Sentenze – Piano di ristrutturazione aziendale e impossibilità di adibire il lavoratore ad altre mansioni

Stefano Guglielmi, Consulente del lavoro di Milano

Cass., sez. Lavoro, Ord. 14 novembre 2023, n. 31645

Con la sentenza n. 168 del 2020 la Corte di appello di Catania, in riforma della pronuncia del Tribunale della stessa sede, ha annullato il recesso intimato in data 27.11.2014 dal datore al dipendente, Segretario Economo, e ha condannato la datrice di lavoro alla reintegrazione nel posto di lavoro del dipendente e al pagamento di una indennità risarcitoria commisurata all’ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegrazione, detratto quanto percepito a far tempo dal 29.12.2015 da altro datore di lavoro, oltre accessori e regolarizzazione contributiva previdenziale ed assistenziale. Il recesso era stato intimato per giustificato motivo oggettivo, in particolare per la necessità di fare luogo alla riorganizzazione dell’attività produttiva aziendale ai fini di renderla più efficiente ed economica, con la conseguenza che era stato deciso di sopprimere la figura di Segretario Economico. I giudici di seconde cure, confermata la inammissibilità, in sede di rito c.d. Fornero, delle domande di risarcimento danni da mobbing e da dequalificazione professionale ed esclusa la natura discriminatoria o ritorsiva del licenziamento, hanno ritenuto la manifesta insussistenza del fatto poiché il piano di ristrutturazione aziendale minuziosamente evocato nella lettera di licenziamento non poteva costituire il supporto giustificativo ai sensi della L. n. 604 del 1966, articolo 3 perchè la eliminazione della figura di Segretario Economo era stata già attuata al momento del recesso; hanno, poi, concesso la tutela reintegratoria e risarcitoria piena vertendosi in ipotesi di manifesta insussistenza del fatto ex articolo 18, comma 7, St. lav. Avverso la suddetta decisione ha proposto ricorso per cassazione il datore. I principi di diritto, da tenere presente, sono quelli affermati dalla giurisprudenza di legittimità che ha precisato che quando il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo, L. n. 604 del 1966, ex articolo 3 sia determinato dalla necessità di procedere alla soppressione del posto o del reparto cui è addetto il singolo lavoratore, ai fini della legittimità dello stesso, sul datore di lavoro incombe la prova della concreta riferibilità del licenziamento a iniziative collegate ad effettive ragioni di carattere produttivo-organizzativo sussistenti all’epoca della comunicazione del licenziamento, e della impossibilità di utilizzare il lavoratore in altre mansioni compatibili con la qualifica rivestita, in relazione al concreto contenuto professionale dell’attività cui il lavoratore stesso era precedentemente adibito. L’accertamento di tali presupposti costituisce valutazione di merito, insindacabile in sede di legittimità ove adeguatamente motivata (Cass., n. 14815/2005). In ossequio al disposto dell’articolo 41 Cost. se il giudice accerti, in concreto, l’inesistenza della ragione organizzativa o produttiva indicata a motivazione del recesso, la cui prova grava sul datore di lavoro, il licenziamento risulterà ingiustificato per la mancanza di veridicità o la pretestuosità della causale addotta (Cass., n. 752/2023; Cass., n. 10699/2017). Il riscontro di effettività attiene alla verifica del nesso causale tra soppressione del posto di lavoro e le ragioni della organizzazione aziendale addotte a sostegno del recesso (Cass., n. 24458/2016 in motivazione). Nella fattispecie in esame, la Corte territoriale, nella valutazione dei fatti posti a base del recesso è giunta alla conclusione che era rimasta del tutto carente la prova eziologica della soppressione della figura del Segretario Economo rispetto al piano di ristrutturazione varato dalla fondazione e, quindi, per il licenziamento non era stata dimostrata la effettività del motivo addotto a fondamento del recesso. La Corte territoriale, nel riconoscere l’indennità risarcitoria al lavoratore dal giorno del licenziamento sino a quello della effettiva reintegrazione e, in ogni caso, non superiore a dodici mensilità (cfr. in motivazione), ha disposto che fosse sottratto quanto percepito dal lavoratore a seguito del rapporto di lavoro instaurato presso nuovo datore, dal 29.12.2015 allorquando cioè, il dipendente aveva dichiarato di essere stato assunto con la qualifica di direttore. Alla stregua di quanto esposto, il ricorso deve essere rigettato.


Scarica l'articolo