LE SFIDE DEL FUTURO DEL LAVORO: tra longevità, AI e crisi demografica

Potito di Nunzio, Presidente del Consiglio dell’ordine Provinciale di Milano

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L’ Europa è di fronte a un’emergenza strutturale che tocca il cuore del sistema economico e sociale: la riforma delle pensioni. Dalla Francia alla Germania, dall’Italia agli altri paesi dell’Unione, la questione previdenziale si intreccia con fenomeni epocali come l’invecchiamento della popolazione, il calo delle nascite e l’avanzata dell’intelligenza artificiale nel mondo del lavoro. È proprio da questo scenario di cambiamenti globali che ha preso spunto il Dott. Paolo Gila per l’intervista che ho rilasciato lo scorso 11 settembre 2025, nell’ambito del programma “Longgennial Stories”. Il giornalista ha posto l’accento su come la riforma delle pensioni sia diventata ormai un’emergenza a livello europeo: in Francia se ne discute con il cambio del governo, in Germania è stata introdotta una sorta di “paghetta” per educare i giovani alla futura previdenza integrativa, mentre in Italia si sta lavorando a un progetto per utilizzare il TFR per consentire la pensione anticipata. Riporto a seguire le mie riflessioni tratte proprio da quell’intervista per analizzare le sfide che dovranno affrontare le future generazioni sul lavoro, tra intelligenza artificiale e allungamento dell’età occupazionale. Se non ci concentriamo su questi fenomeni ma soprattutto se non introduciamo modifiche infrastrutturali al nostro sistema sociale, la previdenza pubblica non sarà sufficiente a garantire la sostenibilità del sistema ed inoltre sarà necessaria una massiccia dose si formazione a tutti i livelli e non solo professionale, per affrontare i cambiamenti in corso.

L’INVERNO DEMOGRAFICO E LE SUE CONSEGUENZE

Non è soltanto un dato statistico, è un dato di fatto: si vive di più e ci sono meno bambini. Il fenomeno della longevità, accompagnato dal drammatico calo delle nascite, sta creando uno scenario inedito che richiede risposte strutturali e di lungo periodo. Le misure attualmente in campo – dall’assegno unico familiare ai bonus bebè – rappresentano da sole misure insufficienti a invertire la tendenza. Sicuramente aiutano, ma non certo risolvono il problema dei genitori essendo venuto meno il tradizionale welfare familiare. Con l’allungamento dell’età lavorativa fino a 67-70 anni, i nonni non sono più disponibili per accudire i nipoti, creando un vuoto che richiede la costruzione di nuove infrastrutture sociali. La scuola a tempo pieno che non parte, le interruzioni del servizio educativo, la mancanza di continuità: questi fattori si traducono in un ostacolo concreto alla genitorialità e alla partecipazione al mercato del lavoro. Le grandi imprese stanno già correndo ai ripari attraverso piani di welfare aziendali mirati, ma è evidente la necessità di un intervento sistemico da parte delle istituzioni perché le aziende non sono solo medie e grandi ma ci sono, ed in gran numero, micro e piccole.

LA CONVIVENZA DIFFICILE TRA QUATTRO GENERAZIONI

Un altro aspetto critico è la compresenza, per la prima volta nella storia, di quattro generazioni diverse all’interno delle aziende: i Baby Boomers, la Generazione X, i Millennials e la Generazione Z. Farli convivere con prospettive e obiettivi diversi diventa veramente un problema delineando una sfida manageriale senza precedenti che richiede nuove competenze nella gestione delle risorse umane.

IL PARADOSSO DEGLI OVER 50 E LA CARENZA DI GIOVANI

Mentre una quantità significativa di Baby Boomers si avvia verso il pensionamento, il mercato del lavoro registra un fenomeno apparentemente contraddittorio: la riallocazione crescente degli over 50. Proprio così, i giovani scarseggiano e gli over 50 sono in maggior numero e il loro maggiore inserimento nel mondo del lavoro è favorito sia dalla necessità delle imprese di attingere a lavoratori esperti, sia dalle politiche di incentivazione alla ricollocazione. La carenza di giovani è destinata ad accentuarsi, rendendo inevitabile quello che definirei, senza giri di parole, il ricorso all’“importazione” di manodopera dall’estero. Una prospettiva che apre interrogativi non solo economici, ma anche sociali e culturali. D’altra parte con l’allungamento della vita lavorativa, ai cinquantenni mancano ancora una ventina di anni per il pensionamento. Quindi è difficile pensare ad una loro “messa in panchina”.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE: LA NUOVA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE

Se la robotizzazione del passato ha colpito principalmente il mondo operaio, l’intelligenza artificiale si prepara a rivoluzionare il lavoro impiegatizio e professionale. Tante attività che adesso si svolgono con determinate mansioni saranno sostituite dall’intelligenza artificiale e prevedo una forte tensione occupazionale nel biennio 2026-2027, soprattutto nelle medie e grandi aziende. La prospettiva sarà una “disoccupazione tecnologica” che richiederà un ripensamento radicale dell’organizzazione sociale. Si lavorerà meno e chi lavorerà, lavorerà meno ore rispetto ad adesso e dovremo occuparci della cd. “economia del tempo libero” e la necessità di “occupare socialmente” chi non sarà più occupabile lavorativamente.

IL DILEMMA PREVIDENZIALE

Un dato significativo emerge dalle statistiche Istat: l’8,5% dei pensionati continua a lavorare. Questo fenomeno si spiega con due fattori principali: le pensioni sempre più basse, conseguenza del passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo avvenuto nel 1996, e il miglioramento delle condizioni di salute degli anziani. Le pensioni sono basse e si arriva bene in vecchiaia quindi siamo di fronte ad una realtà in cui il lavoro post-pensionamento diventa sia una necessità economica che un sostegno psicologico.

LA SFIDA DELLA FORMAZIONE CONTINUA

 lavoratori non possono più pensare di affrontare il futuro lavorativo col bagaglio culturale e professionale di una volta. Va sottolineata la necessità di massicci investimenti della finanza nell’economia reale per sostenere questo processo di riqualificazione permanente.

LA SCARSA CULTURA PREVIDENZIALE ITALIANA

Un aspetto particolarmente critico riguarda la scarsa cultura previdenziale degli italiani, soprattutto tra i giovani. Abbiamo pochi giovani che si avvicinano alla previdenza complementare e un sistema pubblico a ripartizione – dove i contributi di oggi pagano le pensioni di oggi – è destinato al collasso se i lavoratori attivi diminuiscono e diminuisce il monte retributivo. La previdenza pubblica ha rendimenti in diminuzione e rischia di dover ricorrere sempre più alla fiscalità generale per mantenere gli impegni pensionistici. Da qui l’urgenza di sviluppare la previdenza complementare ed educare le nuove generazioni a una maggiore consapevolezza previdenziale.

LE PROSPETTIVE FUTURE

Il quadro complessivo è quello di un’Italia e di un’Europa chiamate a una trasformazione profonda, che richiede una strategia di lungo periodo piuttosto che interventi tampone. La sfida è duplice: da un lato gestire la transizione demografica e tecnologica senza traumi sociali eccessivi, dall’altro costruire un nuovo modello di sviluppo che sappia coniugare innovazione, sostenibilità sociale e qualità della vita. Infine, la finanza deve aiutare l’economia reale e l’impresa deve riprendere lo spirito imprenditoriale di una volta nella prospettiva di una collaborazione tra tutti gli attori del sistema economico che diventa indispensabile per affrontare le sfide del futuro. Una sfida che richiede maggiore consapevolezza sociale e consapevolezza individuale per costruire un futuro più equo e sostenibile per tutte le generazioni.

Per chi volesse audio-vedere l’intera intervista può farlo cliccando a questo link

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