Cass., sez. Lavoro, 27 giugno 2024, n. 17721
La vicenda riguarda il ricorso presentato da una società a seguito del licenziamento disciplinare di un dirigente dichiarato illegittimo dalla Corte territoriale di Roma che ha anche condannato la stessa società a pagare l’indennità di preavviso, l’indennità supplementare e la quota TFR. La Suprema Corte, con la sentenza che non accoglie il ricorso, si concentra sulla tempestività della contestazione disciplinare degli addebiti e sulle garanzie procedurali applicabili ai dirigenti. La società ricorrente era venuta a conoscenza dei fatti riguardanti il dirigente ad ottobre 2017, a gennaio dell’anno successivo la società avrebbe potuto avere piena conoscenza dei fatti ma solo ad agosto 2018 invia la lettera di contestazione degli addebiti al dirigente. La società, contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma, ha proposto ricorso per Cassazione sulla base di tre motivi: – la società lamenta l’omessa analisi della relazione dell’ottobre 2017, esame di fatto ritenuto decisivo a giustificazione del licenziamento; – si contesta l’inosservanza e la mancanza di motivazione imposta al giudice tale per cui la sentenza è nulla; – si lamenta la non corretta applicazione dell’art. 7 dello Statuto dei lavoratori in merito alla tempestività della contestazione: il lavoratore non ha subito alcun pregiudizio all’esercizio del proprio diritto di difesa. La Corte di Cassazione respinge il ricorso per motivi procedurali e di sostanza; analizziamoli qui di seguito: – punto primo: la Corte d’appello aveva esplicitamente analizzato il documento di ottobre 2017 rinviandolo ai punti 6 e 7 della sua sentenza, pertanto non ricorre il vizio di omesso esame di fatto deciso ai sensi dell’art. 360 c.p.c; – punto secondo: l’anomalia motivazionale che comporta nullità della sentenza si verifica in casi di mancanza assoluta di motivi, motivazione apparente, contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili o motivazione perplessa ed incomprensibile; questa irregolarità però non è rinvenibile nella sentenza della Corte territoriale in oggetto in quanto giustificata dal percorso motivazionale seguito dalla stessa Corte e pertanto non ricorre un vizio radicale che renda nullo il provvedimento giudiziale; – punto terzo: le garanzie procedimentali dell’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori si applicano anche ai dirigenti in caso di licenziamento disciplinare; la valutazione della tempestività della contestazione è un giudizio di merito, non sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivato; la Corte d’Appello ha ben specificato le ragioni per cui ha ritenuto ritardata la contestazione e priva di giustificazione la posticipazione; pertanto, non si ritiene violato nella specie il principio dell’immediatezza della contestazione disciplinare. In conclusione, la Corte di Cassazione, rigettando il ricorso, ribadisce la piena applicabilità delle garanzie procedurali previste dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori anche ai dirigenti e che la valutazione di merito circa la tempestività della contestazione non è sindacabile in Cassazione come pure che la motivazione della sentenza necessità di percepibilità nel percorso logico.