MALATTIA GIUSTIFICATA ANCHE SE TARDIVAMENTE: storia di una stravagante sentenza della Cassazione

di Emilia Scalise, Consulente del lavoro in Milano

 

Come preannunciato dal titolo, oggetto di questo breve, seppur intenso (aggiungerei, per chi lo ha scritto!) articolo è proprio l’istituto della malattia.

Ma non come ormai ben lo conosciamo, bensì rivestito di un’interpretativa nuova. Partirei dalla definizione scolastica di malattia in ambito giuslavorista: è considerata malattia tutelabile l’alterazione dello stato di salute del lavoratore, cui conseguono un’assoluta o parziale incapacità al lavoro, la necessità di assistenza medica e la somministrazione di mezzi terapeutici.1

La legge e la contrattazione collettiva impongono al lavoratore malato, in caso di assenza dal lavoro, precisi adempimenti nei confronti del datore di lavoro e conseguentemente dell’Inps. In primo luogo, il lavoratore è tenuto a informare tempestivamente il datore di lavoro circa la propria assenza e l’indirizzo di reperibilità, se diverso dalla residenza o dal domicilio abituale, per effettuare gli opportuni controlli consentiti dalla legge.

Oltre all’obbligo di preavvertire circa la sua assenza, il lavoratore è tenuto altresì a trasmettere al datore di lavoro il numero di protocollo relativo al certificato medico, necessario per giustificare l’assenza legata alla malattia e beneficiare della relativa copertura economica prevista dalla contrattazione collettiva e dalla legge. In linea generale, ai fini del trattamento economico, la malattia decorre, in caso di visita ambulatoriale, dal giorno in cui la certificazione medica viene rilasciata (che generalmente coincide con il giorno in cui inizia l’evento morboso), mentre, in caso di visita domiciliare

può decorrere anche dal giorno precedente. Con riferimento ai termini entro cui il numero di protocollo relativo al certificato medico deve essere trasmesso al datore di lavoro, la disciplina è rimandata alla contrattazione collettiva.

Ma cosa succede nel momento in cui il lavoratore si assenta senza presentare alcun certificato medico o il certificato medico viene presentato tardivamente?

Domanda che parrebbe scontata, ma che in questo contesto diventa cruciale al fine della nostra analisi.

Partendo dall’aspetto economico, in caso di assenza del certificato medico o di un certificato medico presentato tardivamente, il trattamento economico spettante al lavoratore o non viene erogato o viene corrisposto solo per il periodo decorrente dal rilascio del certificato medico. In merito, invece, agli effetti che l’assenza del certificato medico o il certificato medico tardivo possono produrre sul rapporto di lavoro, a seguito di questa sentenza, questi sono molto più notevoli rispetto a quelli a cui eravamo abituati a pensare.

Partendo dall’assenza del certificato

medico, come precisato poco sopra, se il lavoratore non presenta alcun certificato, l’assenza si considera ingiustificata e può dar luogo, a seguito di procedimento disciplinare di cui all’art. 7 della Legge n. 300/1970, a un licenziamento di natura disciplinare, laddove l’assenza priva di giustificazione si protrae oltre un periodo specifico individuato dalla contrattazione collettiva (per esempio il Ccnl Terziario Confcommercio considera assenza ➤ ingiustificata l’assenza oltre 3 giorni nell’anno solare; il Ccnl Metalmeccanica Industria l’assenza oltre 4 giorni consecutivi) e per la quale la stessa contrattazione collettiva preveda la possibile applicazione di una sanzione espulsiva. Per quanto riguarda, invece, il certificato consegnato tardivamente, e con tardivamente intendiamo oltre il tempo stabilito dalla contrattazione collettiva, si apre un vero e proprio vaso di Pandora.

Fino al 9 novembre 2022, riprendendo la corrente giurisprudenziale maggioritaria, si era ritenuto possibile equiparare all’assenza ingiustificata l’assenza tardivamente giustificata, laddove la stessa giustificazione non veniva resa entro i giorni decorsi i quali la contrattazione collettiva riteneva l’assenza stessa ingiustificata e comunque a ridosso dell’assenza stessa. In altre parole, la mancata giustificazione dell’assenza doveva essere rapportata al momento in cui la giustificazione stessa avrebbe dovuto essere data2.

Quindi, sul tenore letterale di tale interpretazione, l’assenza, seppur giustificata ma tardivamente (quindi già presentata oltre il termine fissato dal Ccnl), poteva configurare un giustificato motivo di licenziamento a seguito di apposito procedimento disciplinare, laddove la stessa veniva giustificata oltre il periodo che il contratto collettivo considera assenza ingiustificata.

Ho precisato fino al 9 novembre 2022 perché il 10 novembre 2022 la Cassazione è intervenuta nuovamente sul tema del certificato medico trasmesso al datore di lavoro tardivamente, fornendo un’interpretazione di grande portata e, per dirla in termini “fantasiosi”, anche un po’ stravagante: non si ha assenza ingiustificata qualora il lavoratore consegni il certificato medico di malattia tardivamente, anche ben oltre il periodo decorso il quale la contrattazione collettiva identifica l’assenza ingiustificata, laddove è la stessa contrattazione collettiva a prevedere due sanzioni differenti in caso di tardiva giustificazione e mancata giustificazione. È parimenti irrilevante il fatto che il certificato di malattia venga rilasciato tardivamente e retroattivamente. Il semplice fatto che il lavoratore abbia presentato il certificato, seppur tardivamente, anche dopo l’avvio dell’azione disciplinare, impedisce che si produca la fattispecie dell’assenza ingiustificata e quindi riconduce il fatto a una semplice ipotesi di giustificazione tardiva dell’assenza.

Direi che è utile, per comprendere meglio la portata di questa pronuncia giurisprudenziale, ripercorrere i fatti di causa.

La questione vede protagonista un lavoratore rimasto assente dal 21 luglio 2017 al 27 luglio 2017, senza che lo stesso avesse presentato alcuna giustificazione e relativa documentazione a copertura dell’assenza. A fronte di tale prolungata assenza, la Società aveva avviato apposito procedimento disciplinare, con il quale veniva addebitata la mancata giustificazione e consegna di documentazione a supporto dell’assenza alla data della contestazione (27 luglio 2017). Solo il giorno successivo alla consegna della contestazione disciplinare, il lavoratore presentava apposito certificato di malattia a copertura del periodo di assenza contestatogli (si trattava di una prosecuzione di malattia). In data 3 agosto 2017 la Società intimava licenziamento per giusta causa perché in violazione degli articoli 60 e 61 del Ccnl Tessile abbigliamento, essendo il lavoratore rimasto assente dal servizio senza alcuna giustificazione (per ben 7 giorni).

In primis la Corte d’Appello e successivamente la Corte di Cassazione ritenevano illegittimo il licenziamento eccependo due principali motivi. In primo luogo, i giudici di merito evidenziano come le disposizioni del contratto collettivo applicato non prevedono alcuna equiparazione tra assenza ingiustificata e assenza di cui non è stata tempestivamente comunicata la giustificazione.

Infatti, la contrattazione collettiva prevede non solo due fattispecie differenti (assenza ingiustificata e tardiva o irregolare giustificazione) ma anche due sanzioni di natura completamente diverse: l’assenza ingiustificata è sanzionata con il licenziamento mentre la tardiva o irregolare giustificazione prevede una sanzione di natura conservativa. Secondo i giudici di merito, quindi, è insita nella volontà delle parti sanzionare in due modi diversi tali fattispecie: stante il tenore testuale delle disposizioni contrattuali, infatti, il licenziamento si realizza non con qualunque assenza ingiustificata, ma proprio quella che non solo supera i 3 giorni lavorativi (continuativi o comunque ripetuti nell’arco di un anno), ma anche quella per la quale il lavoratore non abbia documentato le ragioni della stessa o che tali ragioni non siano risultate confermate all’esito del controllo datoriale. Pertanto, l’assenza, tardivamente giustificata, secondo quanto previsto dal Ccnl, andrebbe sanzionata con la multa. Il datore di lavoro potrà ricorrere al licenziamento laddove l’arco temporale tra l’assenza e la relativa giustificazione si dilati oltremodo (ricordiamoci questo avverbio), facendo sì che venga meno la possibilità stessa di ritenere l’assenza, seppur tardivamente, giustificata.

Fino a qui, starete pensando, non c’è nulla di così stravagante. Su questo siamo d’accordo, ma i giudici di merito, sostenendo la decisione della Corte d’Appello, proseguono secondo questa tesi sollevando un altro motivo di rigetto del ricorso ai nostri fini estremamente fondamentale.

Tra i diversi motivi di ricorso la società eccepiva anche l’eccessivo arco temporale decorso da quando l’assenza si era verificata a quando la documentazione a giustificazione della stessa era stata presentata, manifestandosi così una violazione degli adempimenti contrattuali legati all’assenza per malattia. In particolare, a norma dell’art. 60 Ccnl Tessile e Abbigliamento, l’assenza per malattia deve essere comunicata entro 24 ore salvo il caso di accertato impedimento e il certificato medico deve essere consegnato o fatto pervenire tempestivamente e comunque non oltre i tre giorni dall’inizio dell’assenza3. Il Ccnl prosegue nel disciplinare l’assenza dal lavoro, indicando le modalità di comunicazione delle assenze malattia: il lavoratore è tenuto a informare il datore di lavoro prima dell’inizio del suo orario lavorativo e il numero di protocollo del certificato medico attestante lo stato di infermità deve essere comunicato

all’azienda non oltre il secondo giorno di assenza ed anche l’eventuale proroga deve essere comunicata con le medesime modalità4. Analogamente la certificazione del medico curante che attesti il prolungamento dell’originaria malattia o l’inizio di una nuova va comunicata al datore di lavoro entro 24 ore.

L’art. 72, che reca le norme sui provvedimenti disciplinari, a titolo esemplificativo stabilisce che la multa o la sospensione possono essere inflitte al lavoratore, tra l’altro, nel caso in cui “non si presenti al lavoro, non comunichi (salvo il caso di comprovato impedimento) e non giustifichi l’assenza con le modalità e nei termini di cui agli artt. 55, 60 e 61”. Il successivo art. 74, che detta le disposizioni che regolano il licenziamento, nella sua elencazione non esclude quegli altri comportamenti che per loro natura o gravità configurano una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento.

Sulla base del fatto che il lavoratore si sia assentato per 7 giorni senza alcuna giustificazione e poiché la certificazione medica a supporto è stata presentata oltre i termini previsti dalla contrattazione collettiva, la Società ha ritenuto legittimo intimare il licenziamento in quanto tale fatto, per la sua gravità, configura una giusta causa di licenziamento.

Da ultimo, conclude la società ricorrente, la Corte territoriale avrebbe dovuto tener conto che non solo il certificato di malattia era stato tardivamente presentato, ma che lo stesso era stato rilasciato oltre 7 giorni di distanza dall’ultimo giorno di malattia coperto da precedente certificato medico, con una valutazione ex post eseguita dal medico sulla base delle dichiarazioni rese dal lavoratore. Sul tema la Corte di Cassazione si era già espressa con la sentenza n. 15226 del 2016; in quella occasione i giudici di merito avevano precisato che il medico non avrebbe potuto certificare retroattivamente la patologia e per tale aspetto si denunciava sia un vizio motivazionale sia la violazione delle disposizioni richiamate in tema di prova. Su questo motivo di ricorso la Cassazione abbraccia a pieno quanto pronunciato dalla Corte di Appello: è irrilevante che il certificato medico non solo sia stato rilasciato tardivamente ma anche retroattivamente a uno stato di malattia iniziato sette giorni prima. Secondo la Cassazione, la Corte territoriale ha ritenuto irrilevante il tardivo rilascio della certificazione da parte del medico curante avendo valutato “sia l’aspetto della responsabilità che il medico si assume nell’attestare l’esistenza di determinate condizioni di salute sia la specifica natura dell’affezione riscontrata nella storia clinica del lavoratore”.

Mi preme sottolineare che l’unica differenza tra questa pronuncia e quella del 2016 sta nel fatto che qui si tratta di una continuazione di malattia, mentre nell’altro caso era un inizio di evento. L’ordinanza della Cassazione merita una profonda riflessione.

Sicuramente nella decisione adottata dai giudici di merito un ruolo fondamentale è stato affidato alla contrattazione collettiva che, nel caso di specie, prevedeva due tipologie di sanzioni applicabili totalmente differenti. Questo denota non poche difficoltà di carattere operativo da parte dei datori di lavoro i quali, di fronte a una tardiva giustificazione che si protrae non solo oltre il termine fissato dalla contrattazione collettiva entro cui la giustificazione deve essere resa, ma anche oltre il periodo entro cui il Ccnl contempla la fattispecie dell’assenza ingiustificata, si trovano schiacciati da una disposizione contrattuale che prevede come semplice punizione una sanzione di natura conservativa e conseguentemente determina una sorta di libero arbitrio per il lavoratore il quale non rischia la perdita del posto di lavoro.

La sentenza induce a mettere a confronto i contratti collettivi maggiormente applicati per verificare in che modo le due fattispecie (assenza ingiustificata e assenza tardivamente giustificata) sono collocate dal punto di vista disciplinare. 

Clicca qui per la tabella sul raffronto tra i Ccnl.

Un solo contratto collettivo analizzato a titolo esemplificativo distingue nettamente le due fattispecie e la relativa sanzione disciplinare applicabile: il Ccnl Terziario Confcommercio, infatti, prevede la sanzione di natura conservativa per l’assenza “senza comprovata giustificazione”, mentre prevede il licenziamento per l’assenza ingiustificata.

Gli altri contratti collettivi invece non fanno una distinzione netta tra le due fattispecie e determinano la differente sanzione applicabile solo in ragione del numero di giorni in cui l’assenza viene considerata ingiustificata: ad esempio il Ccnl Metalmeccanica – Aziende industriali prevede la sanzione di natura conservativa se l’assenza non viene giustificata entro il giorno successivo, mentre il licenziamento (addirittura con il rispetto del preavviso) in caso di assenza ingiustificata prolungata oltre a 4 giorni consecutivi; lo stesso vale per il Ccnl Chimica – Aziende industriali, dove cambia solo la disciplina del licenziamento in quanto configurabile dopo oltre 5 giorni consecutivi di assenza ingiustificata. Ma cosa succederebbe laddove lavoratori, alla quale si applicano i seguenti contratti collettivi, dovessero assentarsi per più dei giorni previsti per la multa e meno giorni rispetto a quelli che configurano il licenziamento ovvero dovessero presentare la comprovata giustificazione tardivamente oltre ai giorni di assenza che risulterebbero ingiustificati, non essendoci né equiparazione da parte del contratto collettivo tra assenza ingiustificata e assenza tardivamente giustificata né una disciplina ad hoc per l’assenza tardivamente giustificata? Balza all’occhio che l’assenza di un’armonia da parte di contratti collettivi, firmati anche dalle stesse sigle sindacali, crea non poche perplessità all’operato aziendale a parità di situazioni ma con diverso trattamento. Inoltre, poiché i giudici di merito hanno sostenuto che, a fronte di diversa fattispecie punitiva, “il datore di lavoro potrà ricorrere al licenziamento laddove l’arco temporale tra l’assenza e la relativa giustificazione si dilati oltremodo, facendo sì che venga meno la possibilità stessa di ritenere l’assenza, seppur tardivamente, giustificata”, è evidente che viene fortemente limitato il diritto di esercizio del potere disciplinare dal momento che non vi sono elementi oggettivi nel definire il parametro di “oltremodo”, venendo meno quello di equiparazione tra assenza tardivamente giustificata e assenza ingiustificata, qualora la giustificazione arriva oltre i giorni definiti dalla contrattazione collettiva come assenza ingiustificata. Altro aspetto fondamentale, che va poi a rafforzare quanto precisato nel paragrafo precedente, è la portata ad ampio raggio che questa sentenza porta con sé: la possibilità di giustificare tardivamente l’assenza e l’irrilevanza data al certificato di malattia rilasciato tardivamente e retroattivamente potrebbero far nascere un modus operandi pericoloso da parte dei lavoratori i quali si sentirebbero liberi di assentarsi senza doversi preoccupare di presentare l’apposito certificato nei tempi e quindi si sentirebbero autorizzati a produrre il certificato di malattia anche successivamente, nel caso in cui il datore di lavoro dovesse procedere ad una risoluzione del rapporto di lavoro al termine della procedura disciplinare.

La Corte d’Appello, prima, e la Corte di Cassazione, dopo, avevano rigettato il ricorso della società e ritenuto il licenziamento nullo per fatto insussistente in quanto oggetto della sanzione disciplinare era stata l’assenza ingiustificata ma, poiché la tardiva consegna del certificato giustifica l’assenza stessa, il fatto, per i giudici di merito, non sussiste e in quanto tale il licenziamento risulta illegittimo.

In altre parole, per il datore di lavoro oltre il danno la beffa.

1. D.l. n. 663/1979 conv. in L. n. 33/1980.

2. Cassazione 11 settembre 2020, n. 18956; Cassazione 3 maggio 2019, n. 11700.

3. Art. 60, comma 3, Ccnl Tessile Abbigliamento

4. Art. 61, comma 3, Ccnl Tessile Abbigliamento.


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