Distacco all’estero e trattamento estero. Quali voci concorrono alla formazione del TFR?

di Sabrina Pagani, Consulente del Lavoro in Milano

 

La Corte di Cassazione (Cass., sez. Lavoro, 10 dicembre 2018, n. 31862) torna ad affrontare il tema delle voci che concorrono alla formazione del trattamento di fine rapporto (TFR), in caso di distacco all’estero.

Il tema in particolare affrontato dalla sentenza qui in commento riguarda il gravame proposto dal lavoratore volto ad ottenere il riconoscimento dell’incidenza sul TFR delle somme percepite dal proprio datore di lavoro durante il distacco a titolo di “fornitura alloggio” e “viaggi per ferie per sé e per i familiari”.

Infatti, nonostante la disposizione di riferimento del Ccnl applicabile (art. 65 Ccnl del credito) prevedesse l’esclusione dalla base di calcolo del TFR dei rimborsi spese e di quanto corrisposto exart. 72 del medesimo Ccnl al dipendente trasferito o in missione, il lavoratore si duole della mancata considerazione della natura prettamente retributiva delle voci in questione, erogate durante il distacco in via continuativa, sia in termini quantitativi che qualitativi, avendo assunto lo svolgimento dell’attività all’estero un aspetto strutturale della sua prestazione lavorativa.

In sede di legittimità il ricorso del lavoratore viene respinto sulla base delle seguenti motivazioni:

  • In mancanza di previsioni contrattuali inequivocabili circa la natura retributiva o risarcitoria di determinate voci del trattamento estero ed in assenza di deroga espressa da parte della contrattazione collettiva ai sensi dell’art. 2120 c.c., co. 2, occorre considerare gli “ indici sintomatici che consentano una valutazione della suddetta natura in via induttiva”, considerando anche l’elemento letterale del contratto individuale che dovrà essere considerato alla luce di una sua interpretazione funzionale – che attribuisce rilievo alla causa concreta del contratto e allo scopo pratico conseguito dalle parti – oltreché secondo buona fede.
  • Pertanto, secondo le motivazioni della Cassazione, si individueranno i caratteri propri della retribuzione, utile ai fini del TFR, in presenza di: a) continuità, periodicità ed obbligatorietà della somma o beneficio; b) assenza di giustificativi di spesa; c) natura compensativa del disagio della prestazione; d) il rapporto di necessaria funzionalità con la prestazione lavorativa; e) funzione di salvaguardia del livello retributivo e di adeguamento ai maggiori oneri derivanti dal nuovo ambiente lavorativo; f) l’effettivo avvenuto assoggettamento delle somme a contributi previdenziali.

Con specifico riferimento al trattamento economico aggiuntivo erogato al lavoratore che presti la propria attività all’estero, le somme erogate a titolo di rimborso spese avranno “natura retributiva solo qualora si tratti di spese effettuate dal lavoratore per adempiere agli obblighi della prestazione lavorativa, non assumendo rilievo il carattere forfetario o meno del rimborso, ma esclusivamente il collegamento sinallagmatico della spesa sostenuta con la prestazione lavorativa all’estero (cfr. Cass n. 6563/2009)”.

  • Diversamente, deporranno per la natura non retributiva dell’erogazione l’emergere di indici della finalità di tenere indenne il lavoratore da spese che non avrebbe sostenuto se non fosse stato trasferito e che il lavoratore ha (quindi) sostenuto nell’interesse del datore di lavoro (…), “priva dei caratteri della continuità e determinatezza (o determinabilità) e fondata su una causa autonoma rispetto a quella retributiva”.

In senso conforme Cass. n. 22197/2018 e n. 1314/2017 secondo cui l’accertamento della natura retributiva o risarcitoria del trattamento estero spetta al giudice di merito, ed è onere del lavoratore contestarne la natura risarcitoria attribuita dal datore di lavoro e dimostrarne la natura retributiva, “ove il contratto giustifichi l’erogazione delle somme in riferimento non al valore professionale della prestazione ma ai maggiori esborsi che il lavoratore deve sopportare per trasferirsi o per soggiornare all’estero insieme alla famiglia”.

Si veda anche Cass. n. 15217 del 22 luglio 2016, che forse con maggior chiarezza rispetto alla sentenza qui commentata, precisa che “Il trattamento estero ha natura retributiva, tanto in presenza di una funzione compensativa della maggiore gravosità del disagio morale e ambientale, quanto nel caso in cui sia correlato alle qualità e condizioni personali concorrenti a formare la professionalità indispensabile per prestare lavoro fuori dai confini nazionali, mentre ha natura riparatoria il rimborso spese per la permanenza all’estero, che costituisce la reintegrazione di una diminuzione patrimoniale derivante da una spesa effettiva sopportata dal lavoratore nell’esclusivo interesse del datore, restando normalmente collegato ad una modalità della prestazione lavorativa richiesta per esigenze straordinarie, priva dei caratteri della continuità e determinatezza (o determinabilità) e fondata su una causa autonoma rispetto a quella retributiva”