Cass., sez. Lavoro, 29 luglio 2024, n. 21176
La vicenda prende avvio dall’impugnazione del licenziamento effettuata dal lavoratore nei confronti del datore di lavoro. Il lavoratore, imbianchino, si era rifiutato di sottoscrivere un ordine di servizio il 28 marzo, che l’avrebbe impegnato a lavorare di sabato presso alcuni cantieri di clienti del datore di lavoro che avevano urgenza di terminare il lavoro, e aveva invece prestato attività lavorativa a titolo personale sabato 30 marzo e domenica 31 marzo svolgendo lavori in concorrenza con quelli del datore o comunque svolgendo attività ultronee ed aggiuntive rispetto a quelle espletate per la società datrice. Il lavoratore, impugnando la sentenza, richiamava l’art. 22 del Ccnl Edilizia artigianato che prevedeva che la richiesta di lavoro straordinario doveva essere presentata con un preavviso di 48 ore salvo casi di necessità urgenti e indifferibili e che la richiesta di straordinari per la giornata di sabato doveva essere preventivamente comunicata alle rappresentanze sindacali territoriali per le opportune verifiche. Il Giudice di Appello, respingendo l’impugnazione del licenziamento, accertava che l’ordine di servizio del datore di lavoro faceva riferimento a ragioni di necessità e urgenza, che quindi giustificavano il breve preavviso richiesto, e che il lavoratore, con un altro collega, aveva prestato attività lavorativa concorrente presso la casa di un privato, utilizzando le tute con logo della ditta e rifornendosi presso gli stessi fornitori del datore di lavoro. Il lavoratore impugnava la sentenza di appello, per cassazione su quattro motivi, elencati in sintesi. Nel primo motivo, veniva contestata la mancanza del corretto preavviso e dell’avviso alle rappresentanze sindacali territoriali, con il secondo motivo si contesta il mancato esame del fatto che l’attività prestata a titolo autonomo il sabato e la domenica era stata resa a titolo gratuito e per ragioni di amicizia presso l’abitazione privata di un amico del lavoratore, con il terzo motivo si contesta che non erano state sentite le prove testimoniali rilevanti sulla gratuità della prestazione, ed infine, con il quarto motivo, veniva contestato il giudice di appello per avere errato nel ritenere integrata la giusta causa di recesso nonostante l’illegittimità dell’ordine di servizio e della contestazione disciplinare e per non avere, una volta esclusa la giusta causa di recesso, dichiarato il carattere ritorsivo del licenziamento in quanto intimato a fronte del legittimo rifiuto del dipendente di firmare un ordine di servizio che lo avrebbe vincolato, sine die, a prestare attività lavorativa nelle giornate di sabato, e per essere stato seguito e controllato dal datore di lavoro, al di fuori del luogo di lavoro. Gli Ermellini, nell’analizzare i motivi del ricorso, hanno ritenuto non fondati i punti. Per il primo punto, ritenevano fondati i riferimenti al D.lgs. n.66/2003, art. 5, che tra gli altri punti, rimanda alle previsioni dei contratti collettivi le regole sulle modalità di esecuzione degli straordinari e sui limiti degli stessi. Pertanto ritengono valida la decisione della Corte di Appello, che si era conformata ai principi di legge e derivati dal ccnl del datore di lavoro, e, con accertamento in fatto non revisionabile in sede di legittimità, aveva ritenuto la richiesta datoriale di lavoro straordinario esercitata nei limiti e in conformità alle previsioni del contratto collettivo, oltre che secondo canoni di correttezza e buona fede, per essere la deroga al preavviso di 48 ore giustificata dalla necessità dell’impresa di soddisfare le indifferibili esigenze della committenza e la durata dell’impegno nelle giornate di sabato correlata ai tempi per il completamento dei lavori dello specifico cantiere e non sine die. I successivi motivi vengono ritenuti altrettanto infondati, in quanto il secondo motivo, atteneva la censura mossa non al fatto storico, bensì alla qualificazione giuridica di quell’attività che si assumeva eseguita a titolo gratuito e per amicizia, e la mancata ammissione delle prove testimoniali sul punto non poteva essere prospettabile in sede di legittimità, posto che le prove richieste non attenevano ad un fatto storico decisivo e non esaminato. Il terzo motivo di ricorso, con cui si denunciava la violazione o falsa applicazione dell’art. 7, Legge n. 300 del 1970 e della disciplina in materia di privacy, è inammissibile nella parte in cui deduce la violazione dell’art. 7, Legge n. 300 del 1970, perché non si confrontava con la ratio decidendi della sentenza d’appello, che giudicava tale censura tardiva e perché denunciava in modo estremamente generico la violazione della privacy, senza alcun riferimento alle norme di diritto violate. Il quarto motivo, con cui si censurava la sentenza per avere ritenuto integrata la giusta causa di recesso nonostante l’illegittimità dell’ordine di servizio e della contestazione disciplinare e per non avere, una volta esclusa la giusta causa di recesso, dichiarato il carattere ritorsivo del licenziamento, è anch’esso infondato, poiché la Corte d’appello si era attenuta ai canoni giurisprudenziali attraverso cui sono state definite le nozioni legali di giusta causa ed aveva motivatamente valutato la gravità del duplice addebito, sottolineando la correlazione tra il rifiuto opposto del lavoratore di aderire alla richiesta legittimata dal contratto collettivo, di lavoro straordinario nella giornata di sabato e lo svolgimento, in quella stessa giornata e nella domenica, di attività in concorrenza con quella datoriale, in violazione dello specifico divieto posto dal regolamento aziendale e del generale obbligo di fedeltà che grava sui lavoratori.