La sentenza indaga sul potere del giudice di legittimità di rilevare d’ufficio la corretta individuazione del dies a quo di decorrenza della prescrizione, da cui dipende l’effettivo decorso o meno del termine quinquennale di prescrizione contributiva, ancorché il ricorrente non abbia formulato una specifica censura in merito.
La vicenda riguarda il caso di una lavoratrice autonoma che, con riferimento ai redditi prodotti nell’anno 2009 non aveva effettuato alcun versamento contributivo all’Inps Gestione Separata, omettendo altresì la dichiarazione dei relativi redditi nel “quadro RR”, la cui scadenza di presentazione, a regime prevista per la data del 16 giugno, per l’anno 2010 era stata eccezionalmente differita al 6 luglio dal D.P.C.M. 10 giugno 2010. Il 1° luglio 2015 la lavoratrice autonoma riceveva richiesta dei contributi non versati alla Gestione Separata nell’anno 2009. Proposto ricorso, la stessa otteneva ragione sia in Tribunale che avanti alla Corte d’Appello di Caltanissetta, per intervenuto decorso del termine di prescrizione contributiva quinquennale. Inoltre, la Corte d’Appello – considerando l’incertezza normativa sussistente all’epoca dei fatti di causa circa la ricorrenza dell’obbligazione contributiva alla Gestione Separata – escludeva che l’omessa esposizione, nella dichiarazione dei redditi presentata nel 2010, degli obblighi contributivi connessi al lavoro autonomo (c.d. quadro RR) equivalesse, ipso facto, alla volontà del debitore di occultare il proprio debito contributivo.
L’Inps ricorreva dunque in Cassazione con unico motivo di ricorso, eccependo la condotta dolosa di occultamento del debito contributivo da parte della contribuente – da identificarsi nella mancata compilazione del “Quadro RR” per l’anno 2009 – e la conseguente sospensione della decorrenza della prescrizione ai sensi dell’art. 2941, n.8), c.c., da cui derivava la validità dell’atto con cui l’Inps aveva richiesto il pagamento dei contributi alla Gestione Separata sui redditi di lavoro autonomo prodotti nel 2009. Solo nella memoria depositata in vista dell’adunanza in camera di consiglio (ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.) – avendo il Pubblico Ministero richiesto il rigetto del ricorso dell’Inps – l’istituto richiedeva l’accoglimento del ricorso sul rilievo che non fosse maturata la prescrizione del credito contributivo, in virtù del differimento al 6 luglio 2010 dei termini di versamento dei contributi a saldo operata per i redditi 2009 dal D.P.C.M. sopra citato.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell’Inps sulla base delle motivazioni di seguito riassunte:
Ciò premesso, la Corte enuncia il seguente principio di diritto:
“una volta che la sentenza d’appello sia stata impugnata per violazione della disciplina sulla sospensione della prescrizione (nella specie, con riguardo all’occultamento doloso del debito contributivo, ai sensi dell’art. 2941, primo comma, n. 8, cod.civ.), l’intera fattispecie della prescrizione, anche con riguardo alla decorrenza del dies a quo, rimane sub iudice e rientra, pertanto, nei poteri del giudice di legittimità valutare d’ufficio sulla scorta degli elementi ritualmente acquisiti, la corretta individuazione del termine iniziale della prescrizione, in quanto aspetto logicamente preliminare rispetto alla sospensione dedotta con il ricorso. La mancata proposizione di specifiche censure non determina la formazione del giudicato interno sul dies a quo della prescrizione dei contributi, differita dal D.P.C.M. 10 giugno 2010, in applicazione dell’art. 12, comma 5, del D.lgs. 9 luglio 1997, n. 241. Il giudicato, destinato a formarsi su un’unità minima di decisione che ricollega a un fatto, qualificato da una norma, un determinato effetto, investe la statuizione che dichiara prescritto un diritto e non le mere affermazioni, inidonee a costituire una decisione autonoma, sui singoli elementi della fattispecie estintiva, come la decorrenza del dies a quo”.
La sentenza viene quindi cassata in relazione al profilo preliminare dell’individuazione del dies a quo della prescrizione.
Si ritiene opportuno da ultimo segnalare che, al di là dei tecnicismi processuali oggetto della sentenza e sopra riassunti, un particolare punto di interesse meritano i motivi del ricorso dell’Inps, incentrati sulla sospensione del decorso della prescrizione, determinata dalla condotta dolosa della lavoratrice ai sensi dell’art. 2941, n.8), c.c. (“la prescrizione rimane sospesa (…) tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, finché il dolo non sia stato scoperto”). Da ricordare quindi, che il decorso del tempo non potrà sanare situazioni di irregolarità contributiva che siano state determinate da una condotta dolosa, finalizzata appunto all’occultamento del debito contributivo.