SPECIALE EVENTO – AL CENTRO IL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA DEI CONTRATTI
A cura della Redazione,
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Dibattito sulla contrattazione collettiva di qualità: Welfare contrattuale e opportunità nel terziario e turismo
Una cornice insolita e suggestiva per parlare di diritti e tutele: lo Stadio San Siro di Milano ha ospitato il 30 ottobre il convegno “Contrattazione Collettiva di Qualità – Welfare contrattuale e opportunità nel terziario e turismo”, organizzato dall’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano insieme alla UP Ancl di Milano, dalla Fondazione CDL Milano e Confesercenti. Un evento che ha riunito accademici, sindacalisti e professionisti per affrontare una questione sempre più urgente: come garantire che l’equivalenza tra i contratti collettivi non si trasformi in un’arma per abbassare le tutele dei lavoratori.
INTRODUZIONE: IL QUADRO NORMATIVO
Il D.lgs. n. 36 del 2023 (art. 11 – c.d. Nuovo Codice dei contratti pubblici) e, successivamente, il D.lgs. n. 209 del 2024 (art. 73 che ha inserito l’Allegato I.01 al D.lgs. n. 36/2023) ha delineato il perimetro normativo all’interno del quale si muovono le norme in tema di appalti, ispirate a garantire ai lavoratori un’adeguata tutela economica, avvicinando al contempo il settore pubblico e il settore privato. La promozione di condizioni di lavoro dignitose, l’adozione di misure contro il dumping salariale e il rafforzamento delle garanzie contrattuali rappresentano oggi elementi essenziali di un nuovo paradigma normativo ispirato ai c.d. appalti strategici, in linea con la visione promossa dall’Unione europea1 . In sintesi, l’art. 11 cit. prevede l’obbligo, per l’impresa aggiudicataria, di applicare un CCNL stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative “in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro” e il cui ambito di applicazione sia strettamente “connesso con l’attività dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa, anche in via prevalente” (co. 1).

Al successivo comma 2 si prevede l’obbligo, per le stazioni appaltanti e gli enti concedenti, di indicare espressamente nei bandi di gara il contratto collettivo applicabile. In tal modo, le clausole dei bandi e dei relativi capitolati impongono all’impresa aggiudicataria l’obbligo di garantire ai lavoratori impiegati nell’appalto un trattamento minimo non inferiore a quello previsto da uno specifico contratto collettivo, che deve soddisfare un duplice requisito: essere pertinente al settore oggetto dell’appalto e risultare stipulato dalle associazioni e organizzazioni sindacali dotate della maggiore rappresentatività comparata 2. Il comma 3 dà facoltà agli operatori economici di indicare nell’offerta un contratto collettivo differente, a condizione che il CCNL alternativo “garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante”. In tal modo, viene attribuito alla stazione appaltante il potere di individuare un livello minimo inderogabile di tutela da assicurare ai lavoratori impiegati nell’appalto – ma anche nel subappalto – e vincolante anche nel caso in cui l’operatore economico opti per l’applicazione di un contratto collettivo diverso 3. Il comma 4 impone alle stazioni appaltanti, prima di procedere all’affidamento o all’aggiudicazione, di acquisire “la dichiarazione con la quale l’operatore economico individuato si impegna ad applicare il contratto collettivo nazionale e territoriale indicato nell’esecuzione delle prestazioni oggetto del contratto per tutta la sua durata, ovvero la dichiarazione di equivalenza delle tutele”. Da ultimo, il comma 5 introduce una clausola di equo trattamento lungo l’intera filiera: la stazione appaltante ha l’obbligo di adeguare il bando affinché sia garantito che, in ogni caso, “le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto”. Sin qui, in sintesi, la normativa che obbliga gli operatori ad affrontare una serie di passaggi critici: è difficoltoso individuare, per le pubbliche amministrazioni, il CCNL “leader” di settore; altrettanto difficoltoso è definire le tutele cui l’operatore economico deve fare riferimento per dimostrare che il contratto collettivo alternativo applicato assicura un trattamento equo ai lavoratori impiegati nell’appalto. Il c.d. Correttivo del 2024, come detto sopra, ha introdotto (tentando di dare risposta alle difficoltà interpretative e applicative della norma del 2023) l’Allegato I.01 il quale fornisce – Indicazioni su come indicare nei bandi il CCNL da applicare al personale impiegato – I criteri per verificare se un CCNL diverso offre tutele equivalenti – Le modalità per presentare e verificare la dichiarazione di equivalenza Nello specifico, l’Allegato disciplina i criteri e le modalità per l’individuazione, nei bandi, negli inviti e nella decisione di contrarre, del contratto collettivo nazionale e territoriale da applicare al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni, in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente; la presentazione e verifica della dichiarazione di equivalenza delle tutele. Circa la identificazione del contratto collettivo applicabile, le stazioni appaltanti fanno riferimento ai criteri – della “stretta connessione” – la cui valutazione fa riferimento al codice ATECO e al confronto con i sottosettori dell’archivio CNEL – e – della “maggiore rappresentatività” – facendo riferimento in questo caso ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati tra le associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative a livello nazionale presi a riferimento dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella redazione delle tabelle per la determinazione del costo medio del lavoro nonchè, in assenza delle tabelle, chiedendo al Ministero del lavoro a quale contratto riferirsi. Si annota che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti non possono imporre, a pena di esclusione, nel bando di gara o nell’invito l’applicazione di un determinato contratto collettivo quale requisito di partecipazione. Per quanto concerne, poi, la presunzione di equivalenza: – si considerano equivalenti le tutele garantite da contratti collettivi nazionali e territoriali di lavoro, sottoscritti congiuntamente dalle medesime organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative con organizzazioni datoriali diverse da quelle firmatarie del contratto collettivo di lavoro indicato dalla stazione appaltante, attinenti al medesimo sottosettore a condizione che ai lavoratori dell’operatore economico sia applicato il contratto collettivo di lavoro corrispondente alla dimensione o alla natura giuridica dell’impresa. Ai fini della valutazione e della dichiarazione di equivalenza, laddove l’operatore economico abbia indicato un diverso contratto collettivo nazionale di lavoro, si tiene conto di criteri economici quali, ad esempio, la retribuzione tabellare annuale, l’indennità di contingenza, l’EDR ecc. e di parametri normativi, quali ad esempio la disciplina concernente il lavoro supplementare, le clausole relative al lavoro a tempo parziale ed altri ancora quali la previdenza integrativa e la sanità integrativa nonchè la disciplina relativa alla bilateralità. Come detto, spetta alla stazione appaltante valutare l’equivalenza dei contratti indicati dagli operatori economici nei documenti di gara. In particolare, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono ritenere sussistente l’equivalenza delle tutele quando il valore economico complessivo delle componenti fisse della retribuzione globale annua risulta almeno pari a quello del contratto collettivo di lavoro indicato nel bando di gara o nell’invito e quando gli scostamenti rispetto ai parametri richiamati sono marginali. Con emanando decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sono adottate le linee guida per la determinazione delle modalità di attestazione dell’equivalenza delle tutele e per la valutazione degli scostamenti che, in ragione anche del numero di parametri interessati, possono essere considerati marginali dalle stazioni appaltanti ed enti concedenti.

LO SCOPO DEL CONVEGNO
Questo, seppure in sintesi e senza pretesa di voler evidenziare i numerosi passaggi critici della legge ben evidenziati dal dott. Martello e dal prof. Faioli, il quadro normativo di riferimento all’interno del quale si è sviluppato il convegno fortemente voluto per affrontare le implicazioni pratiche e operative di questa riforma, come ha sottolineato Potito di Nunzio, Presidente dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano. Durante il convegno si è discusso dell’efficacia dei contratti collettivi in generale e in particolare dell’equivalenza dei contratti collettivi. Quest’evento si inserisce in un contesto importante per via delle riforme che si stanno sviluppando e che pongono al centro del dibattito quella che è la contrattazione collettiva di qualità. Le stazioni appaltanti identificano un contratto collettivo e le aziende, se non hanno il medesimo contratto collettivo, devono necessariamente rispettare un contratto equivalente. L’equivalenza è l’oggetto del convegno, che è non soltanto uno spaccato della normativa, ma offre sicuramente sollecitazioni e soluzioni. Ci sarà necessità di ulteriori interventi normativi o comunque di chiarimenti sia dal lato del Legislatore sia dal lato dell’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, che governa questi aspetti negli appalti pubblici. Nuovi interventi che si aggiungono a quelli recenti del 2024…. L’intervento su una norma del 2023 a così breve distanza di tempo e la manifesta necessità di un ulteriore ritocco fa riflettere. Forse si tratta di una norma che sin dall’inizio non è stata ben calibrata? Le riforme in corso pongono al centro del dibattito la qualità della contrattazione collettiva e il ruolo delle parti sociali. L’obiettivo dichiarato è evitare che il principio di equivalenza diventi uno strumento di dumping contrattuale, garantendo invece che le stazioni appaltanti possano riconoscere e valorizzare i contratti che davvero tutelano i lavoratori. Oltre al Presidente Ancl Nazionale, Enrico Vannicola, hanno partecipato alla discussione Riccardo Bellocchio, Responsabile Centro Ricerche Fondazione CDL Milano, e Alessandro Graziano, Presidente di Ancl UP di Milano, il quale ha annunciato un’iniziativa concreta per supportare i professionisti: è allo studio uno strumento che possa aiutare i colleghi nel determinare l’equivalenza tra i contratti. Il professor Michele Faioli dell’Università Cattolica del Sacro Cuore ha posto l’accento su un dato allarmante: “Un fatto importante di cui ormai tutti si stanno rendendo conto è che, sui circa mille contratti collettivi depositati presso il CNEL, vi sono quasi due terzi di contratti che presentano tutele, sia economiche sia normative, peggiorative rispetto ai contratti collettivi maggiormente applicati e sottoscritti dalle organizzazioni datoriali e sindacali più rappresentative”. Le cifre fanno impressione. Dai primi studi verticali svolti dal Laboratorio sull’Equivalenza, costituito presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore sulla base di una convenzione scientifica con ANAC e CONSIP, è emerso che le tutele normative ed economiche previste nei contratti collettivi stipulati da organizzazioni minori comportano, nella pratica, differenze molto rilevanti che incidono sia sotto il profilo economico che normativo. Il principio di equivalenza introdotto dal nuovo Codice degli Appalti, secondo Faioli, rischia di produrre “un effetto ulteriormente regressivo”. Da qui l’appello a ripensare la normativa: in questo contesto normativo, il ruolo delle parti sociali e degli enti bilaterali emerge come elemento centrale per garantire quella qualità contrattuale che la riforma degli appalti intende tutelare. Come ha sottolineato Rosario De Luca, Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, il sistema italiano della contrattazione collettiva è certamente virtuoso, è la spina dorsale di quello che è il nostro sistema di protezione sociale, ma anche di riconoscimento economico, di diritti, di tutele che hanno i lavoratori. Va valorizzato, non va sottovalutato. In questo quadro le parti sociali giocano un ruolo fondamentale nel costruire sistemi di tutele che vadano oltre il mero aspetto retributivo. Ed è in questo contesto che si muovono sia i contratti collettivi che gli enti bilaterali, nello specifico quelli del settore terziario e turismo ed Enbil, rappresentati al Convegno da Stefano Boni, Presidente Enbil -Ente bilaterale regionale lombardo-, Elvira Massimiano, esperta di Relazioni Industriali Confesercenti Nazionale, Mauro Bussoni, Segretario Generale Confesercenti Nazionale, Marco Beretta, Segretario Nazionale Filcams – CGIL, Sara Mangone, Segretaria Generale Fisascat – CISL Lombardia, Stefano Franzoni, Segretario Generale Aggiunto Uiltucs – UIL Nazionale e Emanuele Spini, Rappresentante Ente Bilaterale Regionale Lombardo. Rispetto al CCNL è stato illustrato il modello di welfare contrattuale che caratterizza i CCNL del terziario e turismo che si presenta come un sistema articolato che parte dall’assistenza sanitaria integrativa con un ampio ventaglio di prestazioni, oggi in estensione anche a misure a favore del nucleo familiare, e non soltanto del lavoratore. Sistema al quale si affianca l’attività prestata da Enbil: welfare per famiglie ma anche a sostegno delle piccole e medie imprese. Ma non solo: rispetto a quello che è stato l’argomento principale del convegno, e cioè l’equivalenza tra contratti collettivi, va sottolineato come i contributi e i servizi dell’ente bilaterale entrano nel novero di quelle che sono le valutazioni che bisogna fare per comprendere se un contratto collettivo è in linea con quanto previsto dal nostro ordinamento. È proprio qui che emerge la funzione strategica della bilateralità nel nuovo sistema degli appalti: gli enti bilaterali, con i loro servizi e contributi, rappresentano un elemento di differenziazione qualitativa tra i diversi contratti collettivi. Non si tratta solo di confrontare le retribuzioni tabellari, ma di valutare l’intero sistema di tutele che un contratto collettivo mette a disposizione dei lavoratori: dalla sanità integrativa alla previdenza complementare, dai sostegni alla genitorialità alle misure per la formazione professionale.
CONCLUSIONI
Una giornata di confronto che ha messo sul tavolo numeri, proposte e strumenti operativi, con un messaggio chiaro: la qualità della contrattazione collettiva non è un optional, ma la chiave per garantire dignità e tutele nel mondo del lavoro. Il nuovo sistema degli appalti pubblici, con il principio di equivalenza introdotto dal Codice dei Contratti, rappresenta al contempo un’opportunità e un rischio. L’opportunità è quella di valorizzare i contratti collettivi che offrono tutele effettive e comprensive, includendo nella valutazione non solo gli aspetti retributivi ma anche il welfare contrattuale e i servizi della bilateralità. Il rischio è che, in assenza di criteri chiari e di strumenti operativi adeguati, il principio di equivalenza possa trasformarsi in uno strumento di dumping contrattuale. Per questo, come emerso dal convegno, servono interventi su più fronti: linee guida ministeriali chiare, strumenti operativi per i professionisti, e soprattutto un’interpretazione della normativa orientata al principio costituzionale della massima tutela. Solo così le parti sociali potranno continuare a svolgere quel ruolo di “spina dorsale” del sistema di protezione sociale che il nostro ordinamento riconosce loro, e la bilateralità potrà essere valorizzata come elemento qualificante della contrattazione collettiva di qualità.
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L’insieme delle interviste, delle fotografie e dei materiali presentati nel corso del Convegno è disponibile per la consultazione sul sito della Fondazione Consulenti del Lavoro di Milano.
(*) RIFERIMENTO BIBLIOGRAFICO: M. Faioli, “L’equivalenza nella contrattazione collettiva degli appalti pubblici”, in Federalismi.it, n. 14/2025. Il saggio esamina la nozione di contrattazione collettiva equivalente, fulcro della recente riforma del codice degli appalti (2023/2024, art. 73 d.lgs. 209/2024). Tale riforma permette l’applicazione di CCNL alternativi a quelli indicati dalle stazioni appaltanti, a patto che le tutele per i lavoratori siano considerabili equivalenti. A questo scopo, si presenta un metodo comparativo per elaborare un indice di equivalenza. La ricerca solleva dubbi sulla potenziale tendenza al ribasso nella comparazione delle tutele, in contrasto con il principio della massima tutela (art. 36 Cost.), analizzando le conseguenze per il lavoro negli appalti pubblici e il ruolo delle istituzioni.