Speciale Evento – OCCUPAZIONE FEMMINILE NELLE IMPRESE LOMBARDE: tra progressi e resistenze culturali

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Le pari opportunità: una questione soprattutto culturale – Potito di Nunzio alla presentazione del Rapporto Biennale 2022-2023: le leggi aiutano ma servono ancora decenni per cambiare la mentalità

In un contesto di trasformazione del mercato del lavoro e crescente attenzione alla sostenibilità sociale, la promozione dell’equità di genere rappresenta una priorità strategica per la Lombardia. La regione, pur distinguendosi per dinamismo economico e densità imprenditoriale, evidenzia ancora significativi divari di genere in ambito occupazionale e retributivo.

Di rilievo l’evento che si è svolto l’11 settembre 2025 presso Palazzo Lombardia durante il quale è stato presentato il Rapporto Biennale 2022-2023 sull’occupazione femminile e maschile nelle imprese lombarde con più di 50 dipendenti, un’indagine commissionata dalle Consigliere di Parità Regionali all’Università degli Studi di Brescia. Il rapporto, previsto dal Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (art. 46 del D.lgs. n. 198/2006), analizza i dati di 8.882 imprese lombarde che hanno compilato il documento obbligatorio biennale, fornendo informazioni dettagliate su occupazione, inquadramento contrattuale, retribuzioni, processi di selezione e accesso al welfare aziendale. L’analisi si è sviluppata su tre livelli – regionale, longitudinale e provinciale – con il duplice obiettivo di misurare i divari occupazionali e retributivi di genere e analizzare le cause strutturali di tali disuguaglianze.

I DATI E LE OSSERVAZIONI PRESENTATI DALLA REGIONE LOMBARDIA: UNA SINTESI

Le Consigliere di Parità Regionali della Lombardia, Anna Maria Gandolfi e la sua vicaria Valeria Gerla, nell’ambito della presentazione dello studio condotto dall’Università di Brescia sul biennio 2022-2023, hanno espresso una posizione chiara e articolata sulla persistente disparità di genere nel mercato del lavoro regionale evidenziando – in sintesi e con l’invito a leggere la documentazione inerente la ricerca disponibile a questo link – le seguenti criticità: Segregazione occupazionale: Nonostante il dinamismo economico lombardo, permangono significativi squilibri nell’accesso al lavoro, nelle opportunità di carriera e nelle retribuzioni. Particolarmente critico è il fenomeno della segregazione verticale, con scarsa pre- · a cura della redazione · Potito di Nunzio alla presentazione del Rapporto Biennale 2022-2023: le leggi aiutano ma servono ancora decenni per cambiare la mentalit

I DATI E LE OSSERVAZIONI PRESENTATI DALLA REGIONE LOMBARDIA: UNA SINTESI

Le Consigliere di Parità Regionali della Lombardia, Anna Maria Gandolfi e la sua vicaria Valeria Gerla, nell’ambito della presentazione dello studio condotto dall’Università di Brescia sul biennio 2022-2023, hanno espresso una posizione chiara e articolata sulla persistente disparità di genere nel mercato del lavoro regionale evidenziando – in sintesi e con l’invito a leggere la documentazione inerente la ricerca disponibile a questo link – le seguenti criticità: Segregazione occupazionale: Nonostante il dinamismo economico lombardo, permangono significativi squilibri nell’accesso al lavoro, nelle opportunità di carriera e nelle retribuzioni. Particolarmente critico è il fenomeno della segregazione verticale, con scarsa presenza femminile nelle posizioni apicali. Stereotipi di genere radicati: Il ricorso massiccio al part-time da parte delle donne e la maggiore incidenza dei contratti a tempo determinato riflettono un modello culturale che affida quasi esclusivamente alle donne la cura familiare, limitando le loro opportunità professionali. A fronte delle criticità evidenziate, sono state prospettate alcune soluzioni quali – Potenziamento della trasparenza: Necessità di introdurre domande più mirate nei rapporti biennali per comprendere le cause delle disuguaglianze, non solo gli effetti. Proposta di creare un Osservatorio permanente regionale che incroci dati aziendali e certificazioni di parità di genere. – Certificazione UNI/PdR 125: Valorizzazione di questo strumento non solo come riconoscimento, ma come meccanismo di rendicontazione e trasparenza per monitorare l’impegno aziendale sulla parità. Interventi prioritari sono considerati – Il superamento della segregazione verticale con accesso equo ai ruoli apicali – Il miglioramento del lavoro flessibile valorizzando il part-time volontario e il lavoro agile inclusivo – La formazione e orientamento liberi da stereotipi con rafforzamento della presenza femminile nelle discipline STEM – La governance multilivello integrata con potenziamento del ruolo delle Consigliere di Parità Le Consigliere sottolineano che “la parità occupazionale e retributiva non è una questione di donne, ma una questione di democrazia, di sviluppo e di progresso per tutte e tutti”, richiedendo un impegno comune di istituzioni, imprese, università e società civile per generare il cambiamento culturale e strutturale necessario. L’approccio proposto va oltre la semplice fotografia della realtà, puntando su proposte operative concrete per costruire un mercato del lavoro realmente equo ed efficiente che valorizzi le competenze di tutta la popolazione attiva.

UN’ANALISI SENZA PRECEDENTI SUI DATI REALI E UN SISTEMA CONTRATTUALE INADEGUATO Durante l’evento, Potito di Nunzio, Coordinatore della Consulta dei Presidenti degli Ordini dei Consulenti del Lavoro della Lombardia, ha offerto una lettura critica del fenomeno, evidenziando come le disparità vadano ben oltre la semplice questione di genere per investire l’intero sistema dei rapporti di lavoro con alla base quello culturale italiano. “Non facciamo statistiche, facciamo ricerca su dati veri”, esordisce di Nunzio, spiegando la metodologia del Centro Ricerche della Fondazione Consulenti del Lavoro di Milano di cui è Presidente: il Centro Ricerche acquisisce in maniera anonima i dati Uniemens all’interno dei quali emergono tante conferme, dati che si riferiscono alle piccole e medie realtà che non sono quelle “fotografate” dal rapporto biennale. Si vedono le diversità e non è soltanto la diversità uomo-donna, si intercettano anche tante diversità salariali a parità di mansioni, indipendentemente dal genere, ma solo perché si lavora in un’azienda piccola o in una grande. I numeri sono eloquenti: “A Milano, la differenza di salario tra il lavoratore occupato a parità di mansione nella microimpresa è il 27% in meno di quello della media impresa”. Un dato che solleva interrogativi profondi sul sistema di contrattazione italiana e che, secondo di Nunzio, richiede una riflessione urgente da parte dei sindacati. L’analisi del Presidente di Nunzio solleva una questione sul sistema contrattuale: il doppio livello di contrattazione in Italia funziona davvero? O riguarda solo le grandi aziende? Il problema, secondo il presidente degli Ordini lombardi, è che il secondo livello di contrattazione non raggiunge le micro e piccole imprese, che rappresentano il 95% delle aziende lombarde e occupano più del 60% dei lavoratori. “Non è sufficiente il salario di garanzia di poche centinaia di euro all’anno da riconoscere quando non c’è la contrattazione di secondo livello, oppure dobbiamo dire che nelle micro c’è ancora salario in “nero””.

IL GENDER PAY GAP E LE DISPARITÀ CULTURALI PERSISTENTI

Sul fronte specifico della parità di genere, di Nunzio riconosce progressi ma evidenzia criticità: rispetto ad un passato quando si parlava del 35-40% del gender pay gap, siamo ora al 20%. Certo, sono dati incoraggianti, però resta pur sempre una montagna da scalare. Quello che sorprende maggiormente è la differenza del 20% riscontrata sulla paga base, come è stato evidenziato nel corso dell’incontro e ricavato dai rapporti biennali inviati dalle aziende nel biennio 2022/2023: la paga base non dovrebbe portare differenza di genere, è riferita all’inquadramento. O forse c’è un fenomeno di sotto-inquadramento delle donne rispetto alle mansioni? E su questo vale la pena di indagare ulteriormente perché si possono profilare questioni e criticità anche a livello giuridico che possono sfociare in un contenzioso. I dati sui congedi parentali offrono un’ulteriore chiave di lettura delle disparità culturali persistenti. “Dai nostri dati e da quelli dell’ultimo rapporto annuale dell’Inps, i permessi per la maternità facoltativa utilizzati dalle donne toccano la punta dell’80%.”

SOLUZIONI CONCRETE E CONTRADDIZIONI NORMATIVE

Nonostante il quadro critico, di Nunzio propone soluzioni concrete attraverso la contrattazione di secondo livello. Un esempio significativo riguarda i congedi parentali: “Quando in azienda ci spiegano che “le donne utilizzano il congedo parentale perché guadagnano meno e la perdita economica dell’indennità è inferiore”, abbiamo studiato una diversa soluzione: calcolato il quoziente familiare, se è il marito che utilizza il congedo parentale con una sofferenza retributiva familiare, l’azienda corrisponde la differenza. Altro esempio virtuoso ha riguardato, in un’azienda, l’incentivazione allo studio delle materie STEM: “Per le famiglie che mandano i figli a scuola, alle università per studiare le materie STEM, l’azienda si fa carico di tutte le rette scolastiche. Qualcuno sostiene che è discriminazione verso gli altri?’, pazienza: l’azienda ha necessità di queste figure professionali e sostiene coloro che intraprendono questi percorsi”. Di Nunzio evidenzia anche contraddizioni nel sistema normativo: “L’uomo che ha 10 giorni di maternità obbligatoria deve essere pagato al 100%, la donna invece all’80%. Come mai? Bisognerebbe arrivare a una parità anche nella norma”. La provocazione si spinge oltre: “I periodi complessivi di assenze per maternità dovrebbero essere obbligatoriamente fruiti per metà dall’uomo metà e per metà dalla donna”.

RESISTENZE AZIENDALI, RUOLO DELLE LEGGI E SFIDE CULTURALI

Nel panorama nazionale, la Lombardia emerge come esempio virtuoso: “È l’unica regione che mette a disposizione enormi quantità economiche anche in favore della parità di genere, della certificazione della parità di genere, quindi sicuramente ha un’attenzione particolare verso il mondo del lavoro”. Tuttavia, l’esperienza diretta del Presidente di Nunzio rivela resistenze significative: “Abbiamo organizzato degli incontri specifici invitando le aziende a parlare della diversità ed inclusione. Sia le aziende italiane che straniere hanno declinato l’invito. Una sola azienda ha partecipato raccontando la loro esperienza”. Il riferimento alle politiche Trumpiane: “vanno abolite le policy che favoriscono determinate categorie di lavoratori perché aver cura del diverso vuol dire discriminare gli altri” sembra aver influenzato anche il contesto italiano. Di Nunzio propone anche un cambio di approccio comunicativo: “dovremmo smetterla di usare termini come “segregazione femminile”. In questo momento di guerre parlare di segregazione non mi piace. Parliamo di differenze, parliamo di inclusione, ma segregazione femminile è un termine brutto, che fa parte del linguaggio del ’900”.

Pur riconoscendo l’importanza della normativa, ne evidenzia i limiti: “La legge aiuta. Se non avessimo avuto le leggi che imponevano (…) nelle gare d’appalto la certificazione, avremmo percentuali diverse. Aiuta…, ma certamente non aiuta a cambiare la cultura. I femminicidi in Italia sono un fenomeno rilevante, questo ci fa capire quanta strada abbiamo ancora da percorrere”. Le statistiche internazionali offrono una prospettiva temporale preoccupante: “Le indagini a livello mondiale ci hanno evidenziato che in Italia raggiungeremo la parità nel lavoro fra 150 anni più o meno. Abbiamo sicuramente un pò di strada da fare”.

CONCLUSIONI: UNA SFIDA CULTURALE

L’intervento di di Nunzio si conclude con un appello alla responsabilità collettiva: “Insieme possiamo fare tanto per cambiare veramente la cultura nelle imprese nella società civile”. I dati emersi dall’analisi dei flussi Uniemens offrono uno spaccato inedito del mercato del lavoro italiano, rivelando come le disparità vadano ben oltre la questione di genere, investendo l’intero sistema produttivo nazionale. La sfida, secondo di Nunzio, è duplice: da un lato utilizzare gli strumenti contrattuali per colmare i gap esistenti, dall’altro lavorare su un cambio culturale profondo che richiederà generazioni per essere completato. A questo link è possibile vedere integralmente l’evento dell’11 settembre 2025.  

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