E non è necessario perdersi
in astruse strategie,
tu lo sai, può ancora vincere
chi ha il coraggio delle idee.
(R. Zero, “Il coraggio delle idee”)
D’accordo che la legge di Murphy ci aveva avvisato: se qualcosa può andar male lo farà. E se non bastasse, il corollario numero 5 ribadisce che “lasciate a se stesse, le cose tendono ad andare di male in peggio”.
D’altronde ci rendiamo conto che ci sono proposte che sembrano l’espressione di desiderata. Tuttavia, rimane sempre nello sfondo la voglia di crederci e, soprattutto di non lasciare le cose a se stesse.
Ma di cosa stiamo parlando?
Di un sacco di cose, in realtà, ma lo spunto ci arriva dalla circolare Inps n. 25 dell’11 febbraio 2022, che con simpatica comodità ci comunica aliquote e massimali da applicare per la contribuzione alla Gestione Separata.
Salvaguardando un minimo di pudore, la circolare “concede” che chi non abbia versato correttamente i contributi a causa del ritardo (della circolare) possa recuperare entro i tre mesi successivi. In realtà questa concessione deriva da una deliberazione del consiglio di amministrazione Inps, la n. 5/1993 di cui sarà utile riportare qualche passaggio (il grassetto è a nostra cura).
1) Modifiche in campo normativo aventi riflessi sulla misura ed il versamento delle contribuzioni previdenziali ed assistenziali. Il primo criterio adottato dal Consiglio è scaturito dalla considerazione che in occasione della introduzione di novità in materia contributiva – sempre più frequenti ed il più delle volte disposte con Decreto legge a ridosso delle scadenze previste – sono a disposizione dell’Istituto tempi ristrettissimi per dare notizia delle innovazioni e per fornire le indicazioni, complesse e minuziose, per la compilazione della modulistica, il rispetto delle quali è alla base di una corretta gestione delle posizioni contributive aziendali, e dei datori di lavoro per adeguare le proprie procedure e provvedere ai conseguenti adempimenti contributivi. In tali casi è stata, quindi, ravvisata una vera e propria situazione di impossibilità oggettiva ad adempiere nei termini agli obblighi di legge, in particolare per le imprese che si avvalgano di tecnologie informatiche.
In relazione a quanto sopra è stato fissato il criterio per il quale in presenza di innovazioni normative aventi riflessi sulla misura ed il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, la sistemazione delle partite connesse con i mutamenti in campo contributivo può essere effettuata entro il giorno 20 (ora 16 n.d.r.) del terzo mese successivo a quello di emanazione da parte di questa Direzione Generale delle relative istruzioni applicative ed operative, con la maggiorazione sulle eventuali differenze contributive dovute dei soli interessi al tasso legale.
Proviamo a tradurre quanto sopra in linguaggio non burocratese: siccome il Legislatore sciabola allegramente modifiche complesse (talvolta anche astruse, diremmo noi) dell’ultimo minuto, anche i signori dell’Inps sono in difficoltà a seguirlo, e pertanto capiscono che le loro stesse difficoltà si ripercuotono a cascata sugli operatori, specie se si avvalgono di procedure informatiche che devono essere adeguate alle novità. Pertanto, concedono un po’di tempo in più, beninteso pagando i “soli” interessi legali.
Era il 1993, quasi trent’anni or sono, e come premesso, pare che le cose invece che cambiare in meglio peggiorino.
Non ci credete? Provate a considerare le date delle circolari Inps relative alla comunicazione di massimali ed aliquote alla Gestione Separata negli ultimi anni: quella del 2016 è stata pubblicata il 29.01.2016, quelle per il 2017 e 2018 sono state pubblicate il 31 di gennaio degli stessi anni, quella del 2019 è andata al 6 febbraio, per il 2020 il 3 febbraio, per il 2021 il 5 febbraio, ed eccoci arrivati al record 2022: 11 febbraio!
Onestamente non è che sempre ci siano state chissà quali modifiche. Ma comunque l’Inps deve aspettare quantomeno i dati Istat, dato che il massimale contributivo ex L. n. 335/1995 art. 2, co. 18 (N.b. che non vale solo per la Gestione Separata) “è annualmente rivalutato sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come calcolato
dall’Istat”. È pertanto evidente che Inps per tale parametro deve attendere e più di tanto anche in questo caso i miracoli non può fare. Lasciamo per un attimo l’Inps – che però (almeno in questo caso, in altri no) scopriamo da queste poche righe essere più vittima, al pari nostro quasi, che carnefice – e poniamoci qualche domanda generale.
Ma ha senso, in un Paese civile, che qualcuno non sappia al 1° gennaio dell’anno quale sia il carico contributivo spettante per l’anno che è arrivato? Ora, poniamo pure che a Capodanno (che è pure festivo) qualcuno stia ancora smaltendo le bollicine della sera prima, tuttavia dal giorno dopo le proiezioni di costo (prima ancora degli adempimenti) qualcuno dovrà esser in grado di farle, no? Invece mettiamo in moto meccanismi che – inevitabilmente – fanno stare tutti in affanno e con dati imprecisi o tardivi o con interventi on sapore di pezza (così a noi sembra la predetta, ancorchè benedetta, determinazione
del CdA Inps sul punto) e comunque con qualche costo in più (interessi legali).
Prima di arrivare alle proposte facciamo ancora qualche altra considerazione.
La prima arriva nientemeno che dalla Costituzione Italiana, e precisamente dell’art. 103 il quale fra le altre cose prevede che “con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi”. Che ha molti scopi utili, uno dei quali è l’invito al Legislatore di pensare per tempo cosa fare e di quali strumenti ed entrate disporre e non all’ultima ora preso alle strette fra le risorse limitate (per definizione) ed i propri obiettivi futuri. Anche perché la fretta, così come il bisogno, spesso sono cattivi consiglieri. Se vi fate venire a mente le Finanziarie e leggi collegate – non degli ultimi anni ma tutte, da quando fate i professionisti – troverete molti elementi a favore di questa riflessione.
La seconda arriva dallo Statuto del contribuente, e precisamente dall’art. 3, per quanto sia uno degli articoli di legge più disattesi dal Legislatore. Anche qui il grassetto è a nostra cura
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo
a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono.
2. In ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti la cui scadenza sia fissata anteriormente al sessantesimo giorno dalla data della loro entrata in vigore o dell’adozione dei provvedimenti di attuazione in esse espressamente previsti.
Ora, evitiamo per un attimo disquisizioni di alta dottrina sulla differenza fra tributi e contributi (compresa anche la loro sostanziale equiparazione in uno Stato che sempre più mischia le cose, e la Gestione Separata rischia di esserne l’esempio più lampante, dato che secondo le SS. UU. di Cassazione, sentenza n. 3240/2010, “ha il sapore di una tassa aggiuntiva su determinati tipi di reddito”) e constatiamo che quanto abbiamo esposto, indipendentemente da altre considerazioni, avrebbe l’intenzione di disegnare un Paese in cui le cose si fanno bene, con razionalità e per tempo, nel rispetto delle persone ed anche di chi, come i professionisti, assiste le persone e le imprese nell’adempimento dei loro doveri fisco-contributivi.
E basterebbero pochi accorgimenti, da cui ecco le proposte.
• La prima è che laddove sia previsto, come nel caso del massimale contributivo, una rivalutazione annuale, la stessa sia operata con riferimento al periodo dicembre-novembre e non gennaio-dicembre (statisticamente, la differenza sarebbe impercettibile e comunque rispetterebbe il trend dell’andamento dei prezzi al consumo), in modo da aver disponibili per l’inizio dell’anno successivo i dati esatti. A scrivere una norma così basta meno di un minuto.
• La seconda, copiando dallo Statuto del contribuente, anche senza essere così…fiscali (si perdoni il bisticcio di parole), è che “le modifiche in aumento delle aliquote di carattere contributivo ed assicurativo, nonché delle altre disposizioni che incidano in aumento sul versamento dei contributi, abbiano effetto dal mese successivo alla comunicazione delle stesse e di quanto necessario alla loro attuazione materiale da parte dell’Istituto assicurativo preposto”.
In fondo, non ci vuol molto per dare torto, una volta tanto a Murphy.
Oppure vogliamo continuare nei secoli a dargli amaramente ragione?