HR&Organizzazione – Le cooperative sociali di tipo B e l’accoglienza

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di Luca Di Sevo, Consulente del lavoro in Bollate (Mi), Fabio Ferri, Presidente di cooperativa sociale di tipo B (provincia di Milano), Sergio Bevilacqua, Consulente sull’inserimento lavorativo disabili

Le cooperative sociali di tipo B sono “Rock” (un fenomeno relativamente recente, di grande dinamicità e di forte interesse per chi opera nell’ambito del mercato)

Il giudizio lusinghiero sullo stato di salute di questa particolare forma societaria che ha come propria mission l’inserimento lavorativo di persone svantaggiate secondo la Legge n. 381/91, lo diamo dopo la lettura del numero 78 della collana “Studi & Ricerche” di Fondosviluppo, che contiene una interessante analisi sulla cooperazione sociale di inserimento lavorativo in Italia -“Confcooperative: la cooperazione sociale di tipo B (2012-2017)”. Scopriamo che in Italia sono attive oltre 3600 coop B, con prevalenza economica e occupazionale nel Nord, che hanno un valore della produzione di 2,4 miliardi di euro e che occupano oltre 78.000 persone. Il dato sulla percentuale di persone svantaggiate non è rilevato, ma una stima al minimo secondo i termini di legge ci suggerisce che siano almeno 20.000 le persone con difficoltà diverse che sono occupate in questo settore. Sono presenti trasversalmente in tutti i macrosettori dell’economia, vantano una crescita del 37,7% dal 2012 al 2017; parimenti è cresciuto nello stesso periodo del 39,7% il costo del personale, è aumentato del 31,3% il capitale investito e del 39,7% il patrimonio netto mentre il capitale sociale è cresciuto “solo” del 25,5%. L’85,3% delle 3652 coop B rilevate ha un valore della produzione inferiore ad un milione di euro e conseguentemente il 73,9% delle stesse ha un capitale sociale inferiore a 10.000€.

Questi numeri testimoniano la ricchezza d’intenti e la generosità degli imprenditori sociali che hanno scelto di lavorare nelle cooperative di inserimento lavorativo, ma anche la loro capacità imprenditoriale anticiclica in un momento storico di crisi generalizzata.

In questo contesto mi preme sottolineare la capacità di inclusione che le cooperative B dimostrano e l’altissimo tasso di soddisfazione che i lavoratori svantaggiati testimoniano (secondo la legge 8 novembre 1991, n. 381, art. 4 si considerano persone svantaggiate gli invalidi fisici, psichici e sensoriali, gliex degenti di istituti psichiatrici, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, i condannati ammessi alle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47- bis, 47- tere 48 della Legge 26 luglio 1975, n. 354, come modificati dalla Legge  10 ottobre 1986, n. 663. Si considerano inoltre persone svantaggiate i soggetti indicati con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, di concerto con il Ministro della Sanità, con il Ministro dell’Interno e con il Ministro per gli Affari Sociali, sentita la commissione  centrale per le cooperative istituita dall’articolo 18 del citato Decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni.

Le persone svantaggiate devono costituire almeno il trenta per cento dei lavoratori della cooperativa e, compatibilmente con il loro stato soggettivo, essere socie della cooperativa stessa. La condizione di persona svantaggiata deve risultare da documentazione proveniente dalla pubblica amministrazione, fatto salvo il diritto alla riservatezza.) Questi risultati non sono improvvisati, vengono da lontano, cioè da una vision che mette la persona al centro (i bisogni dell’individuo sullo stesso piano delle esigenze dell’organizzazione), da una mission che guida le scelte imprenditoriali ma anche dal buon uso di una serie di strumenti di “occupazione attiva” che si sono sviluppati nel corso di 40 anni di storia della cooperazione B.

GLI STRUMENTI PER L’INCLUSIONE

Diversi sono gli strumenti che sono a disposizione delle cooperative sociali di tipo B per realizzare l’inclusione sociale partendo dal mondo del lavoro; preme fin da ora sottolineare (ma lo riprenderemo in seguito) che i medesimi strumenti sono utilizzabili anche dal mondo delle aziende: tirocini, dote, Borse Lavoro, ReI, convenzione ex art. 14 del D.lgs. n. 276/2003.

Il tirocinio è un primo strumento utile a favorire la conoscenza del mondo del lavoro: in questo contesto, diversamente da quanto succede spesso nelle aziende (spiace rilevarlo), il tirocinio assolve alla sua più nobile ed efficace funzione, cioè quella di dare modo al tirocinante di conoscere in modo graduale le dinamiche del soggetto ospitante ed individuare a piccoli passi la giusta sinergia tra le proprie capacità e la macchina organizzativa di cui è ospite.

Inoltre il tirocinio costituisce un formidabile strumento di valutazione delle attitudini delle persone con disabilità e con svantaggio dal momento che consente di verificare competenze e potenzialità nell’operatività, fornendo quindi un quadro molto più articolato della valutazione avvenuta nell’ambito di uno o più colloqui di lavoro.

Con la dote lavoro, declinata nelle sue diverse accezioni, si aprono le porte della cooperativa mettendo strettamente in comunicazione il soggetto “debole”, i soggetti autorizzati  dalle norme regionali, i soggetti ospitanti, al fine di promuovere e favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro per soggetti appartenenti a fasce deboli o difficilmente attraenti per il mondo del lavoro.

La Borsa Lavoro è uno strumento a disposizione dei cittadini, dei datori di lavoro e degli operatori pubblici e privati per usufruire in piena autonomia di servizi per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. La Borsa Lavoro è erogata dai servizi di inserimento lavorativo -SIL o NIL (Servizio Inserimenti Lavorativi/Nucleo Inserimenti Lavorativi)- che operano nell’ambito dei consorzi dei servizi sociali e utilizzano i finanziamenti dei comuni all’interno delle politiche sociali.

Il ReI (Reddito di Inclusione) è una misura nazionale di contrasto alla povertà, che anticipa il reddito di cittadinanza ed è operativa da un paio di anni. Il ReI si compone di due parti: un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta ReI) e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa volto al superamento della condizione di povertà.

Soddisfatto il requisito per il beneficio economico, il progetto viene predisposto con il supporto di Sil o Nil che operano in rete con gli altri servizi territoriali (ad esempio Centri per l’Impiego, ASL, scuole, ecc.) e dalle cooperative sociali. Il progetto prevede che vengano proposte alle aziende solo persone che sono state valutate per le competenze e le potenzialità, anche attraverso tirocini remunerati con Borse Lavoro.

La convenzione di distacco in base all’art. 14 del D.lgs. n. 276/03, è lo strumento che coniuga l’aspetto sociale svolto dalla cooperativa, con l’aspetto di ottemperanza della L. n. 68/1999 per cui le aziende con più di 15 lavoratori devono garantire una quota di posti di lavoro ai soggetti iscritti alle apposite liste presso il centro per l’impiego: in questo contesto, la cooperativa assume il lavoratore e lo pone in distacco presso l’azienda (oppure lo colloca all’interno del proprio laboratorio/ufficio) in obbligo di ottemperanza, permettendole di essere in regola con le disposizioni legislative (si richiama l’articolo sull’argomento pubblicato su Sintesi di gennaio 2018).

Come accennato, la maggior parte degli strumenti sopra elencati può essere appannaggio di tutte le aziende e i risultati sopra esposti sono testimonianza di quanto le risorse considerate improduttive per retaggi del passato possano essere un valore aggiunto nell’organizzazione complessa chiamata azienda. È sicuramente necessario un cambio di prospettiva da parte dei datori di lavoro. Gli enti invianti costituiscono il terzo elemento necessario all’attivazione di tutti gli strumenti elencati: Nil, Sil, Celav, Anmil, Afol, Enac, Mestieri, Afgp, Enaip, A&I (per citare alcune sigle attive nel contesto milanese), sono solo alcuni dei soggetti partner della cooperazione sociale di tipo B per l’attuazione dell’intera gamma di attrezzi disponibili che con la loro professionalità mettono a disposizione un “vestito su misura” della persona individuando percorsi che possono essere personalizzati in base alle specifiche esigenze delle aziende.

IL RUOLO DEL CONSULENTE DEL LAVORO

Il Consulente del lavoro che offre i propri servizi professionali ad una cooperativa sociale di tipo B, si trova nella condizione di dover garantire tutte le prestazioni che il proprio ruolo normalmente richiede. A questo si aggiunge però la necessità di modulare il proprio operato tenendo strettamente in considerazione le peculiarità di ciascun soggetto facente parte della cooperativa qualora chiamato ad esprimersi sulle diverse problematiche. Si impone quindi un ruolo sociale all’interno del ruolo professionale.

Ogni ambito di intervento mantiene vive le proprie importanti caratteristiche, ma è richiesto un esercizio mentale allo scopo di considerare variabili normalmente poco o per niente prese in esame. Un aspetto interessante è costituito dal fatto che anche le dinamiche di gestione del rapporto di lavoro con cui la nostra categoria si trova ad avere a che fare normalmente, non vengono sminuite per via della presenza di soggetti fisicamente o socialmente deboli, ma permangono con la richiesta di fare ulteriori valutazioni che tengano in considerazione le individualità, e la nobiltà di dare un ulteriore ambito di inclusione a tali soggetti. Mi riferisco al regolamento aziendale, all’orario di lavoro, alla disciplina sul luogo di lavoro, ai diritti e ai doveri degli attori presenti sul luogo di lavoro (datore e prestatore), ecc…

Può inoltre essere utile segnalare che il ruolo del Consulente del lavoro può diventare proattivo a fronte di vincoli gestionali dell’azienda cliente che richiedano soluzioni ad hoc. È il caso delle aziende che pagano l’esenzione per adempiere alla L. n. 68/99; ed è il caso delle imprese che partecipano a bandi di gara che richiedono il nulla osta da parte del Collocamento Mirato Disabili, sempre ai sensi della L. n. 68/99. In questi casi il nostro ruolo è sollecitato ad individuare soluzioni personalizzate per l’azienda cliente e il quadro degli strumenti elencato in precedenza può costituire un riferimento esaustivo.

Pertanto, ancora una volta richiamo l’articolo pubblicato su Sintesi di gennaio 2018, dedicato allo strumento del distacco secondo l’art. 14 del D.lgs. n. 276/03.