RIFORMA DELLA DISABILITÀ

Noemi Secci, Consulente del Lavoro in Milano

Pubblicato il decreto principale della legge delega n. 227/2021, che riforma radicalmente il sistema di accertamento delle disabilità e degli aiuti in merito.

Addio all’handicap e alle diverse e variegate tipologie di invalidità: prende il via, in modo concreto, la riforma della disabilità, con la pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2024, del D.lgs. n. 62/2024, c.d. “Decreto disabilità”. Il decreto rappresenta il provvedimento chiave della legge delega sulla disabilità (L. n. 227/2021) e contiene la “Definizione della condizione di disabilità, della valutazione di base, di accomodamento ragionevole e della valutazione multidimensionale per l’elaborazione e attuazione del progetto di vita individuale personalizzato e partecipato”. Ma che cosa significa tutto questo? Si tratta di una vera e propria “rivoluzione”, che apporta cambiamenti significativi al sistema di accertamento delle disabilità, accantonando le precedenti definizioni di “handicap” e “invalidità” ed il vecchio sistema di sussidi e aiuti. Profondamente modificata la Legge n. 104/1992, oltre alle norme per l’inclusione scolastica e l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità; di fatto, “cestinate” le disposizioni riguardanti gli accertamenti di invalidità civile, cecità, sordità, con l’eliminazione delle visite di rivedibilità. Il ginepraio di prestazioni di assistenza, collegate ai differenti accertamenti dei vari stati di invalidità o inabilità riscontrabili, è stato ora sostituito dal “Progetto di vita”, un piano individuale e personalizzato, che supera il mero assistenzialismo e investe maggiormente sulle competenze di ciascuno, nel rispetto dei principi di autodeterminazione e di non discriminazione. Per comprendere meglio la portata delle modifiche, osserviamo, almeno in termini generali, “da dove siamo partiti” in materia di disabilità.

INVALIDITÀ, HANDICAP, NON AUTOSUFFICIENZA: IL SISTEMA ATTUALE

L’attuale quadro normativo, in materia di disabilità, è piuttosto complesso e stratificato. Innanzitutto, sono separate le definizioni di handicap e invalidità, anche se la stessa persona può essere sia invalida che portatrice di handicap. Inoltre, alla condizione di invalidità può aggiungersi la non autosufficienza. Facciamo allora il punto sulle principali differenze tra handicap, invalidità e non autosufficienza:

• l’invalidità consiste nella riduzione della capacità lavorativa della persona, derivante da un’infermità o da una menomazione; se la persona non è in età lavorativa (minorenni, over 67), per valutare l’invalidità non ci si riferisce alla capacità lavorativa, ma alla capacità di svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età;

 • nella valutazione dell’invalidità civile si ha riguardo alla riduzione della capacità lavorativa generica;

• per l’invalidità lavorativa o pensionabile, che occorre per il riconoscimento di prestazioni previdenziali quali l’assegno ordinario d’invalidità o la pensione d’inabilità, si ha riguardo all’attività svolta in precedenza, nonché ad ogni altra occupazione che il lavoratore possa svolgere, in relazione alla sua età, capacità ed esperienza, senza esporre a ulteriore danno la propria salute; in sostanza, si deve rilevare la residua capacità lavorativa in occupazione confacenti alle attitudini della persona; vi sono poi alcune tipologie d’invalidità specifiche, all’esercizio di una determinata professione;

• con il termine inabilità, invece, si intende la totale assenza di capacità lavorativa;

 • l’handicap è lo svantaggio sociale, lavorativo o nella sfera dell’apprendimento derivante da un’infermità o una menomazione; nello specifico, è considerato portatore di handicap chi presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, sia stabile che progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa; l’handicap può essere riconosciuto non grave, in situazione di gravità o superiore ai 2/3; inoltre, può essere sensoriale, psichico, motorio, intellettivo;

 • la non autosufficienza, invece, consiste nell’impossibilità di compiere gli atti quotidiani della vita senza assistenza, o nell’impossibilità permanente di camminare senza l’aiuto di un accompagnatore. In relazione a tale condizione viene riconosciuta l’indennità di accompagnamento, laddove il beneficiario sia stato anche dichiarato invalido civile al 100%.

CHE COSA PREVEDE LA LEGGE N.104?

In materia di disabilità, si menziona spesso la c.d. Legge 104. Si tratta della L. n. 104/1992, la legge quadro in materia di disabilità. Questa norma è finalizzata:

 • al rispetto della dignità e alla tutela dei diritti di libertà e di autonomia della persona portatrice di handicap;

• all’integrazione del portatore di handicap nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società; • alla rimozione delle condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona;

• alla garanzia dei servizi e delle prestazioni necessarie per prevenire, curare e riabilitare i portatori di handicap;

• al superamento dell’emarginazione e dell’esclusione sociale del disabile. In sostanza, lo scopo della Legge n. 104 è aiutare chi è portatore di handicap attraverso numerosi interventi che riguardano la sfera lavorativa, sociale e familiare.

NUOVA DEFINIZIONE DI DISABILITÀ

Come inizialmente anticipato, l’attuale quadro normativo, con la distinzione tra handicap, invalidità, non autosufficienza e la previsione di ulteriori tipologie di classificazioni, è stato superato dal decreto Disabilità. Proprio alla Legge 104 sono state apportate le modifiche più significative, attraverso l’introduzione di diversi aspetti innovativi. Il decreto, in particolare, ha introdotto una nuova definizione di disabilità: questa condizione, conformemente alle previsioni della Convenzione Onu del 2006, rappresenta il risultato dell’interazione tra l’individuo e le barriere ambientali e comportamentali. Si tratta di un nuovo approccio integrato nel nostro sistema giuridico, che valuta le problematiche dell’individuo non solo nella pura sfera biologica, o fisica, ma anche dal punto di vista psicologico e sociale. Il decreto Disabilità, in particolare:

• modifica l’articolo 3 della L. n. 104/1992, contenente le definizioni di handicap non grave (art. 3.1), “in situazione di gravità” (art. 3.3) o superiore ai 2/3; non si parla più di “handicap”, ora, ma di “persona con disabilità”; il nuovo decreto definisce la “condizione di disabilità” come la base per i diritti e le prestazioni; l’handicap in situazione di gravità è ora definito come “necessità di sostegno elevato o molto elevato”;

• chiarisce che la “condizione di disabilità” è un concetto complesso e in evoluzione, influenzato dagli strumenti e dai criteri che saranno utilizzati nel processo di valutazione;

• supera dunque una valutazione della disabilità “categorizzante”, fondata su rigide classificazioni; sono infatti abolite le obsolete tabelle di valutazione dell’invalidità, di cui al D.M. 05/02/1992, che si basavano su una valutazione della residua capacità lavorativa. Subentrano, al loro posto, nuovi parametri di valutazione che considerano differenti fattori, legati non solo alla sfera fisica, ma anche all’ambito interpersonale; a questo proposito devono essere analizzati aspetti sociali, relazionali e della vita quotidiana dell’interessato;

• utilizza, in relazione alla valutazione della disabilità, nuove terminologie, più attuali e inclusive.

In pratica, le nuove definizioni di disabilità spostano la prospettiva:

 • dalla valutazione puramente medica, che considera l’impedimento come conseguenza diretta della patologia;

• a una visione che tiene conto dell’interazione tra la persona con compromissioni e le barriere comportamentali e ambientali, che ne ostacolano o limitano la partecipazione nei vari contesti della vita, sia sociale che lavorativa.

CLASSIFICAZIONI INTERNAZIONALI

 La “condizione di disabilità”, come osservato, comprende una vasta gamma di compromissioni fisiche, mentali, intellettive o sensoriali. Per valutare queste compromissioni il decreto Disabilità si basa su standard internazionali. In particolare, dal 1° gennaio 2025, per fornire un quadro più ampio e significativo della salute delle persone, saranno adottate: • la classificazione internazionale delle malattie (ICD) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità; • la classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF). Su quest’ultima classificazione ICF sarà basato il questionario Whodas (Who Disability Assessment Schedule), che consentirà una valutazione più accurata della salute e della condizione di disabilità, analizzando la gravità dei sintomi e le relative necessità di sostegno.

PROCEDIMENTO UNITARIO DI VALUTAZIONE

Il nuovo decreto, come abbiamo visto, supera le distinzioni tra handicap, diverse tipologie di invalidità/inabilità e non autosufficienza, unificando l’accertamento:

• dell’invalidità civile;

• della cecità civile;

• della sordocecità;

• degli alunni con disabilità;

• della condizione di non autosufficienza.

Dal 1° gennaio 2026, l’Inps sarà responsabile:

• del procedimento unitario di valutazione di base;

• della certificazione della condizione di disabilità.

Il procedimento inizierà su richiesta della persona con disabilità o del suo rappresentante, istanza che sarà accompagnata da un certificato medico introduttivo. Durante la visita medica deve essere compilato il questionario Whodas. Pervenuta l’istanza, deve essere avviata la valutazione, che dovrebbe svolgersi in un’unica sessione collegiale, con possibilità di richiesta di integrazioni e approfondimenti da parte della Commissione preposta. Una volta riconosciuta la condizione di disabilità, viene rilasciato un certificato che individua le necessità e l’intensità dei sostegni, con validità indicata nel tempo, a seconda della situazione valutata. Il procedimento dovrebbe concludersi entro tempi definiti e al massimo entro 90 giorni dalla presentazione della domanda, con termini più brevi previsti per i malati oncologici e i minori.

La fase successiva al riconoscimento della condizione di disabilità prevede una valutazione multidimensionale per la predisposizione del progetto di vita. Si tratterà di una valutazione bio-psico-sociale, effettuata in collaborazione con la persona con disabilità e con il coinvolgimento di istituzioni ed enti assistenziali, finalizzata alla creazione di un vero e proprio patto di corresponsabilità. Abbiamo dunque un coinvolgimento attivo del disabile, chiamato a decidere in rapporto ai vari aspetti che lo riguardano.

COMPOSIZIONE DELL’UNITÀ DI VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE

La valutazione multidimensionale è svolta da un’unità, che conta due categorie di membri: i componenti essenziali e quelli richiesti dalla persona con disabilità in base all’età. Di seguito, l’elenco dei componenti essenziali:

 • la persona con disabilità (o un tutore o amministratore di sostegno se necessario), ora parte attiva del procedimento di valutazione;

• il coordinatore dei processi: questa persona partecipa solo se nominato dall’interessato;

• un assistente sociale, un educatore o altro operatore dei servizi sociali territoriali;

• uno o più professionisti sanitari nominati dall’Azienda Sanitaria o dal Distretto sanitario;

• un rappresentante dell’istituzione scolastica (se il disabile è in età scolare);

• un membro dei servizi per l’impiego (se il disabile è in età lavorativa).

LA PROCEDURA DI VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE

 La procedura di valutazione multidimensionale si conforma alle indicazioni dell’ICD e dell’ICF. Non ci si ferma alle sole patologie o menomazioni fisiche, ma si adotta un metodo biopsicosociale e multidisciplinare, per analizzare tutte le implicazioni possibili causate dalla disabilità e i riflessi di questa condizione sulla vita quotidiana, sociale e lavorativa. La procedura si articola in quattro fasi principali:

1. rilevazione degli obiettivi, desideri e aspettative della persona con disabilità;

2. individuazione del profilo di funzionamento della persona nei vari contesti;

3. valutazione della presenza di barriere o facilitatori e della capacità di adattamento della persona;

4. identificazione dei bisogni di sostegno e definizione degli obiettivi per il progetto di vita, con le misure e gli interventi necessari. Insieme agli altri partecipanti alla valutazione, la persona con disabilità:

• elabora il progetto di vita;

 • presenta, in alternativa, il progetto di vita da lui già elaborato; in questo caso, l’unità di valutazione ne verifica l’adeguatezza e stabilisce il budget necessario;

• redige il relativo budget, che include anche gli accomodamenti ragionevoli per garantire il godimento dei diritti civili e sociali, in particolare secondo quanto previsto dalla Legge 104.

IL PROGETTO DI VITA

Il progetto di vita rappresenta un piano personalizzato destinato alle persone con disabilità, che include una varietà di servizi, interventi e supporti, sia formali che informali; è ideato per:

• supportare il disabile nel raggiungimento dei propri obiettivi;

• migliorare la qualità di vita;

• sviluppare le potenzialità individuali;

• favorire l’inclusione sociale;

• garantire una partecipazione attiva e paritaria della persona con disabilità rispetto agli altri, anche mediante la rimozione di ostacoli. Il diritto al progetto di vita individuale personalizzato è considerato fondamentale e deve essere assicurato dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali, senza distinzione di età o condizione personale e sociale della persona con disabilità.

CENTRALITÀ DELLA PERSONA IN CONDIZIONE DI DISABILITÀ

 La gestione del progetto di vita, pur coinvolgendo diversi professionisti e figure che partecipano alla vita del disabile, è in capo a quest’ultimo, che ha il diritto di richiedere, definire e modificare il proprio piano secondo i propri desideri, aspettative e scelte. Inoltre, la persona con disabilità può essere assistita da una persona di fiducia, scelta anche tra gli operatori coinvolti nella valutazione multidimensionale. Il progetto di vita deve garantire alla persona con disabilità la libertà di scegliere dove vivere, assicurando la continuità dei servizi e degli interventi, anche in caso di trasferimento. La partecipazione attiva e l’autodeterminazione della persona sono promosse lungo tutto il processo. La persona con disabilità può rinunciare al progetto di vita in qualsiasi momento, senza che ciò le precluda la possibilità di iniziare un nuovo processo.

CONTENUTO DEL PROGETTO

 Il progetto di vita deve includere:

• gli obiettivi stabiliti in base alla valutazione multidimensionale;

• servizi, interventi e misure nelle aree di apprendimento specificate (socialità ed affettività; formazione, lavoro; casa e habitat sociale), compresi gli accomodamenti ragionevoli; tutti questi strumenti devono puntare a migliorare la qualità della vita della persona con disabilità, promuovendo la piena inclusione e l’uguaglianza nei diritti civili e sociali;

• elenco degli operatori coinvolti e le relative responsabilità;

• il nome del referente per l’attuazione del progetto;

• pianificazione delle verifiche periodiche, tenendo conto delle variabili collegate alla natura dinamica della disabilità e al contesto. In base a quanto esposto, emerge dunque che, pur essendo stato eliminato il rigido concetto di rivedibilità dell’invalidità, resta la necessità di verifica periodica in merito alle misure necessarie al disabile.

BUDGET DI PROGETTO

Per realizzare il programma, viene definito un “budget di progetto”, che specifica le risorse umane, professionali, strumentali, tecnologiche ed economiche necessarie per l’attuazione. Queste risorse devono garantire la piena fruibilità dei supporti previsti, in termini di qualità, quantità e intensità. Utilizzando il budget di progetto, si possono includere servizi personalizzati e misure non tradizionali, non previste nell’offerta standard del territorio. Ad esempio, laddove si renda necessario il trasporto extraurbano per uno studente universitario con disabilità, sarebbe possibile sfruttare risorse come il pulmino dell’università, l’aiuto di un autista volontario di un ente del terzo settore o un contributo dell’ente locale.

FINALIZZAZIONE DEL PROGETTO

Il progetto di vita deve essere redatto in un formato accessibile alla persona con disabilità; successivamente, deve essere approvato e firmato dai responsabili dei vari servizi e interventi previsti, nonché dalla persona stessa, se in grado di farlo, o da chi ne cura gli interessi. Dopo la firma, il progetto diventa immediatamente vincolante e attuabile, con possibilità di modifiche su richiesta di una delle parti. La persona può contribuire con risorse proprie o supporti informali e autogestire il budget, previa rendicontazione e conformità ai criteri stabiliti nel progetto.

ADATTAMENTO AL CAMBIAMENTO DEL CONTESTO DI VITA

Il progetto di vita è garantito anche in caso di cambiamenti del contesto di vita o territoriale, ad esempio in caso di cambio di residenza, garantendo:

• la continuità dei supporti;

• la modifica del progetto in base alle nuove circostanze;

• la continuità dei sostegni per i diritti, le relazioni sociali e affettive. Inoltre, al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età, il progetto deve mantenere il livello degli stessi setting assistenziali, coordinandosi con la Legge n. 33 del 2023 per garantire la continuità dei servizi.

IL REFERENTE PER L’ATTUAZIONE DEL PROGETTO

 Il progetto individuale è affidato a un referente per l’attuazione incaricato di:

• realizzare quanto programmato e coordinare l’avvio dei servizi e interventi previsti;

• assicurare il coordinamento tra i vari interventi e monitorare il programma;

• raccogliere segnalazioni da terzi, come l’amministratore di sostegno;

• mantenere un dialogo costante con la persona con disabilità, i familiari e il caregiver, per apportare eventuali modifiche al progetto.

Le Regioni possono stabilire ulteriori compiti per il referente o definire profili specifici.

DIRITTO ALL’ACCOMODAMENTO RAGIONEVOLE

Il Decreto disabilità introduce, a tutela del cittadino assistito, il diritto alle modifiche e agli adattamenti ragionevoli, purché non eccessivi o sproporzionati, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio dei diritti civili e sociali. In particolare, il concetto di “accomodamento ragionevole”:

• non limita né sostituisce il diritto al pieno accesso ai servizi e ai supporti previsti dalla legge;

• è riconosciuto quando l’applicazione delle leggi non garantisce l’esercizio dei diritti civili e sociali in modo uguale agli altri cittadini in altro modo;

• può essere fornito dalla pubblica amministrazione, dai concessionari di servizi pubblici e da altri soggetti privati;

• deve essere adeguato e proporzionato rispetto al valore del diritto da garantire; deve tenere conto delle risorse disponibili e degli effetti sui terzi.

Possono richiedere l’accomodamento ragionevole:

• le persone con disabilità;

• i genitori di minori con disabilità;

• i tutori. In caso di rifiuto dell’accomodamento ragionevole, sono previsti ricorsi sia contro la pubblica amministrazione che contro i soggetti priva ti, con la possibilità di coinvolgere il Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità per verificare l’eventuale discriminazione.

SPERIMENTAZIONE DELLE NUOVE PROCEDURE

Le nuove procedure saranno sperimentate dal 2025, con applicazione a campione delle disposizioni, sia per la valutazione di base che per quella multidimensionale. Il periodo sperimentale servirà anche per aggiornare le definizioni, i criteri e le modalità di accertamento. Ma che fine faranno tutti i sussidi e gli aiuti attualmente attivi, come l’assegno di assistenza per gli invalidi civili parziali, l’indennità di accompagnamento, l’indennità di frequenza? A questo proposito, un concetto di estrema rilevanza che viene introdotto dal decreto è il principio di non regressione: sulla base di questo principio, è garantita la protezione dei diritti precedentemente acquisiti dalle persone con disabilità. Questa disposizione riveste un’importanza particolare, poiché assicura il mantenimento dei livelli di tutela e supporto per le persone con disabilità:

• sia durante i periodi di transizione tra normative differenti;

• sia per evitare che le nuove disposizioni riducano l’accesso ai benefici e alle protezioni dei diritti fondamentali previsti dal nuovo quadro normativo sulla disabilità. In conclusione, la riforma dell’invalidità e della disabilità segna una vera e propria rivoluzione. L’Inps dovrà sviluppare nuove procedure e modalità operative che andranno a sostituire o integrare, almeno in una fase iniziale, il sistema di trasmissione telematica delle invalidità già ben consolidato. Sarà essenziale garantire una tracciabilità chiara e completa del processo e delle persone coinvolte in ogni fase del lavoro.


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