PENSIONE OPZIONE DONNA: nuovi chiarimenti e valutazione di convenienza

Noemi Secci, Consulente del lavoro in Sassari

Pensionamento con Opzione donna: quali le novità, alla luce della circolare Inps n. 25/2023 e quali le penalizzazioni che eventualmente comporta l’uscita dal lavoro con il nuovo trattamento pensionistico sperimentale?

La pensione opzione Donna è una pensione anticipata prevista in via sperimentale dalla legge di Bilancio 2023 (art. 1, co. 292, L. n. 197/2022, che ha modificato l’art. 16 del D.l. n. 4/2019), che comporta una notevole riduzione dei requisiti anagrafici e contributivi per l’uscita dal lavoro, in cambio del ricalcolo dell’assegno pensionistico con sistema integralmente contributivo (cfr. D.lgs. 30.4.1997, n. 180). Può essere ottenuta laddove siano raggiunti, entro il 31.12.2022, i seguenti requisiti:
• un’età minima di 60 anni; il requisito anagrafico è ridotto a 58 anni, per le lavoratrici con 2 o più figli, ed a 59 anni di età con un figlio solo; il requisito anagrafico è sempre ridotto a 58 anni per le lavoratrici o licenziate da imprese in crisi;
• una contribuzione minima di 35 anni, al netto dei periodi di disoccupazione indennizzata, malattia e infortunio non integrati dal datore di lavoro; quest’ultimo requisito deve essere verificato per le sole iscritte presso l’AGO ed i fondi sostitutivi (art. 22, co. 1 della L. n. 153/69; Circ. Inps 23.12.2014, n. 180);
• appartenenza ad una delle seguenti tre categorie tutelate: caregivers, invalide dal 74%, lavoratrici o licenziate da imprese in crisi.
Rispetto alla disciplina relativa a tale trattamento pensionistico vigente negli anni passati, le nuove previsioni della Manovra 2023 hanno ristretto notevolmente la platea delle beneficiarie, prevedendo l’accesso all’Opzione soltanto alle appartenenti alle specifiche categorie elencate.

CONTRIBUZIONE UTILE
I 35 anni di contribuzione non possono essere raggiunti in regime di cumulo: non è dunque possibile sommare la contribuzione accreditata presso casse differenti. Fa eccezione soltanto il cosiddetto cumulo interno (di cui alla L. n. 613/1966 e alla L.n. 233/1990) tra il Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti e le gestioni speciali Inps dei lavoratori autonomi (Artigiani, Commercianti, CD-CM), in quanto la contribuzione appartiene alla stessa forma assicurativa, ossia l’Assicurazione generale obbligatoria.
Ai fini del conseguimento dei 35 anni di contribuzione è comunque possibile ricongiungere i versamenti verso un’unica gestione (L. n. 29/1979 e L. n. 45/1990). È inoltre possibile raggiungere 35 anni di contributi avvalendosi del riscatto agevolato della laurea (come specificato nella circ. Inps 22.1.2020, n. 6 e nel messaggio Inps 14.5.2020, n. 1982).

FINESTRE DI ATTESA
In parallelo a quanto previsto per le precedenti “versioni” dell’Opzione donna, anche alle nuove beneficiarie sono applicate le c.d. finestre mobili di attesa, che spostano la decorrenza della pensione, rispetto alla data di maturazione dei requisiti, in avanti di:

• 12 mesi, per le lavoratrici dipendenti;
• 18 mesi, per le lavoratrici autonome;
• alle dipendenti del comparto scuola si applica la finestra unica di uscita (art. 59, co.9 della L. 449/97); le dipendenti del comparto scuola e AFAM, qualora risultino aver maturato i requisiti esposti entro il 31.12.2022, possono presentare domanda di cessazione dal servizio entro il 28.2.2023; per la precisione, al ricorrere dei prescritti requisiti per l’opzione donna, le lavoratrici dei suddetti comparti possono conseguire il trattamento pensionistico:
– a decorrere dal 1.9.2023, se dipendenti dal comparto scuola;
– a decorrere dal 1.11.2023, se dipendenti dal comparto AFAM;
in ogni caso, tali lavoratrici devono possedere i requisiti connessi all’appartenenza alle categorie tutelate alla data di presentazione della domanda di pensione; gli stessi requisiti non devono essere oggetto di ulteriore verifica alla decorrenza del trattamento pensionistico (circ. Inps n. 25/2023).
Se il trattamento pensionistico è liquidato a carico di una gestione esclusiva dell’assicurazione generale obbligatoria (come Inps gestione Dipendenti pubblici), la prima decorrenza utile della pensione è fissata al primo giorno successivo alla chiusura della finestra. Se, invece, il trattamento è liquidato a carico di una gestione diversa da quella esclusiva dell’assicurazione generale obbligatoria, la prima decorrenza utile della pensione è fissata al primo giorno del mese successivo alla chiusura della finestra.
In ogni caso, le lavoratrici che hanno maturato i nuovi requisiti richiesti entro il 31 dicembre 2022 possono accedere alla pensione in qualsiasi momento successivo alla prima decorrenza utile, ferma restando la sussistenza delle condizioni relative alla categoria di appartenenza alla data di presentazione della domanda.

CATEGORIE BENEFICIARIE
In base alle nuove previsioni della Legge di Bilancio 2023, Opzione donna è aperta soltanto alle seguenti categorie:

-caregiver, ossia lavoratrici che assistono, al momento della richiesta e da almeno 6 mesi (il requisito dell’assistenza si considera soddisfatto in presenza di convivenza, in coerenza con l’orientamento espresso con la circolare del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali del 18 febbraio 2010):
– il coniuge o un parente di primo grado convivente, con handicap in situazione di gravità (art. 3, co. 3 della L. n. 104/92: lo status di persona con disabilità grave si considera acquisito alla data dell’accertamento riportata nel verbale di riconoscimento di cui all’art. 4, L. n. 104/1992, o dalla data dell’eventuale sentenza o del decreto di omologa, salvo che nel provvedimento non si faccia decorrere lo status di disabilità grave da una data anteriore);
– oppure un parente o un affine di secondo grado convivente, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i 70 anni di età, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti (deve trattarsi delle patologie a carattere permanente indicate dall’art. 2, co. 1, lett. d), n. 1, n. 2 e n. 3, del D.l. n. 278/2000) o siano deceduti o mancanti (l’Inps, con la circolare n. 25/2023, ha chiarito che può farsi riferimento a ogni condizione giuridicamente assimilabile all’assenza, compresi divorzio e separazione legale, purché continuativa e debitamente certificata dall’Autorità giudiziaria o da altra pubblica Autorità);
– invalide civili in misura pari o superiore al 74% (deve sussistere il riconoscimento di una riduzione della capacità lavorativa, accertata dalle competenti commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, superiore o uguale al 74%);

-lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa (art. 1, co. 852 della L. n. 296/2006): in base a quanto precisato nella Circ. Inps n. 25/2023, in quest’ultima categoria rientrano le lavoratrici dipendenti o licenziate da imprese per le quali risulti attivo alla data del 1° gennaio 2023, o attivato in data successiva, un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale presso la struttura per la crisi d’impresa, istituita presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (art. 1, co. 852, L. n. 296/2006). In particolare:
– in merito alle lavoratrici dipendenti, il tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale deve risultare attivo al momento della presentazione della domanda di pensione;
– per coloro il cui rapporto risulta cessato, il licenziamento deve essere stato intimato nel periodo compreso tra la data di apertura e di chiusura del tavolo; queste ultime lavoratrici non devono poi aver ripreso un’attività di lavoro dipendente a tempo indeterminato successivamente al licenziamento.

REQUISITI PER IL PENSIONAMENTO ORDINARIO C.D. FORNERO
Ad oggi, per la generalità delle lavoratrici iscritte all’Inps, sono previsti, in base alla Legge Fornero, i seguenti trattamenti pensionistici ordinari (non agevolati):
• pensione anticipata (art. 24, co.10, D.l. n. 201/2011): si ottiene, sino al 31.12.2026, con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne, più 3 mesi di finestra; il requisito contributivo può essere raggiunto anche in regime di cumulo (art. 1, co. 239 e ss. L. n. 228/2012, come modificato dalla L. n. 232/2016), ossia sommando, ai soli fini del diritto a pensione, la contribuzione accreditata presso gestioni previdenziali diverse, comprese le casse professionali;
• pensione di vecchiaia (art. 24, co.6, D.l. n. 201/2011): si ottiene, sino al 31.12.2024, di norma con 20 anni di contributi e 67 anni di età (più un importo soglia minimo pari a 1,5 volte l’assegno sociale per coloro che sono soggetti al calcolo interamente contributivo della pensione); anche in questo caso, il requisito contributivo può essere raggiunto in regime di cumulo.
Rispetto alla pensione di vecchiaia ordinaria, l’Opzione donna consente dunque un anticipo del requisito anagrafico dai 7 ai 9 anni, in base al numero di figli; anche in merito al requisito contributivo il risparmio è ingente: senza considerare le finestre di attesa, ben 6 anni e 10 mesi di anticipo rispetto alla pensione anticipata ordinaria.

CALCOLO DEL TRATTAMENTO
Il sostanzioso anticipo nell’uscita dal lavoro consentito alle aderenti all’Opzione donna comporta però il ricalcolo integrale dell’assegno con sistema contributivo, anche per le annualità sino al 31 dicembre 1995 (sino al 31 dicembre 2011 per coloro che possiedono almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995). Tale sistema di calcolo risulta spesso penalizzante, non essendo basato sugli ultimi o migliori redditi come il sistema di calcolo retributivo, ma unicamente sulla contribuzione accantonata (il cui tasso di capitalizzazione si basa sulla variazione quinquennale del Pil nominale) e sull’età pensionabile (che determina il coefficiente di trasformazione, un coefficiente moltiplicatore che aumenta al crescere dell’età al momento del pensionamento e al decrescere della speranza di vita media). Tuttavia, è importante precisare che la pensione liquidata con le regole del regime sperimentale non è considerata una pensione conseguita nel regime contributivo (L. n. 335/95): è difatti consentita l’integrazione al trattamento minimo (vantaggio non previsto per la pensione liquidata nel sistema contributivo puro) e non sono concesse le maggiorazioni contributive per lavoratrici madri di cui all’art. 1, co. 40 della L. n. 335/95.
Peraltro, il calcolo relativo ai periodi sino al 31 dicembre 1995 (o sino al 31 dicembre 2011, per le lavoratrici con almeno 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995) non risulta basato sulla mera contribuzione, ma su particolari medie retributive e relative alle aliquote contributive; prevede inoltre regole differenti in base al fondo che liquida la pensione. Ci si domanda, a questo punto, se l’uscita con l’Opzione donna sia conveniente o meno.

VALUTAZIONE DI CONVENIENZA
Per rispondere al quesito, è stato sviluppato uno studio previdenziale nel quale sono state confrontate due ipotesi d’uscita con pensione Opzione donna e pensione di vecchiaia ordinaria (la pensione anticipata ordinaria non è stata prospettata in quanto raggiungibile in data successiva alla pensione di vecchiaia). La lavoratrice presa in considerazione è nata il 12/10/1959 e possiede, al 31/03/2023, 38 anni e 1 mese di contributi accreditati presso CPDEL, (Cassa dipendenti degli enti locali). Ultimo imponibile annuo pari a € 55.023. L’interessata può uscire immediatamente con
Opzione donna con i vecchi requisiti (vigenti sino al 31 dicembre 2021), senza verificare l’appartenenza alle categorie tutelate (in precedenza non previste) ed essendo già trascorsa la finestra di attesa pari a 12 mesi sia dalla maturazione del requisito anagrafico che da quello di contribuzione.
Nel presente studio, gli scenari futuri sono stati ipotizzati prendendo in considerazione lo svolgimento dell’attuale attività lavorativa, con i futuri imponibili previdenziali pari all’ultimo.
Di seguito, la sintesi dello studio previdenziale

Confronto Pensioni (clicca qui per la tabella)

Come si evince dalla tabella, l’accesso al pensionamento con Opzione donna comporta, nel caso di specie, un anticipo non indifferente nell’uscita dal lavoro, pari a 3 anni e mezzo rispetto alla pensione di vecchiaia. La lavoratrice avrebbe anche potuto ottenere un anticipo più consistente, ma ha deciso di optare per Opzione donna in data successiva alla prima decorrenza utile.
A causa del mancato versamento di nuova contribuzione ed a causa del ricalcolo contributivo, subisce comunque una penalizzazione pari a € 1.420,82 euro lordi mensili, € 888,26 mensili al netto dell’Irpef.

 

 

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IL RITORNO DI OPZIONE DONNA: novità e punti di attenzione dell’accesso pensionistico per le lavoratrici nel 2022

di Antonello Orlandi  – Consulente del Lavoro in Roma e Bologna

 

La Legge di bilancio del 2022 (L. n. 234/2021, art. 1, co. 94) ha ampliato i termini dell’accesso anticipato alla pensione detto “Opzione Donna”, dando facoltà alle lavoratrici di accedere alla pensione per tutte coloro che maturino i requisiti anagrafici e contributivi entro la fine del 2021. Questo, dunque, il primo punto da sottolineare. La diffusione mediatica della c.d. “proroga” di Opzione Donna oltre il 2021, ha portato molti a ritenere che il requisito potrebbe essere maturato entro la fine del 2022, mentre la norma prevede esplicitamente che questo dovrà essere perfezionato entro il 31.12.2021. Ciò che potrà andare oltre lo scorso anno è invece la c.d. finestra, variabile fra 12 e 18mesi, prima dell’accesso a pensione.

 

OPZIONE DONNA: IERI, OGGI E DOMANI

La sperimentazione di Opzione Donna è in realtà remota nel tempo. Partita con la L. n. 243/2004, questa -che aveva requisiti anagrafici più bassi- si era esaurita al 31.12.2015. Una prima proroga era stata disposta dalla Legge n. 208/2015 (art. 1, co. 281), che aveva esteso l’opzione senza modificarne geneticamente le caratteristiche, rivolgendosi a tutte le lavoratrici che avessero raggiunto i requisiti entro il 31 dicembre del 2015. Il Decreto di Quota 100 (D.l. n. 4/2019, all’articolo 16) aveva però modificato i termini dell’opzione: infatti, se da un lato il requisito di età era sa-lito a 58 anni per le dipendenti e a ben 59 anni per le lavoratrici autonome, dall’altro il D.l. n. 4/2019 aveva allargato ulteriormente la deadline di maturazione dei requisiti ricordati, consentendo di accedere a questa forma anticipata di pensione a tutte coloro che ma-turavano i 58 o 59 anni di età e i 35 di contributi entro il 31.12.2018.

Va inoltre ricordato che la maturazione del requisito, in tutte le forme finora introdotte nel nostro ordinamento non ha mai consentito di accedere subito a pensione, in quanto prima della materiale decorrenza della pensione deve essere attesa una finestra di differimento mobile della durata di 12 mesi per le lavoratrici subordinate e 18 per artigiane e commercianti in cui è possibile anche proseguire l’attività lavorativa. La Legge di bilancio del 2022 ha modificato il D.l. n. 4/2019 e spostato ancora in avanti la scadenza consentendo alle lavoratrici di accedere a condizione che maturino entro la fine dello scorso anno (2021) i 58 anni di età e i 35 di contributi, maggiorati fino a 59 nel caso delle lavoratrici autonome.

 

OPZIONE DONNA NEL 2022

Anche nella Legge di bilancio del 2022 permangono le caratteristiche principali delle precedenti edizioni di questa forma pensionistica. Sono infatti mantenute le finestre di differimento mobile di 12 e 18 mesi, rispettivamente per subordinate e autonome. Una anticipazione così notevole rispetto all’età pensionabile di vecchiaia (fissata in 67 anni fino al 2026, secondo le ultime tabelle MEF di dicembre 2021) e rispetto alla anzianità contributiva della pensione anticipata (pari per le donne a 41 anni e 10 mesi di contributi fino al 2026) si accompagna, per evidenti ragioni di sostenibilità per la finanza pubblica, in una penalizzazione permanente per l’assegno; questo viene infatti completamente ricalcolato con il metodo contributivo per le donne optanti, a prescindere dalla loro reale anzianità contributiva al 1995. L’assegno an-che se teoricamente calcolabile con metodo misto o retributivo puro, una volta confermata l’opzione, viene liquidato solo con il metodo contributivo. La penalizzazione varia a seconda degli imponibili collezionati dalla lavoratrice nella sua vita lavorativa e del numero di anni teoricamente afferenti al metodo contributivo. In linea generale, il danno pensionistico è compreso in un delta negati-vo fra il 20 e il 40% sull’assegno ed è permanente, senza alcuna possibilità di recupero anche al compimento dell’età della vecchiaia. Il messaggio n. 1551 del 2019 di Inps aveva inoltre chiarito come i 35 anni di contributi dovessero necessariamente essere “effettivi”, escludendo cioè la contribuzione figurativa della disoccupazione (Aspi, Mini-Aspi e Naspi) e del-la malattia non integrata dal datore di lavoro. Inoltre, non è possibile “cumulare” gratuitamente i vari spezzoni contributivi, né fra le famiglie della contribuzione Inps né con i contributi delle casse professionali o dell’Inpgi; chi volesse sommare contributi fra loro eterogenei dovrà ricorrere al metodo oneroso della ricongiunzione ai sensi della Legge n. 29/1979 o n. 45/1990 per liberi professionisti. L’unica eccezione è data per le iscritte al fondo dei lavoratori dipendenti del privato e contemporanea-mente alla gestione artigiani e commercianti che sono fra loro cumulabili gratuitamente, con l’unico scotto di applicare in quel caso i requisiti anagrafici (59 anni) e la finestra mobile (18 mesi) delle lavoratrici autonome, anche in presenza di un unico mese afferente alla gestione commercianti o artigiani.

Per il personale delle istituzioni scolastiche e delle Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) si applica la specifica disciplina di accesso a pensione ex art. 59 co. 9 della L. n. 559/1997 (accessi a partire dall’1 settembre o novembre). La domanda di pensione andava presentata in questo caso entro il 28 febbraio 2022, come previsto dalla manovra. La nota del Ministero dell’Istruzione n. 3430/2022 ha puntualizzato che le lavoratrici che hanno presentato domanda di cessazione Polis per Opzione Donna con esito positivo circa la verifica del diritto a pensione, e che presenteranno anche la domanda di riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale esclusivamente entro e non oltre il 31 marzo 2022 (cosiddetto 1° scrutinio 2022), potranno – dopo aver ricevuto la comunicazione dall’Inps dell’esito positivo dell’istruttoria a seguito dell’espletamento delle attività di monitoraggio della Conferenza di servizi per l’Ape sociale indetta da parte del Ministero del Lavoro – comunicare tempestivamente alla competente struttura territoriale dell’Inps la rinuncia alla domanda di pensionamento Opzione Donna già presentata.

Va comunque ricordato che l’accesso a Op-zione Donna in tutti i settori potrà essere richiesto anche dopo il 2022, sempre a condizione che i requisiti siano però maturati entro la scadenza fissata al 31.12.2021. Non vi sono cioè delle deadline entro cui presentare la domanda, tenendo conto che -esaurita la finestra- la decorrenza della pensione sarà comunque sempre non prima del mese successivo alla domanda, a condizione che risulti cessato qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.

 

In ultimo, il messaggio n. 169/2022 di Inps ha puntualizzato che alle lavoratrici madri, che accedono al predetto trattamento, non si applicano le disposizioni di maggior favore previste dal comma 40 dell’articolo 1 della Legge 8 agosto 1995, n. 335. Infatti, le optanti donne non optano realmente per il metodo contributivo, ma ne subiscono solo “di riflesso” l’applicazione, che è efficace anche a chi, come le donne con almeno 18 anni di contributi al 31.12.95, non avrebbe avuto di-ritto ad optare per il metodo contributivo. Inoltre, sul trattamento pensionistico liqui-dato alla lavoratrice che acceda a Opzione Donna, si applicano le disposizioni sulla integrazione al trattamento minimo e non è richiesto il requisito dell’importo minimo (pari a 1,5 volte l’assegno sociale per la vecchiaia e 2,8 volte nel caso della pensione anticipata a 64 anni) previsto per coloro che accedono al trattamento pensionistico in base alla disciplina del sistema integralmente contributivo.

 

OPZIONE DONNA E IL RISCATTO DI LAUREA LIGHT: NEMICIAMICI

In riferimento al riscatto di laurea in formula agevolata come disposto dall’art. 20, co. 6 dello stesso Decreto legge n. 4/2019, Inps ha già avuto modo di chiarire che questo resta disponibile anche dopo il 2021, senza alcuna scadenza (a differenza della pace contributiva, scaduta al 31.12.2021, senza ulteriori rinnovi). Inoltre, il riscatto agevolato è sempre disponibile per le lavoratrici che aspirino alla pensione in Opzione Donna (come già puntualizzato dalla circolare Inps n. 54/2021. Un aspetto ulteriormente confuso e finalmente chiarito a dicembre scorso dal messaggio dell’Istituto n. 4560 è la corretta sequenza fra riscatto agevolato e domanda di Opzione Donna. Infatti, non per tutte le for-me di pensionamento la procedura amministrativa da seguire sarà la medesima: per raggiungere la pensione anticipata ordinaria il lavoratore destinatario del sistema misto che abbia studiato prima del 1996 dovrà prima optare con modulo online per il metodo di calcolo contributivo, presentare la domanda di riscatto light e solo infine quella di pensione vera e propria. Invece, per le optanti donna l’istanza di riscatto agevolato in via telematica va inviata online -o anche tramite patronato- senza alcuna opzione al metodo contributivo; inoltre, questa andrà inviata non prima, ma subito dopo l’invio con protocollo della domanda di pensione in Opzione Donna. L’amara sorpresa svelata dal me-saggio citato (n. 4560/2021) è che l’istanza preventiva al metodo contributivo in realtà inibisce per sempre l’accesso ad Opzione Donna, dato che questo metodo di accesso anticipato è riservato solo a chi abbia almeno una minima contribuzione nel metodo retributivo. L’Istituto, tuttavia, nel medesimo messaggio, ha previsto una “sanatoria”, secondo cui l’esercizio della facoltà di opzione al sistema contributivo, che non avesse prodotto effetti sostanziali fino al pagamento anche parziale dell’onere del riscatto, non avrebbe precluso il riconoscimento del diritto alla pensione in Opzione Donna nel caso in cui la relativa domanda di accesso fosse stata presentata entro e non oltre il 31 dicembre 2021. Irrimediabili risultano invece le fattispecie di quelle lavoratrici che, avendo optato per il contributivo e avendo superato il massimale con applicazione da parte del datore di lavoro dello stesso, non potranno mai più aderire a Opzione Donna dato il perfezionamento dell’opzione per il metodo di calcolo contributivo.

 

 

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Le novità in campo previdenziale per il 2019…e oltre

di Mario Verità – Consulente previdenziale

 

Un paio di mesi fa da queste colonne avevamo cercato di intuire dove e come sarebbe stato modificato l’impianto previdenziale costruito in tanti anni di continui ritocchi.
Le promesse (elettorali) parlavano di accantonamento delle Legge Fornero e di restaurazione di un regime pensionistico più  mite in termini di età di pensionamento e di requisiti di accesso. Era parso immediatamente chiaro agli addetti ai lavori che per eliminare la L. n. 214/2011 sarebbe stato necessario scriverne una nuova che sostituisse la logica e l’impostazione strategica di quella basata sulla crescita dell’età pensionabile e dell’anzianità contributiva legate all’aspettativa di vita. Con molta fatica siamo arrivati al dunque – con la pubblicazione in G.U. del Decreto  legge 28 gennaio 2019 n. 4 -, al varo ufficiale della norma che dovrà successivamente essere integrata dai regolamenti e anche attraverso le circolari dell’Inps. Basandosi sulla lettura del decreto summenzionato si può ritenere che“quota 100” avrà le seguenti caratteristiche:
•Limitatezza del provvedimento fino al 31/12/2021 così da farlo ricadere fra le misure sperimentali per le quali ci sarà una fine “naturale” salvo proroghe successive.
•Per accedervi saranno necessari contemporaneamente il requisito di 38 anni di anzianità contributiva e 62 anni di età anagrafica. I contributi utili sono quelli di una “normale” pensione anticipata e resta valida anche la formula del cumulo purché sia interno al sistema Inps. Andando per esclusione, al concorrere dei 38 anni non possono essere sommate le anzianità contributive maturate nelle casse professionali, mentre dovrebbero poter essere utili i periodi di lavoro all’estero in paesi convenzionati.
•Ci sarà un differimento del pagamento di 3 mesi dalla data di maturazione del diritto, quindi la liquidazione della prestazione avverrà il primo giorno del quarto mese successivo al raggiungimento del traguardo. Entrando in vigore la norma, retroattivamente dal primo gennaio 2019 significa che, tutti coloro che hanno maturato i requisiti di accesso alla pensione prima del 31/12/2018, potranno vedere liquidata la pensione dal 1° aprile 2019. Coloro che li matureranno in gennaio potranno essere pensionati da maggio e così via, fino al 1° aprile 2022 data di liquidazione per coloro che avranno raggiunto il requisito entro il 31/12/2021.
•Non sarà possibile svolgere alcuna attività lavorativa a partire dal primo giorno di pensionamento. Questa limitazione siamo certi sarà quella oggetto del maggior numero di richieste di interpretazione: cosa significa che sarà vietato svolgere attività?
Quale sarà la discriminante? La tipologia di reddito? E un’attività che non produce redditi? E la partecipazione a società di capitali? E quale sarà il limite entro il quale potrà essere giudicata attività lavorativa quella svolta all’interno di un’impresa famigliare in cui figurano parenti e affini?
•Non ci sarà alcuna penalizzazione; il calcolo dell’assegno seguirà le regole stabilite dalla propria storia contributiva e verrà effettuato considerando i contributi versati fino al giorno della domanda. L’eventuale penalizzazione di cui molti hanno parlato non è altro che la differenza fra un risultato virtuale che è la pensione calcolata alla sua scadenza naturale (anticipata o di vecchiaia) e quella effettivamente percepita optando per “quota 100”. Certamente l’insieme di contributi in meno versati (quelli che avrebbero potuto essere versati continuando a lavorare), un coefficiente di trasformazione legato all’età più basso poiché vi accedo prima (e statisticamente la pensione mi viene erogata per un periodo più lungo) e una rivalutazione dei contributi che si ferma prima, mi conduce ad un virtuale assegno meno cospicuo.
Il dilemma di molti sarà se e quando prendere questa occasione che ribadiamo resterà possibile anche dopo il 2021, a patto che il diritto maturi entro la fine di questo triennio. Sorgono però naturali delle domande…siamo sicuri che il divieto di cumulo reddito + pensione sia definitivo e vincolante? E se io volessi ad un certo punto rinunciare alla mia pensione “quota 100”, potrebbe essermi impedito, ovvero, quale sarebbero le conseguenze di un ritorno all’attività (sanzione amministrativa, restituzione delle quote già pagate…)? La previdenza pubblica non è di certo la porta girevole di un albergo da cui si possa entrare ed uscire a proprio piacimento, ma porre un’ipoteca così importante su un periodo di vita di 5/6 anni porta a fare delle riflessioni approfondite: dall’enunciato pare che un soggetto nato nel gennaio del 1957 che il 31 gennaio 2019 compie 62 anni ed ha i 38 anni di contributi si trova di fronte ad un bivio. Accetto “quota 100” e mi impedisco qualsiasi velleità produttiva per 5 anni e 3 mesi fino alla maturazione dell’età della vecchiaia prevista in questo caso a 67 anni e 4 mesi? Oppure provo a continuare per raggiungere i 42 anni e 10 mesi (età della pensione anticipata secondo la Legge Fornero) lavorando fino alla fine del 2023? Naturalmente sarà utile avere un confronto di dati in ognuna delle opzioni che abbiamo di fronte e poi, come sempre, la scelta dipenderà soprattutto da fattori extracontabili.

Nel decreto abbiamo anche una novità molto importante nel medio periodo che sta nella modifica dell’articolo della Legge n. 214/2011 che legava la pensione anticipata all’aumento dell’aspettativa di vita: ebbene il traguardo dei 42 anni e 10 mesi per gli uomini e di 41 anni e 10 mesi per le donne rappresentano i nuovi limiti per l’ottenimento della pensione indipendentemente dall’età anagrafica. Insomma, rappresenteranno per il futuro (fino a nuovo ordine) ciò che erano fino al 2011 i 40 anni. Quindi gli uomini dovranno raggiungere 2227 settimane di lavoro, le donne 2175 per ottenere la pensione anticipata (salvo eccezioni legate alla precocità).
Viene però mantenuto l’aumento dell’età anagrafica per le pensioni di vecchiaia che per il 2019 verranno pagate al compimento del 67mo anno di età per poi crescere ogni biennio.
Un’ultima menzione, sempre per proseguire quanto scritto a dicembre in questa Rivista, va all’“opzione donna”: è confermata la possibilità di accesso al pensionamento per le lavoratrici del comparto privato nate fino al 31/12/1960 con 35 anni di contributi maturati entro il 31/12/2018 (1820 settimane) e per le lavoratrici nate entro il 31/12/1959 che per raggiungere il requisito contributivo dovranno far valere almeno una settimana come lavoratrici autonome.
L’erogazione della prestazione avverrà dopo 12 mesi per le lavoratrici del comparto privato e di 18 mesi per le autonome. Ricordiamo che il calcolo sarà integralmente contributivo e che, anche in questo caso, lo svantaggio sarà ancora più virtuale  poiché una donna nata a dicembre del 1960 che a dicembre 2018 vanta 35 anni di contributi avrebbe la possibilità di ottenere la pensione a gennaio 2020 con “opzione donna”, oppure, continuando a lavorare, a novembre 2024 con la Legge Fornero (41 anni e 10 mesi di contribuzione). Quasi 6 anni di calendario e 62 mesi di pensione prima…
Il decreto contiene anche indicazioni sulle regole per il riscatto di laurea che affronteremo in un prossimo futuro approfondendo tutte le problematiche legate alla specifica materia riscatto.

 

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