Come sovente succede in politica tanto tuonò che (non) piovve…
Qualche anno fa scrivemmo di montagne e topolini, ma mai come questa volta fatichiamo a trovare delle VERE novità in ambito previdenziale nella Legge di Bilancio per il 2023.
Atteniamoci per ora ai fatti e riepiloghiamo:
- È stata prorogata la misura cosiddetta APE sociale che consente a coloro che hanno raggiunto i 63 anni di età anagrafica con almeno 30 o 35 anni di contribuzione (rispettando determinati requisiti soggettivi) di godere, fino alla data di compimento dell’età anagrafica per l’accesso alla pensione di vecchiaia, di un assegno pari all’importo della pensione maturata grazie ai contributi; l’importo erogato non supererà comunque i 1500€/ mese che saranno pagati per 12 mensilità. Rientra nella categoria del sostegno al reddito.
- QUOTA 103 viene introdotta in sostituzione e parziale continuità con le precedenti Quota 100 e Quota 102; i requisiti sono 62 anni di età anagrafica e 41 anni di anzianità Per coloro che hanno matura- to durante il 2022 il diritto, il pagamento decorrerà dal 01/04/2023 (come se il perfezionamento del diritto sia stato a dicembre 2022 applicando la finestra di 3 mesi); oltre ai limiti previsti per Quota 100 e Quota 102 (incumulabilità pressoché assoluta di reddito e pensione fino al compimento dell’età anagrafica per la pensione di vecchiaia) si aggiunge il massimale di assegno che potrà essere pagato qualunque sia il valore maturato al momento della domanda. Questo limite è fissato in 5 volte il valore dell’assegno minimo, quindi circa € 2.800,00/mese.
- Come corollario alla Quota 103 viene introdotta possibilità, per coloro che maturano il diritto alla pensione con questa formula durante il 2023, di chiedere che il datore di lavoro versi la quota a carico del lavoratore ai fini IVS, non all’Inps bensì al lavoratore; si attende circolare Inps per capire limiti e regole di questa innovazione.
- Viene rinnovata e ampiamente depotenziata la Opzione Donna (che ha come caratteristica principale il calcolo dell’assegno con metodo interamente contributivo) che apre alle lavoratrici che nel 2022 abbiano raggiunto i 35 anni di anzianità contributiva e che abbiano compiuto 58 anni (con almeno 2 figli), 59 anni (con un figlio) ovvero 60 anni senza condizioni di figli; per tutte però compare il terzo requisito soggettivo che è il medesimo visto per Ape sociale, lavoratori precoci, cioè invalidità propria di almeno il 74%, caregiver, ovvero dipendente licenziata da aziende con aperto tavolo di trattativa per aziende in crisi.
Fin qui la cronaca.
Qualche considerazione e alcune osservazioni:
- per opzione donna le nate nel 1964, che si aspettavano la riapertura, hanno trovato un’amara sorpresa; le condizioni soggettive sono molto stringenti e, per esempio nel caso dei soggetti invalidi, peggiorative, per via del calcolo contributivo, rispetto per esempio alla possibilità di chiedere l’assegno ordinario di invalidità
- la quota 103 potrebbe essere interessante per i lavoratori di livello medio, poiché rinunciare ad una quota di pensione che eccede il massimo di € 800 prevista fino a 67 anni o più potrebbe essere un sacrificio più alto rispetto a continuare a lavorare per meno di 2 anni. Per non parlare delle donne che hanno la vecchiaia anticipata a 41 anni e 10 mesi. Altra categoria interessata forse è quella dei lavoratori autonomi che mantengono in vita la propria attività principalmente per raggiungere il diritto a pensione
Quale pensione mi verrà pagata quando sceglierò di accedere, per esempio, alla pensione anticipata con 41 (o 42) anni e 10 mesi?Verrebbe da concludere dicendo che, date le promesse (elettorali), qualcosa si doveva fare, ma come già scritto a novembre, gli spazi di manovra per ripensare alle tante incongruità del sistema (primo fra tutti il trattamento dei contributivi naturali rispetto a quelli diventati tali grazie all’opzione) erano veramente ridotti e forse è meglio che in sostanza si sia rimasti allo stato dell’arte, per attuare una revisione di tutto il sistema che necessita di trasparenza e semplificazione…e forse un po’ di flessibilità
- la formula dell’incentivo a rimanere al proprio posto incassando la propria quota di contribuzione non sembra essere una novità che riscuoterà grande interesse, a meno che venga declinata in modo interessante soprattutto per coloro che hanno redditi alti: il 9,19% sarà figurativo (per non impattare sulla quota retributiva) o penalizzerà la crescita della pensione attesa in modo più che proporzionale rispetto ai minori contributi versati?
Verrebbe da concludere dicendo che, date le promesse (elettorali), qualcosa si doveva fare, ma come già scritto a novembre, gli spazi di manovra per ripensare alle tante incongruità del sistema (primo fra tutti il trattamento dei contributivi naturali rispetto a quelli diventati tali grazie all’opzione) erano veramente ridotti e forse è meglio che in sostanza si sia rimasti allo stato dell’arte, per attuare una revisione di tutto il sistema che necessita di trasparenza e semplificazione…e forse un po’ di flessibilità.
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