Sentenze – Rigetto della richiesta di pagamento delle differenze retributive

Clara Rampollo, Consulente del Lavoro in Pavia

Cass., sez. Lavoro, Ord. 19 febbraio 2024, n. 4358

La vicenda riguarda il rigetto della domanda con cui il ricorrente, lavoratore con mansioni di conducente di linea, aveva chiesto la trasformazione del rapporto da part time a tempo pieno ed il pagamento di differenze retributive pari ad € 196.586,87 per avere osservato un orario di lavoro superiore a quello contrattualmente stabilito. La Corte di Cassazione rigetta l’istanza presentata dal lavoratore licenziato per motivi procedurali e di sostanza confermando quanto già stabilito in appello: la Corte di merito di Napoli aveva infatti rigettato il ricorso contro la sentenza del tribunale proposto con cinque motivi. Di seguito esaminiamo i cinque punti: 1. Sia il tribunale sia la Corte d’Appello avevano incluso, nel calcolo della prestazione lavorativa svolta, solo i tempi effettivi di guida e i tempi accessori, senza considerare come ore lavorate quelle trascorse in sosta presso il parcheggio, in virtù della considerazione che in quel frangente il lavoratore restava inoperoso. Il ricorrente adduceva come motivo di ricorso la violazione della Legge n. 138/1958 (stabilisce all’art. 6 che si computa come lavoro effettivo per il personale viaggiante il tempo impiegato per la guida ed il periodo durante il quale il conducente è comandato a disposizione dell’azienda) e la disapplicazione del D.lgs. n. 234/2007. 2. La Corte d’Appello aveva disconosciuto l’indennizzo violando, in combinato disposto, sia l’art 3, D.lgs. n. 234/2007 sia l’art. 20 del Ccnl autoferrotramvieri che consente al giudice di liquidare il danno in via equitativa, anche per sopperire alle difficoltà del lavoratore di reperire altre attività dovendo garantire le quattro ore da contratto. Questi due primi motivi sono stati esaminati insieme per via della connessione che li lega, risultando infondati. In base all’istruttoria il ricorrente dopo il parcheggio del mezzo di trasporto era del tutto privo di vincoli, essendo libero di autodeterminarsi senza essere soggetto a qualsivoglia ordine od obbligo di reperibilità. 3. La Corte d’Appello avrebbe erroneamente disapplicato l’art. 36 del Ccnl autoferrotranvieri del 04.12.2004 affermando che il ricorrente non avesse indicato l’accordo aziendale su cui fondare la richiesta agli incentivi sulla produttività; il ricorrente adduceva che in base al suddetto articolo chiamato in causa, in assenza dell’accordo aziendale il calcolo venga fissato nel 50% della maggiorazione. 4. Con il quarto motivo si deduceva la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 115 c.p.c. per aver affermato che l’azienda non avrebbe fornito la prova di quanti biglietti fossero stati emessi e, se fosse prevista una maggiorazione sul loro prezzo di vendita, mentre di contro il ricorrente aveva prodotto i relativi conteggi che erano stati comunicati alla datrice di lavoro senza essere mai stati contestati. Questi due successivi motivi sono stati esaminati congiuntamente e ritenuti infondati. La vendita a bordo dei titoli di viaggio per gli operatori, infatti, non è dovuta perché non c’è un accordo aziendale su cui fondare la richiesta: la pretesa è generica in ordine ai presupposti senza una contrattazione aziendale, pur in presenza della prova di aver venduto dei biglietti. Non essendo poi stata dimostrata la pretesa non-contestazione da parte dell’azienda dei conteggi relativi alla vendita, la Corte non è tenuta a verificare con chiarezza se la controparte abbia avuto o meno occasione di replicare. 5. Con il quinto motivo si prospettava la nullità della sentenza per aver omesso di pronunciarsi sulla domanda con cui veniva chiesto che la violazione del contratto di lavoro era stata sistematica basandosi però su 23 ore settimanali di lavoro anziché 24 ore. Anche questo motivo non è stato accolto in quanto la Corte ha accertato che il ricorrente fosse stato interamente saldato delle proprie spettanze a concorrenza dell’orario contrattuale di 24 ore lavorate. In conclusione il ricorso de quo va respinto.


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