RIDERS: recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di contribuzione previdenziale

Andrea di Nino, Consulente del Lavoro in Milano

Due recenti sentenze del Tribunale di Milano, sezione lavoro, sono intervenute in materia di classificazione del rapporto di lavoro dei lavoratori ciclofattorini (c.d. “riders”), stabilendo che due società di “ food delivery” siano tenute al versamento dei contributi previdenziali in favore dei lavoratori. Le sentenze – nel dettaglio, la n. 3237/2023 e la n. 3239/2023 – hanno riguardato due società di “ food delivery” coinvolte in due distinti procedimenti, già soggette a indagini da parte della Procura della Repubblica di Milano relativamente alle condizioni di sicurezza dei lavoratori. Le due società hanno presentato ricorso a seguito degli accessi ispettivi subiti da parte di ITL di Milano-Lodi, Inps e Inail, a seguito dei quali sono stati convertiti i rapporti di lavoro intrattenuti con i “riders” da autonomi occasionali a “collaborazioni organizzate”, con applicazione delle previsioni previste ai sensi dell’art. 2, comma 1 del D.lgs. n. 81/2015 rispetto alle collaborazioni organizzate dal committente (c.d. “etero-organizzate”). A fronte di detta conversione, inoltre, sono state richieste da parte degli enti le differenze contributive e assicurative, applicando ai rapporti di lavoro le medesime aliquote previste per i rapporti di lavoro subordinato. Le società hanno presentato ricorso dinnanzi al Tribunale di Milano, Sezione Specializzata del Lavoro, denunciando la falsa applicazione del menzionato articolo 2, in quanto, per come entrambe le piattaforme delle società sono configurate, ritenevano non vi fosse alcun obbligo da parte dei lavoratori di corrispondere la prestazione lavorativa con continuità ed esclusività, e risultassero dunque assenti gli estremi per ricondurre i rapporti di lavoro all’alveo della subordinazione de facto. Le due società, difatti, nelle proprie motivazioni hanno sottolineato come il singolo “rider” fosse dotato di piena discrezionalità circa la decisione di accettare le richieste di consegna proposte dalla “app” della piattaforma, ritenendo dunque scorretta la riclassificazione dei rapporti di lavoro, soprattutto con riferimento ai lavoratori che hanno prestato attività sporadica o che, nonostante abbiano sottoscritto il contratto di collaborazione, non hanno mai svolto l’attività lavorativa. Gli enti ispettivi, al contrario, hanno ravvisato che gli elementi raccolti in fase di istruttoria – molti dei quali risultanti da numerosi questionari sottoposti agli stessi “riders” – abbiano fatto emergere gli elementi che hanno portato alla riclassificazione dei rapporti di lavoro: nel dettaglio, è stato appurato come le società, mediante la piattaforma, organizzassero appieno l’attività dei collaboratori, assegnando premialità e penalizzazioni in base alla disponibilità in fasce temporali con alta richiesta, predeterminando i compensi e organizzando l’attività lavorativa del prestatore (ad es. circa tempi, strumenti e modalità di consegna dei prodotti ordinati dagli utenti mediante la app). Le motivazioni addotte dalle due società a propria difesa in sede di ricorso sono comunque state respinte dalle sentenze in argomento: con particolare riferimento alla sentenza n. 3237/2023, il giudice ha difatti ritenuto corretta l’applicazione dell’art. 2 del D.lgs. n. 81/2015, il quale ha previsto che “dal gennaio 2016 si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”. La ratio di questa norma è stata individuata, dal giudice, quella di “tutelare prestatori evidentemente ritenuti in condizione di “debolezza” economica, operanti in una “zona grigia” tra autonomia e subordinazione, ma considerati meritevoli comunque di una tutela omogenea”. A fronte di questa riclassificazione, quindi, la società di “ food delivery” è stata tenuta al versamento dei contributi Inps e Inail, comprensivi di interessi e more, presso la gestione dipendenti secondo l’orario di lavoro effettivamente svolto da ogni prestatore, così come stabilito dal verbale ispettivo. Le medesime conclusioni sono state poste nella sentenza n. 3239/2023, emanate, come detto, dal medesimo Tribunale di Milano, Sezione Lavoro. Ulteriore tratto comune in entrambe le sentenze è l’individuazione del Ccnl applicabile ai rapporti per il calcolo dei contributi in favore dell’Inps: l’inquadramento dato dagli ispettori a seguito della riclassificazione del rapporto di lavoro è stato quello relativo al quinto livello del Ccnl della Logistica. Il tribunale ha valutato di non applicare ai rapporti di lavoro le previsioni del Ccnl Riders (sottoscritto da Assodelivery e UGL riders) in quanto considerato privo dei requisiti di adeguata rappresentatività dei lavoratori. A fronte di questi orientamenti dati dalla giurisprudenza, in via definitiva, l’attività di consegna merci tramite mediazione di piattaforma viene considerata equiparabile, a livello di inquadramento previdenziale, a quella del lavoro subordinato, in recepimento delle disposizioni del legislatore stabilite dal già menzionato art. 2 del D.lgs. n. 81/2015.


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