Amministrazione segreta: la misura delle sanzioni amministrative

di Mauro Parisi, Avvocato in Belluno

In materia di illeciti di lavoro, una delle realtà più misteriose per gli operatori riguarda il modo in cui, con l’ordinanza-ingiunzione, si fissa la misura della sanzione. Ma una circolare semisconosciuta del 1988…

Ispezione del lavoro.

Accesso in azienda dei funzionari.

Indagine e riscontro di illeciti amministrativi.

Verbale di accertamento e di contestazione degli illeciti.

Il verbale degli ispettori, come per legge, ammette alla possibilità di sanare gli illeciti amministrativi, versando somme minime e ridotte.

Ma l’azienda vorrebbe opporsi. Se solo sapesse a priori quanto rischia…

E qui inizia la nostra breve storia.

Spesso aziende che hanno subito un accertamento desiderano conoscere se convenga loro “sistemare” gli illeciti riscontrati dai funzionari; oppure proseguire nel contenzioso, con la speranza di prevalere sull’amministrazione e di portarsi a casa un bel risultato positivo, nulla versando all’Erario.

Però, è chiaro, occorre che il gioco valga la candela. Inoltre, che il rischio da correre -poiché un rischio c’è sempre – sia accettabile.

Facciamo un esempio. Se gli ispettori accedono presso un’azienda (facciamo un laboratorio di analisi) e riscontrano la presenza di tre lavoratori – dei ricercatori, diciamo – impiegati da un paio di giorni come collaboratori autonomi, ma ritenuti dai funzionari dei dipendenti e, quindi, vista la prospettazione, considerati non assunti regolarmente, come noto, al datore di lavoro verrà contestato l’illecito attinente al lavoro irregolare. Cioè, sommerso.

Sulla base dell’art. 3, D.l. n. 12/2002, convertito e modificato, da ultimo, dall’art. 22, L. n. 151/2015, per tale ipotesi viene prevista “la sanzione amministrativa pecuniaria… da euro 1.500 a euro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di effettivo lavoro”.

Nella fattispecie, come si sa, è pure stabilito per legge che sia possibile per l’azienda sanare la contestazione, mediante “la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell’orario di lavoro non superiore al cinquanta per cento dell’orario a tempo pieno, o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi, nonché il mantenimento in servizio degli stessi per almeno tre mesi”. Vale a dire che, per ottenere di versare nella misura premiale del minimo edittale (euro 1.500 per lavoratore, per un totale di euro 4.500), occorrerebbe assumere i tre lavoratori, con prova della sanatoria entro 120 giorni dal verbale.

Diversamente, se non si intendesse sanare (cosa che prevede l’esigenza di versare pure non poche retribuzioni e contribuzione), ma si volesse comunque accedere all’altra misura premiale prevista dall’art. 16, L. n. 689/1981 (“È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo”), entro i successivi 60 giorni – quindi, entro 180 giorni dal verbale – ci si potrebbe limitare a versare la somma di euro 3.000 a lavoratore (per un totale di euro 9.000).

Eppure potrebbe ancora accadere che, credendo di avere ragione e di non dovere nulla, l’azienda intenda sottoporsi all’alea del contenzioso. Per cui, niente sanatoria; niente oblazioni; ricorsi in via amministrativa e, semmai, in seguito, in sede giudiziale.

Tuttavia, nel decidere il muro contro muro, non di rado l’azienda si interroga di quali potrebbero essere le sanzioni amministrative finali (quelle vere), irrogate con l’ordinanza-ingiunzione ai sensi dell’art. 18, L. n. 689/1981 (“Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge tra un limite minimo ed un limite massimo… si ha riguardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per la eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni economiche”). Quelle che, in caso di soccombenza finale, dovranno essere versate.

Spesso il timore di essere costretti a corrispondere il massimo edittale previsto (euro 9.000 per ogni lavoratore, nel caso proposto, per un totale di euro 27.000), fa decidere di abbandonare le “crociate”, per addivenire a più miti consigli (insomma, versare l’oblazione in una delle due forme premiali anzidette).

Ma davvero l’ordinanza-ingiunzione dell’amministrazione potrebbe arrivare al massimo edittale?

Chiaramente l’ipotesi non è esclusa, ma appare molto più che improbabile.

È chiaro che ogni autorità competente (es. il Direttore dell’ITL), con idonea motivazione ai sensi dell’art. 11, L. n. 689/1981, potrebbe decidere discrezionalmente l’importo finale della sanzione amministrativa irrogata. Ma solitamente gli Uffici sono usi procedere sulla base di un conteggio standardizzato dalla storica circolare n. 121/1988 del Ministero del lavoro. Un pezzo di vero antiquariato burocratico, pressoché introvabile. Va letta.

In sostanza, gli Uffici competenti sono adusi operare un elaborato conteggio, che 30 anni fa, fu escogitato giustamente dal Ministero per dare omogeneità ed equilibrio alle decisioni delle molte sedi territoriali.

Per farla breve, si parte dalla differenza tra massimo e minimo edittale (nel caso proposto, tra euro 9.000 e euro 1.500, avremo euro 7.500).

Quindi, si prende in considerazione 1/10 di tale somma (nel caso, euro 750).

Si valuta il “coefficiente” di disvalore del caso, sulla base di una tabella convenzionale che tiene conto di aggravanti (+) e attenuanti (-), sulla base di “numeri” prestabiliti (es. condotta non collaborativa = + 0,5; condizioni economiche disagiate = – 0,5).

Quindi, si moltiplica il valore “decimale” predetto (euro 750, nel caso), per il coefficiente così valutato (es. 4,5). Al valore del prodotto di tali fattori (es. nel caso: € 750 x 4,5 = € 3.375), si deve aggiungere il minimo edittale (quindi, € 1.500 + € 3.375 = € 4.875). Il valore ottenuto diventerà la sanzione amministrativa irrogata.

Se si considera che il coefficiente finale solitamente calcolato non supera il “4” (a volte solo “2”, nel caso di un solo illecito contestato: ossia, una somma pari a quella prevista dall’art. 18, L. n. 689/1981), ci si renderà conto che le sanzioni amministrative irrogate, nella prassi dell’amministrazione, lungi dal toccare il massimo edittale, risultano non molto lontane dalle somme richieste per l’estinzione anticipata dell’illecito (specie la misura ridotta).

Per chi non intende adeguarsi alle contestazioni e fare valere le proprie ragioni, forse, un piccolo motivo di rassicurazione…