’oro

Questo argomento è ancor più insidioso dei precedenti. Teoricamente è anche quello di più facile attuazione perché si parla di togliere qualcosa. Il punto cruciale è come…fra le ipotesi c’è il blocco degli adeguamenti al costo della vita, ma sappiamo che già qualche anno fa l’Inps aveva dovuto restituire il mancato aumento degli assegni ricalcolando quanto non era stato versato per effetto del blocco voluto dal governo Monti. È da escludere un aumento dell’aliquota Irpef perché sarebbe da applicarsi anche ai redditi delle persone fisiche in genere.

Potrebbe essere che sia un nuovo contributo di solidarietà…anche se la via più equa, a mio parere, sarebbe quella di applicare questo ulteriore contributo alla differenza che si è generata tra il calcolo misto e il calcolo interamente contributivo. Ma sarebbe piuttosto complicato e richiederebbe un ricalcolo di tutte le pensioni in pagamento o quasi.

 

 

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