Sentenze – Lavoro domenicale e relativo trattamento retributivo

Federica Maria Sgambato, Consulente del Lavoro in Milano

Cass., sez. Lavoro, 10 dicembre 2024, n. 31712

Con la sentenza n. 31712/2024 la Cassazione si è espressa in merito al lavoro domenicale e al suo indennizzo, confermando sostanzialmente quanto deciso nei due gradi di giudizio. Nel caso di specie, infatti, il Tribunale di Busto Arsizio prima e la Corte d’Appello di Milano poi, accogliendo il ricorso proposto da un gruppo di dipendenti, avevano condannato un’azienda al versamento delle differenze retributive quantificate in una maggiorazione del 30% della retribuzione per il lavoro prestato di domenica nel periodo oggetto di causa. La ratio della decisione discendeva dalla mancanza di una previsione contrattuale che stabilisse un’indennità a compensazione del “sacrificio sopportato dal lavoratore occupato la domenica”. Il contratto collettivo applicato dalla Società, infatti, non teneva conto del fatto che la domenica, “per la generalità dei consociati”, rappresenta la giornata “destinata alla realizzazione di interessi personali, quali quelli familiari, spirituali e sociali”. Avverso la decisione della Corte di Milano, la Società ha presentato ricorso in Cassazione adducendo, in primo luogo, che la Corte non avesse valutato la preminenza della volontà collettiva e la circostanza che il diritto dei lavoratori turnisti che prestino attività di domenica, con differimento del riposo settimanale ad un giorno diverso, possa essere soddisfatto, non solo mediante l’erogazione di un supplemento specificamente riferito alla prestazione domenicale, ma “anche con l’attribuzione di vantaggi e benefici contrattuali di diversa natura, atti a differenziare il complessivo trattamento economico e normativo in termini di vantaggio di qualsiasi natura”. Inoltre, la Società ricorrente lamentava che la Corte, nella definizione del quantum da liquidare ai dipendenti, non avesse considerato che il CCNL di riferimento prevede che le maggiorazioni retributive vadano calcolate prendendo a riferimento la sola paga base e non la retribuzione nel suo complesso. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, rigettando entrambi i motivi. La Cassazione, infatti, ha ritenuto che il semplice differimento del riposo non rappresenti un quid pluris in termini di vantaggio economico o di indennizzo di altra natura e ha, altresì, sottolineato come la mancata previsione nel CCNL di una specifica maggiorazione per le prestazioni espletate di domenica non potesse essere intesa come esplicita volontà delle parti collettive di escludere il riconoscimento dei “vantaggi suppletivi previsti in via generale dall’ordinamento ai lavoratori domenicali”. La pronuncia in esame, peraltro, ribadisce un orientamento già affermato in precedenza dalla Corte (cfr. Cass., n. 21626 e n. 24682 del 2013, Cass., n. 12318/2011, Cass., n. 2610/2008), ovverosia che il solo differimento del riposo non sia sufficiente a compensare il lavoro prestato di domenica e che, nel silenzio della contrattazione collettiva, l’indennizzo possa essere determinato nel quantum dal Giudice. È stato, infine, ritenuto infondato anche il secondo motivo di ricorso e ciò in ragione del fatto che la valutazione equitativa del danno attiene alla sfera decisionale del Giudice di merito, valutazione rispetto alla quale l’esame della Suprema Corte è limitato al solo vizio di motivazione e che è “inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di approssimazione”, non eludibile. Per un Approfondimento sul tema della compensazione del lavoro domenicale si v. in questo numero della Rivista a pag 5.


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