Sentenze – Nei licenziamenti collettivi la soppressione di un intero reparto esclude il carattere discriminatorio del licenziamento

Elena Pellegatta, Consulente del Lavoro in Milano

Cass., sez. Lavoro, 01 settembre 2023, n. 25617

È legittimo, in caso di soppressione di un intero reparto per ragioni economiche, il licenziamento collettivo effettuato senza precisare i criteri di scelta dei lavoratori. Il licenziamento effettuato sopprimendo l’intero reparto non configura inoltre nessun caso di discriminazione. In questo modo, gli Ermellini confermano la sentenza del giudice di secondo grado che, in riforma della prima sentenza, afferma la legittimità del licenziamento della lavoratrice di una casa di cura. La vicenda prende avvio dall’opposizione al licenziamento intimato all’intero reparto dell’amministrazione per soppressione delle mansioni, con richiesta, in via principale, della reintegra nel posto di lavoro e, in via subordinata, della condanna del datore di lavoro al pagamento dell’indennità risarcitoria. Pesa, sul giudizio di merito, la valutazione del ricorso principale, vertente sull’utilizzo, in caso di licenziamento collettivo, anche in caso di mancato accordo sindacale, di un unico criterio di scelta, ricavato dagli standard regionali di accreditamento al servizio sanitario, aventi altra funzione, e riferito, per di più, ad una parte soltanto del complesso aziendale, nonché per avere il giudice di secondo grado ritenuto che il profilo professionale di collaboratore amministrativo non sarebbe previsto nell’ambito degli standard di accreditamento di cui al citato regolamento. Ora, la Suprema corte ricorda che nella procedura di licenziamento collettivo il controllo preventivo della ricorrenza delle condizioni legittimanti la procedura di riduzione del personale è demandata alle parti sociali ed il giudice non può sindacare l’opportunità delle scelte datoriali, nella specie la soppressione di posizioni amministrative non funzionali immediatamente per ottenere l’accreditamento presso la Regione, restando impregiudicata la verifica della correttezza procedurale dell’operazione, ivi compresa la sussistenza dell’imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento e i singoli provvedimenti di recesso. I criteri di selezione del personale da licenziare, quando non siano predeterminati secondo uno specifico ordine stabilito da accordi collettivi, devono essere osservati in concorso tra loro. Ne segue che il datore di lavoro è tenuto ad una valutazione globale dei medesimi, ma ciò non esclude che il risultato comparativo possa essere quello di accordare prevalenza ad uno di detti criteri e, in particolare, alle esigenze tecnico-produttive, essendo questo il criterio più coerente con le finalità perseguite attraverso la riduzione del personale, sempre che naturalmente una scelta simile trovi giustificazione in fattori obiettivi, la cui esistenza sia provata in concreto dal datore di lavoro e non sottenda intenti elusivi o ragioni discriminatorie A tale scelta, corroborata dall’accertamento della effettiva diminuzione delle esigenze amministrative connessa alla diminuzione dei posti letti ed alla scelta di esternalizzare il servizio amministrativo, è coerentemente seguito il licenziamento proprio dei due collaboratori amministrativi. Il giudice di appello ha accertato in fatto che il regolamento della Regione non prevedeva come necessaria per ottenere l’accreditamento la presenza di personale amministrativo e ha sottolineato che le modalità di applicazione dei criteri di scelta non devono essere precisate nella comunicazione di avvio della procedura e che, una volta individuato il settore da sopprimere interamente ed accertata la effettività della soppressione e la marginalità dei compiti residuati e redistribuiti, la decisione di espellere tutti i lavoratori ivi addetti non può essere sindacata dal giudice. Pertanto, viene confermato il giudizio di appello, che stabilisce come legittimo il licenziamento.


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