MA CHI TI HA DATO LA PATENTE?

Alberto Borella e Bruno Olivieri, Consulenti del Lavoro in Chiavenna (So) e Pescara

Egregi Signori, rappresentanti di Confederazione Italiana dello Sport Confcommercio Imprese per l’Italia Slc-Cgil Fisascat-Cisl Uilcom-Uil

Ci rivolgiamo a voi in quanto firmatari del nuovo Testo Unico del Ccnl Sportivi, che dal 1° gennaio 2024 sostituisce il previgente Ccnl Palestre e Impianti sportivi. Il rinnovo del testo arriva come la prima speranza di ottenere qualche chiarimento in più sulla novellata disciplina ex D.lgs. n. 36/2021, cosa che di fatto è stata per taluni aspetti, ad esempio per la classificazione del personale riscritta in relazione al superamento della dicotomia tra sportivo professionista e sportivo dilettante operata dall’art. 25, un po’ meno per tanti altri aspetti che commenteremo di seguito. Vogliamo che sia chiaro che scriviamo questa lettera aperta perché riteniamo che i contratti collettivi giochino un ruolo fondamentale nella complessiva gestione di un rapporto di lavoro. Disciplinano infatti non solo i rapporti economici tra le parti ma anche quelli normativi. Accordi a cui viene dato grande rilievo dato che sono presi a riferimento dall’Inps per stabilire l’esatta contribuzione, dall’Ispettorato per stabilire il corretto trattamento del lavoratore, dagli Enti pubblici per l’aggiudicazione degli appalti e dalla Magistratura per dirimere ogni controversia tra aziende e lavoratori. Ecco perché da un accordo collettivo – pur rimanendo un contratto di diritto comune – ci si aspetta l’attenzione al dettaglio, il rispetto rigoroso della terminologia giuslavorsitica e una logicità, razionalità ed equità tipica e propria (in teoria) delle leggi, cosa che purtroppo non riscontriamo nel testo pubblicato. Ecco, è proprio di alcuni “dettagli” che vorremmo parlarvi.

DATA DI SOTTOSCRIZIONE E DECORRENZA

Art. 149 – Decorrenza e durata Il presente CCNL, previa ratifica degli organismi delle Parti, entra in vigore dall’1/1/2024 e scadrà il 31/12/2026, ferme restando le diverse decorrenze previste per i singoli istituti. Il contratto è stato firmato lo scorso 12 gennaio 2024 prevedendo che entri in vigore, retroattivamente, il 1° gennaio.

Nulla questio per il personale dipendente dato che il precedente Ccnl prevedeva che in occasione di ogni rinnovo le Parti individueranno un meccanismo che riconosca una copertura economica a favore dei lavoratori in servizio alla data di raggiungimento dell’accordo, con decorrenza dalla data di scadenza del contratto precedente. Riguardo invece ai collaboratori coordinati e continuativi invece il discorso è alquanto diverso, giacché la specifica neo disciplina delle cococo applicabili al mondo dello sport ex art. 23 del Ccnl in questione risulta una nuova pattuizione assente nel testo vigente fino al 31 dicembre scorso. Stante che, come anticipato in premessa, la decorrenza degli effetti del nuovo testo è fissata con una retroattività di 12 giorni e che l’art. 1321 codice civile definisce “contratto” “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”, la disciplina sulle co.co.co. sportive si dovrebbe quindi ritenere validamente applicabile ai rapporti dal 12 gennaio 2024, ma non anche a quelli decorrenti prima, dal 1° gennaio 2024 piuttosto che sin dal 1° luglio, per i quali gli effetti economici sono quelli concordati (considerata l’assenza di un Ccnl di riferimento) nelle originarie pattuizioni individuali, senza possibilità alcuna che soggetti terzi modifichino alcunché a posteriori, fatto salvo che costoro siano stati autorizzati a farlo dalle stesse parti originarie. Peraltro un accordo collettivo – soprattutto per la parte normativa – non dovrebbe, secondo noi, mai avere decorrenza immediata (visti i tempi della sua conoscibilità pubblica) ma quantomeno partire dal 1° giorno del mese successivo la sua stipula. Ma questo è un altro discorso.

L’ENTE BILATERALE

Art. 3 – Ente bilaterale Le parti concordano che l’Ente bilaterale nazionale è competente per le seguenti attività: … d) vigilare sulla corretta gestione delle procedure di cui al successivo articolo 3-bis.

Qui quello che si evidenzia è il richiamo all’art. 3-bis che però non esiste. Evidentemente la buona regola del rileggere ciò che si è scritto prima di pubblicare un testo ce la siamo scordata.

IL FINANZIAMENTO DELL’ENTE BILATERALE

Art. 3 – Ente bilaterale … Per il funzionamento e lo svolgimento degli scopi di cui al presente articolo, l’Ente sarà finanziato con un contributo stabilito nella misura dello 0,10%, a carico della parte datoriale e dello 0,05% a carico del lavoratore, calcolati sulla retribuzione complessiva mensile o sul compenso … La parte datoriale che ometta il versamento della suddetta quota è tenuta a corrispondere al lavoratore un elemento distinto della retribuzione non assorbibile di importo pari allo 0,30% della retribuzione complessiva mensile o del compenso.

Detto che questo passaggio risulta ripetuto due volte, l’articolo utilizza una definizione ambigua parlando di retribuzione complessiva mensile che lascia intendere sia una cosa diversa dalla cosiddetta retribuzione di fatto di cui all’art. 117 (citata spesso in altri punti dell’accordo) costituita da paga base, contingenza, superminimo non assorbibile per i dipendenti assunti ante 22/12/2015 e gli altri elementi derivanti dalla contrattazione collettiva, nonché da tutti gli altri elementi retributivi aventi carattere continuativo (esclusi rimborsi spese, compensi per lavoro straordinario, gratificazioni straordinarie o una tantum). A cosa quindi ci si riferisce quando si parla di retribuzione complessiva mensile? All’imponibile previdenziale di ciascun mese o alla retribuzione mensile lorda? Onde evitare un domani eventuali contestazioni di omesso parziale versamento circa le quote dovute sarebbe stata opportuna una maggior chiarezza a quale retribuzione mensile ci si riferisca.

IL FONDO EST

Art. 13 – Fondo EST … L’azienda che ometta il versamento delle suddette quote è tenuta ad erogare al lavoratore un elemento distinto della retribuzione non assorbibile di importo pari ad euro 16,00 lordi, da corrispondere per 13 mensilità e che rientra nella retribuzione di fatto, di cui all’art. 117. Qualora prevista, è inoltre dovuta al Fondo una quota “una tantum”, a carico delle aziende che per la prima volta iscrivano i propri lavoratori al Fondo, pari a 30 euro per ciascun lavoratore.

Lo so, vi state chiedendo cosa c’è che non va. Nulla di significativo. Notiamo solo che anche questi due paragrafi vengono ripetuti due volte – e aridaje – nel testo ufficiale del Ccnl. È il nostro un appunto formale (ma tranquilli, vedremo che c’è molto anche di sostanziale) ma comunque denota la scarsa attenzione prestata alla stesura finale del testo contrattuale.

IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO

Art. 14 – Contratti a tempo determinato È consentita l’assunzione del personale con prefissione di termini in tutti i casi o nelle condizioni espressamente previsti agli artt. 62-bis e 62-quater del presente contratto nonché dalle leggi vigenti sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato.

Anche qui compare un richiamo ad un articolo, il 62-quater, di cui non si trova traccia nell’accordo sottoscritto. Vi siete dimenticati di riportare l’articolo (addirittura di scriverlo) o è solo l’ennesima conferma della superficialità con cui si scrivono, si rileggono e si pubblicano gli accordi? Inoltre, tornando alla sostanziale finalità con cui le Parti stipulanti hanno esordito in premessa sottolineando che “lo scopo è quello di rappresentare, per mezzo della contrattazione collettiva, tutto il mondo dello sport non più inteso in modo restrittivo, come mera rappresentanza degli interessi delle imprese del comparto, ma come espressione della rappresentanza del variegato ambito sportivo costituito dalla presenza del settore profit (con fine di lucro) e del noprofit (senza fini di lucro) che trova il naturale elemento di congiunzione nel nuovo organismo di rappresentanza datoriale costituito dalla Confederazione dello Sport”, sarebbe stato auspicabile trattare esplicitamente le deroghe sancite dall’art. 26, D.lgs. n. 36/2021 sul contratto a tempo determinato, giacché è la disciplina comune ex D.lgs. n. 81/2015 ad essere qui una sorta di “pesce fuor d’acqua”.

LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE E FORMA DELL’ACCORDO

Art. 23 – Collaborazione continuata e continuativa Nel rispetto delle disposizioni previste dal D.Lgs. 36/2021 e successive modifiche e integrazioni, le parti intendono disciplinare le collaborazioni coordinate e continuative applicabili al mondo dello sport. Come chiaramente riportato, le disposizioni dell’intero articolo sono applicabili alle collaborazioni applicabili al mondo dello sport. Pertanto la richiamata disciplina riguarderebbe non solo le co.co.co. ex art. 28, D.lgs. n. 36/2021 (sportive dilettantistiche), ma anche quelle ex art. 37 (amministrativo gestionali) e quelle ex art. 27 (sportive del settore professionistico). Se così fosse tanti sono i dubbi e le perplessità relative alla compatibilità della richiamata disciplina con il settore professionistico che, anche per i rapporti di natura autonoma, prevede il rigoroso rispetto dei principi sanciti all’art. 27, D.lgs. n. 36/2021, relativamente alla forma scritta del contratto a pena di nullità dello stesso, aspetto su cui si è sorvolato nel testo del Ccnl che rimane su un generico dovrà essere stipulato in forma scritta.

LE CO.CO.CO. E LA GRAVIDANZA

Art. 23.4 – Gravidanza, malattia e infortunio La gravidanza, la malattia e l’infortunio non comportano l’estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso senza l’erogazione del corrispettivo. Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di malattia e infortunio la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. In caso di gravidanza, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.

Una prima osservazione. Dato che la gravidanza, o gestazione, sta a indicare la condizione della donna che va dal momento del concepimento fino al parto o comunque all’espulsione del feto, dobbiamo ritenere che l’assenza durante il periodo di maternità non comporti alcuna sospensione del rapporto e di conseguenza alcuna proroga della collaborazione? Del resto si prevede che la proroga sia uguale per tutti, 6 mesi, al verificarsi di uno stato di gravidanza e a prescindere dalla durata effettiva dell’assenza dalla prestazione richiesta alla stessa. Assenza peraltro che per un collaboratore autonomo sportivo non è nemmeno, teoricamente, obbligatoria. Una previsione contrattuale che denota un utilizzo superficiale della terminologia dato che la gravidanza è lo stato della donna che porta nel proprio utero il risultato della fecondazione. Una condizione che si realizza sin dal formarsi dell’embrione e non sparisce certo nelle ipotesi di aborto spontaneo o terapeutico avvenuto nei primi mesi. Ma vi è un ulteriore passaggio che, se di ratio accostato alle finalità che il legislatore intende perseguire con una piena e massima flessibilizzazione del rapporto lavorativo del prestato re sportivo, tradotta anche nelle forme dell’abolizione del vincolo sportivo nell’ambito del dilettantismo, suscita qualche perplessità sulla coerenza e funzionalità nell’ambito di un rapporto che, lo ricordiamo, nasce di radice autonoma, quindi come frutto della libera pattuizione tra le Parti. Ci riferiamo al fatto di aver previsto che in caso di gravidanza la durata del rapporto venga prorogata di imperio per un periodo di 180 giorni, il che dimostra l’effettiva “poca conoscenza” del mondo del lavoro sportivo. Eh sì perché basterebbe guardare la Tv per sapere che di norma agli allenatori e alle allenatrici (già, non solo i maschietti esercitano questa professione) vengono fatti contratti annuali o pluriennali. Ora dire che in caso di assenza per gravidanza il contratto prosegue di diritto nella stagione successiva, impedendo un eventuale cambio di direzione tecnica (magari già programmato), non ha alcun senso. Questo senza considerare che un’analoga previsione era a suo tempo contenuta nell’art. 66 del D.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003, riferita alla figura dell’estinto lavoratore a progetto, disposizione opportunamente abrogata dal D.lgs. n. 81/2015.

LE CO.CO.CO. E I DIRITTI SINDACALI

Art. 23.13 – Diritti sindacali Il collaboratore coordinato e continuativo può partecipare ad assemblee retribuite.

Siamo davanti alla solita complicazione, speriamo non introdotta (a pensare male si fa peccato?) nella speranza che durante l’assemblea si riesca a fare del proselitismo sindacale. La domanda è infatti come quantificare la partecipazione di un collaboratore sportivo con un compenso a forfait per la stagione sportiva che non ha per questo una paga oraria ma soprattutto non è detto che l’assemblea cada durante una già programmata prestazione sportiva? Ve lo immaginate un allenatore che non presenzia ad un match di campionato, un istruttore che rinuncia ad un corso, un atleta che rinuncia ad una gara, per partecipare ad una assemblea sindacale? A meno che si voleva dire che al collaboratore non può essere mai detratta una parte del compenso per il fatto che, anziché lavorare, ha partecipato all’assemblea. Se è così allora diciamolo esplicitamente senza girarci troppo intorno.

I SUPERMINIMI

Art. 122 – Assorbimenti In caso di aumenti di tabelle, gli aumenti di merito concessi dalle aziende non possono essere assorbiti. Per aumenti di merito devono intendersi gli assegni corrisposti con riferimento alle attitudini e al rendimento del lavoratore. Gli aumenti che non siano di merito, erogati dalle aziende indipendentemente dai contratti collettivi stipulati in sede sindacale, possono essere assorbiti in tutto o in parte, in caso di aumento di tabella, solo se l’assorbimento sia stato previsto da eventuali accordi sindacali aziendali oppure espressamente stabilito all’atto della concessione. Non possono essere assorbiti gli aumenti corrisposti collettivamente e unilateralmente dal datore di lavoro nel corso dei sei mesi immediatamente precedenti la scadenza del presente contratto.

Partiamo dagli aumenti di merito concessi dal datore al lavoratore. Se sono veramente tali, molto probabilmente già in sede di pattuizione individuale si è concordata la loro non assorbibilità, quindi la previsione del Ccnl non ha alcuna utilità. Stessa osservazione per ciò riguarda gli aumenti che non siano di merito per i quali l’assorbimento è possibile solo se sia stato previsto da eventuali accordi sindacali aziendali oppure espressamente stabilito all’atto della concessione. Premesso che di solito è esattamente il contrario ovvero che il superminimo individuale è considerato assorbibile dai futuri aumenti retributivi previsti dalla contrattazione collettiva mentre per escluderne l’assorbimento è richiesta una specifica previsione delle parti, cosa implica questa previsione del Ccnl? Poco o nulla per chi già precisava espressamente nell’accordo individuale l’eventuale assorbibilità; per chi non lo faceva prima, ora lo farà. La cosa che invece lascia sicuramente perplessi è la previsione che riguarda gli aumenti che non siano di merito corrisposti unilateralmente dal datore di lavoro nel corso dei sei mesi immediatamente precedenti la scadenza del presente contratto che non possono essere assorbiti. In forza di quale potere un accordo collettivo interviene a posteriori su una pattuizione individuale fatta con il lavoratore? L’aumento lo si è concesso proprio per sopperire all’inerzia e ai ritardi della contrattazione collettiva e questa buona volontà datoriale la si vorrebbe punire dicendo che il superminimo rimane e in più scatta l’aumento previsto dal nuovo accordo? Ma non si comprende che una simile previsione porterà le aziende a non corrispondere in futuro alcunché nel semestre antecedente (e, dato che non si sa mai, forse anche prima) la scadenza? Ma soprattutto prestiamo attenzione: passata la scadenza dell’attuale contratto prevista a fine 2026 – quindi nel cosiddetto regime di ultravigenza – il divieto di assorbimento non varrebbe più. Ora la domanda che vi facciamo è: che scopo ha questo articolo se non creare confusione oltre che, come si è visto, un potenziale danno al dipendente?

IL PAGAMENTO DELLA TREDICESIMA

Art. 125 – n 13ª mensilità Il 5 dicembre di ogni anno i datori di lavoro dovranno corrispondere al personale dipendente un importo pari ad una mensilità della retribuzione di fatto di cui all’art. 117. A volte si ha la netta impressione che la sottoscrizione degli accordi collettivi venga affidata a soggetti che di gestione dei rapporti di lavoro non hanno alcuna esperienza. Come si fa a prevedere il termine del 5 dicembre per il pagamento della tredicesima mensilità quando praticamente la totalità della aziende non ha ancora elaborato la mensilità di novembre? A che pro?

I NUOVI MINIMI TABELLARI

Il contratto prevede tre distinte Tabelle.

Tabella A – Tabella compensi collaboratori coordinati e continuativi;

Tabella B – Retribuzione per tutti i lavoratori;

Tabella C – Tabella maggiorazioni contrattualizzati ante 22.12.2015 e assorbimento in paga base della quattordicesima.

La prima cosa che balza all’occhio sono quegli aumenti contrattuali previsti per tutti i lavoratori che cadono ben oltre la vigenza contrattuale fissata al 31 dicembre 2026, stabilendo i minimi contrattuali al 1° novembre del 2028 e del 2029. Che valore giuridico ha tutto ciò? Entrando più nel dettaglio, interessante è quanto previsto all’art. 23.8 del Ccnl in analisi relativo al Compenso e criteri di determinazione per i co.co.co. sportivi dove leggiamo che “Le Parti individuano i valori dei compensi minimi lordi (…) fissati in valori di paga oraria e indicati al lordo delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali previste dalla normativa vigente” e ancora “La natura della prestazione non prevede la maturazione a favore del collaboratore di compensi (…) o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato”. Senza commentare troppo onde evitare di sconfinare in una trattazione che porterebbe a ripassare quali siano “normalmente” gli indici di legittima misurazione del compenso di un lavoratore autonomo, ciò che stona, o meglio potrebbe essere fuorviante nella lettura del testo, è che – sperando nella corretta interpretazione che benevolmente vogliamo dare – l’indicazione del parametro orario non sia che un mero “indice di riferimento” su cui andare a misurare una remunerazione “minima consigliata”, seppur rimandante ad una stonante “maggiorazione del 25% a compensazione di straordinari, mensilità aggiuntive, ferie, permessi e/o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato”. Si è appena detto che la natura della prestazione non prevede la maturazione a favore del collaboratore di alcuno dei compensi riconducibili ad istituti tipici del rapporto di lavoro subordinato e poi li si forfetizza con una maggiorazione del compenso orario minimo individuato dal Ccnl? Mah, chi vi capisce è davvero bravo. E sempre a tal proposito, pur volendo considerare apprezzabile (quantomeno in ottica di deflazione del contenzioso) aver previsto nella determinazione dei compensi minimi contrattuali riportati nell’apposita Tabella una specifica maggiorazione del 25% della paga oraria a titolo di mensilità aggiuntive, ferie, permessi davvero non si comprende il senso di riferirla anche alla compensazione di straordinari. Ma di che compensazione stiamo parlando? Di straordinari per dei soggetti che non hanno né un orario massimo giornaliero né tantomeno un orario settimanale non solo previsto per legge ma nemmeno per contratto collettivo (sulla cui legittimità peraltro ci sarebbe molto da discutere)? Basta così? Certo che no. Analizzando infatti le tabelle retributive allegate al Ccnl i dubbi maggiori nascono dall’analisi della Tabella C. In primis, considerata la scelta di non erogare più la 14.ma mensilità ai lavoratori assunti ante 22.12.2015 con contestuale riconoscimento di un superminimo non assorbibile, si rileva la mancanza di un articolo a chiarimento del regime transitorio che rende difficile la sua lettura. In particolare le criticità derivano dalla previsione dell’erogazione di una Una tantum a titolo di rateo ex 14.ma 01.07.2023/31.12.2023 che parrebbe stabilita in data 01.07.2026. Oltre a domandarsi il perché aspettare quasi due anni e mezzo per dare quanto maturato a fine 2023, ci si chiede soprattutto se il diritto all’una tantum è previsto solo per i lavoratori in forza a tale data oppure se i licenziati dal 1° gennaio 24 al 30 giugno 2026 non solo se ne abbiano diritto ma quando eventualmente gli dovrà essere erogata. E non sono quisquillie.

LA RAPPRESENTATIVITÀ

Ci rivolgiamo a voi in quanto firmatari del nuovo Testo Unico del Ccnl Sportivi, che dal 1° gennaio 2024 sostituisce il previgente Ccnl Palestre e Impianti sportivi. Il rinnovo del testo arriva come la prima speranza di ottenere qualche chiarimento in più sulla novellata disciplina ex D.lgs. n. 36/2021, cosa che di fatto è stata per taluni aspetti, ad esempio per la classificazione del personale riscritta in relazione al superamento della dicotomia tra sportivo professionista e sportivo dilettante operata dall’art. 25, un po’ meno per tanti altri aspetti che commenteremo di seguito. Vogliamo che sia chiaro che scriviamo questa lettera aperta perché riteniamo che i contratti collettivi giochino un ruolo fondamentale nella complessiva gestione di un rapporto di lavoro. Disciplinano infatti non solo i rapporti economici tra le parti ma anche quelli normativi. Accordi a cui viene dato grande rilievo dato che sono presi a riferimento dall’Inps per stabilire l’esatta contribuzione, dall’Ispettorato per stabilire il corretto trattamento del lavoratore, dagli Enti pubblici per l’aggiudicazione degli appalti e dalla Magistratura per dirimere ogni controversia tra aziende e lavoratori. Ecco perché da un accordo collettivo – pur rimanendo un contratto di diritto comune – ci si aspetta l’attenzione al dettaglio, il rispetto rigoroso della terminologia giuslavorsitica e una logicità, razionalità ed equità tipica e propria (in teoria) delle leggi, cosa che purtroppo non riscontriamo nel testo pubblicato. Ecco, è proprio di alcuni “dettagli” che vorremmo parlarvi.

DATA DI SOTTOSCRIZIONE E DECORRENZA

Art. 149 – Decorrenza e durata Il presente CCNL, previa ratifica degli organismi delle Parti, entra in vigore dall’1/1/2024 e scadrà il 31/12/2026, ferme restando le diverse decorrenze previste per i singoli istituti. Il contratto è stato firmato lo scorso 12 gennaio 2024 prevedendo che entri in vigore, retroattivamente, il 1° gennaio. Nulla questio per il personale dipendente dato che il precedente Ccnl prevedeva che in occasione di ogni rinnovo le Parti individueranno un meccanismo che riconosca una copertura economica a favore dei lavoratori in servizio alla data di raggiungimento dell’accordo, con decorrenza dalla data di scadenza del contratto precedente. Riguardo invece ai collaboratori coordinati e continuativi invece il discorso è alquanto diverso, giacché la specifica neo disciplina delle cococo applicabili al mondo dello sport ex art. 23 del Ccnl in questione risulta una nuova pattuizione assente nel testo vigente fino al 31 dicembre scorso. Stante che, come anticipato in premessa, la decorrenza degli effetti del nuovo testo è fissata con una retroattività di 12 giorni e che l’art. 1321 codice civile definisce “contratto” “l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale”, la disciplina sulle co.co.co. sportive si dovrebbe quindi ritenere validamente applicabile ai rapporti dal 12 gennaio 2024, ma non anche a quelli decorrenti prima, dal 1° gennaio 2024 piuttosto che sin dal 1° luglio, per i quali gli effetti economici sono quelli concordati (considerata l’assenza di un Ccnl di riferimento) nelle originarie pattuizioni individuali, senza possibilità alcuna che soggetti terzi modifichino alcunché a posteriori, fatto salvo che costoro siano stati autorizzati a farlo dalle stesse parti originarie. Peraltro un accordo collettivo – soprattutto per la parte normativa – non dovrebbe, secondo noi, mai avere decorrenza immediata (visti i tempi della sua conoscibilità pubblica) ma quantomeno partire dal 1° giorno del mese successivo la sua stipula. Ma questo è un altro discorso.

L’ENTE BILATERALE

Art. 3 – Ente bilaterale Le parti concordano che l’Ente bilaterale nazionale è competente per le seguenti attività: … d) vigilare sulla corretta gestione delle procedure di cui al successivo articolo 3-bis. Qui quello che si evidenzia è il richiamo all’art. 3-bis che però non esiste. Evidentemente la buona regola del rileggere ciò che si è scritto prima di pubblicare un testo ce la siamo scordata.

IL FINANZIAMENTO DELL’ENTE BILATERALE

Art. 3 – Ente bilaterale … Per il funzionamento e lo svolgimento degli scopi di cui al presente articolo, l’Ente sarà finanziato con un contributo stabilito nella misura dello 0,10%, a carico della parte datoriale e dello 0,05% a carico del lavoratore, calcolati sulla retribuzione complessiva mensile o sul compenso … La parte datoriale che ometta il versamento della suddetta quota è tenuta a corrispondere al lavoratore un elemento distinto della retribuzione non assorbibile di importo pari allo 0,30% della retribuzione complessiva mensile o del compenso. Detto che questo passaggio risulta ripetuto due volte, l’articolo utilizza una definizione ambigua parlando di retribuzione complessiva mensile che lascia intendere sia una cosa diversa dalla cosiddetta retribuzione di fatto di cui all’art. 117 (citata spesso in altri punti dell’accordo) costituita da paga base, contingenza, superminimo non assorbibile per i dipendenti assunti ante 22/12/2015 e gli altri elementi derivanti dalla contrattazione collettiva, nonché da tutti gli altri elementi retributivi aventi carattere continuativo (esclusi rimborsi spese, compensi per lavoro straordinario, gratificazioni straordinarie o una tantum). A cosa quindi ci si riferisce quando si parla di retribuzione complessiva mensile? All’imponibile previdenziale di ciascun mese o alla retribuzione mensile lorda? Onde evitare un domani eventuali contestazioni di omesso parziale versamento circa le quote dovute sarebbe stata opportuna una maggior chiarezza a quale retribuzione mensile ci si riferisca.

IL FONDO EST

Art. 13 – Fondo EST … L’azienda che ometta il versamento delle suddette quote è tenuta ad erogare al lavoratore un elemento distinto della retribuzione non assorbibile di importo pari ad euro 16,00 lordi, da corrispondere per 13 mensilità e che rientra nella retribuzione di fatto, di cui all’art. 117. Qualora prevista, è inoltre dovuta al Fondo una quota “una tantum”, a carico delle aziende che per la prima volta iscrivano i propri lavoratori al Fondo, pari a 30 euro per ciascun lavoratore. Lo so, vi state chiedendo cosa c’è che non va. Nulla di significativo. Notiamo solo che anche questi due paragrafi vengono ripetuti due volte – e aridaje – nel testo ufficiale del Ccnl. È il nostro un appunto formale (ma tranquilli, vedremo che c’è molto anche di sostanziale) ma comunque denota la scarsa attenzione prestata alla stesura finale del testo contrattuale.

IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO

Art. 14 – Contratti a tempo determinato È consentita l’assunzione del personale con prefissione di termini in tutti i casi o nelle condizioni espressamente previsti agli artt. 62-bis e 62-quater del presente contratto nonché dalle leggi vigenti sulla disciplina del contratto di lavoro a tempo determinato. Anche qui compare un richiamo ad un articolo, il 62-quater, di cui non si trova traccia nell’accordo sottoscritto. Vi siete dimenticati di riportare l’articolo (addirittura di scriverlo) o è solo l’ennesima conferma della superficialità con cui si scrivono, si rileggono e si pubblicano gli accordi? Inoltre, tornando alla sostanziale finalità con cui le Parti stipulanti hanno esordito in premessa sottolineando che “lo scopo è quello di rappresentare, per mezzo della contrattazione collettiva, tutto il mondo dello sport non più inteso in modo restrittivo, come mera rappresentanza degli interessi delle imprese del comparto, ma come espressione della rappresentanza del variegato ambito sportivo costituito dalla presenza del settore profit (con fine di lucro) e del noprofit (senza fini di lucro) che trova il naturale elemento di congiunzione nel nuovo organismo di rappresentanza datoriale costituito dalla Confederazione dello Sport”, sarebbe stato auspicabile trattare esplicitamente le deroghe sancite dall’art. 26, D.lgs. n. 36/2021 sul contratto a tempo determinato, giacché è la disciplina comune ex D.lgs. n. 81/2015 ad essere qui una sorta di “pesce fuor d’acqua”.

LE COLLABORAZIONI COORDINATE E CONTINUATIVE E FORMA DELL’ACCORDO

Art. 23 – Collaborazione continuata e continuativa Nel rispetto delle disposizioni previste dal D.Lgs. 36/2021 e successive modifiche e integrazioni, le parti intendono disciplinare le collaborazioni coordinate e continuative applicabili al mondo dello sport. Come chiaramente riportato, le disposizioni dell’intero articolo sono applicabili alle collaborazioni applicabili al mondo dello sport. Pertanto la richiamata disciplina riguarderebbe non solo le co.co.co. ex art. 28, D.lgs. n. 36/2021 (sportive dilettantistiche), ma anche quelle ex art. 37 (amministrativo gestionali) e quelle ex art. 27 (sportive del settore professionistico). Se così fosse tanti sono i dubbi e le perplessità relative alla compatibilità della richiamata disciplina con il settore professionistico che, anche per i rapporti di natura autonoma, prevede il rigoroso rispetto dei principi sanciti all’art. 27, D.lgs. n. 36/2021, relativamente alla forma scritta del contratto a pena di nullità dello stesso, aspetto su cui si è sorvolato nel testo del Ccnl che rimane su un generico dovrà essere stipulato in forma scritta.

LE CO.CO.CO. E LA GRAVIDANZA

Art. 23.4 – Gravidanza, malattia e infortunio La gravidanza, la malattia e l’infortunio non comportano l’estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso senza l’erogazione del corrispettivo. Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di malattia e infortunio la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. In caso di gravidanza, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale. Una prima osservazione. Dato che la gravidanza, o gestazione, sta a indicare la condizione della donna che va dal momento del concepimento fino al parto o comunque all’espulsione del feto, dobbiamo ritenere che l’assenza durante il periodo di maternità non comporti alcuna sospensione del rapporto e di conseguenza alcuna proroga della collaborazione? Del resto si prevede che la proroga sia uguale per tutti, 6 mesi, al verificarsi di uno stato di gravidanza e a prescindere dalla durata effettiva dell’assenza dalla prestazione richiesta alla stessa. Assenza peraltro che per un collaboratore autonomo sportivo non è nemmeno, teoricamente, obbligatoria. Una previsione contrattuale che denota un utilizzo superficiale della terminologia dato che la gravidanza è lo stato della donna che porta nel proprio utero il risultato della fecondazione. Una condizione che si realizza sin dal formarsi dell’embrione e non sparisce certo nelle ipotesi di aborto spontaneo o terapeutico avvenuto nei primi mesi. Ma vi è un ulteriore passaggio che, se di ratio accostato alle finalità che il legislatore intende perseguire con una piena e massima flessibilizzazione del rapporto lavorativo del prestato re sportivo, tradotta anche nelle forme dell’abolizione del vincolo sportivo nell’ambito del dilettantismo, suscita qualche perplessità sulla coerenza e funzionalità nell’ambito di un rapporto che, lo ricordiamo, nasce di radice autonoma, quindi come frutto della libera pattuizione tra le Parti. Ci riferiamo al fatto di aver previsto che in caso di gravidanza la durata del rapporto venga prorogata di imperio per un periodo di 180 giorni, il che dimostra l’effettiva “poca conoscenza” del mondo del lavoro sportivo. Eh sì perché basterebbe guardare la Tv per sapere che di norma agli allenatori e alle allenatrici (già, non solo i maschietti esercitano questa professione) vengono fatti contratti annuali o pluriennali. Ora dire che in caso di assenza per gravidanza il contratto prosegue di diritto nella stagione successiva, impedendo un eventuale cambio di direzione tecnica (magari già programmato), non ha alcun senso. Questo senza considerare che un’analoga previsione era a suo tempo contenuta nell’art. 66 del D.lgs. n. 276 del 10 settembre 2003, riferita alla figura dell’estinto lavoratore a progetto, disposizione opportunamente abrogata dal D.lgs. n. 81/2015.

LE CO.CO.CO. E I DIRITTI SINDACALI

Art. 23.13 – Diritti sindacali Il collaboratore coordinato e continuativo può partecipare ad assemblee retribuite. Siamo davanti alla solita complicazione, speriamo non introdotta (a pensare male si fa peccato?) nella speranza che durante l’assemblea si riesca a fare del proselitismo sindacale. La domanda è infatti come quantificare la partecipazione di un collaboratore sportivo con un compenso a forfait per la stagione sportiva che non ha per questo una paga oraria ma soprattutto non è detto che l’assemblea cada durante una già programmata prestazione sportiva? Ve lo immaginate un allenatore che non presenzia ad un match di campionato, un istruttore che rinuncia ad un corso, un atleta che rinuncia ad una gara, per partecipare ad una assemblea sindacale? A meno che si voleva dire che al collaboratore non può essere mai detratta una parte del compenso per il fatto che, anziché lavorare, ha partecipato all’assemblea. Se è così allora diciamolo esplicitamente senza girarci troppo intorno.

I SUPERMINIMI

Art. 122 – Assorbimenti In caso di aumenti di tabelle, gli aumenti di merito concessi dalle aziende non possono essere assorbiti. Per aumenti di merito devono intendersi gli assegni corrisposti con riferimento alle attitudini e al rendimento del lavoratore. Gli aumenti che non siano di merito, erogati dalle aziende indipendentemente dai contratti collettivi stipulati in sede sindacale, possono essere assorbiti in tutto o in parte, in caso di aumento di tabella, solo se l’assorbimento sia stato previsto da eventuali accordi sindacali aziendali oppure espressamente stabilito all’atto della concessione. Non possono essere assorbiti gli aumenti corrisposti collettivamente e unilateralmente dal datore di lavoro nel corso dei sei mesi immediatamente precedenti la scadenza del presente contratto. Partiamo dagli aumenti di merito concessi dal datore al lavoratore. Se sono veramente tali, molto probabilmente già in sede di pattuizione individuale si è concordata la loro non assorbibilità, quindi la previsione del Ccnl non ha alcuna utilità. Stessa osservazione per ciò riguarda gli aumenti che non siano di merito per i quali l’assorbimento è possibile solo se sia stato previsto da eventuali accordi sindacali aziendali oppure espressamente stabilito all’atto della concessione. Premesso che di solito è esattamente il contrario ovvero che il superminimo individuale è considerato assorbibile dai futuri aumenti retributivi previsti dalla contrattazione collettiva mentre per escluderne l’assorbimento è richiesta una specifica previsione delle parti, cosa implica questa previsione del Ccnl? Poco o nulla per chi già precisava espressamente nell’accordo individuale l’eventuale assorbibilità; per chi non lo faceva prima, ora lo farà. La cosa che invece lascia sicuramente perplessi è la previsione che riguarda gli aumenti che non siano di merito corrisposti unilateralmente dal datore di lavoro nel corso dei sei mesi immediatamente precedenti la scadenza del presente contratto che non possono essere assorbiti. In forza di quale potere un accordo collettivo interviene a posteriori su una pattuizione individuale fatta con il lavoratore? L’aumento lo si è concesso proprio per sopperire all’inerzia e ai ritardi della contrattazione collettiva e questa buona volontà datoriale la si vorrebbe punire dicendo che il superminimo rimane e in più scatta l’aumento previsto dal nuovo accordo? Ma non si comprende che una simile previsione porterà le aziende a non corrispondere in futuro alcunché nel semestre antecedente (e, dato che non si sa mai, forse anche prima) la scadenza? Ma soprattutto prestiamo attenzione: passata la scadenza dell’attuale contratto prevista a fine 2026 – quindi nel cosiddetto regime di ultravigenza – il divieto di assorbimento non varrebbe più. Ora la domanda che vi facciamo è: che scopo ha questo articolo se non creare confusione oltre che, come si è visto, un potenziale danno al dipendente?

IL PAGAMENTO DELLA TREDICESIMA

Art. 125 – n 13ª mensilità Il 5 dicembre di ogni anno i datori di lavoro dovranno corrispondere al personale dipendente un importo pari ad una mensilità della retribuzione di fatto di cui all’art. 117.

A volte si ha la netta impressione che la sottoscrizione degli accordi collettivi venga affidata a soggetti che di gestione dei rapporti di lavoro non hanno alcuna esperienza. Come si fa a prevedere il termine del 5 dicembre per il pagamento della tredicesima mensilità quando praticamente la totalità della aziende non ha ancora elaborato la mensilità di novembre? A che pro?

I NUOVI MINIMI TABELLARI

Il contratto prevede tre distinte Tabelle.

Tabella A – Tabella compensi collaboratori coordinati e continuativi;

Tabella B – Retribuzione per tutti i lavoratori;

Tabella C – Tabella maggiorazioni contrattualizzati ante 22.12.2015 e assorbimento in paga base della quattordicesima. La prima cosa che balza all’occhio sono quegli aumenti contrattuali previsti per tutti i lavoratori che cadono ben oltre la vigenza contrattuale fissata al 31 dicembre 2026, stabilendo i minimi contrattuali al 1° novembre del 2028 e del 2029. Che valore giuridico ha tutto ciò? Entrando più nel dettaglio, interessante è quanto previsto all’art. 23.8 del Ccnl in analisi relativo al Compenso e criteri di determinazione per i co.co.co. sportivi dove leggiamo che “Le Parti individuano i valori dei compensi minimi lordi (…) fissati in valori di paga oraria e indicati al lordo delle ritenute fiscali, previdenziali e assistenziali previste dalla normativa vigente” e ancora “La natura della prestazione non prevede la maturazione a favore del collaboratore di compensi (…) o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato”. Senza commentare troppo onde evitare di sconfinare in una trattazione che porterebbe a ripassare quali siano “normalmente” gli indici di legittima misurazione del compenso di un lavoratore autonomo, ciò che stona, o meglio potrebbe essere fuorviante nella lettura del testo, è che – sperando nella corretta interpretazione che benevolmente vogliamo dare – l’indicazione del parametro orario non sia che un mero “indice di riferimento” su cui andare a misurare una remunerazione “minima consigliata”, seppur rimandante ad una stonante “maggiorazione del 25% a compensazione di straordinari, mensilità aggiuntive, ferie, permessi e/o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato”. Si è appena detto che la natura della prestazione non prevede la maturazione a favore del collaboratore di alcuno dei compensi riconducibili ad istituti tipici del rapporto di lavoro subordinato e poi li si forfetizza con una maggiorazione del compenso orario minimo individuato dal Ccnl? Mah, chi vi capisce è davvero bravo. E sempre a tal proposito, pur volendo considerare apprezzabile (quantomeno in ottica di deflazione del contenzioso) aver previsto nella determinazione dei compensi minimi contrattuali riportati nell’apposita Tabella una specifica maggiorazione del 25% della paga oraria a titolo di mensilità aggiuntive, ferie, permessi davvero non si comprende il senso di riferirla anche alla compensazione di straordinari. Ma di che compensazione stiamo parlando? Di straordinari per dei soggetti che non hanno né un orario massimo giornaliero né tantomeno un orario settimanale non solo previsto per legge ma nemmeno per contratto collettivo (sulla cui legittimità peraltro ci sarebbe molto da discutere)? Basta così? Certo che no. Analizzando infatti le tabelle retributive allegate al Ccnl i dubbi maggiori nascono dall’analisi della Tabella C. In primis, considerata la scelta di non erogare più la 14.ma mensilità ai lavoratori assunti ante 22.12.2015 con contestuale riconoscimento di un superminimo non assorbibile, si rileva la mancanza di un articolo a chiarimento del regime transitorio che rende difficile la sua lettura. In particolare le criticità derivano dalla previsione dell’erogazione di una Una tantum a titolo di rateo ex 14.ma 01.07.2023/31.12.2023 che parrebbe stabilita in data 01.07.2026. Oltre a domandarsi il perché aspettare quasi due anni e mezzo per dare quanto maturato a fine 2023, ci si chiede soprattutto se il diritto all’una tantum è previsto solo per i lavoratori in forza a tale data oppure se i licenziati dal 1° gennaio 24 al 30 giugno 2026 non solo se ne abbiano diritto ma quando eventualmente gli dovrà essere erogata. E non sono quisquillie.

LA RAPPRESENTATIVITÀ

E arriviamo così alle più dolenti note. Come ben sappiamo i contratti collettivi di lavoro possono essere stipulati a diversi livelli. Abbiamo contratti a rilevanza nazionale e quelli di secondo livello: regionali, provinciali e aziendali. Tutti hanno in comune il fatto che i firmatari sono dei soggetti che intervengono in forza di un mandato a rappresentare ricevuto dalle aziende (nel caso di Organizzazioni datoriali) e dai lavoratori (nel caso della Organizzazioni sindacali) per disciplinare gli aspetti economici e normativi degli instaurandi rapporti di lavoro. Sappiamo anche che i contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale sono un punto di riferimento per una serie di normative. Parliamo di minimali contributivi, di Durc, di benefici contributivi, di deroga ad alcune disposizioni di legge. Si capisce bene che sapere se un contratto è rappresentativo o no, se è comparativamente più rappresentativo o meno, è di fondamentale, o meglio di vitale importanza. Ora nell’accordo stipulato il 12 gennaio 2024 è stata introdotta una Regolamentazione delle collaborazioni coordinate e continuative applicabili al mondo dello sport. Non lasciamoci ingannare dal fatto che questa nuova disciplina sia stata inserita all’interno del (di fatto) riscritto Ccnl Palestre e Impianti sportivi che riguardava i soli lavoratori dipendenti. Che sia stata fatta questa scelta o si fosse optato per redigere un contratto collettivo autonomo e separato non cambia nulla: si tratta di un accordo nuovo che per essere considerato rappresentativo deve appunto soddisfare i requisti previsti dalla rappresentatività delle organizzazioni sindacali. I criteri utilizzati a tal fine sono stati individuati dalla giurisprudenza nella consistenza numerica dei soggetti rappresentati dalle singole organizzazioni sindacali e nell’ampiezza e diffusione delle strutture organizzative. Ora è indubbio che le organizzazioni in indirizzo – Confederazione Italiana dello Sport, Confcommercio Imprese per l’Italia, Slc-Cgil, Fisascat-Cisl e Uilcom-Uil – abbiano tutti i requisiti per essere rappresentativi di datori di lavoro e di lavoratori dipendenti operanti nel settore. Più complesso è stabilire se siano comparativamente più rappresentative ma questo è un altro discorso. Ma qui stiamo parlando di committenti e di collaboratori coordinati e continuativi. Per quanto riguarda i primi, i committenti, pensiamo che difficilmente Confederazione Italiana dello Sport e Confcommercio Imprese per l’Italia siano in possesso di una delega specifica (o anche solo di una precedente delega integrata ad hoc) per gestire, in nome e per conto delle loro assistite, i rapporti di collaborazione autonoma. Nutriamo invece maggiori certezze circa il fatto che nessuna delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori, Slc-Cgil, Fisascat-Cisl e Uilcom-Uil, abbia mai ricevuto da un qualsiasi collaboratore coordinato e continuativo una delega sindacale dato che questa è prevista proprio dall’art. 23.12 – Delega per contributi sindacali del contratto collettivo appena firmato. Siamo quindi arrivati al punto. Se nessuno vi ha delegato a predisporre una regolamentazione delle collaborazioni coordinate e continuative applicabili al mondo dello sport che validità ha tutto quello che avete scritto sulla materia? Non di certo di un contratto collettivo nazionale e tanto di meno di uno di quelli maggiormente più rappresentativi. Diremmo piuttosto che siamo molto vicini al concetto di “contratto pirata” ossia quei contratti collettivi sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali, poco rappresentativi delle parti sociali. In questo caso più che scarsamente rappresentativi diremmo che non lo siete affatto. Certo, un domani, una volta regolarizzate le deleghe, le vostre regole potranno avere una qualche validità ma, ad oggi, crediamo che valgano quanto una chiacchierata fatta al bar. Peraltro, come si è visto, una di quelle di tarda serata dove la limpidezza dei ragionamenti è inversamente proporzionale ai bicchieri lasciati sul tavolo. Come avete capito, questo giro, non vi è andata come si suol dire benissimo. Eh sì perché ogni tanto capita che qualcuno si metta a fare le pulci, a fare quei controlli che – considerata la delicatezza della normativa giuslavoristica attuale – sarebbe forse il caso di affidare ad un organo indipendente, appositamente individuato (e perché non il CNEL dato che i vostri accordi li pubblica pure). E questo per evitare i gravissimi danni causati da scritture approssimative e che, ahimè, i professionisti del settore purtroppo ben conoscono. Facciamo finta allora che siete stati “palettati”, fermati ad un posto di blocco per un controllo di routine, con l’agente che si avvicina e con piglio deciso vi chiede: “Cortesemente, accosti la macchina, spenga il motore e favorisca patente e libretto”.

E arriviamo così alle più dolenti note. Come ben sappiamo i contratti collettivi di lavoro possono essere stipulati a diversi livelli. Abbiamo contratti a rilevanza nazionale e quelli di secondo livello: regionali, provinciali e aziendali. Tutti hanno in comune il fatto che i firmatari sono dei soggetti che intervengono in forza di un mandato a rappresentare ricevuto dalle aziende (nel caso di Organizzazioni datoriali) e dai lavoratori (nel caso della Organizzazioni sindacali) per disciplinare gli aspetti economici e normativi degli instaurandi rapporti di lavoro. Sappiamo anche che i contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale sono un punto di riferimento per una serie di normative. Parliamo di minimali contributivi, di Durc, di benefici contributivi, di deroga ad alcune disposizioni di legge. Si capisce bene che sapere se un contratto è rappresentativo o no, se è comparativamente più rappresentativo o meno, è di fondamentale, o meglio di vitale importanza. Ora nell’accordo stipulato il 12 gennaio 2024 è stata introdotta una Regolamentazione delle collaborazioni coordinate e continuative applicabili al mondo dello sport. Non lasciamoci ingannare dal fatto che questa nuova disciplina sia stata inserita all’interno del (di fatto) riscritto Ccnl Palestre e Impianti sportivi che riguardava i soli lavoratori dipendenti. Che sia stata fatta questa scelta o si fosse optato per redigere un contratto collettivo autonomo e separato non cambia nulla: si tratta di un accordo nuovo che per essere considerato rappresentativo deve appunto soddisfare i requisti previsti dalla rappresentatività delle organizzazioni sindacali. I criteri utilizzati a tal fine sono stati individuati dalla giurisprudenza nella consistenza numerica dei soggetti rappresentati dalle singole organizzazioni sindacali e nell’ampiezza e diffusione delle strutture organizzative. Ora è indubbio che le organizzazioni in indirizzo – Confederazione Italiana dello Sport, Confcommercio Imprese per l’Italia, Slc-Cgil, Fisascat-Cisl e Uilcom-Uil – abbiano tutti i requisiti per essere rappresentativi di datori di lavoro e di lavoratori dipendenti operanti nel settore. Più complesso è stabilire se siano comparativamente più rappresentative ma questo è un altro discorso. Ma qui stiamo parlando di committenti e di collaboratori coordinati e continuativi. Per quanto riguarda i primi, i committenti, pensiamo che difficilmente Confederazione Italiana dello Sport e Confcommercio Imprese per l’Italia siano in possesso di una delega specifica (o anche solo di una precedente delega integrata ad hoc) per gestire, in nome e per conto delle loro assistite, i rapporti di collaborazione autonoma. Nutriamo invece maggiori certezze circa il fatto che nessuna delle Organizzazioni sindacali dei lavoratori, Slc-Cgil, Fisascat-Cisl e Uilcom-Uil, abbia mai ricevuto da un qualsiasi collaboratore coordinato e continuativo una delega sindacale dato che questa è prevista proprio dall’art. 23.12 – Delega per contributi sindacali del contratto collettivo appena firmato. Siamo quindi arrivati al punto. Se nessuno vi ha delegato a predisporre una regolamentazione delle collaborazioni coordinate e continuative applicabili al mondo dello sport che validità ha tutto quello che avete scritto sulla materia? Non di certo di un contratto collettivo nazionale e tanto di meno di uno di quelli maggiormente più rappresentativi. Diremmo piuttosto che siamo molto vicini al concetto di “contratto pirata” ossia quei contratti collettivi sottoscritti da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali, poco rappresentativi delle parti sociali. In questo caso più che scarsamente rappresentativi diremmo che non lo siete affatto. Certo, un domani, una volta regolarizzate le deleghe, le vostre regole potranno avere una qualche validità ma, ad oggi, crediamo che valgano quanto una chiacchierata fatta al bar. Peraltro, come si è visto, una di quelle di tarda serata dove la limpidezza dei ragionamenti è inversamente proporzionale ai bicchieri lasciati sul tavolo. Come avete capito, questo giro, non vi è andata come si suol dire benissimo. Eh sì perché ogni tanto capita che qualcuno si metta a fare le pulci, a fare quei controlli che – considerata la delicatezza della normativa giuslavoristica attuale – sarebbe forse il caso di affidare ad un organo indipendente, appositamente individuato (e perché non il CNEL dato che i vostri accordi li pubblica pure). E questo per evitare i gravissimi danni causati da scritture approssimative e che, ahimè, i professionisti del settore purtroppo ben conoscono. Facciamo finta allora che siete stati “palettati”, fermati ad un posto di blocco per un controllo di routine, con l’agente che si avvicina e con piglio deciso vi chiede: “Cortesemente, accosti la macchina, spenga il motore e favorisca patente e libretto”.


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