Cass., sez. Lavoro, 26 febbraio 2024, n. 5002
In questa sede si analizza il caso di un lavoratore dipendente con mansioni di operaio addetto allo scarico bagagli. Durante un periodo di assenza, coperto da certificato di malattia per un problema sofferto all’arto superiore destro, questi viene sorpreso a svolgere in via continuativa attività di istruttore di “kick boxing”, presso la palestra di cui è titolare. A seguito di tale comportamento, viene licenziato per giusta causa. Il lavoratore decide di impugnare il licenziamento, andando incontro ad un rigetto da parte del Tribunale, al termine della fase sommaria. Procede presentando opposizione che viene accolta grazie all’esecuzione di una consulenza tecnica d’ufficio. Il giudizio di primo grado si chiude dunque in maniera favorevole al lavoratore, il quale ottiene l’annullamento del licenziamento e l’ordine di reintegra nel posto di lavoro. La società decide di ricorrere in appello, da cui scaturisce una decisione che ribalta l’esito del giudizio di primo grado e rigetta l’opposizione del lavoratore. Quest’ultimo presenta dunque ricorso presso la Suprema Corte, ricorso che viene dichiarato inammissibile per motivi procedurali. Perlopiù i motivi alla base non erano di competenza della Suprema Corte, bensì del giudice di merito. La sentenza della Cassazione merita, in ogni caso, un’analisi per quanto va a puntualizzare in tema di attività consentite durante un periodo di malattia. Innanzitutto, bisogna rilevare che l’attività svolta dal lavoratore durante il periodo di malattia (istruttore di kick boxing) non era in concorrenza con l’attività dell’ex datore di lavoro, quindi si potrebbe affermare che non vi sia violazione dell’obbligo di fedeltà, inteso nel senso più stretto del termine, così come previsto dall’art 2105 c.c.: “Il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’imprenditore…”. Tuttavia, la mancata osservanza dell’obbligo di fedeltà viene riscontrata se lo si considera come dovere del lavoratore di mantenere un comportamento corretto e leale nei confronti della società e, pertanto, se lo si legge in correlazione con gli artt. 1175 e 1375 c.c., inerenti ai doveri di correttezza e buona fede. Ciò che la sentenza n. 5002 del 26 febbraio 2024 della Cassazione chiarisce e, che già era emerso durante l’appello, è il tipo di attività che il lavoratore può svolgere durante un eventuale periodo di malattia. O meglio, la Corte sostiene che non vi sia un divieto asso to e che, pertanto, alcune attività possano essere esercitate. Per sapere quali queste siano, è necessario effettuare una valutazione caso per caso, che ponga in relazione la tipologia di malattia e le “mansioni svolte nell’ambito del rapporto di lavoro” con l’attività esercitata esternamente durante il periodo di malattia. Affinché sia lecita, quest’ultima non deve essere “tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione ed il pronto rientro al lavoro”. Nel caso in questione, l’abituale esercizio del ruolo di istruttore da kick boxing da parte del lavoratore è stato considerato come pregiudizievole ad una pronta guarigione ed un solerte rientro al posto di lavoro. Tale tesi è stata supportata dai certificati medici che dimostravano un progressivo peggioramento della condizione dell’arto offeso (causa della malattia del lavoratore).