(Alda Merini)
Figure inquietanti si aggirano in Italia, anche per la rete, diffondendo la lieta novella del risparmio fiscale e previdenziale con una convinzione ed ostinazione tale che neanche i Testimoni di Geova: li trovi ovunque, su facebook imperversano, ti mandano mail accattivanti quasi quotidianamente, apri un solitario sullo smartphone e ti strizzano l’occhio anche da lì, nel banner a pagamento. Sono gli escapologi, gli apostoli di questa nuova – ma forse, come diremo, nemmeno tanto – attività, che si prefigge di insegnare alle aziende e agli imprenditori i mille e uno modi (formalmente legali, essi sostengono) per risparmiare oneri fiscali e/o contribuivi.
L’esotico nome prescelto deriva dall’arte dell’escapologia, cioè dall’abilità di un “mago” o di un illusionista di liberarsi da particolari costrizioni (catene, legami, bauli, camicie di forza, gabbie, vasche etc.): spesso tali rappresentazioni hanno assunto una forma molto scenica ed un sostrato di pericolo (per l’escapologo) che aumenta la suspence nello spettatore. Uno dei più conosciuti escapologi, tanto per intenderci, era il famoso Harry Houdini. “Escapologo”, pertanto deriva proprio dalla pretesa abilità di liberare i contribuenti da ”lacci e lacciuoli” di una fiscalità oppressiva, scappandovi come da una vera e propria galera.
E già da qui, una prima osservazione è che il paragone con i maghi escapologi non regge. Non solo questi giammai avrebbero accettato di svelare i segreti della loro abilità, ma nelle loro prove, specie quelle più ardite, rischiavano di persona. Non così invece i maghetti del risparmio fiscale, che non rischiano di proprio, danno consigli ed offrono servizi ma poi chi eventualmente rischia davvero è chi ha il coraggio di utilizzarli; una sorta di “armiamoci e partire” o, per dirla con un detto popolare, fare il mestiere più antico del mondo con il corpo degli altri (il detto popolare è un po’ più esplicito, ma non sembrava il caso di riportarlo qui fedelmente).
Non vogliamo ovviamente offendere nessuno ed in particolare sappiamo che taluni escapologi hanno in genere una suscettibilità inversamente proporzionale alla “tenuta” di quanto consigliano, per cui ci limiteremo ad osservare che per lo più i consigli propinati si dividono in quattro categorie:
– le ovvietà (la solita sapienza popolare le definirebbe “le scoperte dell’acqua calda”), ovvero cose che sanno tutti quelli con un minimo di conoscenza delle norme; il tutto non è dannoso, non fosse che ti viene venduto con un profumo di “rivelazione” che giustifica solo il costo pagato per saperlo;
– le strategie che non rispettano il principio di inerenza fiscale (faccio un esempio: se vuoi scaricare dal reddito aziendale il costo del pranzo della prima comunione del figlio facendolo passare per spesa di rappresentanza, non aspettarti la felicità del fisco);
– le scelte che configurano un vero e proprio abuso del diritto (per l’analisi del concetto di abuso del diritto, rimandiamo per brevità all’articolo pubblicato sul numero di questa rivista);
– le soluzioni “borderline”, cioè quelle di equilibrismi su una corda tesa ma così tesa che, inevitabilmente, ogni tanto (tac!) si rompe; però ricordate sempre che sulla corda ci siete voi.
A cosa è dovuto il successo degli escapologi? È fin troppo facile notare che mai come oggi le persone non cercano la verità e la concretezza ma sono assolutamente attratte da ciò che gli piace credere, specie se ciò che sentono gli promette soluzioni magiche e scorciatoie fantastiche. E seguire tale inclinazione non è certo privilegio dell’escapologo, visto che il mondo è pieno di soluzioni che, a dir loro, ti permetterebbero di: perdere dieci chili in dieci giorni, avere in tre settimane gli addominali del calciatore famoso o il fisico della nota soubrette, avere il diploma in tre mesi e la laurea in un anno, avere i numeri giusti per l’estrazione del Lotto, diventare (eh sì, ci si mette anche lo Stato) milionari in un giorno o turisti per sempre. E allora, perché non incaponirsi a risparmiare, con uno schiocco di dita, il 30/40 % del costo del personale o a non pagare un euro di tasse? Tutte attività rispettose, intendiamoci, con tanto di partita IVA e magari anche qualche autorizzazione ministeriale, basta crederci (frase ambivalente particolarmente interessante, perché qui ci starebbe bene come imperativo drastico: basta crederci!).
Ma il successo degli escapologi, a voler veder proprio tutto, si basa anche su altri fattori, fra i quali:
– la complicazione delle leggi, che sembrano fatte apposta per far dannare l’anima a chi vuol fare le cose per bene, ma così lasciando ampli spazi e formidabili alibi ai furbetti del quartierino;
– come pendant alla complicazione, un’attività di controllo che, a causa anche della mancanza di semplificazione, è davvero poco efficace, ed orientata sui pesci piccoli;
– una pressione fiscale ed un costo del lavoro su cui ci sarebbero tante riflessioni da fare: sarà anche “bellissimo” pagare le tasse, ma, come direbbe la ministra Fedeli, è ormai diventato da tempo “sempre più bellissimo”;
– un giornalismo che non insegue più ciò che è vero, ma solo ciò che possa fare sensazione ed audience.
Insomma, viviamo in un mondo complesso (eufemismo) in cui non sarebbe giusto dare la colpa in esclusiva a chi campa fra le pieghe di una società con davvero tanti aspetti da riformare.
Un particolare fattore dell’escapologo-ascesa su cui vorremmo poi puntare l’attenzione è la scarsa capacità dei professionisti di comunicare (che non è solo fare bei profili su facebook o siti accattivanti in rete, ma è anche e soprattutto saper ascoltare); il fattore è, in buona parte, concomitante con l’assillante burocrazia, sicchè ci si perde spesso dietro alla circolare tal dei tali o al solito modello astruso senza dedicare tempo alla percezione delle esigenze vere del cliente o solo alla sua voglia di essere capito, di avere una risposta su misura. Il quale cliente, anche a causa degli altri fattori suddetti, cede così al ”fascino sirenico” degli escapologi che gli danno ciò di cui crede di aver bisogno (lo diceva anche Kiekegaard, che di seduttori se ne intendeva, che la forza della seduzione sta nella blandizia: “essere lusingato, ci sono migliaia e migliaia che lo vogliono”).
Ma poi, questi escapologi sembrano in fondo una riedizione in chiave moderna del professionista da Bar Sport o del praticone topo d’ufficio (che non è detto che non sia quel che talvolta si sono ridotti a fare anche certi professionisti…) e, dentro un concetto più generale, non fanno altro che perseguire la dinamica (di vecchissima data) dell’imbonitore. Che è una figura affascinante e positiva, in fondo: quando giri per certe fiere paesane, oppure quando vedi qualche trasmissione promozionale in TV, spesso ti lasci incantare dalla parlantina, dalla manualità, dal trucco, da ciò che ti propongono con una sicumera ed una capacità di convincimento che non è da tutti. E così ti sorprendi, con una certa dose di autoironia, a contemplare pelapatate o sminuzzaverdura parcheggiati nella dispensa di casa e che nelle abili mani da prestidigitatore funzionavano come, dopo, non hanno mai funzionato.
Ma se un ”servizio completo da 24 persone di raffinato design in finissima porcellana” – di cui in fondo non avevi alcuna necessità e che una volta a casa non ti appare più così tanto raffinato e finissimo – te lo puoi anche permettere, se cerchi di quadrare la pianificazione fiscale o del costo del lavoro della tua azienda con determinati “consigli per gli acquisti”, beh ,che dirti … Dio raccolga il tuo dolore ed abbia pietà della tua anima.