TRATTAMENTI AI SUPERSTITI: UN PILASTRO DEL SISTEMA PREVIDENZIALE

Noemi Secci, Consulente del Lavoro di Milano

Pensione di reversibilità o indiretta: un diritto che garantisce continuità economica ai familiari del lavoratore o pensionato deceduto, preservando il principio di solidarietà previdenziale e offrendo tutele specifiche per ogni situazione familiare.

Il trattamento pensionistico ai superstiti rappresenta una misura fondamentale nel sistema previdenziale italiano, ispirata al principio di ultrattività della solidarietà familiare (Corte Cost. 30.6.2022, n. 162). Tale istituto comprende due principali tipologie di prestazioni: la pensione di reversibilità, destinata ai familiari del titolare di pensione deceduto, e la pensione indiretta, rivolta ai superstiti di lavoratori che abbiano maturato i requisiti contributivi necessari al momento del decesso. Questi trattamenti si basano principalmente sul R.D.L. 14.4.39, n. 636 e sull’art. 22 della L. 21.7.1965, n. 903: sono volti a garantire una continuità economica ai congiunti del defunto, preservandone il tenore di vita. Per via dell’importante funzione solidaristica, tali pensioni sono state sovente trattate alla stregua di prestazioni assistenziali: tuttavia, costituiscono senza ombra di dubbio prestazioni previdenziali, essendo richiesto uno specifico requisito assicurativo per l’accesso, anche se in capo al dante causa. Non si dimentichi che la contribuzione “pensionistica” pagata è appunto contraddistinta dalla sigla IVS, acronimo che sta per Invalidità, Vecchiaia e Superstiti. Ma procediamo con ordine, e affrontiamo tale questione dopo aver approfondito i dettagli di queste misure.

PENSIONE INDIRETTA: CARATTERISTICHE E MODALITÀ DI ACCESSO

La pensione indiretta è una prestazione previdenziale riconosciuta ai superstiti del lavoratore che al momento del decesso non era titolare di pensione, ma aveva maturato determinati requisiti contributivi. Essa rappresenta una delle principali forme di tutela a favore dei familiari del lavoratore deceduto, finalizzata a garantire continuità economica in assenza del principale percettore di reddito. Tale trattamento è regolato dalle normative applicabili alle gestioni previdenziali Inps e prevede criteri specifici e differenziati per l’accesso. Per accedere alla pensione indiretta, in particolare, la posizione previdenziale del lavoratore deceduto deve soddisfare uno dei seguenti requisiti:

  1. Requisiti per la pensione di vecchiaia:

• Il lavoratore deve aver accumulato i requisiti minimi di assicurazione e contribuzione richiesti per l’accesso alla pensione di vecchiaia in base alla normativa antecedente al D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 503. In particolare, erano necessari almeno 15 anni di contribuzione (780 settimane).

2. Requisiti per l’assegno di invalidità:

• In alternativa, è sufficiente il raggiungimento dei requisiti assicurativi e contributivi richiesti per l’assegno di invalidità pari a 5 anni di contribuzione complessiva, di cui almeno 3 accreditati negli ultimi 5 anni. È importante notare che, in questo caso, non è necessario che il lavoratore fosse stato riconosciuto invalido o inabile.

3. Pensione indiretta privilegiata:

• Se il lavoratore non ha maturato i requisiti sopra indicati, i superstiti di lavoratori dipendenti possono accedere alla pensione indiretta privilegiata, purché sussistano le condizioni previste dalla normativa di riferimento per tale specifico trattamento. Questa possibilità non è riconosciuta ai superstiti di lavoratori autonomi.

La pensione indiretta può essere ottenuta attraverso diverse modalità e strumenti integrativi:

Regime di cumulo: Ai sensi del D.lgs. 30 aprile 1997, n. 184, e dell’art. 1, comma 239 e seguenti, della L. 24 dicembre 2012, n. 228, è possibile sommare i periodi contributivi maturati in diverse gestioni previdenziali per raggiungere i requisiti richiesti.

• Totalizzazione dei contributi: La totalizzazione, regolata dal D.lgs. 2 febbraio 2006, n. 42, consente di aggregare i contributi versati presso più enti previdenziali per conseguire una pensione unica, qualora non sia possibile accedere a un trattamento separato in ciascuna gestione.

• Pensione supplementare indiretta: Laddove il lavoratore deceduto abbia versato contributi presso una gestione previdenziale diversa rispetto a quella principale, è possibile richiedere una pensione supplementare indiretta, subordinata all’esistenza di un diritto a una pensione indiretta “principale”.

PENSIONE DI REVERSIBILITÀ

La pensione di reversibilità è una prestazione previdenziale riconosciuta ai familiari superstiti del titolare di una pensione erogata dall’Inps (o da un diverso Ente previdenziale) al momento del decesso. Il trattamento, nel dettaglio, spetta ai superstiti del titolare di una pensione di vecchiaia, anticipata, di anzianità o di inabilità ed equivalenti. Non si applica, invece, all’assegno ordinario di invalidità, come disposto dalla L. 12 giugno 1984, n. 222, poiché tale prestazione non è reversibile, trattandosi di un trattamento temporaneo legato alla capacità lavorativa residua. In caso di titolarità da parte del defunto di una pensione supplementare diretta, i superstiti possono richiedere la pensione supplementare di reversibilità. Questo trattamento si applica in situazioni in cui il defunto abbia versato contributi in gestioni previdenziali diverse dalla principale e abbia già avuto accesso a una pensione supplementare. La reversibilità, in tali casi, si estende ai superstiti secondo le regole proprie della gestione previdenziale in cui è stata erogata la pensione supplementare.

BENEFICIARI DEI TRATTAMENTI AI SUPERSTITI

Il trattamento ai superstiti, presso la generalità delle gestioni Inps, spetta ai seguenti familiari (art. 13 del R.D.L. n. 636/39):

• al coniuge: per il vedovo o la vedova del pensionato o del lavoratore assicurato deceduto, il diritto alla pensione è automatico;

• al coniuge separato: secondo un primo orientamento (Cass. n. 6684/2009 e n. 11428 del 18.6.2004), occorreva che sussistesse a favore del coniuge superstite il diritto all’assegno di mantenimento o all’assegno alimentare a carico del coniuge deceduto; secondo un diverso orientamento, oggi prevalente, recepito dall’Inps nella circ. 1.2.2022, n. 19, il diritto alla pensione sussiste a prescindere dall’obbligo di versare l’assegno di mantenimento o alimentare (Cass., n. 4555/2009, Cass., n. 15516/2003, Cass., n. 2606/2018 e Cass., 15.3.2019, n. 7464);

• al coniuge divorziato, se l’inizio del rapporto assicurativo dell’assicurato o del pensionato è anteriore alla data della sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio; il coniuge divorziato superstite deve inoltre essere titolare dell’assegno divorzile – di importo non meramente simbolico – in forza di una sentenza dal tribunale (art. 5 della L. 1.12.70, n. 898; Cass., n. 9660/2013) e non deve essere convolato a nuove nozze;

figli minori ed equiparati (art. 38 del D.P.R. 26.4.57, n. 818; si tratta dei figli adottivi e affiliati, riconosciuti o giudizialmente dichiarati dal deceduto o dal coniuge del deceduto, o non riconoscibili dal deceduto per i quali questi era tenuto al mantenimento o agli alimenti in virtù di sentenza, o che nella successione del genitore hanno ottenuto il riconoscimento del diritto all’assegno vitalizio, oppure nati dal precedente matrimonio del coniuge del deceduto, o minori regolarmente affidati dagli organi competenti a norme di legge, o infine postumi, nati entro il 300° giorno dalla data di decesso del padre); • figli maggiorenni inabili al lavoro e viventi a carico al momento del decesso;

• figli studenti sino a 21 anni, sino a 26 anni se studenti universitari;

genitori ultrasessantacinquenni, laddove il coniuge o i figli manchino, o non rientrino tra gli aventi diritto; devono inoltre essere a carico del dante causa al momento del decesso e non titolari di pensione diretta o ai superstiti; chi è titolare di pensione in quanto superstite dell’altro coniuge non ha diritto alla pensione per il decesso del figlio;

• fratelli celibi e sorelle nubili, viventi a carico ed inabili al lavoro al momento del decesso del pensionato, se mancano o non hanno diritto alla pensione il coniuge, i figli e i genitori;

• nipoti (Circ. Inps n. 185/2015, che fa seguito alle sentenze in materia della Corte costituzionale n. 180/99) non autosufficienti economicamente, conviventi col nonno (o con la nonna) dante causa, o non conviventi, laddove risulti verificato il mantenimento abituale da parte del nonno o della nonna dante causa; la presenza di uno o di entrambi i genitori non ostacola il riconoscimento del diritto, purché sia accertata l’impossibilità, sia da parte del padre che da parte della madre, di provvedere al mantenimento del figlio; la pensione spetta anche ai nipoti maggiorenni, orfani dei genitori e inabili al lavoro (Corte Cost., 5.4.2022 n. 88).

PERCENTUALI DI SPETTANZA DELLA PENSIONE AI SUPERSTITI

La pensione ai superstiti è pari a una percentuale dell’importo del trattamento pensionistico spettante, o che sarebbe spettato al dante causa, comprensivo dell’eventuale integrazione al minimo (Corte Cost., 31.12.93, n. 495, Circ. Inps 20.2.95, n. 53), nelle seguenti misure:

• coniuge solo:60%

• coniuge e 1 figlio:80%

• coniuge e 2 o più figli:100%

• 1 figlio:70%

• 2 figli:80%

• 3 o più figli:100%

• 1 genitore:15%

• 2 genitori:30%

• 1 fratello o sorella:15%

• 2 fratelli e sorelle:30%

• 3 fratelli e sorelle:45%

• 4 fratelli e sorelle:60%

• 5 fratelli e sorelle:75%

• 6 fratelli e sorelle:90%

• 7 o più fratelli e sorelle:100% La cessazione della contitolarità di uno o più beneficiari determina la riliquidazione della prestazione nei confronti dei restanti familiari, in base alle aliquote di loro pertinenza e calcolando la pensione dalla decorrenza originaria con gli incrementi perequativi e di legge intervenuti nel tempo.

La cessazione della contitolarità di uno o più beneficiari determina la riliquidazione della prestazione nei confronti dei restanti familiari, in base alle aliquote di loro pertinenza e calcolando la pensione dalla decorrenza originaria con gli incrementi perequativi e di legge intervenuti nel tempo.

RIDUZIONI PER REDDITO

Il trattamento ai superstiti non spetta nella stessa misura riconosciuta al dante causa defunto, ma è ridotta, sia in base al rapporto di parentela ed al numero degli aventi diritto, sia in base ai redditi del beneficiario. In merito alla pensione di reversibilità quali sono le riduzioni per reddito? In merito, bisogna osservare che la L. n.335/1995, che ha previsto i limiti di cumulo tra redditi e pensione ai superstiti, non chiarisce quali sono i redditi del beneficiario da valutare ai fini del cumulo col trattamento pensionistico. A tale mancanza ha ovviato l’Inps, intervenendo con diverse circolari sull’argomento (si vedano, ad esempio, la Circ. Inps n. 38/1996 e la Circ. Inps n. 147/2019). In particolare, perché la prestazione sia ridotta, è necessario che i redditi posseduti dal superstite superino le seguenti soglie:

• 23.345,79 euro (3 volte il minimo Inps per il 2024): in questo caso, la pensione è ridotta del 25%;

• 31.127,72 euro (4 volte il minimo Inps per il 2024); in questo caso, la pensione è ridotta del 40%;

• 38.909,65 euro (5 volte il minimo Inps per il 2024); in questo caso, la pensione è ridotta del 50%. Il trattamento che deriva dal cumulo dei redditi con la reversibilità ridotta non può comunque essere inferiore a quello spettante per il reddito pari al limite massimo della fascia immediatamente precedente. La pensione ai superstiti, in ogni caso, non viene ridotta se nel nucleo familiare sono presenti figli minori, studenti o inabili. Inoltre, nessuna riduzione può essere operata ai trattamenti in essere alla data del 1° settembre 1995: questi ultimi subiscono però il congelamento dell’importo senza adeguamento per futuri miglioramenti, fino al completo riassorbimento della differenza. Non tutti i redditi prodotti dal beneficiario della reversibilità rilevano, ad ogni modo, ai fini dei limiti di cumulo col trattamento. Nello specifico, l’Inps, nella circolare n. 38/1996, si esprime spiegando che rilevano tutti i redditi assoggettabili all’Irpef, ma l’Istituto ha successivamente chiarito- sulla scorta di un’importante ordinanza della Corte Costituzionale [Ordinanza della Corte costituzionale sul ricorso 3326/1996, avverso la determinazione della Dpt di Perugia, ora Inpdap, n. 1213, del 01/10/1996] – che con il termine si intendono anche i redditi astrattamente assoggettabili all’Irpef, pur se nel concreto assoggettati a tassazione separata o agevolata, o a tassazione all’estero. I redditi soggetti a cedolare secca, ad esempio, possono determinare la riduzione della reversibilità. Lo dimostra anche il modello Red, in cui i redditi dei fabbricati soggetti a cedolare secca vanno riportati nel Quadro A2 (altri immobili). Non rilevano, nelle soglie di reddito:

• il Tfr, i trattamenti assimilati e le relative anticipazioni;

• il reddito della casa di abitazione;

• gli arretrati sottoposti a tassazione separata;

• l’importo della pensione ai superstiti su cui deve essere eventualmente operata la riduzione;

• la pensione e l’assegno sociale (però la reversibilità può determinare la non spettanza di queste prestazioni);

• le rendite Inail;

• gli assegni di accompagnamento;

• le pensioni privilegiate;

• le pensioni e gli assegni per invalidi, non vedenti e sordomuti.

Per evitare che l’Inps applichi in ritardo i tagli sulla reversibilità, determinando una situazione debitoria difficilmente sostenibile, è necessario inviare una dichiarazione del reddito presunto tramite modello Red o equivalente, anche contestualmente alla domanda di pensione: in questo modo, l’Inps effettua da subito le decurtazioni dovute. Qualora non sia inviata alcuna dichiarazione a preventivo, l’Inps interviene a consuntivo: il termine per operare il ricalcolo è il 31 dicembre dell’anno successivo rispetto a quello in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi.

CESSAZIONE

Il diritto alla pensione ai superstiti termina:

• per il coniuge, quando contrae nuovo matrimonio: in questo caso spetta però un assegno pari a due annualità della sua quota di pensione, compresa la tredicesima mensilità, nella misura in pagamento alla data del nuovo matrimonio;

• per i figli o i nipoti: − al compimento del 18° anno di età; − se studenti, in caso di interruzione o conclusione del corso di studi, di inizio di un’attività lavorativa oppure di raggiungimento del limite di età (21 o 26 anni); per la precisione, il diritto cessa al compimento del 26° anno di età e si sospende negli altri casi; i compensi derivanti dall’attività lavorativa, ad ogni modo, non devono superare specifiche soglie;

• se inabili, al venir meno dello stato di inabilità;

• per i genitori, se conseguono un’altra pensione;

• per i fratelli e le sorelle, se conseguono un’altra pensione, si sposano o viene meno lo stato di inabilità.

NATURA PREVIDENZIALE DELLA PENSIONE AI SUPERSTITI

Nel corso degli anni, sono emerse proposte legislative e interpretazioni volte a modificare la natura della pensione ai superstiti, di fatto qualificandola come una misura assistenziale. Ad esempio, la cosiddetta “legge anti-badanti” aveva introdotto restrizioni per evitare matrimoni di convenienza finalizzati all’ottenimento della reversibilità. Nello specifico, la norma prevedeva una riduzione della pensione ai superstiti nel caso in cui il matrimonio fosse stato contratto da una persona ultrasettantenne con un coniuge più giovane di almeno vent’anni, e durato meno di dieci anni. Tale norma è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 174 del 15 luglio 2016, in quanto lesiva dei diritti previdenziali del coniuge superstite e in contrasto con il principio di uguaglianza. La Corte Costituzionale ha in effetti più volte ribadito la natura previdenziale della pensione ai superstiti. Nella sentenza n. 162 del 30 giugno 2022, ad esempio, la Corte ha affermato che tale prestazione è una forma di tutela previdenziale necessaria per perseguire l’interesse della collettività alla liberazione di ogni cittadino dal bisogno e alla garanzia di quelle prestazioni che assicurano mezzi adeguati alle esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia. Il medesimo orientamento è presente presso la Corte di Cassazione. Nella sentenza n. 14429 del 9 giugno 2017, la Corte ha sottolineato la natura previdenziale del trattamento, in quanto derivante dai contributi versati dal lavoratore durante la sua attività. In conclusione, possiamo affermare con sicurezza che la pensione ai superstiti costituisca una prestazione previdenziale, non assistenziale, strettamente legata ai contributi versati dal lavoratore durante la sua vita lavorativa. Le pronunce della Suprema Corte e della Consulta confermano questa natura, evidenziando l’importanza di tale trattamento nel garantire la continuità economica ai familiari del lavoratore o del pensionato. L’abolizione della “legge anti-badanti” ha ulteriormente rafforzato la tutela dei diritti dei coniugi superstiti, eliminando discriminazioni basate sull’età e sulla durata del matrimonio.


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