Sentenze – Morte sul lavoro: condanna confermata per la condotta colposa dell’RLS

Patrizia Masi, Consulente del lavoro in Milano

Cass., sez. Lavoro, 27 giugno 2023, n. 38914

Nel corso delle operazioni di stoccaggio, il dipendente C.C., assunto come impiegato tecnico, trasporta un carico di tubolari di acciaio mediante un carrello elevatore; dopo averlo posizionato, si arrampica su uno scaffale per migliorare la disposizione del carico, ma viene schiacciato dalla caduta degli stessi tubolari che provocano la sua morte. La Corte di Appello di Bari, a conferma della sentenza emessa dal Tribunale di Trani, ha ritenuto colpevoli di omicidio colposo, a seguito della violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sia il datore di lavoro che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS). In particolare, al datore si rimproverano la colpa generica e la colpa specifica di non aver effettuato la valutazione dei rischi, di non aver valutato il reale rischio di caduta delle merci stoccate e di non aver elaborato le procedure aziendali in merito alle operazioni di stoccaggio, consentendo quindi che il lavoratore in oggetto, assunto con mansioni e qualifica di impiegato tecnico, svolgesse di fatto anche operazioni di magazziniere senza avergli fornito la dovuta formazione. Al RLS viene ascritta la colpa specifica di aver concorso a cagionare l’infortunio mortale attraverso una serie di comportamenti omissivi, cioè di non aver promosso l’elaborazione, l’individuazione e l’attuazione delle misure di prevenzione idonee a tutelare la salute dei colleghi, di non aver sollecitato la loro formazione sull’utilizzo dei mezzi di sollevamento e di non aver informato i responsabili dell’azienda sui rischi legati all’uso di tali attrezzature. Ambedue gli imputati propongono ricorso in Cassazione, ma gli Ermellini li respingono entrambi, per infondatezza. I motivi di ricorso del datore di lavoro sono per lo più legati ad un difetto di correlazione tra i capi di imputazione e la sentenza; la Corte evidenzia il principio che, in tema di reati colposi, non sussiste la violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza di condanna se la contestazione concerne globalmente la condotta addebitata come colposa, essendo quindi consentito al giudice di aggiungere agli elementi di fatto contestati altri estremi di comportamento colposo o di specificazione della colpa, emergenti dagli atti processuali. L’RLS propone ricorso per i seguenti motivi: – il rappresentante della sicurezza dei lavoratori non ha poteri decisionali e, di conseguenza, non sono previste, a suo carico, sanzioni amministrative e/o penali; – violazione dell’art. 40, cpv., c.p., poichè, in ragione di quanto sopra, l’imputato non poteva dirsi investito dell’obbligo giuridico di impedire l’evento; – mancata considerazione dei principi giurisprudenziali in tema di reato omissivo o commissivo mediante omissioni. Se anche avesse comunicato al datore di lavoro le modalità di prestazione dell’attività lavorativa del lavoratore deceduto è altamente probabile che detta comunicazione non avrebbe avuto alcun riverbero sulle decisioni aziendali, stanti la mancanza di potere in capo all’imputato e la piena conoscenza dell’attività posta in essere dall’infortunato da parte del datore di lavoro. La Corte respinge gli argomenti e chiarisce che l’articolo 50 del Decreto legislativo n. 81 del 2008 attribuisce al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza un ruolo fondamentale nella gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro. La Corte ha sostenuto che, indipendentemente dalla posizione di garanzia, la sua condotta ha contribuito colposamente al delitto, in quanto non ha adempiuto ai suoi compiti legati alla figura di RLS.

Pertanto, la Corte conferma la condanna per entrambi gli imputati imponendo la copertura delle spese processuali.


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