MONITORAGGIO E VALUTAZIONE DEL RENDIMENTO DEL LAVORATORE: RIFLESSI SUI PROCEDIMENTI DISCIPLINARI*

Luca di Sevo, Consulente del Lavoro di Bollate (Mi)

E. Barraco ed E. Ravagnin analizzano il processo di valutazione della performance

L’ articolo in analisi focalizza l’attenzione sulla complessità della valutazione della performance lavorativa e, al contempo, evidenzia la difficoltà per i datori di lavoro di avviare procedimenti disciplinari basati sullo scarso rendimento a causa dell’incertezza giuridica. Ciò è determinato dalla mancanza di parametri oggettivi definiti dal legislatore per misurare l’inadeguatezza della prestazione rispetto agli standard di diligenza richiesti. Il contratto di lavoro stabilisce un’obbligazione di mezzi, non di risultato: il lavoratore deve mettere a disposizione le proprie energie psicofisiche secondo quanto richiesto, ma non vi sono riferimenti al dover garantire specifici risultati. Nella pratica è possibile fissare parametri oggettivi per accertare che la prestazione sia eseguita con adeguata diligenza e professionalità. Questi parametri devono essere misurabili, quantificabili, specifici e raggiungibili, consentendo la definizione di punteggi minimi e massimi per valutare la performance. La giurisprudenza ha chiarito che il mancato raggiungimento dei risultati prefissati non è di per sé sufficiente a ravvisare un inadempimento, ma rappresenta solo un indizio da valutare per vagliare le modalità con cui viene eseguita la prestazione. La valutazione definitiva spetta al giudice di merito. Portandosi ad un ambito di analisi maggiormente operativo, la rilevanza attribuita ai parametri di rendimento varia in base alle caratteristiche dell’attività lavorativa: per attività in serie con limitati margini di incertezza, può essere rilevante anche solo il dato quantitativo, fissando un risultato minimo rispetto alla produttività media. Tuttavia, in alcuni casi, l’esistenza della soglia minima può essere irrilevante in presenza di un’evidente violazione della diligenza dovuta, come ad esempio nel caso di abnorme sproporzione tra obiettivi e realizzazioni. Per attività caratterizzate da notevole autonomia (ad esempio contratti di assicurazione o vendita), la presenza di un risultato minimo indicato non è sufficiente senza parametri di riferimento. Il livello pattuito deve essere concretamente raggiungibile dalla media dei lavoratori nella stessa attività e zona, e il sotto rendimento deve costituire un inadempimento notevole. Il lavoro presentato prosegue con una disamina di tre metodologie di misurazione della performance. Management by Objectives (MBO): teorizzato da Peter Drucker negli anni ’50, si basa sul raggiungimento di risultati concordati tra datore e lavoratore. Gli obiettivi possono essere quantitativi o qualitativi, purché valutabili con criteri oggettivi. È opportuno notare come nell’ultimo rinnovo del CCNL Dirigenti Industria (2025- 2027) è previsto un modello che suddivide gli incentivi in due parti a fronte di obiettivi diversi: un incentivo a breve termine (annuale) e uno a medio/lungo termine, con percentuali di maturazione differenziate nell’arco di un triennio. Key Performance Indicators (KPI): si tratta di metriche per monitorare le prestazioni e determinare il progresso nel raggiungimento degli obiettivi. Ogni KPI deve essere misurabile, collegato a obiettivi aziendali, utile per definire piani d’azione e facilmente calcolabile. Il CCNL del settore ICT, ad esempio, ha recentemente introdotto i KPI nella parte dedicata al “premio di performance”, definendo la performance come “responsabilità condivisa” tra datore e lavoratore, con premi basati su obiettivi specifici, misurabili, accessibili e realistici. Objective and Key Results (OKR): introdotto da Andy Grove (CEO di Intel), si focalizza non solo sui risultati economici ma anche sui processi e sulle modalità per raggiungere determinati target. Questa metodologia è utilizzata in ambito ICT, ma non è ancora tipizzata dalla contrattazione collettiva. L’articolo conclude sottolineando la crescente importanza della valutazione della performance sia per fini premiali che disciplinari, pur rilevando che questa fattispecie “premiale e punitiva allo stesso tempo” non trova ancora ampia applicazione a livello nazionale. È auspicabile un intervento del legislatore per codificare oggettivamente una disciplina considerata tanto attraente quanto pericolosa dagli esperti del settore.

Chi commenta, ha avuto recentemente occasione di effettuare una docenza sul tema dei KPI presso un’azienda del settore Grafico, in cui non sono mai state prese in considerazione queste modalità di misurazione. In tale occasione è emersa la curiosità dei partecipanti rispetto alle possibili tecniche da utilizzare ed ai possibili risvolti strategici, sia in chiave commerciale che in chiave di verifica della redditività dei prodotti. Non sono emerse esigenze o velleità relative al controllo delle prestazioni dei singoli operatori, ma ci si è soffermati sullo stretto legame che un’analisi attenta delle prestazioni non può prescindere da una altrettanto delicata ed attenta analisi del contesto lavorativo e della corretta valorizzazione delle risorse.

* Sintesi dell’articolo pubblicato in D&PL, 10/2025, pag. 593 dal titolo Rendimento del lavoratore: monitoraggio e valutazione.


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