La legge di Bilancio 2025 introduce nuove agevolazioni pensionistiche per le lavoratrici madri, ampliando e potenziando i benefici già previsti. Dall’anticipo dell’età pensionabile agli sconti contributivi, un quadro normativo in evoluzione che valorizza la maternità nel sistema previdenziale.
Tra conferme e novità normative, la Legge di Bilancio 2025 rafforza i benefici pensionistici per le lavoratrici madri. Il quadro aggiornato prevede anticipi sull’età pensionabile, soglie di importo più favorevoli e incentivi contributivi mirati a valorizzare la maternità. L’obiettivo, in linea con il Documento di economia e finanza 2025, è rimuovere la “child penalty” e promuovere maggiore partecipazione femminile al lavoro (+6,5% di occupazione stimata entro il 2040).
PENSIONE ANTICIPATA CONTRIBUTIVA: REQUISITI ED ANTICIPO PER LE MADRI
La pensione anticipata contributiva (art. 24, co. 11, D.l. n. 201/2011) consente ai lavoratori con sola contribuzione dal 1996 in poi, o che optano per il computo presso la gestione Separata (art. 3, D.M, n. 282/1996) di ritirarsi prima dell’età di vecchiaia. Per il biennio 2025-2026 resta fissato il requisito dei 64 anni di età (cui si aggiunge una “finestra” di 3 mesi per la decorrenza) unitamente ad almeno 20 anni di contribuzione effettiva.
Inoltre, l’importo dell’assegno deve raggiungere una soglia minima: ordinariamente almeno 3 volte l’assegno sociale mensile, soglia ridotta per le madri a 2,8 volte con un figlio e 2,6 volte con due o più figli. Ciò facilita l’accesso alla pensione anticipata per le lavoratrici con figli, attenuando l’impatto di carriere contributive spesso più brevi o discontinue.
Alle lavoratrici madri interamente contributive è inoltre riconosciuto un anticipo di età rispetto ai requisiti ordinari (art. 1, co. 40, L. n. 335/1995). In particolare, l’età di 64 anni viene ridotta di 4 mesi per ogni figlio, fino a un massimo di 16 mesi in presenza di quattro o più figli (circolare Inps n. 53/2025).
Questa misura consente, ad esempio, a una madre di due figli di anticipare la pensione contributiva di 8 mesi (richiedendola a 63 anni e 4 mesi anziché 64, con l’aggiunta di 3 mesi di finestra).
Resta inteso che le condizioni contributive (20 anni di versamenti e importo soglia ridotto come sopra) devono comunque essere soddisfatte, ma anche in merito a tali requisiti la Manovra ha introdotto una novità: per raggiungere l’importo soglia, difatti, è possibile includere anche la rendita teorica (calcolata applicando al montante i coefficienti di trasformazione di cui alla L. n. 335/1995) maturata presso l’eventuale fondo di previdenza complementare al quale si aderisce. In quest’ultimo caso, però, il requisito contributivo sale a 25 anni.
PENSIONE DI VECCHIAIA: ANTICIPO DEL REQUISITO DI ETÀ
Analoghe agevolazioni si applicano alle lavoratrici madri per la pensione di vecchiaia ordinaria nel sistema contributivo (art. 24, co. 6 e 7, D.l. n. 201/2011). L’età pensionabile (67 anni nel 2025, adeguamenti alla speranza di vita congelati fino al 2026) può difatti essere anticipata in misura identica a quanto previsto per la pensione anticipata: 4 mesi per figlio, fino a 16 mesi complessivi con quattro o più figli. Anche in questo caso, quindi, una madre con tre figli può accedere alla pensione di vecchiaia fino a 12 mesi prima (66 anni anziché 67), mentre con quattro figli lo sconto sale a 16 mesi (65 anni e 8 mesi).
È importante specificare che l’anticipo nel requisito anagrafico è riconosciuto a prescindere dall’assenza dal lavoro durante i periodi di maternità, quindi, spetta per il solo fatto di essere madri, eliminando ogni dubbio interpretativo sul legame con l’effettivo utilizzo del congedo.
COEFFICIENTE DI TRASFORMAZIONE MAGGIORATO
In alternativa all’anticipo dell’età, la normativa prevede un beneficio alternativo sul calcolo dell’assegno: la madre lavoratrice può optare per una maggiorazione del coefficiente di trasformazione applicato al montante contributivo. In concreto, al momento del pensionamento verrà utilizzato un coefficiente moltiplicatore più elevato, come se la lavoratrice avesse un anno in più di età (in presenza di 1 o 2 figli) oppure due anni in più (in presenza di 3 o più figli).
Questo incremento del coefficiente – pari rispettivamente a +1 o +2 anni sulla classe di età – aumenta l’importo annuo della pensione, compensando in parte gli effetti economici di carriere contributive ridotte per via della maternità. La facoltà di scelta tra anticipo dell’età e coefficiente maggiorato consente quindi alle madri di modulare il beneficio in base alle proprie esigenze: anticipare l’uscita dal lavoro oppure ottenere un assegno più elevato a parità di età di pensionamento.
Va sottolineato che i due benefici sono alternativi e non cumulabili per lo stesso figlio.
APE SOCIALE DONNA: SCONTI CONTRIBUTIVI PER LE MADRI
Tra le misure prorogate vi è l’APE Sociale (art. 1, co. 179 e ss., L. n. 232/2016), un’indennità ponte spettante dai 63 anni e 5 mesi di età a determinate categorie tutelate.
Anche nel 2025 l’APE sociale prevede una particolare agevolazione per le lavoratrici madri, la cosiddetta APE sociale donna. In via generale l’accesso all’APE richiede almeno 30 anni di contributi (per disoccupate, caregiver o invalide), oppure 36 anni (per addette a mansioni gravose).
Ebbene, per le donne tali requisiti contributivi sono ridotti di 12 mesi per ciascun figlio, fino a un massimo di 2 anni. In altre parole, una madre di due o più figli può ottenere l’APE sociale con 2 anni di contributi in meno rispetto al richiesto (ad esempio 28 anni anziché 30; 34 anni anziché 36).
Con un solo figlio la riduzione è di 1 anno (ad es. 29 anni anziché 30).
Rimangono invariati gli altri criteri: età minima 63 anni e 5 mesi, cessazione dell’attività lavorativa ed incompatibilità con la ripresa del lavoro (salvo lavoro autonomo occasionale ex art. 2222 c.c. sino a un massimo di 5.000 euro di compensi lordi annui) e appartenenza a uno dei profili di tutela previsti.
Lo sconto contributivo per le madri rappresenta un riconoscimento del duplice carico lavorativo e familiare e facilita l’accesso all’APE sociale per coloro che hanno cresciuto figli, in continuità con quanto già disposto negli scorsi anni (la misura era stata introdotta in via sperimentale dal 2017 e confermata nelle manovre successive).
OPZIONE DONNA 2025: REQUISITI RIDOTTI IN BASE AI FIGLI
La pensione anticipata “Opzione Donna” (art. 16, D.l. n. 4/2019) è stata confermata dalla legge di Bilancio 2025 prorogandone la sperimentazione di un ulteriore anno, alle stesse condizioni previste per il 2024.
Possono accedervi le lavoratrici che hanno maturato entro il 31 dicembre 2024 almeno 35 anni di contributi e un’età anagrafica di 61 anni (requisito richiesto nella generalità dei casi). Tale requisito di età è ridotto per le madri: 60 anni se la lavoratrice ha un figlio, 59 anni se ha due o più figli.
La riduzione è quindi di un anno per figlio, fino a un massimo di due anni di sconto. Ne consegue, ad esempio, che una madre con due figli può richiedere Opzione Donna con 59 anni di età e 35 di contributi maturati entro il 2024 (si applica comunque una finestra di attesa pari a 12 mesi per le dipendenti, 18 mesi per le autonome).
Come in passato, restano ferme le ulteriori condizioni soggettive introdotte dalla L. n. 197/2022: Opzione Donna 2025 è riservata a specifiche categorie di lavoratrici (caregiver familiari, invalide almeno al 74%, disoccupate da aziende in crisi) per le quali il requisito anagrafico ridotto si applica, ma solo se rientranti in tali profili di tutela.
Da notare che per le donne licenziate o dipendenti di aziende in crisi la riduzione massima di due anni si applica anche in assenza di figli, permettendo loro l’accesso a 59 anni indipendentemente dalla maternità.
L’accesso a tale trattamento pensionistico risulta comunque da valutare con attenzione, in quanto comporta il calcolo interamente contributivo dell’assegno.
CONTRIBUTI FIGURATIVI E TUTELA DELLA MATERNITÀ
Il nostro ordinamento riconosce diversi istituti di accredito figurativo che valorizzano ai fini pensionistici i periodi legati alla maternità, anche in assenza di lavoro attivo.
In particolare, i 5 mesi di astensione obbligatoria per maternità (2 mesi prima + 3 dopo il parto, salvo diversa distribuzione e salvo maggior durata dello stesso in relazione a condizioni di salute e mansioni svolte) sono coperti da contribuzione figurativa integralmente a carico dell’Inps.
Tali periodi, utili sia per il diritto che per la misura della pensione, vengono accreditati d’ufficio se fruiti durante un rapporto di lavoro; inoltre, la legge consente la loro valorizzazione anche se il congedo è intervenuto al di fuori del rapporto di lavoro, previa specifica domanda dell’interessata. In altri termini, una madre che abbia avuto un figlio mentre non lavorava (o in periodi di disoccupazione) può richiedere l’accredito gratuito dei 5 mesi di maternità obbligatoria, purché al momento della domanda possieda almeno 5 anni di contribuzione da lavoro dipendente (come previsto dall’art. 25, D.lgs. n. 151/2001) e risulti in servizio alla data del 27 aprile 2001.
L’accredito della maternità al di fuori del rapporto di lavoro è utile alle sole lavoratrici nel sistema di calcolo della pensione retributivo o misto.
Anche i periodi di congedo parentale, o maternità facoltativa, entro i limiti massimi di legge, sono riconosciuti figurativamente.
Le lavoratrici prive di contribuzione antecedente al 1996 (nuove iscritte) beneficiano poi di un ulteriore bonus contributivo: l’art. 1, co. 40 della L. n. 335/1995 riconosce infatti, per assenza dal lavoro dovuta alla cura dei figli, l’accredito figurativo di 170 giorni per ciascun figlio per i periodi fino al compimento del sesto anno di età.
Inoltre, in caso di figli con disabilità (ai sensi della L. n. 104/1992), sono accreditati 25 giorni per ogni anno di assistenza, fino a un massimo di 24 mesi nell’intera vita lavorativa.
Queste agevolazioni spettano alle madri nel sistema contributivo puro e si aggiungono ai normali accrediti dei congedi; possono però essere estese anche a chi ha contribuzione pre-1996, a condizione di optare integralmente per il calcolo contributivo della pensione. In pratica, il legislatore ha voluto compensare nel sistema contributivo i periodi di mancata attività lavorativa per dedicarsi ai figli, riconoscendo comunque una copertura figurativa parziale di tali gap.
INCENTIVI CONTRIBUTIVI PER LE MADRI LAVORATRICI (LEGGE DI BILANCIO 2024/2025)
Oltre ai benefici in termini di requisiti pensionistici, negli ultimi interventi legislativi sono state introdotte agevolazioni contributive dirette a sostenere le madri lavoratrici durante l’attività lavorativa. In particolare, la Legge n. 197/2023 (Bilancio 2024) ha previsto un esonero totale dei contributi previdenziali a carico della lavoratrice per le madri con tre o più figli. Tale esonero spetta alle lavoratrici dipendenti a tempo indeterminato (settore privato, escluse lavoratrici domestiche) e si applica fino al compimento del 18° anno di età del figlio più piccolo.
L’agevolazione è temporanea, valida dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2026, e comporta uno sgravio del 100% dei contributi pensionistici della dipendente entro un massimo di 3.000 euro annui.
In caso di superamento del tetto, la contribuzione oltre tale soglia resta dovuta ordinariamente.
Questo “bonus mamme” mira a incentivare la permanenza al lavoro delle madri numerose riducendo il costo del lavoro femminile.
La Legge di Bilancio 2025 ha ulteriormente esteso la platea prevedendo un esonero contributivo parziale anche per le lavoratrici madri di due o più figli. In questo caso lo sgravio spetta alle madri (sempre dipendenti a tempo indeterminato) che abbiano un reddito annuo fino a 40.000 euro, e si applica fino al compimento del 10° anno di età del figlio più piccolo.
Il beneficio non è cumulabile con l’esonero totale previsto per tre figli, così da evitare doppi vantaggi alla stessa lavoratrice. La misura è definita “parziale” in quanto consiste in una riduzione percentuale dell’aliquota contributiva.
Tali incentivi, finanziati transitoriamente fino al 2026, rispondono a una logica di welfare attivo: alleggerire l’onere contributivo alle madri lavoratrici per favorirne la permanenza e la crescita professionale, in un Paese dove ancora il 20% delle donne lascia il lavoro dopo la nascita del primo figlio e il tasso di occupazione femminile resta tra i più bassi d’Europa.
In conclusione, ad oggi il panorama previdenziale porta diverse misure più favorevoli alle donne con figli: dalla possibilità di pensionarsi prima, o con assegni leggermente maggiorati, agli sconti contributivi per il prepensionamento, fino ai riconoscimenti figurativi dei periodi di cura familiare e ai bonus sulle aliquote contributive in costanza di lavoro. Si tratta di interventi che, sul piano giuridico-previdenziale, riconoscono il valore sociale della maternità e tentano di correggere le disparità di genere nel mondo del lavoro. Resta da verificare, attraverso i dati dei prossimi anni, l’effettiva efficacia di queste misure sia nel sostenere i redditi pensionistici delle donne, sia nel rimuovere gli ostacoli che la maternità ancora pone alla carriera lavorativa e contributiva di molte lavoratrici italiane.