Una Proposta al mese – LA MALATTIA: L’INCUBO DELLA PROFESSIONE
Marco Cucci , Consulente del Lavoro in Milano
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E non è necessario perdersi “ in astruse strategie, tu lo sai, può ancora vincere chi ha il coraggio delle idee. (R. Zero, “Il coraggio delle idee”)
Se mai dovessimo cercare una domanda comune a chiunque approcci la nostra professione, senza ombra di dubbio è la domanda “Ma che senso ha?!” che sorge nel calcolo (manuale o informatizzato) di un evento di malattia. L’attuale disciplina è l’incubo di qualsiasi praticante o neo-professionista che cerca di comprendere la materia, perché presenta una stratificazione complessa, frutto di un’evoluzione storica che ha prodotto disparità tanto sul versante retributivo quanto su quello delle garanzie. Ci si trova così impantanati tra mille fonti normative, contrattuali e amministrative figlie di epoche diverse: nella fitta giungla di leggi, CCNL e circolari è facile perdersi, e a farne le spese sono sempre il lavoratore o il datore di lavoro. L’attuale disciplina necessita di una riforma sistematica che superi frammentazioni storiche, contrattuali e settoriali. L’adozione di un modello uniforme ispirato agli elementi più equilibrati dei CCNL più applicati permetterebbe una riduzione delle discriminazioni, una maggiore certezza applicativa, una più equa distribuzione degli oneri e una maggior copertura delle tutele. È in tale ottica che questo contributo propone un percorso di semplificazione e armonizzazione dell’istituto, con l’obiettivo di ridurre le discriminazioni tra categorie di lavoratori, uniformare i trattamenti e rispondere all’evoluzione del mercato del lavoro. Data l’ampiezza dell’istituto, la trattazione si concentrerà solo sulla gestione degli eventi di malattia per i dipendenti del settore privato. Un grosso problema dell’attuale gestione dell’istituto è l’eterogeneità delle prestazioni erogate tra impiegati e operai: attualmente l’Inps paga la malattia degli impiegati dal lunedì alla domenica, con esclusione delle sole festività cadenti in domenica, mentre quella degli operai copre solo i giorni di lavoro (escludendo le domeniche e i giorni di riposo). Si tratta di una bipartizione che continua a generare differenze ormai prive di qualsivoglia giustificazione funzionale nella gestione della malattia e deriva dal fatto che storicamente queste figure hanno ricoperto ruoli differenti. Gli impiegati sono ancora oggi coloro che si occupano di attività organizzative e di concetto, legati a logiche di organizzazione dell’attività di lavoro. Per questo motivo hanno sempre goduto di una forma di retribuzione mensilizzata, basata sulla responsabilità richiesta loro nella gestione dell’attività di lavoro e che comprende anche periodi di inattività come i riposi giornalieri. L’operaio, al contrario, era ed è tuttora l’addetto ad attività manuali e produttive che incarna il concetto stesso di “produttività”, e godeva pertanto di una retribuzione parametrata sulle prestazioni lavorative, su base oraria o giornaliera. Il sistema vigente tutt’oggi è nato sulla base di queste distinzioni, e pertanto il primo, indispensabile passo per la semplificazione dell’istituto richiede l’uniformazione del trattamento tra impiegati e operai, per lasciare posto a una gestione unica degli eventi di malattia per tutti i lavoratori dipendenti. Per offrire maggiore tutela possibile a più persone possibili, la proposta è di estendere a tutti gli operai e agli impiegati che attualmente non ne hanno diritto, come quelli del settore Industria, il trattamento riservato alla maggior parte degli impiegati: il pagamento dell’indennità Inps dal lunedì alla domenica con la sola esclusione delle festività cadenti in domenica, già retribuite dal datore di lavoro, e l’estensione di applicazione dei divisori applicati nel calcolo della Retribuzione Media Giornaliera (30 per la retribuzione mensile e 25 per i ratei delle mensilità aggiuntive). L’uniformazione determinerebbe l’abrogazione sostanziale delle regole particolari ancora vigenti per gli operai e consoliderebbe un quadro più lineare nei rapporti contributivi tra datori, lavoratori ed Ente, eliminando al contempo le divergenze nella misura delle prestazioni economiche e nella tempistica dei pagamenti. Inoltre, la presenza di casse autonome e procedure peculiari in alcuni settori come Portierato ed Edilizia, gestite su base regionale, genera un mosaico di asimmetrie amministrative e contributive inefficienti. L’accentramento di queste funzioni previdenziali e assistenziali nell’alveo unitario dell’Inps, come già avvenuto nel 2012 con Enpals, ridurrebbe gli adempimenti necessari e uniformerebbe le procedure, escludendo dalla riforma solo i dirigenti e i lavoratori domestici che per la peculiare natura della loro prestazione richiedono tutele particolari. Il secondo passo prevede l’armonizzazione dei trattamenti previsti dai contratti collettivi. Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, organo istituzionale deputato, tra le altre funzioni, all’archivio dei contratti collettivi, contava al 31 dicembre 2024 ben 1037 contratti collettivi in vigore, di cui 1017 appartenenti al settore privato e per la maggior parte ormai scaduti, seppur ancora applicati in assenza di un rinnovo. Sul piano della contrattazione collettiva è riscontrabile una generale tendenza, derivante dalla prassi, a uniformare la gestione della malattia all’interno di uno stesso settore. Il problema è che si tratta di prassi: l’assenza di una regola scritta offre il fianco ai cosiddetti “contratti pirata” che possono “ingolosire” i datori di lavoro offrendo tutele minori per i lavoratori. Uniformare il trattamento attraverso un’azione normativa che lo estenda a tutti i settori blinderebbe l’istituto privando così di un’arma i contratti collettivi più penalizzanti. Per risultare efficace, l’armonizzazione dovrà necessariamente toccare 3 temi: carenza, integrazione a carico del datore e periodo di comporto. Poiché circa un terzo dei 1017 contratti collettivi vigenti appartiene al settore del Commercio e Terziario, si potrebbe estendere a tutti i rapporti di lavoro la disciplina della malattia contenuta nei Ccnl oggi maggiormente applicati nel sopra citato settore. Nello specifico, dato che l’indennità Inps subentra dal 4° giorno di malattia in misura ridotta rispetto alla normale retribuzione, la maggior parte dei CCNL applicati nel Commercio e Terziario prevede il pagamento dei primi 3 giorni, definiti “di carenza”, totalmente a carico del datore di lavoro per tutti gli eventi di malattia, nella misura del 100% della retribuzione ordinaria per i primi 2 eventi di malattia occorsi in ciascun anno di calendario, 67% per il terzo, 50% per il quarto mentre, per evitare situazioni di abuso, dal quinto evento in poi non è più prevista. Sul fronte dell’integrazione datoriale, invece, dal 4° al 20° giorno sono previste un’indennità da parte dell’Inps, pari al 50% della retribuzione, a cui si aggiunge un’integrazione a carico del datore di lavoro fino a raggiungere il 75% della normale retribuzione che sarebbe maturata se avesse lavorato nel periodo di durata della malattia, che per eventi più gravi aumentano rispettivamente a 67% e 100% dal 21° al 180° giorno. Si tratta di due meccanismi equi che incentivano un uso responsabile dell’istituto, senza penalizzare eccessivamente i primi eventi morbosi, combinando tutela del reddito del lavoratore e sostenibilità per il datore e configurandosi come modello virtuoso che tutela maggiormente gli eventi più lunghi, considerati più gravi. L’estensione a tutta la platea di lavoratori di un simile sistema, già peraltro ampiamente testato sulla moltitudine di dipendenti del settore Commercio, porterebbe a un’immediata semplificazione delle procedure, risultante in una gestione più rapida che ridurrebbe i tempi di elaborazione. Per quanto concerne il periodo di comporto, invece, la criticità principale che si riscontra è una importante difformità nelle modalità di calcolo e nella quantità dei giorni a disposizione. L’articolo 2110 del Codice Civile definisce l’obbligo di rispetto del comporto, delegando però alla contrattazione collettiva di definirne la reale applicazione. Il risultato è che oggi ogni contratto collettivo propone la propria interpretazione dell’istituto, sia per la quantificazione del periodo che per la durata: ecco che si passa dai 180 giorni per anno solare dei lavoratori del Commercio e Terziario ai 180 giorni per anno civile del Turismo e Pubblici esercizi, per arrivare fino ai 245 giorni su 24 mesi mobili o 365 giorni su 30 mesi mobili, in base all’anzianità di servizio, concessi ai lavoratori viaggianti del settore Logistica e Trasporti. In una situazione simile il rischio di creare cortocircuiti è molto alto, specie considerando che, nonostante varie fonti tra cui la Circolare n. 69 del 2001 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali definiscano l’anno solare come “quel periodo mobile intercorrente tra un qualsiasi giorno dell’anno ed il corrispondente giorno dell’anno successivo” e l’anno civile come quel periodo che “intercorre dal 1° gennaio al 31 dicembre di ogni anno”, nella prassi e nel linguaggio comune sono spesso utilizzati come sinonimi. L’applicazione dell’anno civile in eventi a cavallo d’anno porta all’applicazione di un doppio periodo di comporto che, ad esempio nel settore del Turismo e Pubblici esercizi, vincola il datore a un massimo di 360 giorni di conservazione del posto di lavoro invece dei consueti 180. Definendo chiaramente il periodo di comporto in misura pari a 180 giorni per anno mobile è possibile continuare a tutelare il lavoratore senza creare cortocircuiti dannosi per il datore. Infine, superato il periodo di comporto si propone di estendere quanto già previsto dal CCNL del settore Commercio e Terziario: la possibilità di usufruire di ulteriori 120 giorni di aspettativa non retribuita, su richiesta del lavoratore e previo assenso del datore, per offrire maggiore flessibilità in caso di malattie prolungate e permettere al lavoratore di conservare il posto di lavoro senza aggravio economico per l’impresa. Nel caso di malattie gravi od oncologiche, per offrire una tutela adeguata alle condizioni più serie secondo i principi di ragionevolezza e solidarietà, verrebbe mantenuto l’attuale regime rafforzato che raddoppia i predetti limiti del comporto e dell’aspettativa, che passano rispettivamente da 180 e 120 a 360 e 240 giorni. L’introduzione di un sistema unificato di tutela della malattia e del comporto rappresenta un passaggio fondamentale per garantire certezza, semplicità e proporzionalità all’interno del diritto del lavoro contemporaneo. La riduzione della frammentazione normativa e l’adozione di meccanismi standardizzati migliorerebbero l’efficienza amministrativa, ridurrebbero il contenzioso e assicurerebbero un’applicazione più omogenea dei principi costituzionali di eguaglianza e adeguatezza della tutela, in un mercato del lavoro in continua trasformazione in cui la chiarezza e la coerenza delle regole rappresentano un fattore essenziale tanto per la tutela dei lavoratori quanto per la competitività delle imprese: soluzioni troppo penalizzanti per i datori rendono il settore meno ricettivo verso la manodopera, mentre situazioni poco tutelanti in certi settori rendono quelle imprese meno appetibili per i lavoratori. Probabilmente è solo il sogno impossibile di un professionista, ma come canta Ligabue “Sono sempre i sogni a dare forma al mondo”.