G. R. Simoncini si interroga circa la sorte del rapporto di lavoro nella composizione negoziata della crisi d’impresa
Con il presente contributo l’Autrice esamina l’istituto della composizione negoziata della crisi, evidenziando i profili di diritto sindacale e di diritto del lavoro che caratterizzano la procedura.
Il D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico il c.d. “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” 1 ma attualmente il numero delle norme del Codice (di seguito CCII) già vigenti è assai limitato, mentre l’entrata in vigore della maggior parte delle disposizioni, prevista per lo scorso 16 maggio 2022, è stata più volte posticipata. L’elemento saliente di tale provvedimento è il tentativo di far emergere in maniera anticipata la crisi dell’impresa, allo scopo di risolvere – ben prima della fase insanabile di liquidazione giudiziale – le problematiche connesse all’esercizio di impresa, con conseguente tutela degli interessi dei creditori e dei posti di lavoro dei prestatori di lavoro e non solo dei loro crediti. Quest’ultimo aspetto merita un’ulteriore precisazione in quanto la conservazione dei rapporti in essere, interpretata come continuità aziendale, rappresenta la forma più compiuta di protezione che pu essere garantita al lavoratore, non disperdendo il bagaglio professionale acquisito, come invece avviene nel caso di altre soluzioni operative e giuridiche (licenziamento individuale o collettivo, in particolare) che, pur consentendogli una stabilità economica, attraverso strumenti di sostegno al reddito2, lo allontanano dal mercato del lavoro. Peraltro, l’obiettivo di armonizzare le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza del datore di lavoro, grazie al ricorso a forme di tutela dell’occupazione del reddito, è richiesto sia dalla Carta Sociale Europea che dalla Dir. EU n. 2019/1023, riguardante i “quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione” (c.d. Direttiva Insolvency), il cui termine di recepimento del nostro ordinamento è previsto per il 17 luglio 2022.
Il Legislatore – in attesa di recepire nel nostro ordinamento la suddetta direttiva e ritenuta l’opportunità di disporre il rinvio dell’entrata in vigore del CCII attraverso la disposizione di cui all’art. 1, D.l. 24 agosto 2021, n. 1183 – ha contestualmente optato per l’introduzione con il medesimo decreto-legge della innovativa procedura di composizione negoziata della crisi.
Il D.l. 24 agosto 2021, n. 118 ha introdotto nel nostro ordinamento giuridico l’istituto della composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa, quale strumento finalizzato al risanamento delle imprese in difficoltà finanziaria.
Al riguardo, è opportuno rilevare come il punto di contatto tra il “Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” e la “Composizione negoziata della crisi” sia la tutela dell’impresa che si trovi in una situazione di squilibrio finanziario serio, tale da ingenerare il rischio di insolvenza, al fine di salvaguardare per quanto possibile l’attività aziendale.
La grande diversità invece risiede nel dato cronologico: il CCII è stato concepito prima della pandemia quale sostegno alle imprese con difficoltà, basandosi su una situazione di mercato stabile e cioè caratterizzata da oscillazioni fisiologiche. Ma vi è di più.
Il CCII risulta essere poco utilizzabile nella fase pandemica, in quanto gli indicatori che lo caratterizzano non solo non riuscirebbero nell’intento di svolgere alcun ruolo selettivo4, ma addirittura genererebbero effetti potenzialmente sfavorevoli5.
Di contro, la composizione negoziata della crisi è stata progettata durante la pandemia e ci ha fatto sì che essa nascesse come procedura snella e immediata attraverso la quale viene garantita la possibilità6 all’imprenditore che si trovi in una situazione di squilibrio patrimoniale, o economico-finanziario, di chiedere la nomina di un esperto indipendente se risulta perseguibile il risanamento dell’impresa7. L’esperto – nelle vesti di facilitatore – assume il compito di agevolare le negoziazioni tra l’imprenditore, i creditori e gli “eventuali altri soggetti interessati”, quali i lavoratori, allo scopo di individuare una soluzione idonea allo sbilanciamento dell’impresa, proponendo anche accordi volti al trasferimento d’azienda e/o di alcuni rami della stessa8.
La necessità è che egli sia terzo rispetto a tutte le parti, sancendo quindi la necessità di una limpidezza procedimentale, slegata da ipotetici (ma probabili) conflitti di interessi, che miri al risanamento aziendale attraverso una modalità operativa professionale e imparziale. L’esperto va quindi inteso come figura che “serve a dare forza e credibilità alla posizione dell’impresa”, conferendo alle trattative “un elevato livello di sicurezza ed elimina il dubbio dell’esistenza di possibili atteggiamenti dilatori e poco trasparenti tenuti dalle parti coinvolte” 9. Una volta accettato l’incarico, l’esperto deve convocare senza indugio10 l’imprenditore per valutare la concreta prospettiva di risanamento, anche sulla base delle informazioni assunte dall’organo di controllo o dal revisore legale. A seguito del confronto, si possono quindi aprire due strade: qualora sussista una prospettiva di risanamento, l’esperto incontrerà le parti interessate, indicando le strategie di intervento11; nel caso in cui, invece, la situazione aziendale sia già compromessa verrà informato sia l’imprenditore che la Camera di Commercio territorialmente competente, allo scopo di disporre l’archiviazione della domanda di composizione negoziata. La composizione negoziata è, peraltro, una procedura esclusivamente volontaria, attivabile dalle sole imprese che decidano di farvi ricorso, incentivate da una serie di misure protettive, cautelari e premiali12. In effetti, l’auspicio che un imprenditore affidasse a un terzo sconosciuto dati sensibili della propria azienda, non avrebbe di certo potuto riscuotere consensi senza adeguati vantaggi economici e giuridici. A fronte del sintetico quadro appena tratteggiato, emerge come nella procedura di composizione negoziata della crisi si registri – rispetto all’impostazione del CCII – un rilevante indebolimento della figura del giudice, il quale ha la possibilità di entrare in gioco solo in una fase successiva, su istanza del debitore, rappresen- ! tando una mera eventualità rispetto alla procedura di composizione negoziata.
L’esperto, da un lato, non ha l’obbligo di riferire ad alcuna autorità e, dall’altro, l’intervento giudiziale è meramente eventuale nell’ipotesi in cui la composizione negoziata funzioni. Di contro, l’agilità procedimentale che caratterizza l’impianto del D.l. n. 118/2021 pu solo dirigersi verso un tentativo di salvaguardia dell’impresa che non sembra imporre la realizzazione di un sistema efficiente13 e anzi potrebbe avallare il c.d. rischio di selezione avversa14: in altre parole, la composizione negoziata della crisi “potrebbe consentire alle imprese meno efficienti di beneficiare di misure e risorse (queste ultime per definizione scarse, ed insufficienti) che dovrebbero essere destinate altrove” 15. In sintesi, stiamo parlando di uno strumento di regolazione della crisi di tipo negoziale16 e cioè di una tipologia del tutto opposta rispetto alla natura concorsuale del CCII.
L’imprenditore pu chiedere, con l’istanza di nomina dell’esperto o con successiva istanza, l’applicazione di misure protettive del patrimonio17: dal giorno della pubblicazione dell’istanza, i creditori non possono acquisire diritti di prelazione se non concordati con l’imprenditore, né possono iniziare, o proseguire, azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio o sui beni e sui diritti con i quali viene esercitata l’attività d’impresa.
Tuttavia, sono esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori18.
In altri termini, i lavoratori potranno far valere i loro crediti senza limitazioni avvalendosi del privilegio generale di cui all’art. 2751 bis c.c., con cio’ a dire che restano esclusi dalle misure protettive i diritti di credito dei lavoratori così come i contributi previdenziali, sebbene titolari di tali crediti siano gli enti previdenziali.
All’esperto è data la possibilità di invitare le parti a rideterminare il contenuto dei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero quelli a esecuzione differita, qualora la prestazione sia divenuta eccessivamente onerosa proprio a causa della pandemia19. Nel caso in cui, invece, non vi sia l’accordo tra le parti, il tribunale su domanda dell’imprenditore, sentito il parere dell’esperto e le ragioni di diniego dell’altro contraente, pu rideterminare equamente le condizioni del contratto quale misura indispensabile per garantire la continuità aziendale.
Ma in un’ottica di salvaguardia e tutela del lavoratore, viene altresì sancita l’esclusione della rinegoziazione per le prestazioni oggetto di contratti di lavoro dipendente20.
L’art. 4, comma 8, D.l. n. 118/2021 prevede un’ipotesi specifica di informazione sindacale nell’ambito della composizione negoziata della crisi.
La norma stabilisce che il datore di lavoro che occupa complessivamente più di 15 dipendenti21 è tenuto a informare le organizzazioni sindacali se nel corso della procedura debbono essere assunte “rilevanti determinazioni che incidono sui rapporti di lavoro di una pluralità di lavoratori” come nel caso di modifiche che riguardino l’organizzazione di lavoro o lo svolgimento delle prestazioni di lavoro. Tale obbligo di informazione con comunicazione scritta, trasmessa anche tramite PEC, deve essere assolto prima dell’adozione delle misure suscettibili di incidere a vario titolo sui rapporti di lavoro.
Ai soggetti sindacali, quindi, è attribuita la facoltà di chiedere un incontro entro tre giorni dalla ricezione della comunicazione-informativa, con obbligo di iniziare la consultazione con la presenza dell’esperto entro cinque giorni dal ricevimento dell’istanza, dovendosi esaurire tale confronto nell’arco di soli dieci giorni dal suo inizio. Il tutto caratterizzato da un vincolo di riservatezza rispetto alle informazioni “qualificate come tali dal datore di lavoro” ed emerse nella consultazione, e ci in virtù di un “legittimo interesse dell’impresa”.
In tale ambito, peraltro, l’esperto non pare assumere in modo esplicito un ruolo particolarmente rilevante e infatti non sono presenti indicazioni sulle modalità di gestione dell’incontro, cioè sul ruolo che egli assume come parte della procedura, se non la sola previsione dell’importo del compenso per il lavoro svolto purché risultante dai rapporti redatti dallo stesso facilitatore22.
La composizione negoziata quindi, da un punto di vista giuslavoristico, ruota attorno a quelle rilevanti determinazioni che possono essere assunte nel corso della procedura, ex art. 4, comma 8, rivolte nei confronti di una pluralità di lavoratori e in grado di modificare l’organizzazione del lavoro o le modalità di svolgimento delle prestazioni. È il caso, ad esempio, dell’assegnazione a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, ma rientranti nella medesima categoria legale23, quale conseguenza della modifica degli assetti organizzativi aziendali, o come previsione dei contratti collettivi24.
Inoltre, potrebbe essere valutata una pluralità di accordi individuali25, realizzati dinnanzi alle commissioni di certificazione, finalizzati a prevedere modifiche delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento, nonché della retribuzione in ragione dello stato di crisi in cui versa l’impresa e in modo tale da assicurare al lavoratore la conservazione dell’occupazione.
Altre rilevanti determinazioni potrebbero riguardare la necessità di operare il trasferimento individuale o collettivo dei lavoratori, la cui condizione di legittimità risiede per l’appunto nell’esistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttivi26. Queste modifiche che, peraltro, nascono su iniziativa unilaterale del datore, per poi essere sottoposte anche alla valutazione dei soggetti sindacali, incontrano due evidenti nodi e cioè l’eccessiva celerità con cui deve svolgersi la consultazione e, poi, l’esistenza di un vincolo di riservatezza che, in tutta evidenza, incide esclusivamente sulla posizione dei soggetti sindacali. Un’osservazione: sebbene la composizione negoziata sia un procedimento stragiudiziale rafforzato e voglia discostarsi dagli strumenti di regolazione della crisi di tipo giudiziale, è ben comprensibile che possa caratterizzarsi per la celerità ma, in concreto, tempi stretti non possono che defluire in una tutela disequilibrata per i lavoratori nei confronti del datore di lavoro. In altre parole, la consultazione meriterebbe una tempistica più dilatata, perché funzionale alla conoscenza della reale situazione che coinvolge i lavoratori.
In merito poi al vincolo di riservatezza, è necessario sollevare un secondo opinabile aspetto. Dall’informativa sindacale potrebbero essere attivati anche dei contratti collettivi di prossimità27 al fine di realizzare specifiche intese finalizzate alla gestione della crisi aziendale, potendo operare anche in deroga sia alle disposizioni di legge che disciplinano le materie inerenti all’organizzazione del lavoro che alle regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro.
Tale ipotesi, nella prassi, dovrebbe realizzarsi a seguito del confronto con i lavoratori, il che mal si concilia con la previsione28 secondo cui le informazioni rese dal datore di lavoro sono soggette al vincolo di riservatezza perché idonee a tutelare l’interesse dell’impresa. Pare affiorare un’aporia interpretativa del Legislatore perché non considera che la partecipazione informata e attiva delle parti sociali è lo strumento dedicato alla realizzazione dei diritti dei lavoratori, e cioè dei diritti sindacali connessi al rapporto di lavoro. A corollario, si aggiunga che la mancata o inesatta informazione dei soggetti sindacali circa le rilevanti determinazioni assunte dall’imprenditore, potrebbe comportare come diretta conseguenza l’attivazione della procedura relativa alla repressione della condotta antisindacale in capo al datore di lavoro29, per aver posto in essere un comportamento idoneo a impedire, o limitare, l’effettivo esercizio dell’attività sindacale.
L’art. 4, comma 8, D.l. n. 118/2021, soffre per di un’applicazione residuale e lo dimostra il fatto che non opera nei molteplici casi in cui il nostro Legislatore abbia previsto specifiche e diverse procedure di informazione e consultazione sindacale.
Di conseguenza non si applica laddove sussistano precisi obblighi di informazione e consultazione, a patto che essi siano già codificati, come nel caso dei licenziamenti collettivi30, della cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, o ancora, del trasferimento d’azienda di cui all’art. 2112 c.c.
Si constata quindi che la composizione negoziata della crisi configura una sorta di debolezza sistemica nei confronti delle organizzazioni sindacali chiamate a fornire un contributo “ridotto” in relazione alle eventuali modifiche che, a vario titolo, incidono sui rapporti di lavoro.
Il trasferimento di azienda rientra tra gli atti di straordinaria amministrazione e, da un punto di vista giuslavoristico, rappresenta una delle possibili soluzioni alla crisi aziendale. Al riguardo, l’art 47, L. n. 428/1990, prevede che nel caso di trasferimento d’azienda o di una parte di essa, in cui siano occupati più di quindici lavoratori ed effettuato ai sensi dell’art. 2112 c.c., il cedente ed il cessionario debbano darne comunicazione per iscritto almeno venticinque giorni prima ai soggetti sindacali. In particolare, dovranno informare le rappresentanze sindacali unitarie o quelle aziendali costituite, a norma dell’art. 19, L. n. 300/1970, nelle unità produttive interessate, nonché i sindacati di categoria che hanno stipulato il contratto collettivo applicato nelle imprese interessate al trasferimento. Come rilevato, questa specifica procedura comporta l’inapplicabilità dell’art. 4, comma 8, D.l. n. 118/2021. Peraltro, nell’ambito della composizione negoziata della crisi, all’imprenditore è concesso trasferire l’azienda, o uno o più dei suoi rami, tramite due precise modalità: 1) in maniera autonoma31, cioè senza richiedere l’autorizzazione del tribunale, dando notizia all’esperto 2) o, nel caso più usuale, muovendosi con l’autorizzazione del tribunale32 ove si sancisce che “il tribunale, su richiesta dell’imprenditore e previa verifica della funzionalità degli atti rispetto alla continuità aziendale e alla migliore soddisfazione dei creditori, pu (…) autorizzare l’imprenditore a trasferire in qualunque forma l’azienda o uno o più suoi rami senza gli effetti di cui all’articolo 2560 , secondo comma, del codice civile, dettando le misure ritenute opportune, tenuto conto delle istanze delle parti interessate al fine di tutelare gli interessi coinvolti; resta fermo l’articolo 2112 del codice civile”.
L’art. 20, comma 1, lett. d), D.l. n. 118/2021, ha ampliato l’art. 182- quinquies33 della Legge fallimentare34, prevedendo che il tribunale possa autorizzare il pagamento delle retribuzioni dovute per le mensilità antecedenti al deposito del ricorso ai lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione. Tale modifica mette in luce come i lavoratori possano essere considerati a pieno titolo dei “creditori strategici dell’impresa”, tanto più che il dato letterale della norma, nel momento in cui si riferisce alle c.d. retribuzioni dovute per le mensilità antecedenti, non prevede alcun tipo di vincolo temporale. Assistiamo quindi a un’estensione del regime di intangibilità dei crediti dei lavoratori che, presumibilmente, sarà esteso nelle varie procedure concorsuali, in quanto l’art. 20, comma 1, lett. d), D.l. n. 118/2021 ha avuto il pregio di estendere il campo applicativo dell’art. 182- quinquies della Legge fallimentare, con la conseguenza che debbano essere incorporati anche i crediti dei lavoratori, non più soggetti alla disciplina generale dettata per il pagamento degli altri creditori.
La composizione negoziata della crisi rappresenta una procedura che tende a valorizzare e tutelare quei diritti dei lavoratori35 che rischiano di essere compromessi a causa dello squilibrio patrimoniale o economico-finanziario dell’impresa e manifesta un’attenzione rinnovata all’occupazione come elemento attivo nel superamento della crisi. Inoltre, l’impianto del D.l. n. 118/2021 è destinato a coordinarsi e integrarsi con la Direttiva Insolvency di prossima attuazione ed è possibile constatare come non emergano deroghe o deviazioni dall’applicazione delle norme del diritto del lavoro, per così dire, ordinario.
Per quanto riguarda, invece, le soluzioni di carattere collettivo, si ravvisa la possibilità di avvalersi dell’art. 8, D.l. n. 138/201136 che permette di realizzare specifiche intese, con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati, finalizzate alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali37. Tali intese possono derogare alla legge e ai Ccnl, a condizione di essere sottoscritte da parte delle “associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operanti in azienda”. Inoltre, la procedura di composizione negoziata della crisi potrebbe fare ricorso anche a soluzioni pratiche e operative di carattere individuale38 vale a dire singoli accordi con i lavoratori interessati: la conciliazione in sede protetta potrebbe essere anche intesa come adempimento ulteriore rispetto all’accordo collettivo e avrebbe altresì il pregio di inibire le possibilità di impugnazione39. Coordinare l’istituto della composizione negoziata della crisi (e la relativa procedura di informazione e consultazione sindacale) con gli altri strumenti noti al giuslavorista puo’ rappresentare la corretta modalità per tutelare ogni diritto, derivante dalla prestazione di lavoro, in capo al lavoratore.
* Sintesi dell’articolo pubblicato ne LG, 4/2022, pag. 353 ss. dal titolo Profili di dritto sindacale e del lavoro nella composizione negoziata della crisi.
1. In attuazione della L. delega 19 ottobre 2017, n. 155.
2. Il riferimento è alle disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso
di disoccupazione involontaria, di cui al D.lgs. n. 22/2015, su cui è recentemente intervenuta con alcune
modifiche la L. n. 234/2021 (Legge di Bilancio 2022).
3. Convertito con modificazioni nella L. 21 ottobre 2021, n. 147.
4. Cfr. Ambrosini, La “ falsa partenza” del codice della crisi, le novità del decreto liquidità e il tema dell’insolvenza incolpevole, in www.ilcaso.it.
5. Ambrosini, op. cit., 3, il quale ri-prende le considerazioni della Relazione Illustrativa al Codice della Crisi per evidenziare che “il “siste ma” non era (e non è tuttora) pronto ad affrontare e gestire un’innovazione di tale portata, foriera di effetti oggettivamente incerti, di là dalla bontà della scelta di fondo”.
6. A norma dell’art. 2, D.l. n. 118/2021.
7. L’imprenditore può chiedere la nomina dell’esperto indipendente al Segretario generale della Camera di
commercio, industria, artigianato ed agricoltura nel cui ambito territoriale si trovi la sede legale dell’impresa. L’istanza di nomina dell’esperto indipendente, presentata dall’imprenditore attraverso la piattaforma
telematica di cui all’art. 3 del decreto-legge, deve contenere le informazioni e la documentazione utile ai
fini dello svolgimento dell’incarico da parte del professionista nomina- to, incluso il certificato dei debiti
contributivi e per premi assicurativi di cui all’art. 363, comma 1, D.lgs. n. 14/2019 (in questo senso l’art. 5,
comma 3, lett. g), D.l. n. 118/2021).
8. Cfr., I. Pagni – M. Fabiani, La transizione dal codice della crisi alla composizione negoziata (e viceversa),
in L. De Simone – M. Fabiani – S. Leuzzi (a cura di), Le nuove misure di regolazione della crisi di impresa, Numero Speciale di Diritto della Crisi, novembre 2021, 12, secondo i quali il trasferimento d’azienda sarebbe
un “conveniente exit per conservare valore all’impresa e mantenere ric-chezza nel mercato, alla condizione
che il ricavato consenta all’imprenditore di gestire l’indebitamento
con accordi col ceto creditorio”; sul
trasferimento d’azienda in sede giudiziale, si legga anche L. De Simo- ne, Le autorizzazioni giudiziali, in L. De Simone – M. Fabiani – S.Leuzzi (a cura di), op. cit., 65 ss..
9. L’art. 3, D.l. n. 118/20021, al fine di verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento dell’impresa istituisce una piattaforma telematica, accessibile dal sito Internet della competente CCIAA, utilizzabile da parte dell’imprenditore e del professionista incaricato. Nella piattaforma sono riportate le indicazioni operative per la redazione del piano di risanamento, ed è prevista la possibilità di effettuare un test di auto-diagnosi che consenta
di verificare la situazione dell’impresa e l’effettiva perseguibilità del risanamento stesso.
10. Art. 5, comma 5, D.l. n. 118/2021.
11. Nel caso in cui, decorsi 180 giorni dall’accettazione dell’incarico, non siano individuate soluzioni adeguate alla risoluzione delle condizioni di squilibrio, l’incarico dell’esperto si considera concluso. Si badi, però, che l’incarico potrebbe proseguire sia su istanza delle parti sia nel caso in cui l’imprenditore richieda al Tribunale l’applicazione di misure protettive del patrimonio, autorizzazioni a contrarre finanziamenti o a trasferire l’azienda.
12. Artt. 6, 7 e 14, D.l. n. 118/2021.
13. Cfr. L. Stanghellini, La legislazio- ne d’emergenza in materia di crisi d’impresa, in Riv. Società, 2020, 357.
14. Il concetto di “selezione avversa” è stato teorizzato da G. Akerlof, The market for Lemons: Quality Uncertainty and the Market Mechanism, The Quarterly Journal of Economics, Vol. 84, No. 3 (Aug., 1970), 488-500.
15. Ciò perché il nostro legislatore in- tende realizzare la conservazione dell’impresa in un contesto di tipo
privatistico, in cui l’autorità non abbia funzioni di controllo. Le perplessità dell’autore sono altresì evidenziate dal seguente rilievo: il “nuovo” diventa così autoreferenziale; tutto ciò che si distacca dal passato così si autolegittima, addirittura presentandosi come “necessario”, così D. Galletti, Breve storia di una (contro)riforma annunciata, ne Il Fallimentarista, Focus del 1° settembre 2021, 7.
16. Così si esprime ancora D. Galletti, Breve storia di una (contro)riforma, cit., 1; l’autore precisa come “D’altro
canto non è certo un segreto come interi strati del tessuto economico italiano avessero “preso di mira” da
tempo il CCII, considerato “indigesto” per un’imprenditoria da sempre “allergica” ad ogni forma di intromissione negli interna corporis dell’impresa, ed incline a considerare qualsiasi forma di controllo come un puro
costo, e mai uno strumento per investire in termini di efficienza”.
17. Art. 6, comma 1, D.L. n. 118/2021.
18. Art. 6, comma 3, D.L. n. 118/2021.
19. Art. 10, comma 2, D.l. n. 118/2021.
20. Interessante il rilievo sollevato da F. Aprile, Osservazioni chiaroscurali sui risvolti giuslavoristici della
procedura di composizione negoziata, in Diritto della Crisi, 3 novembre 2021, il quale nota che “lavoro di- pendente” è espressione poco rilevante rispetto al concetto giuridico di “lavoro subordinato”, chiedendosi se “in tale novero stanno pure quei rapporti collaborativi (anche “digitalizzati”) ai quali, a norma dell’art. 2, comma 1, D.lgs. n. 81/2015, si ap- plica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato”.
21. F. Aprile, Osservazioni chiaroscurali …, cit., secondo il quale “L’avverbio “complessivamente” sa un po’ di
pleonastico se, come è lecito ipotizza- re, rimanda implicitamente all’art. 18, comma 8, Statuto dei Lavoratori
(cui può riconoscersi una portata indicativa generale), secondo il quale i quindici dipendenti rilevano qualora
occupati “in ciascuna sede, stabili- mento, filiale, ufficio o reparto auto- nomo” in cui si articola l’impresa interessata, oppure quando quest’ultima li occupa nell’ambito dello stesso comune […], anche se ciascuna unità
produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti”.
22. Art. 16, comma 4, D.l. n. 118/2021.
23. Art. 2103 c.c., comma 3.
24. Art. 2103 c.c., comma 4.
25. Art. 2013 c.c., comma 6.
26. Art. 2103 c.c., comma 8.
27. Ai sensi dell’art. 8, D.l. n. 138/2011.
28. Art. 4, comma 8, D.l. n. 118/2021.
29. Art. 28, L. n. 300/1970.
30. Ai sensi della L. n. 223/1991.
31. Art. 9, D.L. n. 118/2021 .
32. Art. 10, comma 1, D.L. n. 118/2021.
33. Tale norma, nell’ambito del concordato con continuità aziendale, ammette la possibilità di pagare crediti anteriori per pre- stazioni di beni o servizi, previa autorizzazione del Tribunale ed a condizione che un professionista,
a sua volta in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett.d), l.fall. , attesti che tali prestazioni sono essenziali per la prosecuzione dell’attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori.
34. R.D. 16 marzo 1942, n. 267.
35. Cfr. A. Farolfi, Brevi osservazioni sui profili giuslavoristici del d.l. n. 118/2021, in Lavoro Diritti Europa, 4, 2021, 14.
36. L’art. 8, D.L. n. 138/2011, ha introdotto una “riforma equilibrata” che permette alla contrattazione di effettuare “scambi negoziali virtuosi”, così M. Tiraboschi, L’articolo 8 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138: una prima attuazione dello “Statuto dei lavori” di Marco Biagi, in Dir. rel. ind., 2012, 1, 90.
37. A tale fine, merita attenzione l’ipotesi di F. Aprile, Osservazioni chiaroscurali …, cit., secondo il quale le intese di prossimità “po- tendo essere finalizzate “alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali”, offrono il duplice e
innegabile vantaggio di disporre di estesa efficacia derogatoria – anche peggiorativa – sugli eventuali vincoli legislativi e collettivi sussistenti nelle materie oggetto della determinazione datoriale e di svolgere efficacia vincolante, se sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle rappresentanze sindacali, “nei confronti di tutti i lavoratori interessati”, e quindi anche di coloro che non aderiscono ai sindacati firmatari”.
38. Art. 2113 c.c., comma 4.
39. Più precisamente, fra le conciliazioni sottratte al regime di invalidità di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’art. 2113 c.c., rientra anche la conciliazione avanti le Commissioni di certificazione di lavoro.