Non è anticipazione TFR se avviene mensilmente, anche se stabilita mediante pattuizioni individuali: LO RIBADISCE LA CORTE DI CASSAZIONE
Emilia Scalise, Consulente del Lavoro in Milano
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Dopo l’Ispettorato Nazionale del Lavoro anche la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 13525 del 20 maggio 2025, è intervenuta (nuovamente) in tema di anticipazione mensile del trattamento di fine rapporto, ribadendo quanto già sostenuto dall’organo ispettivo: il pagamento mensile del TFR non costituisce anticipo dello stesso, anche se stabilito mediante pattuizioni individuali.
L’ART. 2120 DEL CODICE CIVILE
Per una completa esposizione del contenuto della sentenza in commento, si riporta di seguito l’articolo 2120 del Codice civile rubricato “Disciplina del trattamento di fine rapporto”:
- In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
- Salvo diversa previsione dei contratti collettivi la retribuzione annua, ai fini del comma precedente, comprende tutte le somme, compreso l’equivalente delle prestazioni in natura, corrisposte in dipendenza del rapporto di lavoro, a titolo non occasionale e con esclusione di quanto è corrisposto a titolo di rimborso spese.
- In caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per una delle cause di cui all’articolo 2110, nonché in caso di sospensione totale o parziale per la quale sia prevista l’integrazione salariale, deve essere computato nella retribuzione di cui al primo comma l’equivalente della retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento del rapporto di lavoro.
- Il trattamento di cui al precedente primo comma, con esclusione della quota maturata nell’anno, è incrementato, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati, accertato dall’ISTAT, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.
- Ai fini dell’applicazione del tasso di rivalutazione di cui al comma precedente per frazioni di anno, l’incremento dell’indice ISTAT è quello risultante nel mese di cessazione del rapporto di lavoro rispetto a quello di dicembre dell’anno precedente. Le frazioni di mese uguali o superiori a quindici giorni si computano come mese intero.
- Il prestatore di lavoro, con almeno otto anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro, può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, una anticipazione non superiore al 70 per cento sul trattamento cui avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto alla data della richiesta.
- Le richieste sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10 per cento degli aventi titolo, di cui al precedente comma, e comunque del 4 per cento del numero totale dei dipendenti. La richiesta deve essere giustificata dalla necessità di: a) eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche; b) acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile.
- L’anticipazione può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e viene detratta, a tutti gli effetti, dal trattamento di fine rapporto.
- Nell’ipotesi di cui all’articolo 2122 la stessa anticipazione è detratta dall’indennità prevista dalla norma medesima.
- Condizioni di miglior favore possono essere previste dai contratti collettivi o da patti individuali. I contratti collettivi possono altresì stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazione.
LA NOTA INL N. 616 DEL 3 APRILE 2025
Prima di affrontare il contenuto della sentenza in commento, è doveroso fare un breve accenno alla nota INL dello scorso 3 aprile 2025, attraverso la quale l’organo ispettivo ha fornito chiarimenti circa l’ultimo comma dell’art. 2120 c.c., che fa riferimento alla possibilità da parte dei contratti collettivi ovvero delle pattuizioni individuali di introdurre condizioni di miglior favore rispetto alla disciplina legale.
Secondo l’Istituto, in virtù della collocazione sistematica del rimando operato dal decimo comma dell’art. 2120 c.c., la pattuizione collettiva o individuale può avere ad oggetto una anticipazione dell’accantonamento TFR maturato al momento della pattuizione ma non un mero automatico trasferimento in busta paga del rateo mensile, in quanto l’eventuale pagamento mensile del TFR contrasterebbe con la stessa ratio della norma che è quella di assicurare al lavoratore un supporto economico al termine del rapporto di lavoro.
Pertanto, l’eventuale quota TFR corrisposta mensilmente non sarebbe più qualificabile come anticipo dello stesso, ma “costituirebbe una mera integrazione retributiva” e, in tal caso, il personale ispettivo dovrà non solo intimare al datore di lavoro il versamento del montante contributivo per la quota retributiva anticipata, ma anche l’accantonamento delle quote di TFR illegittimamente anticipate attraverso l’adozione del provvedimento di disposizione di cui all’art. 14 del D.lgs. n. 124/2004.
LA SENTENZA N. 13525 DEL 20 MAGGIO 2025
È opportuno precisare che non è la prima volta che i giudici di legittimità sono intervenuti sul tema delle anticipazioni del trattamento di fine rapporto.
Già nel 2021 (ma ancor prima nel 2002¹), con l’ordinanza n. 4670, la Corte di Cassazione aveva stabilito che i contratti collettivi e le patti individuali potessero stabilire condizioni di miglior favore, derogare alla disciplina legale delle anticipazioni e stabilire criteri di priorità per l’accoglimento delle richieste di anticipazioni, precisando però che “solo la sussistenza dei prescritti elementi costitutivi qualifica l’erogazione datoriale come anticipazione del TFR e in difetto della relativa prova l’erogazione monetaria al lavoratore non si sottrae all’obbligazione contributiva”.
Proprio sul filone di questo orientamento giurisprudenziale si fonda la pronuncia degli Ermellini n. 13525 del 2025: “Le condizioni di maggior favore cui si riferisce l’ultimo comma dell’art. 2120 c.c. devono intendersi volte ad ampliare i limiti fissati dai commi precedenti ai presupposti dell’anticipazione, non anche a snaturare il meccanismo dell’anticipazione e, correlativamente, del TFR.”.
I FATTI IN CAUSA
Breve accenno ai fatti in causa.
In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte di Appello di Bologna dichiarava insussistente l’obbligazione contributiva contestata dall’Inps in un verbale di accertamento emesso nei confronti di una società, datrice di lavoro.
Secondo la Corte territoriale era legittima l’anticipazione del TFR corrisposta mensilmente in busta paga ai lavoratori nel periodo ottobre 2013 – febbraio 2015, sulla base di un accordo contenuto nel contratto di lavoro. Secondo la Corte, l’autonomia negoziale privata aveva la possibilità di pattuire un regime dell’anticipazione del TFR più favorevole per le parti rispetto a quello legale, come ammesso dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 4133/2007².
Avverso la sentenza l’Inps, in proprio e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti Inps (S.C.C.I.) Spa, ricorreva per tre motivi. Ai nostri fini rileva il primo motivo di ricorso secondo cui l’anticipazione non può essere ammessa mensilmente, neppure in forza dell’art. 2120, u.c. c.c., e le anticipazioni mensili devono quindi considerarsi somme erogate a titolo retributivo, soggette ad obbligazione contributiva.
LA DECISIONE
Secondo la Corte di Cassazione il primo motivo di ricorso è fondato.
Per i giudici di legittimità è da escludere che le condizioni di maggior favore e i patti individuali tra le parti possano concretarsi in una anticipazione mensile del TFR, senza che vi sia una specifica causale.
Infatti, lo schema legale dell’anticipazione del TFR contiene essenziali presupposti quali:
(i) la necessità di causali tipiche per l’anticipazione (eventuali spese sanitarie per terapie o interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche; acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli, documentato con atto notarile);
(ii) la regola dell’una tantum, per cui l’anticipazione è possibile una sola volta nel corso del rapporto di lavoro con lo stesso datore di lavoro;
(iii) il limite massimo di anticipazione TFR pari al 70% da applicarsi su quanto il lavoratore avrebbe diritto nel caso di cessazione del rapporto di lavoro alla data della richiesta;
(iv) il tetto minimo di anzianità lavorativa pari ad almeno 8 anni di servizio del lavoratore;
(v) il tetto massimo di richieste che il datore può accordare pari al 10% degli aventi diritto ogni anno e 4% del totale dei dipendenti.
Secondo i giudici di legittimità, le condizioni di maggior favore cui si riferisce l’ultimo comma dell’art. 2120 c.c. devono intendersi volte ad ampliare i limiti fissati dai commi precedenti ai presupposti dell’anticipazione, non anche a snaturare il meccanismo dell’anticipazione e, correlativamente, del TFR.
L’anticipazione del TFR operata in modo continuativo mediante accredito mensile nella busta paga snatura la funzione dell’anticipazione quale deroga, per ragioni eccezionali da soddisfare una tantum, alla regola generale per cui il TFR deve essere accantonato mensilmente.
CONCLUSIONI
In sintesi, l’anticipazione mensile del trattamento di fine rapporto, in assenza di causale “contrasta irrimediabilmente con l’accantonamento mensile del TFR, e fa sì che l’anticipazione non sia più una deroga eccezionalmente prevista alla regola di accantonamento mensile, ma si ponga quale sistema pattizio capace di contrastare, e svuotare, il meccanismo di funzionamento legale del TFR”.
Pertanto, laddove l’anticipo avvenga in violazione del principio su enunciato, l’importo corrisposto costituisce titolo retributivo, soggetto ad obbligazione contributiva.
¹ Cass, Sez. Lav., dell’11 febbraio 2002, n. 15813: “La natura giuridica, poi, di ciascuna delle erogazioni del datore di lavoro – al fine della loro inclusione o meno nella retribuzione imponibile a fini contributivi – va accertata, in base alla funzione obiettiva ed alla disciplina concreta rispettiva, a prescindere dall’eventuale autoqualificazione delle parti, trattandosi di materia – previdenziale, appunto – che è sottratta alla loro disponibilità (in tal senso, vedi, per tutte, Cass. n. 2991/85, con riferimento ad emolumento dalle parti qualificato, come nella specie, “acconto di indennità di anzianità”). Applicando gli enunciati principi di diritto alla dedotta fattispecie, osserva la Corte che […] le dedotte erogazioni mensili della OMISSIS in favore dei propri dipendenti – sotto la voce “indennità di anzianità” – non possono ritenersi corrisposte per il titolo dichiarato (“indennità di anzianità”, appunto), ma sono, tuttavia, “indebite e ripetibili dal datore di lavoro”. Tanto basta, ad avviso della Corte, per includere le erogazioni, di cui si discute, nella retribuzione imponibile a fini contributivi”.
² Cass., Sez. Lav., 22 febbraio 2007, n. 4133: “La disciplina delle anticipazioni sul trattamento di fine rapporto si distingue da quella più generale del trattamento di fine rapporto e delle modalità di calcolo e, di conseguenza, l’inderogabilità di quest’ultima non incide sulla disciplina delle anticipazioni, la quale, invece, è derogabile per accordo, collettivo o individuale, tra le parti”.