Mediazione, schemi: l’iter, gli effetti, esempio di MAAN e PAAM La migliore o la peggiore alternativa in una lite

di Anna Adamo – Consulente del Lavoro in Milano, Mediatore civile

 

La semplificazione delle procedure alternative al giudizio predilige la mediazione civile e commerciale come l’iter innovativo degli ultimi anni. La semplicità della forma comporta un’attenta preparazione da parte degli  Organismi di mediazione, una volontà  di scelta delle parti, una preparazione da  parte dei mediatori finalizzata al buon esito delle controversie.

Ogni Organismo costituito adotta un regolamento e un’etica personalizzata all’esperienza e alla formazione dei Mediatori e della propria struttura organizzata ad accogliere le parti che desiderano ottenere nel breve tempo una soluzione non solo “alternativa” ma significativa dei suoi aspetti “conciliativi”.

Ricordiamo con questo semplice schema l’iter della richiesta.

Iter della mediazione → Pre-mediazione → Presentazione della domanda. Una parte presenta la domanda di mediazione a un Organo accreditato → Individuazione del mediatore. Il responsabile dell’organismo individua il mediatore → Si fissa il primo incontro tra le parti entro il minor tempo disponibile dal deposito della domanda →  Avviso alla parte → Incontro di mediazione.

Aspetti di una negoziazione efficace

Un negoziatore efficace:
• Stima e distribuire tutte le risorse disponibili efficacemente in un tempo breve.
• Crea valore aggiunto alle possibili soluzioni utilizzando i migliori strumenti di comunicazione e gestione dei conflitti.
• Minimizza i costi di transazione e massimizza la soddisfazione delle parti utilizzando l’efficacia del problem solving.
• Salva la relazione tra le parti, calibrando le emozioni e valorizzando l’apprezzamento verso le buone intenzioni per ricevere buoni risultati.
• Evita lo stress della tensione della vittoria o della perdita mediante le tecniche di gestione delle emozioni.

Esempio dei concetti chiave della negoziazione : MAAN e PAAN

• MAAN: La Migliore Alternativa all’Accordo Negoziato che consente di ottenere risultati più soddisfacenti dell’accordo stesso,
• PA AN: La Peggiore Alternativa all’Accordo Negoziato che bisogna evitare per abbattere i costi di transazione.Bisogna fare il possibile per evitare la PAAN e, invece, bisogna rifiutare un accordo di valore inferiore alla MAAN stimata, purché siano state definite con precisione la MAAN e la PAAN e, solo se si ha la certezza assoluta circa  gli esiti (migliori e peggiori) che sono stati prospettati.

Ciò che le parti devono considerare con l’aiuto del Mediatore

Effettivi elementi di valutazione per una negoziazione efficace: 

Una negoziazione efficace deve partire da una conoscenza di tutti i profili dei fatti  negoziali quanto più certa possibile. Il mediatore-conciliatore, atteso che egli si muove in un ambito di assoluta neutralità rispetto alle parti, può assumere un ruolo rilevante, in quanto consente a una parte di potere avere piena contezza di tutti gli ambiti oggettivi  di valutazione ovvero di impostare nella giusta prospettiva  le soluzioni possibili  e una nuova visione dei fatti accaduti .

Esatta determinazione e valutazione dei proprio obiettivi 

Il mediatore-conciliatore può intervenire per agevolare ciascuna parte nel definire  non solo l’obiettivo concreto che si intende perseguire, ma le modalità attraverso le quali, nell’ambito della negoziazione, si possa addivenire a quel risultato quindi la migliore  alternativa.

Stimare i propri punti di forza e la migliore alternativa

Per  le  parti  coinvolte in  una situazione conflittuale assume rilievo fondamentale conoscere su quali basi si fonda la propria pretesa posizione in ordine ai fatti accaduti e, più in generale, su quali opportunità  possa orientarsi per una soluzione in proprio favore della  controversia.

Valutazione dei punti di forza della controparte

Valutare i punti di forza  significa poter offrire a una parte di stimare  adeguatamente e definire la propria strategia nell’affrontare una situazione di conflitto. L’intervento del mediatore-conciliatore opera sull’esatta individuazione delle ragioni che costituiscono ostacolo al superamento del conflitto, di quanto e cosa divide le parti e  di saper condurre le parti fuori dell’impasse.

 

Esempio  dei concetti chiave della negoziazione : MAAN e  PAAN

 

  • MAAN: La Migliore Alternativa all’Accordo Negoziato che consente di ottenere risultati più soddisfacenti dell’accordo stesso.
  • PAAN: La Peggiore Alternativa all’Accordo Negoziato che bisogna evitare per abbattere i costi di transazione.

Bisogna fare il possibile per evitare la PAAN e, invece, bisogna rifiutare un accordo di valore inferiore alla  MAAN stimata, purché siano state definite con precisione la MAAN e la PAAN e, solo se si ha la certezza assoluta circa gli esiti (migliori e peggiori) che sono stati prospettati.

Un cliente, coinvolto in un caso di obbligazioni ad alto rischio, decide di chiamare  in mediazione la banca che gli aveva consigliato l’investimento e chiede alla stessa la restituzione dell’importo investito. Accusa la banca di negligenza e responsabilità per l’accaduto. L’istituto bancario si oppone alla richiesta. Prima di arrivare però alla mediazione, con ogni probabilità, sono stati effettuati i  contatti con i rispettivi legali e sarà stata compiuta un’attenta analisi del caso.

E saranno stati, senz’altro, prese in considerazione anche le conseguenze ed i rischi di un mancato accordo stragiudiziale. Lo schema delinea un esempio di migliore (MAAN) e di peggiore (PAAN) alternativa per ciascuna parte.

Cliente:

MAAN: 

Puo’: Promuovere un giudizio e attenderne l’esito, con la possibilità di vedersi riconosciuta la somma probabilmente   dopo lungo periodo.

Aspetti negativi: anticipare i costi necessari per avviare un giudizio, cambiare il proprio istituto bancario, convivere con il contenzioso.

PAAN: 

Puo’: Promuovere un giudizio e non vedersi riconosciuta l’intera somma.

Aspetti negativi:Avere anticipato somme che non si vedrà riconosciute avendo dovuto, nel frattempo, cambiare istituto bancario e subire il proprio contenzioso.

Banca :

MAAN: 

Il cliente propone una domanda giudiziale e la banca non paga nulla subito, eccetto le spese per la difesa.
Nel futuro:Dopo diversi anni la domanda non viene accolta o accolta solo in parte.

Aspetti negativi: per alcuni anni la banca dovrà destinare energie al contenzioso, perderà un cliente e subirà gli effetti negativi della cattiva pubblicità.

PAAN: 

Il cliente propone la domanda in giudizio e la banca non deve pagare nulla subito se non le spese per la difesa.
Dopo alcuni anni la domanda viene accolta interamente e la banca deve corrispondere
l’intero importo.

Ulteriori aspetti negativi: perde il cliente e subisce gli effetti della cattiva pubblicità: la sentenza, probabilmente, godrà di ampia risonanza.

Questo è solo un esempio, nel delineare MAAN e PAAN si possono ipotizzare altri scenari legati alla situazione particolare di ciascuna parte: la PAAN, ad esempio, per il cliente potrebbe anche essere rinunciare completamente alla pretesa.

 

Come procedere

La parte istante, una volta scaricato il modulo DOMANDA DI MEDIAZIONE  

lo può presentare via pec all’indirizzo omcc@consulentidellavoropec.it, o

via pec all’indirizzo ordine.milano@consulentidellavoropec.it oppure alla struttura

amministrativa di Milano direttamente in segreteria (www.consulentidellavoro.mi.it  Organismo di Mediazione Civile e Commerciale).

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Iscrizione, accantonamenti e versamenti alle Casse Edili, secondo la giurisprudenza costituzionale e di legittimità

di Paolo Palmaccio – Consulente del Lavoro in Formia

 

Recenti pronunce giurisprudenziali sembrano aver messo in dubbio l’obbligatorietà del versamento degli accantonamenti alle casse edili.

Tanto è dato di desumere, tra le più recenti, dall’ordinanza della Cassazione n. 9962 del 23 aprile 2018.

Va subito precisato che quello degli accantonamenti alle casse edili è un argomento “scottante”, soprattutto perché registra una vera e propria “polarizzazione” delle posizioni tra chi vede in questo istituto (non sempre immotivatamente) l’ennesimo esempio di “carrozzone sindacale”, e chi ritiene che sia un soggetto – tra l’altro uno dei primi esempi di bilateralità – che svolge funzioni di tutela per i lavoratori, nel momento in cui garantisce a questi la corresponsione di trattamenti la cui interezza è suscettibile di essere messa in dubbio dalla stessa discontinuità del lavoro in edilizia.

La diatriba, in realtà viene da lontano, e già all’indomani del recepimento del Ccnl per i Dipendenti delle Imprese Edili dell’Industria del 24 luglio 1959 dai cosiddetti “Decreti Vigorelli” (e precisamente dal D.P.R n. 1032 del 14 luglio 1960 in attuazione della L. n. 741 del 14 luglio 1959), che può essere considerato “l’atto di nascita” dell’istituto delle Casse Edili (quanto meno per il comparto industriale).

Con le sentenze nn. 43 del 26 maggio 1965, 78 del 23 ottobre 1964, 31 del 18 marzo 1964 e 129 del 4 luglio 1963, la Corte Costituzionale aveva dichiarato l’illegittimità del suddetto Ccnl (come normativamente recepito) laddove prevede l’obbligo di iscrizione a detti Enti – che ricordiamo nascono come risultato dell’autonomia delle parti contraenti – anche alle imprese non aderenti ai soggetti firmatari.

Posta la questione in questi termini, ed assodato che: 1) parliamo di enti e strutture di servizio di natura privatistica, 2) che erogano trattamenti di natura retributiva (sempre per evitare che la discontinuità del lavoro in edilizia si traduca in una diminuzione di taluni istituti di retribuzione differita per i lavoratori), sembrerebbe che le imprese edili siano non già obbligate, bensì  facoltizzate all’iscrizione ed al versamento degli accantonamenti in Cassa Edile, ben potendo, in alternativa corrisponderli direttamente  al lavoratore.

Ma è davvero così?

Un’analisi più approfondita, infatti, porta a ridimensionare la portata di questa impostazione.

In primo luogo, riandando alle pronunce della Corte Costituzionale, va evidenziato che le stesse non hanno riguardato il divieto di conglobamento nella retribuzione ordinaria degli importi da accantonare, di cui all’art. 34 del menzionato CCNL.

Tanto è dato desumere dalle sentenze della Cassazione Penale nn. 11564 del 19 novembre 1994 (III sez.), 10683 del 23 novembre 1993 (sez. II), 2527 del 24 febbraio 1987 (sez. III), 8201 del 12 agosto 1986 (sez. III) e 8595 del 21 dicembre 1972 (sez. I), che non solo sanzionano il mancato accantonamento ed il conglobamento ai sensi dell’art. 8 della L. n. 741 del 14 luglio 1959, ma riaffermano l’obbligo dell’accantonamento e della sua evidenza, sia contabile – con l’individuazione di un apposito e distinto appostamento –  che finanziaria – con il versamento in appositi fondi distinti dalla cassa ordinaria.

In secondo luogo non può negarsi una intervenuta evoluzione dell’Istituto che pur rimanendo di derivazione privatistica, si vede oggi riconosciuta la qualità di “esercente un servizio di pubblica utilità” per la natura delle prestazioni erogate, soprattutto laddove le stesse vanno ad integrare trattamenti che sarebbero altrimenti normalmente corrisposti in misura inferiore rispetto alle retribuzioni correnti.

Depone in tal senso la sentenza della Cassazione Civile (sez. lavoro) n. 25888 del 28 ottobre 2008, che – richiamando a sua volta la sentenza n. 13300/2005 – dichiara fondato il verbale dei servizi ispettivi quale titolo ex art. 635, c. 2, c.p.c. per l’emissione del decreto ingiuntivo da parte della Cassa Edile nei confronti delle imprese inadempienti.

Tale convincimento è rafforzato dalla sentenza della Cassazione n. 39539 del 5 ottobre 2012 che, riconoscendo funzionari ed impiegati delle casse edili quali “incaricati di pubblico servizio”, estende anche a costoro la possibilità di condanna per il reato di peculato, in luogo della – più leggera – sanzione per l’appropriazione indebita.

Tanto meno questa ricostruzione viene smentita dalle sentenze di legittimità che negano la legittimazione del lavoratore ad agire direttamente verso la Cassa Edile per la “tutela automatica”, in quanto fondate:

  1. sulle norme disciplinanti l’istituto della delegazione di pagamento (artt. 1269, 1270 e 1272 c.c.), ed illuminante è la lettura dell’ordinanza n. 5073 del 5 marzo 2018, nonché delle sentenze nn. 670 del 12 gennaio 2018 e 7050 del 28 marzo 2011, tutte della Cassazione,
  2. sulla mancanza di uno specifico obbligo della Cassa Edile ad insinuarsi nel passivo delle imprese inadempienti fallite (Cass. nn. 1604 del 28 gennaio 2015 e 6869 del 7 maggio 2012),
  3. sulla natura non privilegiata del credito delle Casse Edili verso le imprese inadempienti, non avendo questo natura contributiva (Cass., ord. n. 23520 del 9 ottobre 2017).

In questa prospettiva va ridimensionata la portata delle già citata ordinanza n. 9962/2018 e della sentenza n. 7050/2011, in quanto le stesse non decidono in ordine all’esistenza o meno di un obbligo di versamento degli accantonamenti alla cassa edile – e quale ne sia la natura – bensì sulla possibilità per le imprese destinatarie di un decreto ingiuntivo da parte di questa per gli accantonamenti non versati, di opporvi validamente l’intervenuto pagamento dei corrispondenti trattamenti direttamente al lavoratore (secondo gli artt. 1269 e ss. del codice civile)!

Ed a voler procedere ad una ricostruzione normativa dell’istituto, non si può fare a meno di osservare come il citato obbligo trovi fondamento in tutte quelle norme che obbligano l’impresa esercente attività edile al rispetto integrale dei relativi CCNL, anche condizionandone il pagamento delle spettanze – in caso di appalto – all’emissione del Durc da parte delle stesse casse edili.

Si vedano all’uopo gli articoli 10 della L. n. 30/2003, 86 del D.Lgs. n. 276/2003, 29 del D.L. n. 244/1995 e 30, 80 e 105 del D.Lgs. n. 50/2016 (38 nel vecchio T.U. sui pubblici appalti), nonché la sentenza della Cassazione Civile a SS.UU. n. 4092 del 16 febbraio 2017 ed il parere ANAC AG10-08 del 17 aprile 2008.

Non mancano, a fronte di questa ricostruzione, coloro che osservano che, pur rispondendo ad un interesse del lavoratore, possono sussistere situazioni in cui l’estensione dell’obbligo in questione a tutti gli esercenti attività edile può presentare profili di iniquità.

Si pensi ad esempio ad una cooperativa sociale di tipo “B” o “integrata” che operando in tale settore voglia applicare il CCNL delle cooperative sociali e non quello per i dipendenti delle imprese edili, decisione legittima, visto il tenore dell’art. 1 del CCNL per le cooperative sociali vigente.

Questo, infatti, prevede che tredicesima, ferie e trattamenti di anzianità vengano erogati direttamente dalla cooperativa ai soci ed ai propri dipendenti, ed obbligare questa anche all’accantonamento alla cassa edile si configurerebbe come un adempimento del tutto inutile.

Ora, ferma restando la possibilità, in caso di decreto ingiuntivo, di richiamare le norme sulla delegazione di pagamento (artt. 1269 e ss. del codice civile), vi sarebbe a detta di chi scrive, la possibilità di ricorrere in via analogica a quanto previsto dall’art. 2 bis del D.L.  n.18/1991 (riconosciuta anche dal parere ANAC n. 12/2015) per le imprese che si occupano di impiantistica.

Come per queste, infatti, per una cooperativa sociale integrata o tipo B, l’attività edilizia è del tutto strumentale rispetto allo scopo dell’impresa che – nel caso delle seconde – è quella di recuperare socialmente i soci svantaggiati tramite il lavoro. Per le stesse, quindi, potrebbero – legittimamente – non configurarsi gli obblighi di iscrizione e versamento in cassa edile.

 

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