Senza Filtro – BEAUTIFUL

Manuela Baltolu, Consulente del Lavoro in Sassari

L’8 maggio di un anno fa è entrato in vigore il D.l. n. 60/2024, denominato “decreto coesione”, convertito 60 giorni dopo – il 7 luglio 2024 – nella L. n. 95/2024. Un provvedimento tanto atteso dalle aziende in procinto di assumere nuovo personale, anche perché al 31 dicembre 2023 erano definitivamente scadute le misure incentivanti relative alle assunzioni di giovani under 36 e donne di cui alla L. n. 197/2022.

Il decreto coesione contiene una moltitudine di incentivi alle assunzioni, per 4 tipologie di soggetti:

  1. giovani under 35 (art. 22)
  2. donne in particolari condizioni (art. 23)
  3. over 35 occupati nella ZES (art. 24)
  4. giovani under 35 assunti nei settori strategici per lo sviluppo di nuove tecnologie e la transizione digitale ed ecologica (art. 21).

Poiché la decorrenza di tali benefici era fissata al 1° settembre 2024 per tutte le tipologie, ad eccezione del punto n.4 che anticipava al 1° luglio 2024, vi erano notevoli aspettative sulla possibilità che, probabilmente per la prima volta dopo qualche decennio, una norma che introduceva nuovi sgravi contributivi per le assunzioni, disciplinasse la materia con largo anticipo, lasciando i giusti e normali tempi tecnici sia ai Ministeri interessati per l’emissione dei necessari Decreti attuativi, che all’Inps per la pubblicazione delle proprie circolari operative, consentendo agli operatori di applicare i benefici spettanti senza i consueti ulteriori aggravi relativi a procedure di recupero di mensilità arretrate nonché, come già avvenuto in precedenza, di restituzione di eventuali altre misure applicate provvisoriamente in attesa di poter accedere alle nuove, con conseguenti ed inevitabili inciampi nei calcoli che, spesso, generavano note di rettifica a debito.

Grande soddisfazione quindi da tutto il mondo del lavoro che, finalmente, assisteva ad una gestione organica delle nuove misure incentivanti. Certo, era necessario anche incassare l’ok dalla UE, previsto obbligatoriamente per tutte le misure ad eccezione dell’incentivo per le donne, ma le tempistiche erano sufficientemente ampie da garantire anche tale ulteriore requisito entro i termini necessari.

All’epoca dell’entrata in vigore del D.l. n. 60/2024 così come, in seguito, con la pubblicazione della legge di conversione, non si poteva immaginare che il percorso di questi benefici si sarebbe trasformato in una soap opera ad oggi ancora in corso che, in confronto, la celeberrima Beautiful appare banale e scontata.

Capovolgimenti di fronte continui, dichiarazioni roboanti su autorizzazioni comunitarie fantascientifiche, poi rivelatesi castranti rispetto a quanto previsto dal testo normativo, Decreti attuativi pubblicati in versione bollinata sul sito del programma di Governo, poi magicamente scomparsi, Decreti attuativi firmati a gennaio 2025 pubblicati in Gazzetta Ufficiale a marzo 2025, ad oggi ancora privi di circolare Inps nonostante continue dichiarazioni che le stesse fossero già pronte e in attesa di validazione, ulteriori decreti attuativi ri-pubblicati sul sito del programma di Governo nella prima decade di aprile 2025 ad oggi ancora assenti in G.U., obbligo di autorizzazione UE sparito per le misure per le quali nel D.l. n. 60/2024 era indicato come condicio sine qua non, autorizzazione UE apparsa improvvisamente per l’unica misura per cui il D.l. n. 60/2024 non l’aveva indicata come obbligatoria.

Ma ripercorriamo tutte le puntate con ordine. Come detto, nel testo del D.l. n. 60/2024 tutti gli incentivi, con eccezione del bonus donne, erano subordinati all’autorizzazione UE. Il 30 gennaio 2025, con grande enfasi, viene annunciata la concessione dell’autorizzazione UE per il bonus giovani (art. 22) ed il bonus donne (art. 23). Tale autorizzazione, la C(2025) 649 final del 31 gennaio 2025, contiene, per entrambi i bonus, una specifica sulla ZES, in relazione al luogo di lavoro per il bonus giovani ed alla residenza per le donne prive di impiego retribuito da almeno 6 mesi.

Qualche giorno dopo, nel sito del programma di Governo, veniva pubblicata la versione bollinata del D.M. attuativo del bonus giovani, creando sgomento e frustrazione tra gli addetti ai lavori, in quanto venivano escluse dal beneficio le assunzioni effettuate in data precedente all’autorizzazione UE, ovvero dal 1° settembre 2024 al 30 gennaio 2025, oltre ad un ulteriore esclusione delle assunzioni effettuate prima di aver presentato richiesta telematica all’Inps che, ad oggi, non si è ancora espressa in merito, rendendo quest’ultima previsione priva di logica.

Dopo varie manifestazioni di dissenso degli operatori, espresse in modo più o meno etico, anche e soprattutto sui social, il D.M. dello scandalo spariva magicamente dal sito istituzionale, lasciando spazio ad annunci di interlocuzioni con la UE, finalizzate a rimediare al taglio della misura incentivante.

In realtà, il testo dell’autorizzazione UE era piuttosto chiaro: “La presente decisione riguarda pertanto esclusivamente il Bonus Giovani e il Bonus Donne Mezzogiorno”, e la decorrenza di tali riduzioni contributive a partire dalla data di autorizzazione stessa, non era certo una novità, in quanto stabilito nell’ultimo periodo del co. 3, art. 108 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea – TFUE: “Lo Stato membro interessato non può dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale.”

E poiché già nella versione consolidata del 2012 il testo del TFUE conteneva tale assunto, appare singolare che la richiesta di autorizzazione risulti notificata dal nostro Governo solo il 12 dicembre 2024, a fronte di un D.l. entrato in vigore l’8 maggio 2024.

Tra l’altro, nonostante i fisiologici rallentamenti all’apparato comunitario che potrebbero essere stati causati dalle elezioni europee del 2024, la commissione di autorizzazione aiuti di stato ha continuato a lavorare regolarmente, come dimostra la pubblicazione di autorizzazioni emesse per vari stati membri in ogni mese del 2024, alcune anche per la stessa Italia, come ad esempio quella relativa al caso SA.114811 riguardante aiuti alle imprese che effettuano il trasporto di merci su strada per conto proprio, datata 12 settembre 2024, la cui richiesta è stata notificata dal nostro paese il 28 giugno 2024.

Procedendo con l’evoluzione relativa ai nostri cari incentivi, il 7 marzo 2025, veniva pubblicato in G.U. il D.M. relativo al bonus ZES (art. 24), firmato due mesi prima (7 gennaio 2025), nel quale si è modificato il testo del D.l. n. 60/2024 che, come detto, prevedeva l’obbligo di autorizzazione UE, mentre il D.M. afferma, correttamente, che la misura rientra nel Reg. UE 651/2014 ed è, quindi, esentata dall’obbligo. Tuttavia, manca, ad oggi, la circolare operativa Inps per poter materialmente applicare il beneficio.

Il 26 marzo il sottosegretario al Ministero del Lavoro, in risposta ad un’interrogazione presso la Camera sul bonus giovani, contrariamente a quanto indicato dal D.l. n. 60/2024 dichiara che, poiché la misura riguarda tutti i datori di lavoro privati dell’intero territorio nazionale che assumono a tempo indeterminato under 35 mai occupati a tempo indeterminato, non ha carattere selettivo e, pertanto, non costituisce aiuto di Stato; di conseguenza, la sua applicazione non necessita della preventiva autorizzazione della UE.

I primi di aprile vedono la luce i due nuovi D.M. attuativi del bonus giovani e del bonus donne, ancora in versione bollinata e sempre sul sito programmazione Governo. Sostanzialmente viene confermato il contenuto dell’autorizzazione UE, subordinando la decorrenza dei soli incentivi relativi alla ZES, anche se per presupposti completamente differenti (luogo di lavoro per il bonus giovani e luogo di residenza per le donne, indipendentemente dal luogo di lavoro), alla data del 31 gennaio 2025, mentre per il bonus giovani fuori dalla ZES ed il bonus donne con caratteristiche diverse, la decorrenza viene confermata dal 1° settembre 2024.

Ma i colpi di scena non sono ancora finiti. Vengono infatti inserite due ulteriori limitazioni, totalmente assenti nel testo del D.l. n. 60/2024: il bonus donne residenti nella ZES viene assoggettato ad ulteriori preclusioni in caso di licenziamenti avvenuti nei 6 mesi precedenti e/o successivi all’assunzione agevolata, e per le donne impiegate nei settori ad alta disparità di genere, la durata viene dimezzata da 24 a 12 mesi.

Come se tutto ciò non bastasse, viene replicata la medesima dicitura, già contenuta nel D.M. dello scandalo (quello scomparso, per intenderci), che preclude l’accesso allo sgravio contributivo a tutte le assunzioni effettuate prima di aver presentato all’Inps l’istanza di richiesta dell’incentivo, ad oggi inesistente poiché inesistente è la relativa circolare dell’istituto (!!!), sia per il bonus giovani occupati nella ZES che per le donne ivi residenti.

Prevedere una condizione inattuabile pare uno scherzo dell’intelligenza artificiale, che acchiappa contenuti dove può e ovunque, senza selezionare l’attendibilità delle fonti. In pratica vengono penalizzate le assunzioni in qualsiasi modo riconducibili al mezzogiorno, alla faccia della Zona Economica Speciale!!!!

Inoltre, come accennato in precedenza, proprio a ridosso della scadenza dei due anni entro cui il nostro paese dovrà recepire la Direttiva UE 2023/970 sul gender pay gap, il D.M. in trattazione taglia del 50% la durata dello sgravio per le donne prive di impiego regolarmente retribuito negli ultimi 6 mesi ed impiegate in settori e professioni ad alta disparità di genere, (individuati per il 2025 dal D.M. 3217 del 30.12.2024), riducendola a 12 mesi rispetto ai 24 mesi previsti nel D.L. 60/2024. Un modo bizzarro di sostenere il superamento della disparità di genere!

Ma, sorpresa sorpresa, nemmeno questi due D.M. sono ancora approdati in G.U., quindi ancora tutto è possibile, giacché abbiamo assistito a magiche “apparizioni e scomparizioni”.

Infine, anche il D.M. bollinato relativo alle assunzioni nei settori strategici per lo sviluppo di nuove tecnologie e la transizione digitale ed ecologica (art. 21), è comparso nel sito della programmazione del Governo, ma, anch’esso, non ancora in G.U. Anche in questo caso, è sparito l’obbligo di autorizzazione UE indicato nel D.l. n. 60/2024, poiché tale misura rientra anch’essa nel Reg. UE 651/2014.

Le puntate finora descritte fanno emergere alcune criticità. In primis, una più approfondita conoscenza del diritto comunitario e dei vari regolamenti cui le misure incentivanti potevano essere collocate fin dal principio, avrebbe potuto evitare questi incresciosi ed imbarazzanti balletti tra AUTORIZZAZIONE SI- AUTORIZZAZIONE NO- AUTORIZZAZIONE FORSE.

Inoltre, i Decreti Ministeriali, di fatto, hanno modificato i contenuti di una legge dello Stato, in barba alla gerarchia delle fonti, all’interno della quale gli stessi D.M. non sono contemplati e, anzi, se anche avessero natura di regolamento, l’art.4 delle preleggi del c.c. dispone che gli stessi “non possono contenere norme contrarie alle disposizioni delle leggi”.

Ma l’aspetto peggiore di questa vicenda, è che acuisce gravemente sensazioni che da tempo tutti noi ci portiamo dentro. Il senso di impotenza ormai cronicizzato nei confronti di un sistema legislativo logorroico, inaffidabile e sempre più incomprensibile. La mortificazione del professionista nei confronti delle aziende assistite, che attendono da un anno di poter ridurre il costo del lavoro, con buona pace dei budget elaborati sulla scorta di testi normativi consolidati, modificati l’anno successivo da provvedimenti amministrativi.

Non è per nulla gratificante muoversi nel ginepraio di quello che comunemente viene definito “diritto circolatorio”, essendo costretti a gestire le problematiche dei propri clienti seguendo ragionamenti prudenziali anziché perseguire coraggiosamente i principi del diritto, oggi sovvertiti, esprimendo appieno le proprie competenze in materia giuslavoristica, poiché la stratificazione normativa e il conflitto tra testi legislativi, atti amministrativi, prassi e quant’altro, genererebbe contenzioso legale che non tutte le PMI sono in grado di sostenere in termini di tempi e costi.

La triste consapevolezza che no, non ci sarà un lieto fine come nelle soap opera, poiché la realtà ha superato di gran lunga la fantasia. Ultimamente, capita di leggere e sentire sempre più spesso di quanto siano diventate poco attrattive le professioni intellettuali, di quanto sia calata la qualità degli elaborati agli esami di abilitazione, di quanto sia importante ed inesorabile il calo di iscritti in tutti gli ordini professionali.

A parere di chi scrive, la deriva normativa qui trattata è tra le principali cause del disamore per le professioni, che difficilmente si potrà arginare se non si comincia a lavorare seriamente sulla certezza del diritto. Persino noi, che ancora amiamo il nostro lavoro, che ancora abbiamo un’inspiegabile ed irrazionale passione per ciò che facciamo, un amore incondizionato per il diritto del lavoro, anche noi sì, iniziamo purtroppo ad arrancare, sempre più avviliti dallo stato delle cose.

E, purtroppo, non sarà l’intelligenza artificiale a risolvere tali problematiche. Fortunatamente però, siamo anche persone lungimiranti ed ottimiste e, nonostante tutto, auspichiamo ancora romanticamente che possa esserci un cambiamento reale, una parvenza di organicità e di logica nella gestione della produzione legislativa.

Ancora sentiamo ardere in noi, seppure un poco affievolita, quella fiammella di abnegazione per il nostro lavoro che ci consente di trovare la forza di resistere e non demordere, ma dovrà essere alimentata in maniera corretta per non arrivare a spegnersi definitivamente.

Chissà, magari nelle prossime puntate…


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