Sentenze – Illegittimo il licenziamento disciplinare se il datore di lavoro non produce prove esaustive del fatto contestato

Elena Pellegata, Consulente del Lavoro in Milano

Cass., sez. Lavoro 20 giugno 2024, n. 17001

La vicenda prende il via quando il lavoratore, inquadrato con la qualifica di dipendente del Comune con profilo di istruttore direttivo tecnico, viene licenziato a seguito di contestazione disciplinare, per omissione di doverosa vigilanza sull’illecito utilizzo di schede carburante da parte di altri due dipendenti comunali e per avere sottoscritto le determine di liquidazione delle relative spese. La sentenza è riformata in Appello, avendo la Corte accolto il ricorso del dipendente contro il licenziamento disciplinare. Si arriva al Giudizio degli Ermellini. Il primo motivo asserito dal Comune datore di lavoro, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5, c.p.c. richiamava la violazione e falsa applicazione della legge n. 300 del 1970, art. 7, comma 2, in relazione alla genericità della contestazione disciplinare e per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Sostiene il datore che sbaglia la Corte di Appello nel definire che la contestazione disciplinare patisce di un evidente vulnus di genericità, correttamente ravvisato dal primo giudice, sia con riguardo all’aspetto omissivo che a quello commissivo. Ritiene infatti il Comune ricorrente che la contestazione disciplinare fosse, invece, sufficientemente specifica, tale da permettere al lavoratore la piena comprensione dell’addebito, come sarebbe dimostrato anche dalla completezza delle sue difese già nella fase procedimentale. Con il secondo motivo, si cita la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17, comma 1-bis, e 19 del D.lgs. n. 165 del 2001 in relazione alla asserita mancanza di competenza e all’omesso esame dell’assenza di alcuna delega di funzioni scritta e motivata: il ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui si afferma che l’attuale controricorrente, quale Responsabile dell’Area tecnica, non era competente all’adozione dei provvedimenti di spesa e non ne aveva conoscenza diretta, mentre, secondo la parte ricorrente, anche in considerazione delle ridotte dimensione del Comune, il Responsabile dell’Area tecnica non avrebbe potuto delegare i suoi compiti e le sue responsabilità ad altri dipendenti. Con il terzo motivo, il Comune denuncia, la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, poiché la sentenza impugnata va riformata e dunque anche le condanne alle spese del primo, del secondo di giudizio, del giudizio in cassazione e di rinvio andranno riformate e poste a carico della parte soccombente. Il ricorso viene giudicato inammissibile, perché la sentenza impugnata si fonda su due distinte e autonome rationes decidendi, una delle quali non è stata contestata. Specificano gli Ermellini che dopo avere stigmatizzato la genericità della contestazione, ritenuta tale da inficiare la validità del procedimento disciplinare, la Corte d’Appello di Palermo ha tuttavia esaminato il contenuto delle prove testimoniali e documentali e, in particolare, ha ritenuto queste ultime insufficienti al fine di dimostrare che l’attuale controricorrente potesse rendersi conto delle anomalie che oggi gli si rimprovera di non aver notato. In modo esplicito e chiaro viene rimarcato il carattere decisivo anche di questo secondo aspetto: tali elementi, già ineludibili ai fini del rispetto del canone di sufficiente determinatezza, appaiono rilevanti anche sotto il profilo della verifica della fondatezza della contestazione. Pertanto, avendo la parte datoriale omesso di fornire la menzionata documentazione, tale lacuna probatoria si riverbera a suo danno, dovendosi conseguentemente ritenere illegittimo il licenziamento sia per genericità della contestazione che per difetto di prova della sussistenza del fatto conte stato. E il Comune, contro tale accertamento negativo del fatto posto a base della sanzione disciplinare il ricorso non ha mosso alcuna censura. Gli Ermellini non possono fare altro che ricordare e dare continuità al principio di diritto per cui, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre. Dichiarato inammissibile il ricorso, le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo. Viene così confermato il giudizio di appello.


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