Cass., sez. Civile, 13 febbraio 2024, n. 3929
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dal lavoratore, licenziato per giusta causa, in quanto lo stesso non aveva ottemperato all’ordine di trasferimento ad altra sede lavorativa. La Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva rigettato il reclamo proposto dal lavoratore contro la sentenza del Tribunale di Palmi che pure aveva rigettato l’opposizione del lavoratore al licenziamento disciplinare, intimatogli dalla Banca presso cui lavorava. La Corte territoriale, nell’esaminare i motivi alla base della decisione del primo giudice, premetteva che il licenziamento risultava comminato con lettera del 5.3.2015 per le contestazioni mosse con lettera del 3.11.2014, relativa alle divergenze tra l’orario d’ingresso e di uscita registrato elettronicamente e gli orari volontariamente modificati dal dipendente, in determinati e ben indicati giorni lavorativi e, con lettera del 10.11.2014, per la malattia e la mancata ottemperanza all’ordine di trasferimento ad altra sede lavorativa. La Corte aveva ritenuto che tutti gli addebiti mossi avessero il requisito della specificità e della tempestività e li aveva considerati fondati. Ciò ha pertanto escluso la possibilità di configurare il licenziamento come atto ritorsivo. La Corte, nel confermare il giudizio di proporzionalità espresso dal primo giudice, aveva ripercorso la complessa vicenda ed aveva evidenziato che alla visita fiscale di controllo, del 10 ottobre 2014, il lavoratore era risultato guarito e idoneo. Inoltre, il lavoratore, di propria iniziativa, aveva comunicato alla Banca che non avrebbe preso servizio nella sede di trasferimento, sostenendo che il trasferimento era illegittimo. Successivamente, il lavoratore prendeva servizio in ritardo e alterava gli orari di ingresso e di uscita. Alle suddette condotte contestate al lavoratore, lo stesso era rimasto silente. La Corte concludeva pertanto che l’alterazione dell’orario di lavoro giornaliero e l’inottemperanza all’ordine di trasferimento giustificano il venir meno della fiducia che il datore di lavoro deve poter riporre sulla correttezza ed esattezza dello svolgimento dell’attività lavorativa da parte del dipendente. I motivi del ricorso in Cassazione sono stati ritenuti inammissibili perché, sotto l’apparente deduzione della violazione di norme di diritto, in realtà il ricorrente ha proposto una completa rivisitazione delle risultanze processuali, non consentita in sede di legittimità. Il ricorso è inammissibile.