HR&Organizzazione -NEL XVI SECOLO IL MANIERISMO ERA UNA CORRENTE ARTISTICA, ORA SIAMO NEL XXI, FORSE NON È PIÙ IL CASO

Andrea Merati , Consulente sistemi di gestione aziendale

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Alla conclusione della trattazione primaverile del metodo Kaizen, avevamo identificato due tipologie di errori identificabili quali perfidi antagonisti della nostra attività: quelli che siamo portati ad accettare come fisiologici o comprensibili (quanto ci piace a volte rendere tutto passabile e ammissibile, per noi stessi, ma valutare le stesse condizioni mostruose mancanze inaccettabili, per gli altri), oppure gli errori che riteniamo non abbiano caratteristiche di urgenza o di importanza tali da essere affrontati immediatamente, questi finiscono nella collezione dei dimenticati ma rimangono lì, pronti a ritornare identici se non ingigantiti dall’accumulo o, addirittura, moltiplicati dall’effetto tempo. Il Kaizen ci dice che dobbiamo affrontare qualsiasi errore, immediatamente e con una conduzione rigorosa. Immagino che già questo apra l’armadietto mentale delle perdite di tempo, quello in cui mettiamo ciò che non ci va di fare o che riteniamo inutile per superbia; la prima cosa da fare è smontare tale arredo e partire con una mentalità di condivisione: radunare una squadra. Piccola digressione: una squadra non è un gruppo di persone. Per facilitare l’approfondimento riprendo un insegnamento di Julio Velasco che appresi molti anni fa in un evento formativo (ormai dopo i noti successi è facile trovare testi e video esaustivi in rete): nel tiro alla fune non basta attaccarsi e tirare forte, è necessario anche conoscere la tecnica e amalgamare compiti e capacità di ogni componente. Quelli che si mettono lì a strattonare e basta sono un gruppo, gli altri una squadra. Radunare una squadra, si diceva. Per Kaizen risulta necessario formarla riunendo le persone che hanno familiarità con i processi in cui abbiamo riscontrato gli errori, senza dimenticare coloro che ne hanno subito danno all’interno dell’organizzazione. Questo è il primo passaggio per descrivere le cause e per generare idee e soluzioni.

Il secondo passo è creare una soluzione, il verbo non è casuale, perché è necessario provare modalità nuove senza farsi attrarre dal già fatto e precotto. Non è negativo in sé riprendere cose già provate o modalità conosciute, la diavoleria è ripetere per pigrizia o per scarsa attitudine al cambiamento. Già, perché lo spirito guida di Kaizen è proprio quello di portare innovazione, non perpetrare la religione del “si è fatto sempre così”. Terzo atto: verificare l’andamento della soluzione attuata, per non arrivare in fondo con un altro insuccesso e, alla conclusione, valutarne l’impatto. Anche qui, per non lasciare tutto adagiato nei cumulonembi della teoria, vediamo un caso estratto dalla realtà. C’era una volta un sereno gruppo di lavoro che si occupava di personalizzare un software per i vari clienti della società; a ogni addetto erano assegnate le aziende per le quali doveva soddisfare le richieste. Ogni lunedì mattina il capo progetto riuniva il suo gruppo per affrontare i problemi, assegnare lavorazioni e approvare le attività richieste dai clienti. Con il buon andamento degli affari le attività si intensificarono ma non era ancora possibile aumentare l’organico; le commesse spesso tardavano. Qualcuno disse che uno dei problemi maggiori era la lentezza di approvazione delle attività da svolgere: al lunedì il capo progetto raccoglieva tutte le richieste dei clienti, ne quantificava il valore in tempo, passava l’informazione all’ufficio commerciale che inviava l’offerta economica al cliente, all’atto dell’approvazione la comunicazione passava al capo progetto e poi allo sviluppatore deputato. Vennero raccolte diverse idee, prevalse quella che prevedeva che gli addetti presentassero le richieste al capo progetto senza attendere la riunione del lunedì. Geniale? No, riproposizione dello stesso modello. Risultato: nessun cambiamento, i clienti continuavano ad avere soluzioni tardive. Non era stato identificato e analizzato l’errore, che facilmente abbiamo già intuito, come quando un omicidio è commesso dal maggiordomo: troppi passaggi decisionali. La soluzione fu quella di fornire al capo progetto il tariffario aziendale così che potesse inviare le offerte direttamente ai clienti e riceverne approvazione diretta. Non si tratta di un processo semplice e neanche la soluzione a ogni male, dalla gotta alla perdita d’esercizio, ma se attuato senza pregiudizi e faciloneria, in taluni casi, il metodo Kaizen può dare risultati interessanti.

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