Cass., sez. Lavoro, Ord. 17 giugno 2024, n. 16674
La vicenda ha riguardato alcuni dipendenti di una società, con mansioni tecniche di addetto all’installazione e alla manutenzione degli impianti presso le abitazioni e i locali dei clienti, i quali prelevavano l’automezzo aziendale all’inizio di ogni giorno lavorativo, raggiungevano le diverse sedi dei clienti e, concluso l’ultimo intervento, riportavano l’automezzo presso la sede aziendale. Fino al 30 giugno 2013, il tempo impiegato per il tragitto dalla sede aziendale al primo cliente e per il rientro dall’ultimo cliente alla sede aziendale era considerato orario di lavoro e, quindi, retribuito. A partire dal 1° luglio 2013, in seguito a un accordo sindacale siglato in data 27 marzo 2013, veniva ristrutturato l’orario di lavoro e tale tempo non veniva più considerato orario di lavoro retribuito, salvo che superasse i 30 minuti complessivi al giorno (15 minuti per l’andata e 15 minuti per il ritorno). Questo tempo veniva monitorato attraverso un sistema di geolocalizzazione degli automezzi aziendali. I lavoratori ricorrono in Tribunale, sostenendo che la clausola dell’accordo sindacale fosse nulla, in quanto in contrasto con l’art. 1, co. 2, del Decreto Legislativo n. 66/2003, che include nel tempo di lavoro ogni periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro nello svolgimento delle sue mansioni, compreso il tempo necessario per gli spostamenti, chiedendo il pagamento delle differenze retributive. Il Tribunale di Firenze rigetta la domanda dei lavoratori per mancanza di allegazione della prova del tempo effettivo impiegato dai lavoratori per gli spostamenti quotidiani, pur riconoscendo che la clausola di “franchigia” fosse in contrasto con la nozione di tempo di lavoro. In Appello, la Corte, in parziale accoglimento del ricorso dei dipendenti, dichiarava la nullità della clausola dell’accordo aziendale del 27 marzo 2013 poiché in contrasto con la norma imperativa di cui all’articolo 1, co. 2, lett. a) del D.lgs. n. 66/2003, ma confermava il rigetto della domanda di condanna al pagamento delle differenze retributive poiché nella richiesta di indennizzo i lavoratori chiedono il pagamento del tempo finora oggetto di “franchigia” in misura intera (30 minuti al giorno) dando per scontato che ciascun tragitto, di andata e di ritorno, sia durato almeno quindici minuti, circostanza questa contestata dalla società e che i lavoratori non si sono offerti di provare. I lavoratori propongono ricorso in Cassazione affidato a tre motivi e la società resiste con controricorso, presentando a sua volta un ricorso incidentale basato su due motivi. Viene prima esaminato il riscorso incidentale dell’azienda con il quale viene contestata la decisione della Corte territoriale di considerare tempo di lavoro la franchigia prevista dall’accordo aziendale; la Corte di Cassazione lo rigetta e ribadisce che, secondo la giurisprudenza, il tempo impiegato dai lavoratori per prepararsi alla prestazione lavorativa deve essere considerato orario di lavoro se svolto sotto la direzione e il controllo del datore di lavoro. Nella fattispecie il tempo veniva monitorato attraverso un sistema di geolocalizzazione degli automezzi aziendali, di conseguenza, gli accordi che prevedono una franchigia temporale per i trasferimenti dei lavoratori sono da considerarsi nulli. Per quanto riguarda il ricorso principale presentato dai lavoratori, questi sostenevano che la Corte d’Appello avesse erroneamente considerato l’esistenza di un difetto di allegazione nella domanda di condanna proposta dai ricorrenti. La Corte di Cassazione chiarisce che, una volta dichiarata la nullità della clausola relativa ai tempi di lavoro, il tempo impiegato dai ricorrenti per gli spostamenti dal cliente alla sede aziendale e viceversa avrebbe dovuto essere retribuito, in conformità al principio di corrispettività delle prestazioni. La mancata specifica dei tempi impiegati non rileva per il diritto alle differenze retributive ma solo per la loro quantificazione, che poteva essere facilmente reperita dal sistema di geolocalizzazione degli automezzi. La Corte rigetta il ricorso incidentale; accoglie il ricorso principale e rinvia alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, per un nuovo esame ai fini della liquidazione delle spese e delle differenze retributive.