Sentenze – Pubblico impiego: il trasferimento non può essere revocato, nonostante il venir meno dei suoi presupposti fattuali

Alice Pattonieri , Consulente del Lavoro in Milano

Cass., sez. Lavoro, 6 dicembre 2023, n. 34090

I fatti riguardano un dipendente del Ministero di Giustizia, il quale ha agito in giudizio presso il Tribunale di Agrigento affinché fosse riconosciuto il suo diritto al trasferimento ex art. 33, co. 5, L. n. 104/92, per poter assistere un familiare affetto da grave disabilità e deceduto successivamente all’avvenuto trasferimento. In seguito all’accoglimento della domanda, la controparte ha presentato ricorso alla corte d’Appello di Palermo, adducendo che le condizioni sulle quali fondare la pronuncia fossero quelle già “cristallizzate nella sentenza di primo grado” e che non avesse rilevanza il fatto che il familiare assistito fosse venuto a mancare nelle more del giudizio di Appello. Il rigetto del ricorso è stato confermato dalla Cassazione, con sentenza n. 34090 depositata il 6/12/2023. La Suprema Corte, infatti, ha specificato la regola generale secondo la quale la sussistenza dell’oggetto di lite deve sempre essere verificata al momento della decisione. Tale regola generale trova un’eccezione proprio nel caso del trasferimento del personale pubblico, per il quale devono prevalere le regole di mobilità dei pubblici dipendenti. Infatti, nella valutazione relativa alla legittimità del trasferimento di un dipendente pubblico, non è possibile revocare da un momento all’altro il trasferimento per il venir meno delle condizioni fattuali che ne hanno originato la necessità. In una tale situazione, è imprescindibile tener conto innanzitutto di fattori quali la priorità tra più aspiranti e le verifiche della disponibilità dei posti da assegnare, dal momento che il posto di provenienza del dipendente trasferito potrebbe già essere stato riassegnato. Si rischierebbe di andare incontro ad una ricollocazione “a catena”, se il posto di provenienza del dipendente parte in causa fosse stato riassegnato e, così, il posto di provenienza del collega sostituto della parte in causa e così via fino all’origine. Oltre alla difficoltà tecnica e logistica della gestione di una simile situazione, si andrebbero a calpestare diritti di personale che nulla ha a che vedere con il giudizio in questione. La Cassazione rigetta dunque il ricorso, fondando la sua decisione sulla certezza dell’esistenza del diritto al trasferimento nel momento in cui tale diritto veniva concesso. Pertanto, è da considerarsi verificato e cristallizzato. Il fatto che, in un secondo momento i presupposti fattuali siano venuti meno, non provoca l’estinzione del diritto ma intavola le premesse per un eventuale nuovo trasferimento, che rappresenta una situazione completamente nuova e diversa, estranea al giudizio in questione ma che potrebbe, dal canto suo, essere oggetto di un nuovo giudizio.


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