“Quota 100” fra opportunità e dubbi applicativi

Mario Verità, Consulente previdenziale

 

In attesa dell’approvazione della Legge di Stabilità per il 2019, si moltiplicano le ipotesi che riguardano la tanto attesa “riforma” delle pensioni.

Senza entrare nel merito politico e tecnico delle modifiche che sono state annunciate, cerchiamo di ragionare sulle eccezioni che verranno apportate alla attuale normativa.

Saranno modifiche ed eccezioni, poiché l’intelaiatura della legge n. 214/2011 (la cosiddetta Fornero) verrà mantenuta e dovrebbero essere introdotte alcune correzioni alla regola (la Fornero appunto) che faciliteranno l’uscita per determinate categorie di lavoratori.

 

Il ripristino del sistema delle quote

 

Quello di quota 100 è il provvedimento forse più chiacchierato anche perché potrebbe portare una popolazione di diverse decine di migliaia di soggetti ad una possibilità di pensionamento inaspettata. Cancellato dalla riforma Fornero, questo sistema per l’accesso alla pensione anticipata fino al 2011 permetteva di accedere al trattamento di anzianità a patto che la somma di età anagrafica e anzianità contributiva desse la quota in vigore in quell’anno; anche in quel momento dovevano necessariamente e contemporaneamente verificarsi un’età minima e un’anzianità utile. Pare che dal 2019 i due numeri magici siano 62 (anni) e 38 (contributi).

Ritornando a quanto in vigore fino al 2011 aggiungiamo che:

  • Dal raggiungimento del diritto al pagamento dell’assegno era necessario attendere la finestra di scorrimento (il pagamento era posticipato di un anno)
  • La quota valeva solo per i lavoratori che sommavano la contribuzione nella gestione ordinaria (con differenziazione fra dipendenti e autonomi)
  • Era necessario avere almeno 35 anni di contributi da lavoro, con esclusione quindi di quelli figurativi
  • Non erano compresi i contribuenti che oggi possono avvalersi del cumulo.

Indubbiamente la strada è tracciata, vedremo se, in sede di approvazione della legge e di scrittura delle circolari attuative qualche piccolo ostacolo all’applicazione pura e semplice della quota verrà posto.

Sulla eventuale penalizzazione sappiamo per certo che una sarà “naturale”: diversi anni di contributi non versati e un coefficiente di trasformazione legato all’età più basso (poiché la pensione verrà pagata per più anni) daranno come risultato una pensione più magra rispetto all’atteso.

 

Opzione donna

 

Altro argomento caldo e che avrebbe un impatto decisamente importante sulla popolazione in uscita è l’eventuale ripristino della cosiddetta “opzione donna”.

Anche per questa fattispecie ci rifacciamo alla precedente applicazione che si è fermata al 2015. In pratica tutte le donne che avessero compiuto – al 31/12/2015 – 57 anni (+3 mesi per effetto dell’aumento dell’aspettativa di vita) e che avessero anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni da lavoro con esclusione quindi di alcune fattispecie di figurativi, accedevano, su domanda, al trattamento pensionistico.

In questo caso, così come per la quota 100, la convenienza di uscita è da valutare caso per caso: di quanto il calcolo contributivo penalizza il pensionando? Ma di quanti anni si avvantaggia lo stesso? E sopratutto non è possibile generalizzare il calcolo del gap che dipende dalle retribuzioni, dal loro andamento, dai periodi di contribuzione ecc.

 

Tagli alle pensioni d’oro

 

Questo argomento è ancor più insidioso dei precedenti. Teoricamente è anche quello di più facile attuazione perché si parla di togliere qualcosa. Il punto cruciale è come…fra le ipotesi c’è il blocco degli adeguamenti al costo della vita, ma sappiamo che già qualche anno fa l’Inps aveva dovuto restituire il mancato aumento degli assegni ricalcolando quanto non era stato versato per effetto del blocco voluto dal governo Monti. È da escludere un aumento dell’aliquota Irpef perché sarebbe da applicarsi anche ai redditi delle persone fisiche in genere.

Potrebbe essere che sia un nuovo contributo di solidarietà…anche se la via più equa, a mio parere, sarebbe quella di applicare questo ulteriore contributo alla differenza che si è generata tra il calcolo misto e il calcolo interamente contributivo. Ma sarebbe piuttosto complicato e richiederebbe un ricalcolo di tutte le pensioni in pagamento o quasi.