Rapporto tra WELFARE E DURC*

Luca di Sevo, Consulente del Lavoro in Bollate (Mi)

De Luca e M. Giangrande analizzano le disposizioni contributive e fiscali che interessano le erogazioni sotto forma di welfare che possono essere concesse ai lavoratori dipendenti

Non esiste una definizione legale di welfare contrattuale o aziendale; la dottrina lo indica come “l’insieme dei benefit e servizi forniti dall’azienda ai propri dipendenti al fine di migliorare la vita privata e lavorativa”; a titolo esemplificativo si possono citare: il sostegno alla famiglia, allo studio, alla genitorialità, alla tutela della salute.

La Legge 28 dicembre 2015, n. 208, con riferimento al regime fiscale (art. 51, comma 2, lettera f, del Tuir) stabilisce che non concorrono a formare il reddito da lavoro dipendente: “l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12, per le finalità di cui al comma 1, dell’articolo 100”.

L’art. 1, comma 162, della Legge n. 232/2016, precisa che le disposizioni ex art. 51, co.2 lettera f del Tuir “si applicano anche alle opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro, del settore privato o pubblico, in conformità a disposizioni di contratto collettivo nazionale di lavoro, di accordo interconfederale o di contratto collettivo territoriale”.

Il welfare di natura contrattuale è il sistema di tutela dei lavoratori istituito in base alle previsioni della concertazione tra le parti sociali e che si distingue dal welfare datoriale o welfare aziendale, dovuto all’iniziativa specifica del datore di lavoro.

Come sopra evidenziato la Legge 28 dicembre 2015, n. 208 ha decretato l’esclusione dal reddito da lavoro dipendente anche le opere e servizi di welfare non provenienti dall’iniziativa unilaterale del datore di lavoro, ed estendendo quindi i benefici alle emanazioni di natura contrattuale. Pertanto, non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente l’“utilizzazione di opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di regolamento aziendale”.

Il Documento unico di regolarità contributiva (Durc) è la certificazione che attesta la regolarità da parte delle imprese dei versamenti previdenziali, assistenziali, e dei premi assicurativi. Esso è stato introdotto dall’art. 1, comma 1175, Legge n. 296/2006, che dispone come i benefici normativi e contributivi sono subordinati al suo possesso da parte dei datori di lavoro, “fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali nonché di quelli regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale”; va notato che non sono annoverati servizi, opere e servizi di welfare.

L’autore ha analizzato l’esistenza di collegamenti tra il particolare regime fiscale per i trattamenti di welfare e l’obbligo di regolarità di contributiva previsto all’art. 1, co. 1175, della Legge n. 296/2006 per i benefici contributivi. Accertato che i datori di lavoro – per poter fruire dei benefici previsti dalla norma – devono essere in possesso del Durc, fermi restando gli altri obblighi di legge ed il rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali stipulati dalle organizzazioni sindacali datoriali e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, appare evidente che le disposizioni di cui all’art. 51, comma 2, del Tuir definiscano il criterio di calcolo dell’imponibile fiscale, indipendentemente dalle questioni inerenti il Durc.

Il regime fiscale e contributivo previsto per il welfare aziendale non risulta correlato alle condizioni di rilascio del Durc. Emerge quindi che la disciplina del Durc non ha relazioni con il regime fiscale e contributivo previsto dalla regolamentazione sul welfare contrattuale e aziendale e quindi per applicare

i benefici fiscali legati al welfare non è richiesto il Durc.

Da questo lavoro di analisi, possiamo trarre sicuramente l’importanza di due strumenti profondamente diversi volti, l’uno a verificare gli adempimenti da parte del datore di lavoro, l’altro ad accrescere il benessere economico del lavoratore e tentare di conciliare le esigenze lavorative con la vita extralavorativa. Legare il riconoscimento del welfare ad un documento come il Durc, potrebbe andare a discapito dell’interesse del lavoratore; tuttavia, anche una verifica più stringente ed accurata della regolarità fiscale dei datori di lavoro, potrebbe costituire un piano di azione interessante nell’ambito di un’azione verso una legalità ampia e profonda.

* Sintesi dell’articolo pubblicato in Modulo24, Contenzioso Lavoro, 2022/4 dal titolo Welfare di natura contrattuale e Durc.


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