STRUTTURA, CARATTERISTICHE E APPLICAZIONE della maxisanzione*

Luca di Sevo, Consulente del Lavoro in Bollate (Mi)

La maxisanzione sotto la lente di ingrandimento di Pierluigi Rausei

 

Il contributo illustra la maxisanzione contro il lavoro nero, in particolare alla luce del “Vademecum sull’applicazione della Maxisanzione per lavoro sommerso” del 22 luglio 2022 redatto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (a seguire Inl) integrato con il parere 18 ottobre 2022, n. 2089 dell’InlL. Data la complessità della materia e il fitto impianto normativo, nonché l’alto livello dell’analisi operata dall’Autore, il lavoro di sintesi (di sicuro non semplice) ha cercato di privilegiare lo stato attuale delle disposizioni, mettendo in evidenza in particolare le tipologie di illecito, le esclusioni e le forme di sanzione.

La maxisanzione (Legge 23 aprile 2002, n. 73) opera nei confronti del datore di lavoro che occupa presso la propria azienda lavoratori “in nero”; l’illecito prevede il duplice requisito della mancanza della comunicazione preventiva di assunzione e della subordinazione del rapporto di lavoro irregolare. Sono escluse dall’applicazione della maxisanzione le prestazioni lavorative che rientrano nell’ambito del rapporto di lavoro domestico, del rapporto societario e del lavoro familiare.

SCUSANTI E SCRIMINANTI

Esistono alcune scusanti o scriminanti rispetto all’applicazione della maxisanzione contro il lavoro sommerso; non sono assoggettabili i seguenti casi:

  • Regolarizzazione operata dal datore di lavoro che, prima di un intervento ispettivo o conciliazione monocratica, provvede a regolarizzare per tutta la durata, il rapporto di lavoro avviato originariamente “in nero”;
  • Adempimenti previdenziali pregressi di carattere contributivo assolti in precedenza, da cui si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche in caso di differente qualificazione»;
  • UniURG e chiusura degli intermediari: quando il datore di lavoro si è affidato ad intermediari e si trovi a non poter effettuare la comunicazione in via telematica per le ferie o la chiusura dei soggetti abilitati, a patto che abbia provveduto ad inviare la comunicazione preventiva di assunzione, mediante il modello UniURG, e possa documentare l’affidamento degli adempimenti a un soggetto abilitato e la chiusura dello stesso  (rimane, l’obbligo di inviare la comunicazione il primo giorno successivo alla riapertura degli studi o degli uffici);
  • Assunzioni per causa di forza maggiore o per evento straordinario: nei casi in cui l’evento dell’assunzione è imprevedibile, improcrastinabile e imprevedibile il giorno precedente, al datore di lavoro è data la facoltà di comunicare l’assunzione il primo giorno utile successivo senza l’obbligo di una preventiva comunicazione (vige l’onere della prova).

 

In merito alle modalità di accertamento, il personale ispettivo si basa sulla descrizione puntuale e dettagliata dell’attività lavorativa svolta da ciascun lavoratore interessato, sulle dichiarazioni spontanee rilasciate dai lavoratori riguardo alla omessa consegna della dichiarazione di assunzione e sul dato obiettivo della indimostrata regolarità da parte del datore di lavoro e del professionista che lo assiste (Ministero del Lavoro, lettera circolare n. 8906 del 4  luglio 2007).

 

 CASI PARTICOLARI

Vi sono poi alcuni casi particolari da tenere in considerazione:

  1. Lavoro domestico: l’esonero dalla applicazione della maxisanzione riguarda esclusivamente i lavoratori che prestano con continuità attività lavorative al servizio e per il funzionamento della vita familiare (Ministero del Lavoro, circolare n. 38/2010);
  2. Lavoro in somministrazione: considerando che la tipologia di rapporto non prevede la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro, per attestare la regolare occupazione del lavoratore somministrato, è richiesta l’esibizione del contratto individuale di lavoro sottoscritto dalle parti, o della comunicazione di invio in somministrazione;
  3. Lavoro a termine: nel caso in cui il rapporto di lavoro a tempo determinato prosegua oltre il termine originariamente fissato, non si rinvengono elementi per l’applicazione della maxisanzione purché si tratti di una prosecuzione nei limiti del periodo “cuscinetto” di 30 o di 50 giorni (a seconda della durata del contratto);
  4. Lavoro intermittente: l’omesso adempimento dell’obbligo di comunicazione preventiva della chiamata del lavoratore intermittente, determina la non applicazione della maxisanzione, in presenza della comunicazione UNILAV di instaurazione del rapporto di lavoro;
  5. Lavoro autonomo occasionale: la maxisanzione trova applicazione soltanto nel caso di prestazioni autonome occasionali che non siano state oggetto di preventiva comunicazione;
  6. Contratto di Prestazione occasionale: in caso di mancata trasmissione della comunicazione preventiva ovvero di revoca della comunicazione effettuata a fronte di una prestazione di lavoro occasionale in realtà effettivamente svolta, la sola registrazione del lavoratore occasionale sulla piattaforma telematica Inps non è sufficiente per escluderne l’irregolarità;
  7. Lavoratori deceduti o infortunati: per il lavoratore deceduto o infortunato, la maxisanzione viene applicata nel caso in cui la comunicazione preventiva di instaurazione del rapporto di lavoro non sia stata regolarmente effettuata almeno 24 ore prima dell’evento infortunistico e non risulti provata, da parte del datore di lavoro, la volontà di non occultare il rapporto di lavoro;
  8. Lavoratori della scuola: la regolarità del personale scolastico richiede la specifica documentazione posta in essere dall’Istituto scolastico per l’inserimento del lavoratore (comunicazione di instaurazione nei dieci giorni successivi);
  9. Lavoratori marittimi: l’armatore è tenuto prima della spedizione della nave, a diversi adempimenti, tutti necessari al fine di non incorrere nella maxisanzione. Le modalità di calcolo della maxisanzione e i parametri da adottare, sono stati modificati dal D.lgs. n. 151/2015; dal 2019 la sanzione pecuniaria amministrativa è maggiorata del 20%, e sale al 40% in caso di medesimo illecito nei tre anni precedenti.

IPOTESI BASE

La sanzione amministrativa pecuniaria viene rimodulata proporzionalmente, in base a tre soglie di gravità: da euro 1.800 a euro 10.800 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da euro 2.100 a euro 12.600); da euro 3.600 a euro 21.600 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da euro 4.200 a euro 25.200); da euro 7.200 a euro 43.200 per ciascun lavoratore irregolare per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da euro 8.400 a euro 50.400).

IPOTESI AGGRAVATA

Nei casi seguenti vi è un incremento della sanzione pari al 20%:

  • lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, o con permesso scaduto e non rinnovato;
  • minori in età non lavorativa;
  • soggetti beneficiari Reddito di Cittadinanza (RdC).  Gli importi delle sanzioni sono: da euro 2.160 a euro 12.960 per ciascun lavoratore irregolare straniero, minore o beneficiario di reddito di cittadinanza, in caso di impiego del lavoratore sino a 30 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da euro 2.520 a euro 15.120); da euro 4.320 a euro 25.920 per ciascun lavoratore irregolare straniero, minore o beneficiario di RdC, in caso di impiego del lavoratore da 31 e sino a 60 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da euro 5.040 a euro 30.240); da euro 8.640 a euro 51.840 per ciascun lavoratore irregolare straniero, minore o beneficiario di RdC, in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni di lavoro effettivo (in caso di recidiva nel triennio da euro 10.080 a euro 60.480).

RECIDIVA

Il Vademecum Inl del 22 luglio 2022 ha chiarito che per verificare la sussistenza della “recidiva” va accertato se:

  1. il destinatario delle sanzioni corrisponde al soggetto che riveste la qualità di “trasgressore” persona fisica ai sensi della Legge n. 689/1981;
  2. il trasgressore è stato destinatario delle stesse sanzioni (definitive) nel triennio precedente il nuovo illecito.

La maggiorazione per recidiva non si applica se gli illeciti amministrativi contestati sono estinti (pagamento in misura ridotta ex art. 16 della Legge n. 689/1981; pagamento della sanzione ridottissima a seguito di diffida ex art. 13 del D.lgs. n. 124/2004 ).

 

APPLICABILITÀ DELLA DIFFIDA

Il D.lgs. n. 151/2015 prevede l’applicazione della procedura di diffida da parte del personale ispettivo, fatta eccezione per le ipotesi di lavoro “in nero” di lavoratori stranieri irregolari e di minori non in età da lavoro: la diffida consente al datore di lavoro che regolarizza tempestivamente, ottemperando a quanto diffidato, di essere ammesso al pagamento della sanzione ridottissima pari al minimo della sanzione edittale per ciascuna fascia di irregolarità (art. 13, D.lgs. n. 124/2004). “Fatta eccezione per i lavoratori già in nero regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo o non più in forza, gli ispettori devono diffidare il datore di lavoro a stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale se con riduzione dell’orario non superiore al 50%, oppure un contratto a termine a tempo pieno purché di durata non inferiore a tre mesi, con mantenimento in servizio dei lavoratori assunti per almeno tre mesi, non inferiore a «90 giorni di calendario», al netto del periodo di lavoro prestato “in nero” (che va comunque regolarizzato).(…) La prova della avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle sanzioni, dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi previsti va fornita entro il termine di 120 giorni dalla notifica del verbale di accertamento e notificazione (art. 13, comma 5, D.lgs. n. 124/2004 )”.

“Se il lavoratore è stato già regolarizzato nel momento in cui viene notificato il verbale di accertamento (ad esempio, ai fini della revoca della sospensione dell’impresa), la diffida riguarderà soltanto il successivo mantenimento in servizio per almeno tre mesi (90 giorni). Riguardo, invece, ai lavoratori non più in forza la diffida riguarderà la mera regolarizzazione del “periodo in nero”. Se i lavoratori già “in nero” risultano in forza e pienamente regolarizzati (con instaurazione del rapporto di lavoro stabile per almeno 90 giorni e completa emersione del periodo lavorativo irregolare) il personale ispettivo ammetterà direttamente il trasgressore a pagare la sanzione ridottissima (minimo edittale – “diffida ora per allora”).

SANZIONE IN MISURA RIDOTTA

In entrambe le ipotesi di illecito (maxisanzione base e aggravata) è possibile ammettere il trasgressore al pagamento della sanzione in misura ridotta, pari al doppio del minimo edittale e a un terzo del massimo.

 

 

* Sintesi dell’articolo pubblicato in D&PL, n. 47-48,/2022 p. 2869, dal titolo Struttura, caratteristiche e applicazione della maxisanzione

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Una proposta al mese – Estendere il campo della maxi-sanzione SUL LAVORO NERO

di Andrea Asnaghi – Consulente del lavoro in Paderno Dugnano (Mi)

E non è necessario perdersi
in astruse strategie,
tu lo sai, può ancora vincere
chi ha il coraggio delle idee.
(R. Zero, “Il coraggio delle idee”)

 

E’ strano, ogni tanto, quasi un senso di déja vu, ritornare su riflessioni e proposte del nostro Centro Studi milanese, alla luce di fatti di cronaca, di novità legislative o di sentenze. Così è successo alla lettura della sentenza n. 24388/2022 della Cassazione penale. In breve, il Collegio adito ha ritenuto sussistere una fattispecie di sfruttamento di lavoro nell’assunzione e messa in servizio di alcuni lavoratori inquadrati come part-timer ma in realtà impiegati a tempo pieno, se non con un numero di ore addirittura esorbitanti.Con ciò, riteneva applicabile a tale comportamento l’art. 603/bis del codice penale introdotto dal D.l. n.138/2011, cosi come modificato dalla L. n. 199/2016.
Non è il caso qui di addentrarci nella vicenda, che ha visto i giudici di Cassazione confermare quanto già stabilito nei precedenti gradi di giudizio con motivazioni (condivisibili) inerenti il caso specifico e non automaticamente estendibili, quanto sviluppare un ragionamento parallelo.
Cassazione penale afferma che, a determinate condizioni, il sottoporre il lavoratore ad un determinato orario formalizzando però il rapporto per un orario inferiore è un possibile indice di sfruttamento della manodopera, con la realizzazione di un ingiusto profitto a carico dell’utilizzatore. Come qualcuno ha fatto acutamente
notare1, il reato di caporalato (a cui si riferiva originariamente l’art. 603/bis del codice penale) ha esteso la sua competenza andando a colpire direttamente anche solo l’utilizzatore (che, in caso di caporalato sarebbe punito in concorso con l’intermediatore).

Tuttavia, si rende arduo, sotto un determinato profilo, andare a determinare l’esatta nozione di sfruttamento, a meno di interpretare in modo palesemente estensivo quanto previsto dalla norma in oggetto; per stare al caso in questione, si tratta dell’utilizzo di manodopera “sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno”, ove fra gli indi ci sfruttamento la norma prevede anche “la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato”.
Nessun dubbio quindi che inquadrare il lavoratore con un orario inferiore possa esser sfruttamento; il punto, tuttavia, si sposta sulla dimostrazione dell’approfittamento dello stato di bisogno: in una realtà economica sempre
più complessa ed insidiosa, la tentazione è quella di considerare sempre il lavoratore costretto  a subire determinate condizioni. E quindi, penale per tutti. Si badi bene, anche in quei casi, sussistenti, in cui vi sia una qualche complicità del lavoratore, magari per interessi personali, o in ogni caso una sua tranquilla accondiscendenza alla situazione elusiva.
Con il che, tuttavia, resta sempre il fatto che sotto inquadrare, dal punto di vista dell’orario, un dipendente è un comportamento altamente riprovevole, così come pagare poste in nero. Diversi anni fa – esattamente nel 2014 – il Centro Studi e Ricerche dei Consulenti del Lavoro di Milano, nell’ambito di un progetto di proposte complessive per il mercato del lavoro, aveva  prospettato una diversa formulazione della c.d. “maxi-sanzione sul lavoro nero” che sembra davvero il caso di riproporre. Intanto focalizziamo la norma attuale (oggetto di recente rivisitazione riepilogativa da parte della nota Inl del 20 aprile 2022): viene punito l’utilizzo da parte di datori di lavoro
privati di lavoratori subordinati2 senza preventiva comunicazione di assunzione comunicata agli Enti competenti.
ll datore che occupa personale “in nero” è tenuto a pagare una pesante sanzione amministrativa pecuniaria per ogni lavoratore irregolare che dipende dal periodo di occupazione in nero (va da 1800 euro fino a 43.200 in caso di impiego in nero per oltre 60 giorni di effettivo lavoro). Sono inoltre previste maggiorazioni in caso di recidiva, nonché per l’impiego in nero di minori, di lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno o di percettori del reddito di cittadinanza.
All’utilizzo di lavoratori in nero è legato anche il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale ex art. 14 del D.lgs. n. 81/2008 (siccome in Italia ci piace fare le cose complesse, lì la casistica sul lavoro nero ha alcune  difformità rispetto alla norma sulla maxi-sanzione).
E’ di tutta evidenza, e la sentenza della Cassazione penale è solo una conferma di quanto si rileva sul campo, che per evitare la maxi-sanzione (e anche il provvedimento di sospensione dell’attività) è però sufficiente inquadrare il
lavoratore per un numero di ore anche esiguo. Più in generale, perseguire il lavoro in nero ha una matrice che non sempre si sovrappone al concetto di sfruttamento o di mancata sicurezza; ricordiamo che la maxi-sanzione nasce storicamente in ambito di normativa fiscale. Il fatto è che retribuire, in tutto o in parte, un lavoratore in nero ha anche, se non soprattutto, un significato fortemente elusivo e generatore a sua volta di elusioni a cascata, sia nella filiera economica che per quanto riguarda prestazioni o agevolazioni destinate al lavoratore.
Insomma, non dichiarare il dovuto porta con sé una serie di implicazioni assolutamente negative sul piano economico, fiscale e persino sociale e culturale, ancor di più, poi, se questa elusione riguarda il delicato rapporto
di lavoro subordinato.
Il trucchetto del sottoinquadramento orario ha portato – ad esempio – a determinare la sfortuna di alcune fattispecie, come il lavoro accessorio con i voucher, il cui ridimensionamento ha peraltro accentuato, per effetto paradosso, l’utilizzo di lavoro nero. Ecco che, sulla scorta di queste riflessioni, la proposta del nostro Centro Studi, che qui offriamo nuovamente, è quella di individuare una sanzione specifica  (una specie di maxisanzione attenuata) per tutti coloro che, ancorchè in un rapporto di lavoro oggetto di comunicazione preventiva, eludano in maniera significativa (abbiamo ipotizzato un 20 % del dovuto complessivo, ma su tale percentuale si può ragionare) l’imponibile fiscale o previdenziale dovuto.
Vi è da considerare, a tal fine, che l’elusione di cui trattasi può essere realizzata in qualsiasi modo e non sarebbe confinata al solo rapporto di lavoro subordinato, ma in tutti quei rapporti in cui fra utilizzatore/datore/committente e prestatore vi sia un vincolo – anche solo ipotetico – di natura contributiva ed assicurativa.
Ovviamente, il tutto salvo che il caso sia più grave e sia invece riconducibile realmente ad un vero e proprio sfruttamento di cui si parlava all’inizio.
L’elusione potrebbe riguardare pertanto non solo il diverso orario denunciato, ma anche parte di retribuzione (es. superminimi o straordinari) corrisposta “fuori-busta”, oppure l’utilizzo di poste improprie esenti (un classico:
indennità di trasferta o rimborsi spese fasulli).
A tal fine individuare una percentuale minima di scostamento serve a riparare il datore di lavoro dall’applicazione di una sanzione ulteriore – oltre a quelle previste per attività omissive o evasive – in caso di eventuali contestazioni o riprese che possono determinarsi per errori o leggerezze, ma tali da non incidere quantitativamente in modo massivo sull’elusione (una sorta di “franchigia” su errori, omissioni o “diversità di vedute” rispetto all’ispettore del caso).
Né si costituirebbe, con tale maxi-sanzione attenuata, una sorta bis in idem rispetto a sanzioni sul versante contributivo, assicurativo o fiscale: lo scopo preciso di tale sanzione sarebbe quello di punire il ricorso sistematico e massivo a forme di elusione che per ricorrenza ed incidenza evidenzino un preciso intento evasivo.
Potrà, forse, sembrare strano che a proporre sanzioni sia un corpo professionale che molto spesso si è lamentato per il peso della regolazione e per la vessatorietà di determinati apparati punitivi sul versante amministrativo, tuttavia, per quanto qui in argomento, la repressione dei fenomeni di evasione è un concetto culturale, prima ancora che di sicurezza sociale; non invochiamo chissà quale severità, anzi. Tuttavia, ci basterebbe ripristinare un concetto di serietà che premierebbe chi – anche con fatica – fa il possibile per stare nelle regole, contro chi le aggira allegramente.

 

1. Cfr. Riccardo Girotto, Il caporalato a tutto campo, ma senza caporale, Euroconference Lavoro del 14 luglio 2022.

2. Nella nota INL, si ricorda che oggetto di sanzione è anche l’utilizzo di prestatori con utilizzo improprio del Libretto di famiglia o di lavoratori occasionali non oggetto di preventiva comunicazione, dei quali, in caso di ispezione, venga rilevata la subordinazione.

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