Il trattamento contributivo del diritto di immagine dello sportivo professionista

di Massimiliano Tavella, Consulente del Lavoro in Lamezia Terme

 

Lo sport è apparentemente semplice, persino semplicistico: due campi, una battaglia, un vincitore, un perdente, e il giorno dopo si ricomincia… Questa frase del giornalista e cronista sportivo Jean Dion ci induce a riflettere sul fatto che ogni valutazione dipende dalla prospettiva da cui si osserva un determinato evento. Il lavoro avente ad oggetto prestazioni sportive professionistiche è regolato dalla Legge 23 marzo 1981, n. 91 e rappresenta per i consulenti materia di sicuro interesse, con specifico riferimento alla gestione degli aspetti amministrativi dei rapporti di lavoro instaurati in tale ambito. Secondo la norma sopra citata, sono “sportivi professionisti”: gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, che esercitano l’attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell’ambito delle discipline regolamentate dal Coni, e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l’osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell’attività dilettantistica da quella professionistica. Nel mondo dello sport sono presenti, inoltre, ulteriori figure professionali che, pur svolgendo nell’ambito delle società prestazioni di lavoro a carattere subordinato o autonomo, non rientrano nella sfera di applicazione del lavoro sportivo poiché esercitano funzioni non strettamente connesse all’attività agonistica. Riguardo alla qualificazione del rapporto di lavoro, l’art. 3 della L. n. 91/81 stabilisce che “la prestazione di lavoro a titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di un contratto di lavoro subordinato“, salvo – ed in tal caso va ritenuta la sussistenza di un contratto di lavoro autonomo – ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

  1. a) attività svolta nell’ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo;
  2. b) atleta non contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione o allenamento;
  3. c) prestazione pur continuativa ma non superiore a otto ore settimanali oppure a cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.

La presunzione di subordinazione, dunque, opera esclusivamente per l’atleta, mentre per gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi e i preparatori atletici, la norma consente un diverso inquadramento tenuto conto delle concrete modalità di svolgimento della prestazione lavorativa delle singole figure citate. La specialità del rapporto, derivante anche dal particolare “monte retributivo” generalmente composto da una parte fissa e da un’altra variabile spesso legata al raggiungimento di determinati obiettivi, ha reso necessario l’intervento di numerosi chiarimenti di carattere amministrativo che evidenziano alcune peculiarità dal punto di vista degli obblighi contributivi. Gli sportivi sono iscritti all’ex gestione Enpals, soppresso nel 2011 e confluito nell’Inps con la denominazione di Fondo Pensione Sportivi Professionisti (FPSP) e Fondo Pensione Lavoratori delle Spettacolo (FPLS). Nella pratica amministrativa uno degli argomenti di maggiore interesse per i consulenti del lavoro è rappresentato dal trattamento contributivo dei compensi corrisposti allo sportivo professionista a titolo di cessione del diritto di immagine. Appare utile ricordare che il diritto di immagine è un diritto soggettivo a contenuto patrimoniale autonomo riconducibile tra i diritti connessi all’esercizio del diritto d’autore, che tutela l’immagine della persona affinché la stessa non venga esposta o pubblicata senza espresso e specifico consenso della persona interessata. Tale previsione incontra comunque una deroga nell’articolo 97 della Legge n. 633/1941 il quale così recita: “Non occorre il consenso della persona ritratta, quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico coperto, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, o quando la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico. Il ritratto non può tuttavia essere esposto o messo in commercio, quando l’esposizione o messa in commercio rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione od anche al decoro della persona ritrattata”. L’articolo 43, comma 3, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha introdotto un particolare regime impositivo per i lavoratori del settore dello spettacolo e dello sport professionistico, prevedendo l’esclusione dei compensi corrisposti a titolo di diritto di immagine dalla base contributiva e pensionabile, nei limiti del 40% dell’importo complessivo percepito, a fronte di prestazioni riconducibili alla medesima attività lavorativa. La circolare Enpals n. 1/2004 ha chiarito che “la cessione dello sfruttamento del diritto di immagine non possa che riguardare attività ulteriori rispetto a quelle direttamente connesse allo svolgimento della prestazione lavorativa”. Una misura agevolativa di notevole portata con rilevanti effetti sul “costo aziendale”, soprattutto se si considera l’incidenza del carico retributivo corrente nel settore ma che, rispetto alle condizioni di fruizione, lascia nell’operatore numerosi dubbi sulla concreta applicazione. In effetti, il presupposto sostanziale per l’applicazione della previsione di cui all’art. 43, co. 3, della L. n. 289/2002, non può derivare dalla semplice appartenenza dei soggetti alle categorie dei lavoratori del settore dello spettacolo e dello sport professionistico (così come riportati nell’art. 3 del D.lgs. C.P.S. n. 708/1947), ma è necessario che la cessione dello sfruttamento del diritto di immagine trovi “ragion d’essere nell’effettivo e riconosciuto valore, sul mercato, della persona, in relazione alla sua notorietà” (Circ. Enpals n. 1/2004). In assenza di parametri oggettivi, il ricorso a tale strumento, dunque, richiede un approccio prudente nella valutazione del caso concreto al fine di evitare possibili azioni di recupero contributivo da parte dell’Inps. L’intento di evitare forme elusive nell’applicazione della norma, mediante l’attribuzione dell’esenzione contributiva a favore di soggetti non “propriamente famosi”, risulta pienamente condivisibile anche se, ad avviso di chi scrive, ogni indagine sul valore di mercato e sulla notorietà del soggetto interessato dipende anche da parametri differenziati di riferimento che dovrebbero essere oggettivamente individuabili. Si pensi al caso di alcuni calciatori non appartenenti ai top club ma comunque calciatori professionisti ed idoli indiscussi nel proprio ambito professionale. Ulteriore condizione per fruire del regime contributivo di favore di cui stiamo trattando, è la necessaria formalizzazione della volontà delle parti di prevedere un compenso per la cessione del diritto di immagine, in assenza della quale, ogni forma di compenso sarà ricondotta alla normale prestazione lavorativa con imposizione contributiva nei modi ordinari. Da un punto di vista strettamente operativo, la circolare Enpals n.1/2004 espone, in nota, due esempi relativi alla modalità di calcolo dell’esenzione che si riportano di seguito integralmente per una maggiore completezza espositiva.

Esempio n.1:

A = compenso per prestazione lavorativa = 9.000 euro;

B = compenso per la cessione dello sfruttamento economico di diritti = 6.000 euro;

C = totale compensi riconducibili alla medesima attività lavorativa = 15.000 euro;

B / C = 40%;

Pertanto, ai sensi dell’art.43, comma 3, L. n.289/2002, l’importo previsto per la cessione del diritto di immagine (6.000 euro) rimane interamente escluso dalla base contributiva e pensionabile.

Esempio n.2:

A = compenso per prestazione lavorativa = 10.000 euro;

B = compenso per la cessione dello sfruttamento economico di diritti = 10.000 euro;

C = totale compensi riconducibili alla medesima attività lavorativa = 20.000 euro;

B / C = 50%;

Pertanto, in questo caso, dall’importo previsto per la cessione del diritto di immagine (10.000 euro), 8.000 (40% di 20.000 euro) rimangono esclusi dalla base contributiva e pensionabile, mentre i restanti 2.000 (10.000 – 8.000 euro) sono assoggettati a contribuzione ordinaria. Quindi, la base imponibile contributiva sarà pari a 12.000 euro (10.000 +2.000).

Seguendo l’impostazione suggerita dalla Circolare Enpals n. 1/2004, si riporta di seguito uno schema che evidenzia il particolare regime contributivo applicabile sui compensi erogati per la cessione dei diritti di immagine al calciatore professionista, a norma dell’articolo 43, comma 3, della Legge 27 dicembre 2002, n. 289.

CONTRIBUZIONE SPORTIVI PROFESSIONISTI EX LEGGE 23 marzo 1981, n. 91

       
    Lordo contr. c/dip. (9,19%)  contr. c/inps (23,81%)
Compenso per prestazione lavorativa € 9.000,00€ 827,10€ 2.142,90
Compenso per la cessione di diritti d’immagine€ 6.000,00  
    
Totale compensi riconducibili alla medesima prestazione lavorativa € 15.000,00€ 827,10€ 2.142,90
       
       
       
    Lordo contr. c/dip. (9,19%)  contr. c/inps (23,81%)
Compenso per prestazione lavorativa € 10.000,00  
Compenso per la cessione di diritti d’immagine€ 10.000,00  
    
Totale compensi riconducibili alla medesima prestazione lavorativa€ 20.000,00  
    
Assoggettati a contribuzione ordinaria€ 12.000,00€ 1.102,80€ 2.857,20
Esclusi dalla base imponibile€ 8.000,00