INCUMULABILITÀ REDDITUALE DELLE PENSIONI ANTICIPATE (Quota 100) alla prova della giurisprudenza

Antonello Orlando, Consulente del lavoro in Roma e Bologna

 

Per andare in pensione, talvolta, non basta solo raggiungere (faticosamente) i requisiti anagrafici e contributivi che sono previsti dal singolo trattamento. Se il Decreto legge n. 112/2008 ha sdoganato la libertà di cumulare pensione e reddito da lavoro, sopravvivono alcune eccezioni che, a fronte di una percezione anticipata della pensione, chiedono un rapporto “monogamico” con il reddito pensionistico. In particolare, il comma 3 dell’art. 14 del D.l. n. 4/2019 prevede la non cumulabilità dei redditi di lavoro (dipendente e autonomo) con la pensione in Quota 100, che si protrae dal momento della decorrenza fino alla maturazione del requisito anagrafico per l’ingresso a pensione di vecchiaia. È concessa, invece, la sola cumulabilità con redditi da lavoro autonomo occasionale per un importo massimo di 5.000 euro lordi annui e con i redditi elencati nella circolare Inps n. 117/2019, tra cui si annoverano anche gli emolumenti percepiti anche dopo la decorrenza della pensione che fanno riferimento all’attività lavorativa svolta prima dell’accesso al pensionamento. Nell’ipotesi in cui si infranga tale divieto di cumulo, anche solo se per somme irrisorie, diverse dalla soglia dei 5.000 euro attiva per i soli redditi diversi per lavoro autonomo occasionale (art. 67, c. 1, lett. L, TUIR), l’Inps procederà alla sospensione dell’erogazione dell’assegno e al recupero della prestazione erogata nell’intero anno di riferimento. Il pensionato, nel rispetto del divieto di cumulo, potrà nuovamente percepire l’assegno dal successivo anno a patto che presenti il modello AP139 allegandolo a una richiesta di ricostituzione reddituale via portale web Inps.

Nel caso di violazione del divieto di cumulo fra redditi di lavoro e pensione in Quota 100, una tendenza recente della giurisprudenza non conferma pero’ in modo pedissequo la revoca di tutte le rate di pensione annue disciplinata dall’Istituto nella sua circolare del 2019. Dopo quasi cinque anni dal Decreto legge n. 4/2019 che aveva introdotto la pensione anticipata in Quota 100, i giudici di primo grado del Tribunale di Lucca si sono pronunciati sul tema del divieto di cumulo reddituale attiva per questa tipologia di anticipo pensionistico. Infatti, a norma dell’articolo 14 comma 3 del Decreto legge n. 4 del 2019, il titolare di pensione Quota 100 (ma analogamente lo stesso sarebbe avvenuto per i titolari di Quota 102 e della pensione anticipata flessibile Quota 103) fino al compimento dell’età pensionabile di vecchiaia subisce un divieto di cumulo reddituale fra pensione e redditi di lavoro dipendente e autonomo, fatta eccezione per 5.000 euro lordi annui di lavoro autonomo occasionale. Secondo l’interpretazione dell’Inps, ufficializzata dalla Circolare n. 117 del 2019, questo si traduce in una sorta di incompatibilità “annuale” con i redditi di lavoro percepiti in violazione del divieto per singolo anno solare.

Nella lettura amministrativa della Circolare Inps, dunque, se un assicurato percepisce redditi incumulabili in un mese qualunque dell’anno durante il quale sia titolare della pensione anticipata in Quota 100 prima dell’età di vecchiaia, il pagamento della pensione è sospeso per tutto l’anno con recupero dei ratei pregressi dello stesso anno, in quanto indebiti. Il cittadino ricorrente della sentenza n. 42/2022 del Tribunale di Lucca, pensionato titolare di Quota 100 dal mese di aprile 2019, aveva portato avanti un’attività di lavoro subordinato attraverso un’agenzia per il lavoro per un contratto a termine di soli due giorni nel luglio 2019, beneficiando di una retribuzione lorda di 148 euro al lordo delle trattenute. In osservanza della Circolare del 2019, l’Istituto aveva richiesto tutte le mensilità di pensione del 2019.

Il pensionato ha attivato un ricorso in sede giudiziaria dove il magistrato del lavoro del Tribunale di Lucca ha esaminato la vicenda alla luce del principio di proporzionalità. Tale principio nella ricostruzione del Tribunale sarebbe stato tesaurizzato dal nostro ordinamento per effetto di numerose pronunce della Corte di Giustizia Europea in materia di sanzioni, di aiuti di Stato, di deroghe alle regole della concorrenza, che lo hanno fatto assurgere al rango di principio di carattere generale dell’ordinamento comunitario e, quindi, anche nazionale. La legge 7 agosto 1990, n. 241 aveva stabilito all’art. 1, co. 1 che “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario.” Tale principio impone alla pubblica amministrazione che adotta un atto un giudizio fondato su tre criteri: idoneità, necessarietà, adeguatezza e proporzionalità della misura prescelta. Sul punto della proporzionalità della sanzione in materia tributaria, che si ritiene applicabile anche alla materia previdenziale è sufficiente richiamare alcune pronunce della Corte di Giustizia Europea, la quale ha stabilito che “i principî di proporzionalità e di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto devono essere interpretati nel senso che, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, essi ostano a una norma di diritto nazionale in forza della quale la detrazione illegale dell’iva è punita con una sanzione pari all’importo della detrazione effettuata.” (Corte Giustizia Unione Europea, 8 maggio 2019, n. 712/17). La sentenza di Lucca ricorda anche che il principio di proporzionalità deve essere interpretato nel senso che, in una situazione come quella oggetto del procedimento principale, le autorità tributarie nazionali non possono irrogare a un soggetto passivo, che ha acquistato un bene alla cui cessione si applica il regime dell’inversione contabile, una sanzione tributaria pari al cinquanta per cento dell’importo dell’imposta sul valore aggiunto che egli è tenuto a versare all’amministrazione tributaria, qualora quest’ultima non abbia subìto alcuna perdita di gettito e non sussistano indizi di frode fiscale, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.” (Corte Giustizia Unione Europea, 26-04-2017, n. 564/15). La analogia fra sanzioni tributarie e misure punitive per i titolari di Quota 100 continua anche nel richiamo operato dal Tribunale di Lucca alla Corte di Cassazione secondo cui “in tema di sanzioni amministrative tributarie, la mancanza di evasione o di detrazione fiscalmente illegittime non è ininfluente, alla stregua dei principi affermati dalla corte di giustizia dell’Unione Europea, ai fini della determinazione della correlata sanzione, potendo assumere rilievo in relazione al parametro della proporzionalità: ne deriva che deve essere disapplicato, per contrasto con il diritto unionale, l’art. 6, co. 6, D.lgs. n. 471 del 1997, laddove stabilisce l’entità della sanzione per illegittima detrazione d’imposta nella misura pari allo stesso ammontare della detrazione compiuta, senza prevedere la possibilità di adeguarla alle circostanze specifiche di ogni singolo caso, dovendosi prevedere la possibilità di elevare progressivamente l’entità della sanzione al fine di assicurare l’esatta riscossione dell’iva ed evitare l’evasione d’imposta.” (Cassazione 23 gennaio 2019, n. 1830).

Sulla base di questa copiosa giurisprudenza nazionale e comunitaria richiamata, nonché forte della sentenza di secondo grado della Corte di Appello di Firenze (sentenza 4 ottobre 2022, n. 604), il Tribunale di Lucca ha rilevato la mancanza di equità e proporzionalità della sospensione annuale della pensione; tale meccanismo, nel caso di specie, a fronte di un reddito percepito di 148 euro portava a una sanzione di revoca della pensione percepita per l’intero anno, con un prelievo di un reddito di quasi 56 volte superiore a quanto illegittimamente percepito. Il giudice di primo grado ha cassato la prassi di Inps, disponendo che la nozione di non cumulabilità debba leggersi nel suo significato alla lettera, escludendo a priori che la pensione anticipata in Quota 100 possa “cumularsi” con il reddito da lavoro illegittimo e che, di conseguenza, il reddito di lavoro dipendente percepito dal ricorrente nello stesso mese della pensione in Quota 100 prima dell’età della pensione di vecchiaia, vada stornato dalla pensione stessa (che sarà abbattuta di 148 euro). Per la sentenza in commento, quindi, il divieto di cumulo genera un indebito pari al mero importo incumulabile percepito e non equivalente a tutte le mensilità pensionistiche, inclusa la tredicesima, da aprile alla fine di dicembre 2019.

Va in chiusura ricordato come tale sentenza, di primo grado, non esaurisca pero’ il dibattito giurisprudenziale aperto dal divieto di cumulo reddituale di Quota 100. La sentenza della Corte Costituzionale n. 234/2022 aveva specificatamente affrontato tale aspetto. Secondo quella pronuncia, la scelta del legislatore non risultava costituzionalmente illegittima nemmeno considerando la sproporzione fra l’entità dei redditi da lavoro percepiti dal pensionato che ha usufruito della cosiddetta Quota 100 e i ratei di pensione la cui erogazione è sospesa. Tale legittimità derivava, secondo la Corte, dall’eccezionalità della misura pensionistica di Quota 100, che aveva consentito, per il triennio 2019-2021, il ritiro dal lavoro all’età di 62 anni, 5 anni prima della età pensionabile di vecchiaia. Optando per una disciplina sperimentale, il legislatore ha configurato un regime di ritiro dal lavoro disciplinato da regole molto più favorevoli rispetto al sistema ordinario di pensionamento. In questa ottica, la sospensione del trattamento di pensione in caso di violazione del divieto di cumulo è rivolta a garantire un’effettiva uscita del pensionato che ha raggiunto la pensione in Quota 100 dal mercato del lavoro, anche per creare nuova occupazione e favorire il ricambio generazionale, all’interno di un sistema previdenziale sostenibile. Nel regime descritto, la percezione da parte del pensionato di redditi da lavoro, a prescindere dalla loro entità, costituisce secondo la Corte Costituzionale elemento fattuale che contraddice il presupposto richiesto dal legislatore per usufruire del pensionamento anticipato vanificando il connesso obiettivo occupazionale.

Sarà la giurisprudenza dei prossimi mesi a dare conto della possibile diffusione del nuovo, più temperato, orientamento del Tribunale di Lucca o del ritorno di fiamma della Corte Costituzionale.

 

 

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IL PREPENSIONAMENTO DEI GIORNALISTI dopo il trasferimento di Inpgi 1 in Inps

Antonello Orlando, Consulente del lavoro in Roma e Bologna

 

La Legge n. 234/2021, all’art. 1, cc. da 103 a 118, ha stabilito che la funzione previdenziale svolta dall’Inpgi è stata trasferita dall’1.7.22 all’Inps. Dalla stessa data sono iscritti all’AGO dei lavoratori dipendenti i giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica, nonché i titolari di posizioni assicurative e i titolari di trattamenti pensionistici diretti e ai superstiti già iscritti presso la medesima forma.

A seguito dei chiarimenti del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con la circolare n. 10/2023 Inps ha fornito indicazioni in merito all’accesso al prepensionamento di cui all’art. 37, co. 1, L. n. 416/1981, da parte dei lavoratori giornalisti iscritti al FPLD ai sensi dell’art. 1, co. 103 e seguenti, della L. n. 234/2021, approfittandone anche per dare chiarimenti sul prepensionamento dei lavoratori poligrafici.

 

PREPENSIONAMENTO IN FAVORE DEI GIORNALISTI PROFESSIONISTI ISCRITTI AL FPLD

Il Ministero del Lavoro ha chiarito che, nei confronti dei giornalisti professionisti, la disciplina speciale sui prepensionamenti continua a trovare applicazione anche dopo il 1.7.2022. Sono destinatari del prepensionamento i giornalisti professionisti dipendenti dalle imprese editrici di giornali quotidiani, giornali periodici e agenzie di stampa a diffusione nazionale di cui all’art. 27, co. 2, L. n. 416/1981. Per potere accedere al prepensionamento i singoli lavoratori dovranno risultare iscritti agli elenchi dei giornalisti professionisti presso l’Ordine dei giornalisti; il requisito contributivo richiesto è pari a 25 anni e 5 mesi di contribuzione, adeguato agli incrementi alla speranza di vita. Alla luce dell’uniformazione del regime pensionistico, Inps ha chiarito che il prepensionamento può essere conseguito in possesso di un’età non inferiore di 5 anni rispetto al requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia (67 anni fino al 2026), dunque con un’età minima di 62 anni.

Ulteriore condizione di accesso è l’essere stati ammessi al trattamento Cigs per “riorganizzazione aziendale” in presenza di crisi, di durata non superiore a 24 mesi, anche continuativi.

Ai fini dell’accesso al prepensionamento è necessario che:

  • i 3 mesi di permanenza in Cigs, anche non continuativi, siano fruiti nel
  • periodo indicato nel decreto ministeriale di autorizzazione alla Cigs finalizzata al prepensionamento o nel periodo di proroga del trattamento di Cigs;
  • i requisiti anagrafico e contributivo siano maturati nel periodo di Cigs autorizzato dal decreto ministeriale;
  • l’ultima contribuzione sia accreditata a titolo di Cigs finalizzata al prepensionamento.

Non sono ammessi al prepensionamento i giornalisti già titolari di pensione, anche solo per pro-quota, a carico dell’AGO o forme sostitutive, esonerative o esclusive della medesima e della Gestione separata, ma possono accedere i titolari di sola pensione presso gli enti di previdenza di diritto privato (D.lgs. n. 509/1994 e D.lgs. n. 103/1996) inclusa la Gestione separata dell’Inpgi.

CONTRIBUZIONE VALORIZZATA

Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo vanno considerati tutti i contributi accreditati, anche figurativi, volontari e da riscatto. I giornalisti iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti Inps (FPLD) possono accedere al prepensionamento valorizzando tutta la contribuzione versata o accreditata nel FPLD, compresa quella in evidenza contabile separata del Fondo stesso.

L’art. 37, co. 1, lett. b), prevede la “anticipata liquidazione della pensione di vecchiaia nei cinque anni che precedono il raggiungimento dell’età fissata per il diritto alla pensione di vecchiaia nel regime previdenziale dell’Inpgi, con integrazione a carico dello stesso Istituto di un numero massimo di cinque anni di anzianità contributiva”. Il comma 2 prevede che l’integrazione contributiva a carico dell’Inpgi non può essere superiore a 5 anni. Per i giornalisti che abbiano raggiunto un’età la cui differenza con quella richiesta per la pensione di vecchiaia sia inferiore a 5 anni, l’anzianità contributiva è maggiorata di un periodo pari a questa differenza. La maggiorazione, riconosciuta, per massimo 5 anni, fino alla concorrenza del limite di 30 anni, si calcola aggiungendo al montante contributivo, posseduto all’atto del pensionamento, una quota di contribuzione riferita al periodo compreso tra la decorrenza della pensione e la data di perfezionamento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, computata in relazione alla media delle basi annue pensionabili possedute negli ultimi 5 anni di contribuzione e rivalutate.

 

TERMINE DI PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA E DECORRENZA DEL TRATTAMENTO

Il termine decadenziale di 60 giorni per la presentazione della domanda di prepensionamento ha diverse decorrenze: per chi ha maturato i requisiti entro i 3 mesi di permanenza in Cigs, decorre dal compimento dei 3 mesi di permanenza in Cigs, mentre per chi ha maturato i requisiti oltre i 3 mesi di permanenza minima in Cigs, decorre dal compimento dei requisiti maturati durante la Cigs.

In caso di emanazione del decreto che approva il piano di riorganizzazione in presenza di crisi e autorizza la Cigs, in data successiva a quella in cui l’interessato perfeziona i 3 mesi di

permanenza in Cigs, le decorrenze dei 60 giorni sono diverse:

  1. per chi matura i requisiti prima dell’emanazione del decreto, il termine decorre dall’emanazione del decreto;
  2. per chi matura i requisiti dopo l’emanazione del decreto, il termine decorre dalla maturazione dei requisiti entro la fruizione della Cigs.

I lavoratori che hanno maturato i requisiti entro il periodo di fruizione della Cigs e possono fare valere una permanenza in Cigs per almeno 3 mesi, possono presentare la domanda di pensione anche in data antecedente all’emanazione del decreto che approva il piano di riorganizzazione. Queste domande devono essere tenute in evidenza dalle sedi Inps, in attesa che gli interessati le integrino con l’indicazione degli estremi del decreto di Cigs.

CALCOLO DELLA PENSIONE

L’importo dell’assegno di prepensionamento è determinato dalla somma di:

  • quota corrispondente alle anzianità contributive acquisite presso l’Inpgi 1 al 30.6.2022, comprese quelle oggetto di trasferimento presso l’Inpgi a seguito di domanda presentata entro il 30.6.2022;
  • quota corrispondente all’anzianità contributiva maturata presso il FPLD dall’1.7.2022 e eventuale contribuzione a qualunque titolo versata o accreditata.

RAPPORTI CON ALTRE PRESTAZIONI PREVIDENZIALI, RAPPORTI DI LAVORO E REDDITI DA LAVORO

Nel successivo messaggio n. 644 del 2023, Inps ha chiarito che dall’1 luglio 2022, il prepensionamento è incompatibile con l’attività lavorativa, subordinata e autonoma, prestata in Italia e all’estero presso la stessa azienda che ha avviato il prepensionamento o altra azienda che faccia capo allo stesso gruppo editoriale cumulabile con i redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente o autonomo. Al contrario, l’assegno è compatibile con l’attività lavorativa presso datori di lavoro diversi da quelli citati.

Dall’1.7.2022, per le pensioni già liquidate al momento del trasferimento all’Inps o successivamente, trova applicazione la disciplina in materia di cumulo della pensione con i redditi da lavoro prevista nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD), quindi dalla stessa data, non trova applicazione il “Regolamento di previdenza della Gestione Sostitutiva dell’AGO” dell’Inpgi.

Dalla stessa data, il trattamento derivante dal prepensionamento è cumulabile con i redditi derivanti da rapporti di lavoro dipendente o autonomo, non incompatibili. In caso di svolgimento di attività lavorativa successiva al prepensionamento, i contributi assicurativi riferiti a tali periodi lavorativi sono riassorbiti dall’Inpgi fino alla concorrenza della maggiorazione contributiva riconosciuta al giornalista. Nel caso di svolgimento dopo il prepensionamento di attività lavorativa con iscrizione al FPLD, il supplemento di pensione sarà corrisposto quale differenza tra il montante collegato alla contribuzione versata al FPLD e la quota di contribuzione riferita al periodo di maggiorazione.

In caso di prosecuzione della attività lavorativa con iscrizione al FPLD, il supplemento di pensione sarà liquidato con valore pari alla differenza tra il montante risultante dalla contribuzione versata al FPLD e la quota di contribuzione riferita al periodo di maggiorazione.

 

GIORNALISTI PUBBLICISTI

Come chiarito dal Ministero del Lavoro, dall’1.7.2022, nei confronti dei giornalisti pubblicisti iscritti al FPLD saranno accessibili i prepensionamenti, sulla base di accordi collettivi sottoscritti a partire dall’1.7.2022. Sono destinatari di questa forma di prepensionamento i pubblicisti dipendenti dalle imprese editrici di giornali quotidiani, di giornali periodici e di agenzie di stampa a diffusione nazionale iscritti agli elenchi dei giornalisti pubblicisti presso l’Ordine dei giornalisti.

 

ULTERIORI CHIARIMENTI IN MATERIA DI PREPENSIONAMENTO PER POLIGRAFICI

Con la circolare n. 107/2002, era già stato precisato che nel caso di aziende editrici e/o stampatrici di periodici che non producono esclusivamente periodici, la domanda deve essere corredata anche di dichiarazione aziendale da cui risulti che il dipendente negli ultimi 12 mesi di lavoro effettivo, antecedente la cessazione del rapporto, è stato adibito per almeno 26 settimane alla produzione di giornali periodici.

Nell’ambito della riforma degli ammortizzatori sociali, il D.lgs. n. 69/2017 ha ridefinito la disciplina di settore, introducendo, nel D.lgs. 148/2015, l’art. 25-bis e modificando l’art. 37, L. n. 416/1981 in materia di prepensionamento. In forza di tale novità normativa, il prepensionamento è riconosciuto in favore dei lavoratori poligrafici ammessi “ai trattamenti di cui all’articolo 25-bis del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148, comma 3, lettere a) e b)”. Non è più dirimente l’adibizione per almeno 6 mesi del lavoratore al settore della produzione di periodici e non occorre allegare alla domanda di prepensionamento la dichiarazione aziendale da cui risulti che il dipendente negli ultimi 12 mesi di lavoro effettivo, antecedente la data di cessazione del rapporto, è stato adibito per almeno 26 settimane alla produzione di giornali periodici.

In presenza di contributi in altre gestioni Inps, per accedere al prepensionamento è necessario ricorrere alla ricongiunzione (art. 1, L. n. 29/1979) presentando la domanda prima della decorrenza del trattamento pensionistico anticipato dato che il requisito contributivo deve essere perfezionato esclusivamente nel FPLD. Inps ha chiarito poi che le domande di prepensionamento devono essere presentate mediante i canali tipici dell’Istituto:

portale web Inps, al servizio “Prestazioni pensionistiche – Domande”, attivando il sottomenu “Nuova Prestazione Pensionistica” e scegliendo uno dei prodotti:

  • Prodotto: Pensione di vecchiaia/anticipata Tipo: Prepensionamento editoria
  • Tipologia:

– Art. 37, legge 416/1981, lettera a); – Art. 37, legge 416/1981, lettera b).

Le domande pervenute precedentemente al 31.1.2023 saranno automaticamente riqualificate dagli operatori Inps.

Queste forme di prepensionamento, tipiche del settore del giornalismo e dei lavoratori poligrafici, che non hanno oneri completi a carico dei datori di lavoro, si pongono adesso accanto a quelle ordinarie di Inps, quali l’Isopensione ex art. 4, commi 1-7ter della L. n. 92/2012 e il contratto di espansione (sperimentale fino a fine 2023). In questi casi, tuttavia, il prepensionamento è ad esclusivo carico del datore di lavoro (isopensione) o ha una parte di finanziamento da parte dello stato (contratto di espansione in presenza di assunzioni a tempo indeterminato).

 

 

 

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IL DIVIETO DI CUMULO reddituale di Quota 100 e 102 passa il vaglio della Corte Costituzionale

Antonello Orlando, Consulente del lavoro in Roma e Bologna

 

Il 5 ottobre 2022 la Corte costituzionale ha  esaminato in camera di Consiglio la questione di legittimità costituzionale che era stata sollevata da parte del Giudice del lavoro di Trento in merito all’articolo 14, comma 3 del Decreto legge n. 4 del 2019; l’articolo stabilisce l’incumulabilità della pensione anticipata Quota 100 con i redditi da lavoro, con unica eccezione per quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale entro il limite di 5.000 euro lordi annui fino all’età pensionabile di vecchiaia (fino al 2024 ferma a 67 anni di età).

Il citato articolo 14, nel suo insieme, ha riconosciuto, per il triennio dal 2019 al 2021, la possibilità in favore degli iscritti alla assicurazione obbligatoria (AGO), alle forme esclusive e sostitutive della stessa e alla gestione separata gestite dall’Inps la possibilità di ottenere il diritto alla pensione una volta raggiunti almeno 38 anni di contribuzione e almeno 62 anni di età. Ai fini dell’effettivo accesso a pensione deve, poi, trascorrere la cosiddetta “finestra mobile” che, ai sensi del comma 5, corrisponde a 3 mesi. Il diritto deve essere stato conseguito entro il 2021, ma può essere esercitato anche successivamente a tale data. Come anticipato, il comma 3 del citato articolo 14 prevede la non cumulabilità tra l’assegno pensionistico e i redditi da lavoro dipendente o autonomo. L’unica eccezione è data dalla possibilità di cumulare redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale purché il loro importo sia inferiore a 5.000 euro lordi annui. La non cumulabilità decorre dal primo giorno di titolarità della pensione e non viene contemplata per l’intero periodo di fruizione della stessa, ma solo fino alla data di maturazione del requisito anagrafico, come previsto dalla gestione interessata nella quale l’assicurato matura il requisito contributivo richiesto, per l’accesso alla pensione di vecchiaia. Nel caso in cui dovesse essere rilevato un reddito percepito durante l’intervallo temporale indicato che non sia riferito ad attività lavorativa svolta precedentemente allo stesso, il pagamento dell’assegno di pensione viene sospeso da parte dell’Istituto e quest’ultimo procederà anche a richiedere le rate di pensione che siano già percepite dal pensionato. Pertanto, nel caso in cui il reddito faccia riferimento ad un’attività che sia stata svolta al di fuori dell’intervallo temporale tra la data di accesso a pensione anticipata in Quota 100 e la data di raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia, lo stesso non rientrerà nella non cumulabilità con i redditi da pensione.

L’erogazione della pensione riprenderà a partire dal successivo anno di imposta, a condizione che il reddito percepito rientri nei vincoli previsti e che il pensionato compili il modello AP139 dichiarando l’assenza di redditi non cumulabili con l’assegno di pensione in Quota 100.

La circolare Inps n. 117/2019 ha chiarito eventuali dubbi sorti a seguito della prima circolare n. 11/2019 e riporta un elenco esemplificativo dei redditi che rientrano o meno nel computo ai fini della non cumulabilità. Nello specifico, oltre ai redditi derivanti da lavoro dipendente e quelli da lavoro autonomo eccedenti il limite dei 5.000 euro lordi, non sono cumulabili con i redditi da pensione in Quota 100 compensi percepiti per l’esercizio di arti, redditi di impresa connessi ad attività di lavoro, partecipazioni agli utili nei casi in cui l’apporto è costituito da prestazione di lavoro, diritti d’autore e brevetti, tutti assimilabili alla definizione estensiva di redditi di lavoro autonomo. Ai fini del calcolo del limite di 5.000 euro lordi da lavoro autonomo occasionale vige il principio di cassa e, dunque, soltanto i ricavi incassati nell’anno solare possono essere inclusi nel calcolo del reddito.

L’elenco tassativo dei redditi non rilevanti ai fini dell’incumulabilità della pensione in Quota 100 -e che non azionano la sospensione annuale della pensione- comprende:

  • indennità connesse a cariche pubbliche elettive;
  • redditi di impresa non connessi ad attività di lavoro e le partecipazioni agli utili nei casi in cui l’apporto non è costituito da prestazione di lavoro;
  • compensi percepiti per l’esercizio della funzione sacerdotale;
  • indennità percepite per l’esercizio della funzione di giudice di pace, di giudice tributario e le indennità percepite dai giudici onorari aggregati per l’esercizio delle loro funzioni (art. 8, L. n. 276/1997);
  • indennità sostitutiva del preavviso in quanto la competenza ha natura risarcitoria e non retributiva;
  • redditi derivanti da attività svolte nell’ambito di programmi di reinserimento degli anziani;
  • indennità di vitto, alloggio e trasporto che non concorrono a formare il reddito (art. 51, co. 5 TUIR);
  • indennizzi per la cessazione di attività commerciale.

Ai fini dell’accertamento, come chiarito dal messaggio Inps n. 54/2020, in fase di domanda di pensione Quota 100 l’assicurato deve compilare il modello AP140 dichiarando l’assenza di redditi da lavoro o la presenza di redditi da lavoro non cumulabili, la percezione di redditi da lavoro cumulabili in quanto riferiti all’elenco tassativo di cui sopra e/o di redditi da lavoro cumulabili perché riferiti a periodi precedenti la decorrenza. Durante il periodo emergenziale sono state previste deroghe ad hoc per i sanitari e i dipendenti impegnati nella lotta al Covid-19. Nel caso in cui il pensionato debba dichiarare redditi non cumulabili o cumulabili durante la percezione della pensione dovrà compilare il modello AP139, speculare all’AP140, ma obbligatorio per indicare ogni modifica reddituale fino al compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia. Lo stesso dovrà essere compilato anche se, una volta violato il divieto di cumulo e sospesa la pensione, nell’anno successivo non si percepiscano redditi non cumulabili, dichiarando espressamente l’assenza degli stessi.

Nel caso in cui il richiedente nella domanda di pensione abbia richiesto il differimento della decorrenza della medesima ad una data posteriore rispetto alla prima data utile di accesso, lo stesso può continuare a svolgere attività di lavoro e ad avere redditi relativi a questa fino all’effettiva data di decorrenza richiesta.

La vicenda che ha portato al parere della Corte Costituzionale ha avuto origine da un titolare di pensione in Quota 100 dal 1° maggio 2019. Durante la percezione della pensione, questi aveva svolto alcuni rapporti di lavoro intermittente:

  • dal 3 giugno al 31 luglio 2019: 385,79 euro di retribuzione;
  • dal 7 al 10 settembre 2019: 495,72 euro di retribuzione;
  • dal 23 novembre al 31 dicembre 2019: euro 217,96 di retribuzione;
  • dal 2 al 16 luglio 2020: euro 373 di retribuzione.

L’Inps, pertanto, applicando il divieto assoluto di cumulo con redditi da lavoro dipendente (non trattandosi di redditi da lavoro autonomo occasionale), ha chiesto il rimborso dei ratei di pensione corrisposti da maggio 2019 ad agosto 2020 e, allo stesso tempo, non ha erogato i ratei da settembre a dicembre 2020. Il Tribunale di Trento, con la ordinanza 211/2021, ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma relativamente al divieto di cumulo, nella parte in cui non è previsto un importo minimo di reddito da lavoro dipendente oltre il quale la pensione diviene non cumulabile, come è stato fatto, al contrario, per il lavoro autonomo occasionale con il limite fissato a 5.000 euro all’anno.

La questione d’incostituzionalità è legata all’articolo 3, comma 1, della Costituzione per una disparità di trattamento data dal fatto che il pensionato che dovesse svolgere attività lavorativa autonoma occasionale non si troverebbe nella medesima situazione di un pensionato che dovesse svolgere attività con contratto intermittente. La Corte Costituzionale ha chiarito che la questione di illegittimità costituzionale non è fondata dal momento che le due situazioni non sono comparabili tra loro. Difatti, il lavoro autonomo occasionale fino a 5.000 euro lordi annui non dà luogo all’obbligo contributivo e, dunque, la preclusione assoluta di svolgere lavoro subordinato, imposta da Quota 100, ma anche da Quota 102, trova la propria ragion d’essere nella richiesta di una uscita anticipata dal mondo del lavoro, rispetto alla pensione di vecchiaia o alla pensione anticipata ordinaria, che risulta in chiara contraddizione con la prosecuzione di un’attività lavorativa successivamente all’accesso alla pensione in Quota 100.

Tale divieto di cumulo potrà, fra l’altro, trovare spazio anche nelle nuove misure di anticipazione a pensione al vaglio del nuovo esecutivo che potrà, a questo punto, confidare sulla tenuta costituzionale del divieto replicando quello del D.l. n.4/2019 senza particolari criticità.

 

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IL PASSAGGIO DI INPGI 1 IN INPS: dalla CIG all’indennità di disoccupazione

Antonello Orlando, Consulente del lavoro in Roma e Bologna

 

IL CONTESTO DELLA MANOVRA DEL 2022 E LE LINEE GUIDA DEL PASSAGGIO IN INPS

La legge di Bilancio del 2022, in particolare all’articolo 1, commi 103-118, ha previsto che dallo scorso 1° luglio 2022, le funzioni previdenziali sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria (AGO), in precedenza di competenza dell’Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti (Inpgi), vengano gestite direttamente dall’Inps. L’Inpgi, nato quasi un secolo fa ad opera del Regio Decreto 25 marzo 1926, n. 838, ha gestito fino al 30 giugno scorso, in regime sostitutivo e con totale autonomia rispetto a Inps, la previdenza e l’assistenza per i giornalisti dipendenti iscritti all’albo e, a partire dal 1996, anche per i giornalisti liberi professionisti, istituendo un’apposita gestione separata cd. “Inpgi 2”.

Un importante punto di svolta per l’Inpgi si è avuto il 1° gennaio 1995 quando l’Istituto ha mutato la propria natura giuridica, passando da essere un ente pubblico previdenziale a una Fondazione privata, mantenendo le medesime funzioni e attività dell’ente previdenziale pubblico. Grazie a questo è stato possibile acquisire autonomia nella gestione e nelle scelte strategiche, senza l’obbligo di recepire le diverse riforme pensionistiche. Nei fatti, si è trattato di una privatizzazione dell’Inpgi che ha comportato la perdita di alcune garanzie, come la tutela pubblica in caso di insolvenza dell’Istituto, ma anche il mantenimento di condizioni di favore uniche.

Un aspetto che ha senza dubbio mantenuto più appetibile mantenere la posizione presso l’Inpgi era il fatto che per i giornalisti il passaggio al metodo di calcolo contributivo puro è avvenuto nel 2017, più di venti anni dopo la maggior parte dei lavoratori dipendenti (per i quali l’anno spartiacque è il 1995 a opera della legge Dini).

Quanto esaminato, insieme ad un calo dei contribuenti attivi rispetto ai pensionati, ha fatto sì che si generassero una serie di strutturali squilibri a cui si è cercato di porre rimedio con manovre correttive e che hanno trovato la soluzione definitiva con il passaggio da Inpgi 1 a Inps dello scorso luglio, con il pieno mantenimento della autonomia dell’Inpgi 2 che sopravvive per i giornalisti non subordinati. L’Inps nei mesi scorsi, anche successivamente al 1° luglio 2022, ha fornito indicazioni operative con messaggi e circolari ad hoc sull’argomento disciplinando i vari aspetti con particolare riferimento ai trattamenti pensionistici, gli ammortizzatori sociali e le indennità di disoccupazione. I principali dubbi da sciogliere riguardavano la gestione dei vecchi iscritti all’Inpgi 1, dal momento che gli assunti dopo il 1° luglio 2022 saranno gestiti come tutti gli altri lavoratori assicurati presso l’assicurazione generale obbligatoria Inps. Con il messaggio n. 1886 del 4 maggio 2022 l’Istituto ha chiarito che il servizio Prestazioni pensionistiche – Domande è stato implementato, al fine di consentire ai soggetti interessati e ai Patronati l’invio delle domande di prestazione pensionistica che, avendo decorrenza pari o successiva al 1° luglio 2022, saranno liquidate dall’Inps.

LE REGOLE IN MATERIA DI CIG

L’Inps, poi, con la circolare n. 87/2022, ha fornito istruzioni operative per i trattamenti di integrazione salariale straordinaria in corso di godimento al 30.06.2022 e per la presentazione delle nuove richieste dall’1.07.2022.

Nello specifico, i datori di lavoro che entro il 30.06.2022 erano stati autorizzati ai trattamenti di integrazione salariale straordinaria, compresi contratti di solidarietà, anche a pagamento diretto, per i periodi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa devono continuare ad inviare all’Inpgi le denunce Dasm secondo termini e modalità già in uso. L’Inpgi elabora le denunce, aggiornando l’estratto contributivo dei lavoratori, e trasmette gli esiti delle lavorazioni all’Inps che, in caso di pagamento diretto, dispone il pagamento stesso o, se sono previste prestazioni autorizzate a conguaglio, comunica ai datori di lavoro l’ID compensazione.

I datori di lavoro destinatari di decreti ministeriali che autorizzano periodi di integrazione salariale straordinaria con scadenza successiva al 30.06.2022, devono inviare domanda di autorizzazione per ciascuna unità produttiva, tramite la procedura “CIG Straordinaria e Deroga” che deve essere seguita sia per pagamento diretto sia per autorizzazione al conguaglio per il periodo residuo decorrente dall’1.07.2022.

Inoltre, i datori di lavoro destinatari di più decreti, per diverse testate giornalistiche pubblicate, devono presentare una domanda per ogni decreto e ogni unità produttiva indicata. Laddove, poi, il Ministero del Lavoro dovesse autorizzare, con stesso decreto, il trattamento di integrazione salariale straordinaria per il personale giornalistico e per quello poligrafico (impiegati e operai), il datore di lavoro dovrà inviare all’Inps due domande con distinzione dei beneficiari. Si ricorda, inoltre, come l’Inps sia il solo ente competente per gestire i decreti di concessione dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, compresi i contratti di solidarietà, adottati dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali dal 1.07.2022, a prescindere dal periodo oggetto di autorizzazione. Dunque, i datori di lavoro dovranno inviare una domanda di autorizzazione per ogni unità produttiva.

Nel caso di pagamento diretto, si dovrà utilizzare la procedura “UNICIG” (circ. 62/2021).

A tal proposito, l’articolo 1, comma 196, Legge n. 234/2021, ha aggiunto il comma 5-bis all’articolo 7, D.lgs. n. 148/2015, indicando che i dati per il pagamento devono essere inviati, pena la decadenza, entro la fine del secondo mese successivo a quello in cui si colloca il periodo di integrazione salariale, o, se posteriore, entro 60 giorni dalla comunicazione del provvedimento di autorizzazione. Trascorsi i termini, il pagamento e gli oneri sono a carico del datore di lavoro inadempiente. Va ricordato come il conguaglio delle integrazioni salariali erogate dai datori di lavoro deve essere effettuato, pena la decadenza, entro 6 mesi dalla fine del periodo di paga in corso alla scadenza del termine di durata dell’autorizzazione o dalla data del decreto ministeriale, se successivo, assolvendo agli adempimenti informativi con i flussi UniEmens e gli adempimenti contributivi. Il termine di decadenza si applica anche nel caso in cui il flusso UniEmens generi un saldo a credito per il datore di lavoro (art. 7, co. E, D.lgs. n. 148/2015). Laddove sia intervenuta la cessazione dell’attività, il conguaglio potrà essere effettuato tramite flusso di regolarizzazione riferito all’ultimo mese di attività e comunque entro i termini di decadenza delle autorizzazioni. Il datore di lavoro è tenuto anche a pagare il contributo addizionale, calcolato sulla retribuzione globale che sarebbe spettata ai lavoratori per le ore di lavoro non prestate, dal periodo di paga successivo al provvedimento di concessione dell’integrazione salariale. Per determinare l’aliquota applicabile sono computati anche i trattamenti di integrazione salariale per sospensione o riduzione dell’attività lavorativa fruiti entro il 30.06.2022 a seguito di autorizzazione non rilasciata dall’Inps, dato che il contributo addizionale varia in base all’intensità di uso delle integrazioni salariali nel quinquennio mobile. A tale fine, l’Inps acquisirà le informazioni utili dall’Inpgi.

 

IL FONDO DI GARANZIA PER IL TFR

Dall’1.07.2022 l’Inps è diventato competente anche per gestire il Fondo di garanzia nei ! confronti di giornalisti professionisti, pubblicisti e praticanti titolari di un rapporto di lavoro subordinato di natura giornalistica che devono presentare le domande in via telematica mediante il servizio “Fondi di garanzia – Domanda (cittadino)”.

 

L’INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE

Particolare attenzione è stata fornita in relazione ai trattamenti di disoccupazione nella circolare n. 91/2022 di Inps: questi saranno riconosciuti ai giornalisti aventi diritto in base alle regole previste dalla normativa regolamentare dell’Inpgi al 30.06.2022 che sarà applicata agli eventi di disoccupazione che si verificheranno fino al 31.12.2023 e saranno erogati a carico della Gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti alla quale afferisce la contribuzione per lo stesso periodo. Dall’1.01.2024 ai giornalisti si applicherà la disciplina prevista per i lavoratori iscritti al FPLD (indennità NASpI così come regolamentata dal D.lgs. n. 22/2015). L’indennità di disoccupazione Inpgi è riconosciuta ai giornalisti che hanno cessato involontariamente il rapporto di lavoro, così come per la risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione presso l’Itl ex L. n. 604/1966. L’indennità è riconosciuta, analogamente a quanto previsto per Inps, per dimissioni nel periodo tutelato di maternità o per giusta causa per mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali nei luoghi di lavoro, modificazioni peggiorative delle mansioni, mobbing, notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone (fisiche o giuridiche) dell’azienda, spostamento da una sede ad un’altra senza “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” o comportamento ingiurioso del superiore gerarchico.

L’assicurato deve risultare iscritto all’Inpgi da almeno un biennio:

  • al giornalista in possesso da 13 a 51 settimane di contributi contro la disoccupazione nel biennio precedente la cessazione è riconosciuto il trattamento di disoccupazione ordinario “ridotto”, per un numero di giorni pari ai giorni di effettiva durata del/i rapporto/i di lavoro nel biennio di riferimento;
  • l’assicurato in possesso di almeno 52 settimane di contributi contro la disoccupazione nel biennio precedente la cessazione ha diritto al trattamento di disoccupazione ordinario per un numero di giorni pari a quelli di effettiva durata del/i rapporto/i di lavoro nel biennio di osservazione, per massimo 360 giorni, oltre al sussidio straordinario di disoccupazione per massimo ulteriori 360 giorni che spetta se permane lo stato di disoccupazione dopo la fruizione dell’indennità di disoccupazione ordinaria e decorre dal giorno successivo al termine di quest’ultima.

Per il periodo di fruizione dell’indennità di disoccupazione ordinaria è riconosciuta contribuzione figurativa, rapportata ai giorni di effettivo godimento ma non nei periodi di sussidio straordinario.

La base di calcolo è la retribuzione media contributiva delle ultime 12 mensilità di contribuzione o, se il rapporto ha avuto durata inferiore, il numero di mensilità coperte da contribuzione negli ultimi 12 mesi. L’indennità mensile è pari al 60% della retribuzione media, entro il massimale pari al 60% della retribuzione mensile minima, maggiorato dell’indennità di contingenza, prevista dal Ccnl giornalistico per la qualifica di redattore ordinario (per il 2022 non pu  superare il limite di € 1.745,30). Dal 1° gennaio di ogni anno, l’indennità, anche in corso di fruizione, è adeguata in misura pari alla variazione percentuale della retribuzione minima del redattore ordinario verificatasi nell’anno precedente e si riduce del 5% ogni 30 giorni dal 181° giorno, fino ad arrivare, progressivamente, al 50%.

Il beneficiario che svolge attività lavorativa in corso di fruizione della prestazione deve comunicare mensilmente all’Inps, con il modello “DIS3”, il reddito riferito ai mesi precedenti a quello di invio derivante dall’attività lavorativa. La comunicazione deve essere effettuata entro il terzo mese successivo alla mensilità indennizzabile, a pena di decadenza.

Per fruire dell’indennità ordinaria i giornalisti aventi diritto devono presentare – entro 60 giorni dalla cessazione o fine del periodo corrispondente all’indennità di mancato preavviso – domanda all’Inps con il servizio “Disoccupazione ordinaria per i giornalisti” per far sì che la prestazione decorra dal giorno successivo alla cessazione o alla fine del periodo di fruizione dell’indennità di mancato preavviso. In caso di indennità sostitutiva del preavviso, il giornalista pu  scegliere, con dichiarazione, se percepire l’indennità al termine del periodo di fruizione dell’indennità di mancato preavviso o dal giorno successivo alla cessazione del rapporto di lavoro. Se la domanda di accesso alla prestazione è presentata oltre i 60 giorni citati, ma comunque entro la durata teorica di prestazione spettante, l’indennità decorre dal giorno successivo alla domanda e spetta per il periodo residuo. Il giornalista perde il diritto all’indennità tra il giorno successivo alla cessazione o alla fine dell’indennità di mancato preavviso e la presentazione della domanda. Il beneficiario dell’indennità di disoccupazione decade dal diritto alla prestazione in caso di: titolarità di pensione diretta/decorrenza della pensione, titolarità di assegno ordinario di invalidità, rioccupazione con rapporto di lavoro di natura giornalistica superiore a 6 mesi.

L’indennità di disoccupazione e il sussidio straordinario sono incompatibili con le pensioni dirette a carico, anche pro quota, dell’AGO e delle forme esclusive, sostitutive, esonerative e integrative della stessa, delle forme previdenziali compatibili con l’AGO, della Gestione separata, casse previdenziali ordinistiche, nonché con Ape sociale, NASpI, DisColl, Alas e Iscro, oltre che con le indennità di malattia e maternità.

Particolarmente attese sono le novità nell’àmbito dell’assicurazione antinfortunistica la cui competenza a norma della L. n. 234/2021 passa da Inpgi a Inail: sul tema è apparsa l’istruzione operativa n. 7750 che si è limitata a ribadire che, a legislazione vigente, rimane impregiudicata la tutela degli infortunati anche per gli eventi verificatesi a decorrere dal 1° luglio 2022; nella visione dell’Istituto le regole Inpgi sono prorogate fino al 31 dicembre 2023 e secondo le stesse i lavoratori in questione hanno due anni di tempo, dal verificarsi dell’evento di infortunio, per presentare le connesse istanze di tutela. Allo stesso modo è ancora dovuta a tale scopo la contribuzione Inpgi, dal 1° luglio 2022 e fino al 31 dicembre 2023, a carico dei datori di lavoro. Poche direttive che attendono i chiarimenti, sostanziali, del relativo tavolo tecnico.

 

 

 

 

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UN PREPENSIONAMENTO CONVENIENTE: il contratto di espansione rinnovato nel biennio 2022-2023

Antonello Orlando, Consulente del lavoro in Roma e Bologna

 

La Legge n. 234/2021 ha disposto una proroga biennale del contratto di espansione, mantenendolo nell’art. 41 del D.lgs. n. 148/2015. Il contratto di espansione era stato già oggetto di una proroga annuale dalla L. n. 178/2020 (la manovra del 2021) con una scadenza portata alla fine del 2021.

 

LE NOVITÀ

Come ricordato dalla circolare del Ministero del Lavoro n. 1/2022 (al punto 16), il comma 215 della legge di bilancio del 2022 ha posto sul tavolo due interventi, indirizzato uno nel senso di proseguire la sperimentazione dell’espansione anche per gli anni 2022 e 2023 assegnando nuove e diverse risorse finanziarie a copertura dei diversi strumenti che compongono il contratto di espansione. Il secondo prevede un allargamento della platea delle aziende che ne potranno godere. Infatti, il valore minimo di organico aziendale, indicato al comma 1 dell’articolo 41, con l’intervento novativo apportato dal comma 215 della Legge n. 234/2021 è stato modificato con l’introduzione del comma 1-ter, efficace solo per gli anni 2022 e 2023: il requisito del limite minimo di dipendenti in organico, per accedere sia al prepensionamento del comma 5-bis, sia alla Cigs del comma 7, è ora individuato in un organico di almeno cinquanta unità lavorative, da calcolarsi in modo complessivo nelle ipotesi di aggregazione stabile di impresa con unica finalità produttiva o di servizi. Resta fermo il valore soglia pari a più di 1.000 unità lavorative nel caso del bonus maggiorato da fruire per le grandi aziende o i grandi gruppi nel caso di prepensionamenti che mantengano il rapporto di 1:3 fra lavoratori neoassunti a tempo indeterminato e lavoratori esodati.

 

LE CONTINUE MODIFICHE NORMATIVE

Va ricordato come il contratto di espansione, dopo le modifiche introdotte dalla L. n. 178/2020, era passato da un requisito di soglie occupazionali molto restrittivo (l’accesso ai suoi strumenti era consentito solo a imprese con più di 1.000 unità lavorative, senza possibilità di riunirsi in gruppo secondo l’interpretazione del Ministero del Lavoro) a un doppio requisito, diversificato a seconda dello strumento utilizzato: almeno 250 unità lavorative nel caso del prepensionamento della durata massima quinquennale e 500 unità lavorative per l’accesso alla Cigs derogatoria senza contributo addizionale a carico dell’azienda. Il decreto Sostegni Bis (D.l. n. 73/2021) ha previsto fino alla fine del 2021 che entrambi i requisiti vengano abbassati a una soglia dimensionale ancora più accessibile, pari ad almeno 100 unità lavorative, finanziando nuovamente l’espansione. Il prepensionamento sarebbe dovuto avvenire entro il 30.11.2021, fino alla proroga biennale disposta dalla nuova manovra.  

 

GLI STRUMENTI DEL CONTRATTO DI ESPANSIONE

Il contratto di espansione è uno strumento plurifase che consente ai datori di lavoro di riorganizzarsi non solo con un forte ricambio generazionale favorito da un finanziamento pubblico, ma anche di dotare le proprie risorse di nuove competenze con un processo di upskilling certificato che potrà godere della riduzione del costo del lavoro di una forma di Cigs completamente gratuita e in deroga rispetto ai limiti di fruizione biennali nell’arco del quinquennio mobile generalmente disposti dal D.lgs. n. 148/2015. In particolare, l’impresa che sigli un accordo presso il Ministero del Lavoro alla presenza delle oo.ss. e/o delle proprie rsa/rsu, insieme al prepensionamento quinquennale per esodare parte dei lavoratori dovrà programmare, d’intesa con i sindacati, nuove assunzioni a tempo indeterminato o anche in apprendistato di II tipo; per le imprese sotto i 1.000 lavoratori o che comunque non vogliano sottoscrivere un accordo con maggiori bonus a riduzione dei costi di esodo il numero dei neoassunti è libero e non specificato dalla norma. La sottoscrizione del contratto prevede anche l’obbligo di inserire un piano di formazione, esterna, ma anche interna o on the job, che sia certificata da un soggetto terzo. Il progetto formativo dovrà descrivere i contenuti formativi e le modalità concrete di training, il numero complessivo dei lavoratori interessati, il numero delle ore di formazione, le competenze tecniche professionali iniziali e finali. Tale piano formativo permetterà anche l’utilizzo di una cigs derogatoria senza alcun contributo addizionale a carico del datore di lavoro (come definitivamente chiarito da Inps con la sua doppietta di circolari n. 98 e n. 143 del 2020). In riferimento alla compatibilità del contratto di espansione con gli altri ammortizzatori sociali, il par. 7 della Circolare del Ministero del Lavoro n. 16/2019 aveva specificato che questo poteva essere siglato anche quando l’impresa la cui struttura organizzativa sia articolata in diverse unità produttive o in strutture con missioni produttive diverse avesse in corso, in sedi diverse da quella coinvolta dalle finalità del contratto di espansione, gli altri ammortizzatori sociali del D.lgs. n. 148/2015, per esempio con forme di integrazione salariale in settori diversi da quelli coinvolti dal contratto  di espansione anche se collegati sotto un profilo organizzativo.

IL PREPENSIONAMENTO
Il lavoratore che volontariamente manifesterà all’azienda il proprio interesse all’esodo sarà accompagnato verso la pensione percependo per una durata massima di 5 anni un assegno pari alla pensione maturata al momento del
recesso con una garanzia (prevista dal comma 9) a protezione di qualsiasi riforma delle pensioni per lui peggiorativa. La procedura amministrativa è stata analiticamente descritta dall’Istituto con la circolare n. 48/2021. I costi del datore di lavoro variano a seconda del tipo di pensionamento raggiunto dai lavoratori dopo lo scivolo. Se questi
sono più ridotti per chi è accompagnato in vecchiaia (assegno in 13 rate annue pari alla pensione maturata ridotto del valore della Naspi), nel caso della pensione anticipata (accessibile a chi ne maturi i requisiti contributivi prima dell’età di vecchiaia) si unirà il costo della contribuzione correlata a carico del solo datore di lavoro e calcolata sulla media mensile dell’imponibile previdenziale dell’ultimo quadriennio. L’Istituto ha fornito nel messaggio n. 2419 del 2021 una schematizzazione utile dei costi del prepensionamento (clicca qui per la schematizzazione).

I costi a carico del datore di lavoro del prepensionamento vengono quindi ridotti grazie a una “provvista” riconosciuta a compensazione rispetto al costo lordo e pari alla Naspi maturata, che registrerà il decremento mensile del 3% a partire dal 6° o 8° mese, come disposto dalla stessa L. n. 234/2021 a seconda dell’età del soggetto al  momento dell’esodo. La dote del prepensionamento potrà risultare meno conveniente per i lavoratori diretti verso il pensionamento di vecchiaia dal momento che, in questo percorso, non sarà riconosciuta dal datore esodante alcuna contribuzione correlata (invece obbligatoria in isopensione anche nel caso di accompagnamento a vecchiaia); conseguentemente il futuro assegno pensionistico successivo allo scivolo sarà quasi identico rispetto all’assegno di espansione.
Va però ricordato che durante il prepensionamento il lavoratore, al contrario dell’assegno straordinario della maggioranza dei fondi bilaterali, potrà cumulare senza alcuna riduzione l’assegno di espansione con qualsiasi reddito di lavoro dipendente, assimilato, autonomo o d’impresa, senza nemmeno alcun obbligo di comunicazione preventiva a Inps o all’ex datore di lavoro.

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IL RITORNO DI OPZIONE DONNA: novità e punti di attenzione dell’accesso pensionistico per le lavoratrici nel 2022

di Antonello Orlandi  – Consulente del Lavoro in Roma e Bologna

 

La Legge di bilancio del 2022 (L. n. 234/2021, art. 1, co. 94) ha ampliato i termini dell’accesso anticipato alla pensione detto “Opzione Donna”, dando facoltà alle lavoratrici di accedere alla pensione per tutte coloro che maturino i requisiti anagrafici e contributivi entro la fine del 2021. Questo, dunque, il primo punto da sottolineare. La diffusione mediatica della c.d. “proroga” di Opzione Donna oltre il 2021, ha portato molti a ritenere che il requisito potrebbe essere maturato entro la fine del 2022, mentre la norma prevede esplicitamente che questo dovrà essere perfezionato entro il 31.12.2021. Ciò che potrà andare oltre lo scorso anno è invece la c.d. finestra, variabile fra 12 e 18mesi, prima dell’accesso a pensione.

 

OPZIONE DONNA: IERI, OGGI E DOMANI

La sperimentazione di Opzione Donna è in realtà remota nel tempo. Partita con la L. n. 243/2004, questa -che aveva requisiti anagrafici più bassi- si era esaurita al 31.12.2015. Una prima proroga era stata disposta dalla Legge n. 208/2015 (art. 1, co. 281), che aveva esteso l’opzione senza modificarne geneticamente le caratteristiche, rivolgendosi a tutte le lavoratrici che avessero raggiunto i requisiti entro il 31 dicembre del 2015. Il Decreto di Quota 100 (D.l. n. 4/2019, all’articolo 16) aveva però modificato i termini dell’opzione: infatti, se da un lato il requisito di età era sa-lito a 58 anni per le dipendenti e a ben 59 anni per le lavoratrici autonome, dall’altro il D.l. n. 4/2019 aveva allargato ulteriormente la deadline di maturazione dei requisiti ricordati, consentendo di accedere a questa forma anticipata di pensione a tutte coloro che ma-turavano i 58 o 59 anni di età e i 35 di contributi entro il 31.12.2018.

Va inoltre ricordato che la maturazione del requisito, in tutte le forme finora introdotte nel nostro ordinamento non ha mai consentito di accedere subito a pensione, in quanto prima della materiale decorrenza della pensione deve essere attesa una finestra di differimento mobile della durata di 12 mesi per le lavoratrici subordinate e 18 per artigiane e commercianti in cui è possibile anche proseguire l’attività lavorativa. La Legge di bilancio del 2022 ha modificato il D.l. n. 4/2019 e spostato ancora in avanti la scadenza consentendo alle lavoratrici di accedere a condizione che maturino entro la fine dello scorso anno (2021) i 58 anni di età e i 35 di contributi, maggiorati fino a 59 nel caso delle lavoratrici autonome.

 

OPZIONE DONNA NEL 2022

Anche nella Legge di bilancio del 2022 permangono le caratteristiche principali delle precedenti edizioni di questa forma pensionistica. Sono infatti mantenute le finestre di differimento mobile di 12 e 18 mesi, rispettivamente per subordinate e autonome. Una anticipazione così notevole rispetto all’età pensionabile di vecchiaia (fissata in 67 anni fino al 2026, secondo le ultime tabelle MEF di dicembre 2021) e rispetto alla anzianità contributiva della pensione anticipata (pari per le donne a 41 anni e 10 mesi di contributi fino al 2026) si accompagna, per evidenti ragioni di sostenibilità per la finanza pubblica, in una penalizzazione permanente per l’assegno; questo viene infatti completamente ricalcolato con il metodo contributivo per le donne optanti, a prescindere dalla loro reale anzianità contributiva al 1995. L’assegno an-che se teoricamente calcolabile con metodo misto o retributivo puro, una volta confermata l’opzione, viene liquidato solo con il metodo contributivo. La penalizzazione varia a seconda degli imponibili collezionati dalla lavoratrice nella sua vita lavorativa e del numero di anni teoricamente afferenti al metodo contributivo. In linea generale, il danno pensionistico è compreso in un delta negati-vo fra il 20 e il 40% sull’assegno ed è permanente, senza alcuna possibilità di recupero anche al compimento dell’età della vecchiaia. Il messaggio n. 1551 del 2019 di Inps aveva inoltre chiarito come i 35 anni di contributi dovessero necessariamente essere “effettivi”, escludendo cioè la contribuzione figurativa della disoccupazione (Aspi, Mini-Aspi e Naspi) e del-la malattia non integrata dal datore di lavoro. Inoltre, non è possibile “cumulare” gratuitamente i vari spezzoni contributivi, né fra le famiglie della contribuzione Inps né con i contributi delle casse professionali o dell’Inpgi; chi volesse sommare contributi fra loro eterogenei dovrà ricorrere al metodo oneroso della ricongiunzione ai sensi della Legge n. 29/1979 o n. 45/1990 per liberi professionisti. L’unica eccezione è data per le iscritte al fondo dei lavoratori dipendenti del privato e contemporanea-mente alla gestione artigiani e commercianti che sono fra loro cumulabili gratuitamente, con l’unico scotto di applicare in quel caso i requisiti anagrafici (59 anni) e la finestra mobile (18 mesi) delle lavoratrici autonome, anche in presenza di un unico mese afferente alla gestione commercianti o artigiani.

Per il personale delle istituzioni scolastiche e delle Istituzioni di Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM) si applica la specifica disciplina di accesso a pensione ex art. 59 co. 9 della L. n. 559/1997 (accessi a partire dall’1 settembre o novembre). La domanda di pensione andava presentata in questo caso entro il 28 febbraio 2022, come previsto dalla manovra. La nota del Ministero dell’Istruzione n. 3430/2022 ha puntualizzato che le lavoratrici che hanno presentato domanda di cessazione Polis per Opzione Donna con esito positivo circa la verifica del diritto a pensione, e che presenteranno anche la domanda di riconoscimento delle condizioni per l’accesso all’Ape sociale esclusivamente entro e non oltre il 31 marzo 2022 (cosiddetto 1° scrutinio 2022), potranno – dopo aver ricevuto la comunicazione dall’Inps dell’esito positivo dell’istruttoria a seguito dell’espletamento delle attività di monitoraggio della Conferenza di servizi per l’Ape sociale indetta da parte del Ministero del Lavoro – comunicare tempestivamente alla competente struttura territoriale dell’Inps la rinuncia alla domanda di pensionamento Opzione Donna già presentata.

Va comunque ricordato che l’accesso a Op-zione Donna in tutti i settori potrà essere richiesto anche dopo il 2022, sempre a condizione che i requisiti siano però maturati entro la scadenza fissata al 31.12.2021. Non vi sono cioè delle deadline entro cui presentare la domanda, tenendo conto che -esaurita la finestra- la decorrenza della pensione sarà comunque sempre non prima del mese successivo alla domanda, a condizione che risulti cessato qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.

 

In ultimo, il messaggio n. 169/2022 di Inps ha puntualizzato che alle lavoratrici madri, che accedono al predetto trattamento, non si applicano le disposizioni di maggior favore previste dal comma 40 dell’articolo 1 della Legge 8 agosto 1995, n. 335. Infatti, le optanti donne non optano realmente per il metodo contributivo, ma ne subiscono solo “di riflesso” l’applicazione, che è efficace anche a chi, come le donne con almeno 18 anni di contributi al 31.12.95, non avrebbe avuto di-ritto ad optare per il metodo contributivo. Inoltre, sul trattamento pensionistico liqui-dato alla lavoratrice che acceda a Opzione Donna, si applicano le disposizioni sulla integrazione al trattamento minimo e non è richiesto il requisito dell’importo minimo (pari a 1,5 volte l’assegno sociale per la vecchiaia e 2,8 volte nel caso della pensione anticipata a 64 anni) previsto per coloro che accedono al trattamento pensionistico in base alla disciplina del sistema integralmente contributivo.

 

OPZIONE DONNA E IL RISCATTO DI LAUREA LIGHT: NEMICIAMICI

In riferimento al riscatto di laurea in formula agevolata come disposto dall’art. 20, co. 6 dello stesso Decreto legge n. 4/2019, Inps ha già avuto modo di chiarire che questo resta disponibile anche dopo il 2021, senza alcuna scadenza (a differenza della pace contributiva, scaduta al 31.12.2021, senza ulteriori rinnovi). Inoltre, il riscatto agevolato è sempre disponibile per le lavoratrici che aspirino alla pensione in Opzione Donna (come già puntualizzato dalla circolare Inps n. 54/2021. Un aspetto ulteriormente confuso e finalmente chiarito a dicembre scorso dal messaggio dell’Istituto n. 4560 è la corretta sequenza fra riscatto agevolato e domanda di Opzione Donna. Infatti, non per tutte le for-me di pensionamento la procedura amministrativa da seguire sarà la medesima: per raggiungere la pensione anticipata ordinaria il lavoratore destinatario del sistema misto che abbia studiato prima del 1996 dovrà prima optare con modulo online per il metodo di calcolo contributivo, presentare la domanda di riscatto light e solo infine quella di pensione vera e propria. Invece, per le optanti donna l’istanza di riscatto agevolato in via telematica va inviata online -o anche tramite patronato- senza alcuna opzione al metodo contributivo; inoltre, questa andrà inviata non prima, ma subito dopo l’invio con protocollo della domanda di pensione in Opzione Donna. L’amara sorpresa svelata dal me-saggio citato (n. 4560/2021) è che l’istanza preventiva al metodo contributivo in realtà inibisce per sempre l’accesso ad Opzione Donna, dato che questo metodo di accesso anticipato è riservato solo a chi abbia almeno una minima contribuzione nel metodo retributivo. L’Istituto, tuttavia, nel medesimo messaggio, ha previsto una “sanatoria”, secondo cui l’esercizio della facoltà di opzione al sistema contributivo, che non avesse prodotto effetti sostanziali fino al pagamento anche parziale dell’onere del riscatto, non avrebbe precluso il riconoscimento del diritto alla pensione in Opzione Donna nel caso in cui la relativa domanda di accesso fosse stata presentata entro e non oltre il 31 dicembre 2021. Irrimediabili risultano invece le fattispecie di quelle lavoratrici che, avendo optato per il contributivo e avendo superato il massimale con applicazione da parte del datore di lavoro dello stesso, non potranno mai più aderire a Opzione Donna dato il perfezionamento dell’opzione per il metodo di calcolo contributivo.

 

 

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