Sentenze – Onere probatorio negli infortuni sul lavoro: come ottenere il risarcimento
Patrizia Masi , Consulente del Lavoro in Milano
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Cass., sez. Lavoro, Ordinanza 24 luglio 2025, n. 21172
Il dipendente di una ditta individuale che produceva fuochi d’artificio è deceduto, insieme al datore di lavoro e ad altri, il 25 luglio 2013, a causa dell’esplosione della fabbrica che ha provocato la morte di cinque persone. Gli eredi del lavoratore hanno chiesto al Tribunale di Pescara il risarcimento integrale di tutti i danni, sia iure hereditatis, ovvero quelli originariamente subiti dalla vittima e trasmessi agli eredi (come il danno biologico subito dal lavoratore tra l’evento lesivo e il decesso), sia iure proprio, cioè quelli direttamente subiti dagli eredi in conseguenza della perdita del congiunto (come spese sostenute, danno morale e biologico derivante dalla sofferenza per la perdita). Il Tribunale ha rigettato la domanda, ritenendo che i ricorrenti non avessero dedotto le specifiche misure di sicurezza omesse dal datore di lavoro, né comunque dimostrato l’inesatta esecuzione dell’obbligo di sicurezza né il nesso causale tra l’evento lesivo e i danni da loro rivendicati. La Corte d’Appello ha confermato la sentenza di primo grado, affermando che la responsabilità del datore di lavoro per violazione ex art. 2087 c.c. ha natura colposa e che grava sul lavoratore e sui suoi eredi l’onere di provare l’inadempimento e il nesso causale con il danno, aggiungendo che la ditta aveva superato controlli pubblici di sicurezza. Gli eredi hanno proposto ricorso in Cassazione lamentando, fra gli altri, la violazione ed erronea applicazione di norme in materia di sicurezza sul lavoro e responsabilità civile. Contestano alla Corte territoriale di essersi limitata alle risultanze del processo penale, senza considerare l’intero quadro normativo applicabile alle attività pericolose con uso di esplosivi (art. 2087 c.c., normativa antinfortunistica e T.U.L.P.S.), né di aver valutato i profili di responsabilità extracontrattuale da attività pericolosa (art. 2050 c.c.) e da cose in custodia (art. 2051 c.c.), pur espressamente dedotti in appello. La Cassazione ha accolto i primi due motivi di ricorso precisando che, in materia di infortuni su lavoro in attività pericolose, l’onere probatorio a carico del lavoratore o dei suoi eredi non si estende all’individuazione delle singole norme violate. È sufficiente l’allegazione della condizione di pericolo esistente nel luogo di lavoro e del nesso causale con il danno subito. Spetta invece al datore di lavoro dimostrare di aver adottato tutte le misure di sicurezza tecnicamente possibili per neutralizzare o minimizzare i rischi, conformemente agli obblighi derivanti dalla legge. Di conseguenza, la Corte ha cassato la sentenza e ha rinviato il giudizio alla Corte d’Appello in diversa composizione per un nuovo esame.