Sentenze – È legittimo il licenziamento del lavoratore che ha fruito indebitamente del permesso per assistenza del familiare disabile

Elena Pellegatta, Consulente del Lavoro in Milano

Cass., sez. Lavoro, 4 febbraio 2025, n. 2619

È legittimo il licenziamento intimato al lavoratore trovato a fare il “Footgolfer” ad una gara di golf durante la fruizione di un permesso per assistere il parente disabile. È a questo assunto che pervengono gli Ermellini, investiti della valutazione del merito del caso di licenziamento per giusta causa, comminato a seguito di contestazione disciplinare, ed impugnato dal lavoratore che aveva partecipato ad una gara di golf. La legittimità del licenziamento, già confermata in primo e secondo grado, viene quindi accertata anche nel merito, affermando la Suprema Corte che, pur volendo ammettere che l’assistenza al disabile possa estrinsecarsi in attività riconducibili alla mera presenza ovvero ai normali rapporti familiari, comunque il lavoratore non aveva svolto integralmente l’attività di assistenza nelle ore del permesso, essendo in parte stato impegnato nella gara; vi era stato quindi sviamento dalla funzione essenziale del beneficio. Sui motivi di cassazione del ricorso, riveste particolare interesse il quinto motivo, nell’analisi che ne fanno gli Ermellini. In particolare, sulla definizione dei limiti, anche orari, della prestazione di assistenza nel giorno di fruizione del permesso, viene premesso che il beneficio ex art. 33, L. n. 104/1992 è riconosciuto dal legislatore in ragione dell’assistenza a disabile, la quale è causa del riconoscimento del permesso.

Tale essendo la ratio del beneficio e in mancanza di specificazioni ulteriori da parte del legislatore, l’assenza dal lavoro per la fruizione del permesso deve porsi in relazione diretta con l’esigenza per il cui soddisfacimento il diritto stesso è riconosciuto, ossia l’assistenza al disabile.

In particolare, è stato evidenziato che nessun elemento, testuale o logico, consente di attribuire al beneficio in oggetto una funzione meramente compensativa o di ristoro delle energie impiegate dal dipendente per l’assistenza prestata al disabile.

Tanto meno la norma consente di utilizzare il permesso per esigenze diverse da quelle proprie della funzione cui la norma è preordinata: il beneficio comporta un sacrificio organizzativo per il datore di lavoro, giustificabile solo in presenza di esigenze riconosciute dal legislatore (e dalla coscienza sociale) come meritevoli di superiore tutela.

In conseguenza, ove il nesso causale tra assenza dal lavoro ed assistenza al disabile manchi del tutto, non può riconoscersi un uso del diritto coerente con la sua funzione e dunque si è in presenza di un uso improprio ovvero di un abuso del diritto. Il comportamento del prestatore di lavoro subordinato che, in relazione al permesso ex art. 33, L. n. 104/1992, si avvalga dello stesso non per l’assistenza al familiare, bensì per attendere ad altra attività, integra l’ipotesi dell’abuso di diritto, giacché tale condotta si palesa, nei confronti del datore di lavoro come lesiva della buona fede, privandolo ingiustamente della prestazione lavorativa in violazione dell’affidamento riposto nel dipendente ed integra, nei confronti dell’Ente di previdenza erogatore del trattamento economico, un’indebita percezione dell’indennità ed uno sviamento dell’intervento assistenziale.


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