Sentenze – Ripetere le motivazioni di un licenziamento assume carattere ritorsivo dello stesso

Riccardo Bellocchio , Consulente del Lavoro in Milano

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Cass., sez. Lavoro, 9 maggio 2025, n. 12277

La vicenda portata al giudizio della Corte prende le mosse dal ricorso di un lavoratore licenziato due volte dalla stessa società. Il primo licenziamento era stato già dichiarato nullo in via definitiva, con reintegra ordinata dal Tribunale. Dopo oltre 20 mesi, la società ha aderito alla reintegra con contestuale secondo licenziamento, adducendo lo stesso giustificato motivo oggettivo già ritenuto illegittimo in precedenza (dismissione di servizi aziendali). Il secondo licenziamento è stato impugnato dal lavoratore che ne ha contestato la natura ritorsiva.

Il giudice e la Corte d’Appello respingevano la richiesta del datore di lavoro alla reintegra per licenziamento nullo con carattere ritorsivo del lavoratore La società ricorreva quindi in Cassazione lamentando che la Corte territoriale aveva stravolto l’indagine sull’elemento costitutivo del recesso (provato e non contestato) rappresentato dalla dismissione in ambito aziendale di figure professionali di addetto allo svolgimento delle mansioni a suo tempo assegnate o di altre equivalenti, riconducendolo aprioristicamente e presuntivamente ad una fattispecie di licenziamento nullo, perché ritorsivo, e/o connotato da un motivo illecito, anche in violazione dell’orientamento giurisprudenziale affermatosi sulla questione; si deduce, altresì, che vi era stata una inversione logico consequenziale, costituente violazione di legge, in quanto prima avrebbe dovuto essere accertata la effettiva reintegrabilità del lavoratore nelle mansioni precedentemente assolte e, solo in caso di esito negativo di tale indagine, si sarebbe potuto procedere a valutare il carattere ritorsivo del licenziamento; si rappresentava, infine, che dalla analisi della sentenza non era possibile ricavare alcun argomento che inducesse a ritenere che l’elusione dell’ordine di reintegra fosse stato il motivo illecito effettivo e soprattutto, unico e determinante. La Corte di Cassazione cassa questa motivazione e confermando i precedenti gradi di giudizio afferma che il secondo recesso conteneva motivazioni identiche a quelle già smentite dal giudice in precedenza.

La Corte ha ravvisato un intento elusivo dell’obbligo di reintegra, configurando un licenziamento nullo per motivo illecito (ritorsivo), in quanto la società non ha fornito elementi oggettivi nuovi che potessero giustificare la dismissione dell’attività o l’impossibilità di reintegrare il lavoratore e quindi il licenziamento è stato considerato ritorsivo perché scaturito da una reazione alla reintegra ordinata dal giudice.

La prova del carattere ritorsivo, conclude la Corte, può fondarsi su elementi presuntivi, valutati nella loro globalità: la reiterazione delle stesse motivazioni, la cronologia degli eventi e l’inadempienza all’ordine giudiziario. Il secondo licenziamento aveva l’obiettivo sostanziale di rendere vano il diritto del lavoratore di riottenere il proprio posto di lavoro, valutando tutti gli elementi, cronologici, comportamentali, materiali e giurisdizionali che il lavoratore aveva offerto in giudizio e concludendo con l’affermare, quindi, che l’elusione dell’ordine di reintegra era stato il motivo illecito unico e determinante del secondo licenziamento.

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