Cass., sez. Lavoro, sentenza 4 dicembre 2024, n. 31064
La Corte di Appello di Palermo ha rigettato la domanda di un lavoratore volta a conseguire dal Fondo di garanzia presso l’Inps, il trattamento di fine rapporto (TFR) maturato alle dipendenze della società, in epoca anteriore alla cessione del ramo di azienda. I giudici territoriali avevano ritenuto che l’intervento del Fondo di garanzia fosse precluso, per difetto del requisito della cessazione del rapporto di lavoro in quanto lo stesso era continuato alle dipendenze della società cessionaria del ramo d’azienda. Avverso tale pronuncia il lavoratore propone ricorso per cassazione. Il lavoratore adduce, a motivo del ricorso, che in luogo della cessazione del rapporto di lavoro, rileverebbe l’accordo ex art. 47, Legge n. 428/1990 stipulato con le organizzazioni sindacali. Essendo la cedente in situazione di crisi aziendale, era stato stabilito che i lavoratori interessati dal trasferimento sottoscrivessero un accordo di rinuncia ad agire nei confronti della cessionaria, per il TFR maturato alle dipendenze della cedente all’atto del trasferimento. L’Inps ha rimarcato e la Suprema Corte ha consolidato l’orientamento da applicare nei casi di procedure concorsuali con contestuale richiesta di intervento del Fondo di garanzia del TFR. Il diritto del lavoratore di ottenere la corresponsione del TFR dal Fondo speciale di Garanzia del TFR è un diritto di credito di una prestazione previdenziale, distinto ed autonomo, rispetto ad un credito retributivo vantato nei confronti del datore di lavoro. Tale diritto si perfeziona al verificarsi della condizione di insolvenza del datore di lavoro e all’accertamento dell’esistenza e della misura del credito in sede di ammissione al passivo ovvero all’esito di una procedura esecutiva. Inoltre, le condizioni di intervento del Fondo di garanzia risultano tassativamente indicate dall’art. 2, Legge n. 297/1982 e presuppongono che sia stato dichiarato insolvente ed ammesso alle procedure concorsuali il datore di lavoro e che il TFR sia esigibile per effetto della cessazione del rapporto di lavoro. Scopo della legge è infatti l’assicurazione di una copertura del Fondo di garanzia per i crediti insoddisfatti che siano maturati in quel determinato periodo di tempo in cui si può ragionevolmente presumere che l’inadempimento datoriale sia conseguenza della condizione di insolvenza, non anche la copertura di un qualsiasi inadempimento verificatosi in danno del lavoratore. Il lavoratore ceduto, con la sottoscrizione dell’accordo sindacale, ha semplicemente rinunciato alla solidarietà passiva della società cessionaria per il TFR maturato alle dipendenze della società cedente. Proseguendo nelle precisazioni, la Suprema Corte ha ribadito che non può ravvisarsi nemmeno il legame tra l’insolvenza datoriale e l’inadempimento del credito retributivo perché in tal caso si verrebbe necessariamente a sviare il patrimonio del Fondo di garanzia dalla causa che ne ha determinato l’istituzione, in contrasto con la precisa lettera dell’art. 2, comma 8, Legge n. 297/1982, che vieta d’impiegare le disponibilità del Fondo al di fuori della finalità istituzionale del fondo stesso. Infine, l’intervento del Fondo di garanzia costituisce un adempimento di obbligazione pubblica che trova nella legge di derivazione comunitaria la propria disciplina e non può che rimanere insensibile ad eventuali pattuizioni intercorse tra parti private. Il ricorso è rigettato.