“Flat tax per molti ma non per tutti”

di Vincenzo Favaloro, Consulente del Lavoro, Revisore Legale in Garbagnate 

 

Lart. 4 della bozza di Legge di Bilancio per l’anno 2019 conferma, almeno per il momento, l’estensione del regime “forfetario” (L. 23 dicembre 2014, n. 190) sino alla nuova soglia di ricavi/compensi di € 65.000, per tutte le categorie di piccoli imprenditori e professionisti. L’intervento, come desumibile dalle simulazioni elaborate, in primis, dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (CNDCDEC) lo scorso 15 novembre, potrebbe portare ad un risparmio fiscale fino ad oltre 12.000 euro/anno per singolo contribuente. Difatti, nonostante appaia ancora improprio parlare di una vera flat tax, l’appetibilità di tale estensione per professionisti e piccoli imprenditori è sicuramente alta sia in forza dell’imposta sostitutiva del 15% applicata sul reddito imponibile determinato forfetariamente, sia grazie all’effetto cassa positivo derivante dalla differenza tra i costi effettivamente sostenuti e quelli determinati mediante i c.d. “coefficienti di redditività”, a maggior ragione in caso di professionisti iscritti ad ordini professionali che operano in qualità di consulenti mono mandatari (i.e. tipicamente i collaboratori di studi associati strutturati, in forza del Jobs Act) e che, pertanto, sostengono costi inerenti ben al di sotto dello specifico abbattimento forfetario del 22%.

Inoltre, si segnala che l’accesso al nuovo regime forfetario:

  • non sarebbe più vincolato al rispetto di limiti di spesa per dipendenti e collaboratori attualmente pari ad € 000 né per beni strumentali attualmente pari ad € 20.000;
  • sarebbe stato dotato di cause di esclusione “rinforzate” sia per quanto attiene l’eventuale partecipazione in qualsiasi tipologia di Srl (e non più alle sole Srl “trasparenti”), sia per quei contribuenti che hanno percepito redditi di lavoro dipendente o assimilati nel corso dell’anno precedente e/o che esercitano la nuova attività di impresa, arte o professione prevalentemente nei confronti di uno dei datori di lavoro dei due anni precedenti o di soggetti ad essi riconducibili.

Nonostante l’esperienza di questi ultimi anni abbia evidenziato alcune distorsioni tipiche dei regimi agevolativi attualmente in vigore – ovvero il regime “di vantaggio” ex D.l. 6 luglio 2011, n. 98 (regime residuale per coloro che vi hanno aderito entro il 31.12.2015) e il regime “forfetario” ex L. 23 dicembre 2014, n. 190 (regime naturale) – causate principalmente dalle diverse modalità di determinazione del reddito (analitico vs forfetario) e dall’impatto delle diverse forme di contribuzione previdenziale (Casse Professionali, Gestione Separata Inps, Gestione per Artigiani e Commercianti); le nuove disposizioni normative sembrano aver alimentato ulteriormente lo squilibrio tra le diverse categorie di commercianti, artigiani, arti e professioni coinvolte.

A tal proposito, se è vero che, da un lato, il diverso peso dei contributi e dei costi effettivamente sostenuti ha da sempre influenzato l’effettiva capacità di spesa/risparmio in capo al singolo contribuente che ha usufruito dei precedenti regimi, è altrettanto vero che, con riferimento al nuovo limite di  € 65.000, sembra potersi prevedere un generale aumento “meno che proporzionale” dei costi al crescere del fatturato (o incassi), soprattutto in caso di professioni “intellettuali”. Dinamica, quest’ultima, che porterebbe ad un maggior vantaggio per i professionisti “collaboratori” (che agiscono con strutture e strumenti di terzi) piuttosto che per coloro che agiscono in qualità di consulenti “puri” e/o piccoli imprenditori, ovvero con costi di struttura “propri” e un maggior “rischio d’impresa”. Pertanto, in questo senso, qualora il limite di € 65.000 fosse stato previsto con riferimento al reddito imponibile in luogo di ricavi/compensi si sarebbero potute limitare, con tutta probabilità, le suddette (e già note) disparità di trattamento.

In attesa della definitività delle suddette disposizioni normative, nonché di specifici chiarimenti ministeriali, si auspica la futura previsione di un coordinamento normativo a tutela dei contribuenti che, dopo aver superato le soglie di fatturato/compensi di cui ai regimi agevolativi attualmente in vigore, hanno applicato le disposizioni di cui al regime “normale” (ex D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, con relativa applicazione di deduzioni, detrazioni e imposta progressiva Irpef) ma che, attualmente, si trovano comunque all’interno del nuovo limite di € 65.000 ovvero che, in futuro, potrebbero accedere (o ri-accedere) al nuovo regime forfetario.

Resta infine valida l’osservazione sollevata dagli esponenti di alcuni ordini professionali in merito all’implicito disincentivo nella costituzione di nuove associazioni tra professionisti in forza dell’espressa esclusione (già prevista dalla L. 23 dicembre 2014, n. 190) dei professionisti che risultino titolari – contemporaneamente – di partecipazioni in società di persone e/o in associazioni tra professionisti (oltre alle summenzionate società di capitali). In altre parole, è evidente che le nuove previsioni normative sembrano favorire la disgregazione (o mancata costituzione) di nuovi studi associati per soglie di fatturato e possibili vantaggi fiscali tutt’altro che trascurabili dal singolo professionista. Proprio per questo si auspicano emendamenti ad hoc promossi anche e soprattutto attraverso il coinvolgimento diretto dei singoli ordini professionali.

 

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